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AMARSI? CHE CASINO!
VIAGGIO NEL PIACERE
IL MESTIERE ANTICO
Le donne scandalose
Storia della Prostituzione a Napoli
Tutto nasce verso il 1530 quando, per combattere il
degrado, le autorità decisero di schedare tutte le
prostitute in attività, tassarle con una gabella e
confinarle presso l’Imbrecciata vicino Porta Capuana.
Intorno a quell’area vi fu un fiorire di postriboli
finché con un edito del 1781 la zona fu riconosciuta
come l’unico quartiere deve era ammesso il mestiere
più antico del mondo.
Verso la metà
dell’Ottocento in prossimità del Tribunale venne
addirittura costruito un muro per delimitare la zona
con tanto di cancello presidiato dalle guardie.
L’intento delle autorità borboniche era quello di
impedire alle signorine di girovagare di notte per la
città e che l’attività stessa trasbordasse in altri
luoghi. Lungo i vicoli sulle porte delle case delle
prostitute vennero appese delle lanterne ovviamente
con la luce rossa e successivamente per evitare
confusioni venne dedicata una strada, Vico Femminelle,
esclusivamente ai travestiti.
In precedenza già
Filippo il bello nel XIII secolo aveva tentato di
arginare il fenomeno disponendo che le prostitute
dovessero esercitare il loro mestiere suoi barconi
posti sulle rive di fiumi e laghi con la speranza che
l’abbondanza dell’acqua avesse in qualche modo
ostacolato il diffondersi delle infezioni. Infatti dal
termine francese au bord de l'eau, deriva l'etimologia
della parola bordello.
Comunque tutti i
regnanti che si sono succeduti a Napoli dagli
Aragonesi ai viceré spagnoli fino allo Stato Italiano
hanno cercato di tassare le prostitute nonostante il
loro mestiere fosse considerato abietto e spregevole.
Le ragazze più richieste al tempo erano quelle di
origine spagnola considerate di bell’aspetto e con
notevoli capacità professionali, ma le napoletane,
provenienti dai vicoli più malfamati, non erano da
meno. Spesso erano ragazze disonorate e il mestiere
era l’unica possibilità di vita. La scelta della
prostituzione era di fatto una strada senza ritorno
anche se qualche ragazza pentendosi veniva ospitata
come novizia nella Chiesa degli Incurabili
nell’Ognissanti seppellendosi per sempre nella
Clausura.
Periodicamente, anche per il
diffondersi delle malattie, tra cui la sifilide,
definita “mal francese” le Autorità procedevano alle
retate. Le prostitute venivano arrestate e condannate
a pene crudeli e umilianti tra cui il taglio dei
capelli, la fustigazione, il marchio a fuoco e il
cavalcare un asino per i vicoli affollati.
Dopo l’Unità d’Italia fu lo Stato in regime di
monopolio a organizzare e gestire l’attività aprendo i
famosi casini o case di tolleranza e fissando le
tariffe in tre diverse categorie: prima, seconda e
terza. Tutte le ragazze erano schedate e in possesso
di un libretto sanitario che consentiva loro di
lavorare e cambiare casa ogni quindici giorni.
Il
funzionamento del bordello era pressappoco così: Al
pianoterra c’era un vano dove si entrava e si pagava
la “marchetta” da consegnare in camera alla ragazza
per la prestazione. Al primo piano invece c’era un
grande salone dove si vedevano sfilare le “signorine”
più o meno vestite. Ai militari veniva applicato uno
sconto del 50 per cento, e c’erano agevolazioni per i
giovanotti di primo pelo. Scelta la ragazza si saliva
in camera dove di solito alle pareti erano affissi
dipinti sacri. Nei bordelli di lusso le ragazze erano
quasi tutte belle e gentili, servite, riverite e
rigorosamente lavate dalle cameriere della casa. Unica
condizione: dovevano garantire un certo numero di
rapporti quotidiani pena la sostituzione.
I
casini napoletani avevano fama di arredamenti
sontuosi, dal velluto alla seta e trattamenti
particolari che facevano da contraltare ai bassi
malfamati dove si praticavano amplessi veloci e per
poche lire. Era il tempo della guerra e degli
Americani che carichi di dollari fecero esplodere il
mercato.
A Napoli prima del 1958 si contavano
più di 900 case di tolleranza, le tariffe praticate
andavano dalle 200 lire delle case di lusso alle 50
lire nei bordelli di paese. Dai Quartieri Spagnoli a
Via Chiaia sorgeva il quartiere a luci rosse più
grande d’Europa. In vico Sergente Maggiore sorgeva uno
tra i casini più frequentati. Su vico Sant´Anna di
Palazzo al n. 3 sorgeva lo storico “La Suprema”,
l´attuale Chiaja Hotel De Charme dove i facoltosi
clienti attendevano Nanninella a´spagnola, Mimì d´‘o
Vesuvio, Anastasia ‘a friulana e Dorina da Sorrento.
Gli squattrinati invece andavano a Montesanto nella
“casa delle tre vecchiarelle”, signore molto mature
che regalavano piacere per pochi soldi, oppure ai
Quartieri Spagnoli dove per poche lire si otteneva un
quarto d’ora d’amore. Insomma Napoli offriva piaceri
per tutti i gusti e per tutte le tasche..
Poi
nel febbraio del 1958 con la legge Merlin le ragazze
furono date in pasto a magnaccia e delinquenti che ha
reso la prostituzione una giungla senza regole e senza
igiene ed ha ridotto le ragazze in una condizione di
schiavitù. .. |
ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
WEB REPORTAGE
© All rights
reserved FONTI
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https://storienapoli.it/2021/02/21/
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