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VIAGGIO NEL PIACERE



IL MESTIERE ANTICO
Genova
Le lupe di Genova
L’area storica del postribolo pubblico era senz’altro Monte Albano dove le strane signorine per richiamare i clienti si vestivano di giallo ed emettevano degli ululati


 
 


 
.Genova nasce circa nel 700 a.C. più o meno contemporaneamente a Roma, diventa ben presto un centro dove si può scambiare merci e combinare affari per cui non è difficile pensare come sin da subito le prostitute abbiano potuto trovare terreno fertile per esercitare la propria attività.

L’area storica del postribolo pubblico era senz’altro Monte Albano l’odierna via Garibaldi e successivamente, durante le Repubbliche Marinare, il mestiere più antico del mondo si estendeva fino alla Maddalena e alle Vigne. Queste strane signorine per richiamare i clienti si vestivano di giallo ed emettevano degli ululati ed è per questo motivo che venivano chiamate lupe.

Comunque la prostituzione non era un libero mestiere perché, essendo fonte di denaro, le autorità che si sono susseguite hanno sempre cercato di regolamentarla e quindi ricavandone dei profitti. Al tempo dei Comuni (siamo nel 1300) venne istituita una vera e propria città a luci rosse delimitata da un muro di mattoni e da cancelli chiusi, tranne il sabato e la domenica. La zona che dal colle Albano si estendeva fino a piazza Fontane Marose era dotata di una locanda, di un pozzo e controllata da guardie armate per scoraggiare i violenti. I clienti potevano entrare ad orari prestabiliti e le prostitute pagavano un affitto i cui denari servivano per l’amministrazione pubblica. In genere si trattava di ragazze sole, abbandonate in mezzo a una strada dalle rispettive famiglie, oppure incinte o senza un lavoro.

Monte Albano era la loro ultima spiaggia, ma essendo schedate come bagasce era anche una strada senza ritorno. Per l’affitto pagavano 5 soldi al giorno, avevano una tessera sanitaria, il sabato libero e la domenica andavano regolarmente a messa. Il loro business si svolgeva di notte. Erano anche chiamate le donne delle candele perché la durata della prestazione era determinato da una tacca incisa su un cero.

Ovviamente si potevano incontrare signorine facili anche fuori da quelle mura, le cosiddette “Extravagantes”, che erano tollerate nonostante il divieto. Di solito erano schiave provenienti dalle colonie sul Mar Nero, bottini di guerra o oggetto di traffici e come le merci sostavano nella zona portuale. Solo verso il 1550 le prostitute genovesi si trasferirono verso la zona della Maddalena.

Quando nel 1859 Cavour legalizzò le case di tolleranza per comprovate esigenze di salute e igiene pubblica si assistette ad un fiorire di bordelli diversificati per tutte le tasche da quelli malfamati per gli studenti a quelli di lusso per ricchi uomini di affari, tra questi il “Mery Noir” dove c’erano velluti, caviale e champagne con un lussuoso arredamento in stile Liberty. Nel 1958 quando i bordelli vengono definitivamente aboliti a Genova se ne contavano ufficialmente 27. Tra questi anche quello di Vico Carabaghe, il caruggio che corre fino alle torri di Porta Soprana. Ebbene questo bordello, caratterizzato dalle famose “pareti viola” fu fonte di ispirazione per Gino Paoli nella celebre canzone Il cielo in una stanza.

Anche De Andrè ha immortalato questo posto in via del Campo e nella Città vecchia in cui descrive in termini poetici la zona parlando di una marchetta a "Diecimila lire per sentirti dire Micio bello e bamboccione" oppure di “Occhi grandi color di foglia, tutta notte sta sulla soglia, vende a tutti la stessa rosa…” Oggi però non c’è nulla di poetico, l’immigrazione ha cambiato la geografia della prostituzione. Solo il 10% sono italiane e la maggior parte vengono dal Sud America dalla Nigeria e dall’Est Europa arrampicate su tacchi impossibili o sedute agli angoli dei vicoli all’esterno della loro casa. Conoscono bene le parole pompino, amore, patata, figa e le ripetono come un mantra ogni qualvolta individuano un potenziale cliente.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
WEB REPORTAGE
© All rights reserved
FONTI
 https://www.dagospia.com/
https://www.repubblica.it/
http://www.guidadigenova.it/
https://genovaquotidiana.com/


© Riproduzione riservata

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