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IL MESTIERE ANTICO

SINGAPORE
LA CITTA' SILENZIOSA

Fa caldo a Singapore, è un caldo umido fastidioso anche di notte,
del resto siamo a soli 150 km dall’equatore. Sono atterrato con un volo
della Singapore Airlines ieri al Changi Airport, un modernissimo aeroporto
a poco meno di mezz’ora dal centro. Girando per la città mi rendo conto
che muoversi qui è molto facile, ci sono 6 linee di metropolitana, una
fitta rete di autobus e numerosi taxi.
Singapore è diversa dalle
altre città asiatiche, rispetto a Bangkok, Shangai, Honk Hong è
estremamente silenziosa, le persone sono sempre molto educate e
rispettose. Tao Hóng, la mia guida, mi dice che per strada è di fatto
vietato fumare e consentito esclusivamente nelle vicinanze di posaceneri.
Altra curiosità: a Singapore c’è il divieto di importazione e di consumo
di chewing gum. Qui si parlano con disinvoltura quattro lingue: cinese,
malese, inglese ed indiano.
La vita notturna è molto intensa
specialmente intorno e all’interno delle famose Orchad Towers, un grande
centro commerciale di 4 piani, situate sulla omonima Orchad Road. Dentro
le torri ci sono una serie di centri massaggi con la formula massaggio e
trattativa diretta con la ragazza di solito thailandese o cinese che
offrono massaggi come pretesto per vere e proprie prestazioni sessuali. I
locali invece, dove si balla o si ascolta musica, sono specializzati per
etnia delle ragazze: filippine, vietnamite, thailandesi, russe e sono
stile contact bar ovvero le ragazze sono lì esclusivamente per invogliare
la clientela a bere con l’ipotetica promessa assai remota di essere
disponibili dopo l’orario di chiusura.
Fuori dalla zona turistica
esiste un quartiere a luci rosse dove il governo cerca di concentrare il
grosso giro della prostituzione. Si chiama Geylang e si trova tra il
centro e l’aeroporto con le sue caratteristiche case con porticato e molte
insegne cinesi, ristorantini caratteristici e soprattutto ragazze perlopiù
cinesi e thailandesi che praticano l’attività in strada o in case
trasformate in piccoli bordelli con due tre ragazze.
Mentre
passeggio con la mia guida per le strade di Geylang, alcune ragazze ci
sorridono e ci invitano nelle loro case, Tao Hóng mi informa che a
Singapore la prostituzione come il gioco d’azzardo è legale e
regolamentata, quindi sono perfettamente legali i pseudo centri massaggi,
ma sono illegali le attività di adescamento in pubblico, sfruttamento e
case di tolleranza. Ufficiosamente la polizia in pratica tollera il
fenomeno, monitorando le prostitute che operano in alcuni bordelli; esse
son tenute a sottoporsi a controlli sanitari periodici e devono avere
sempre con sé una tessera attestante il loro stato di salute.
Al
Saigon Café mentre ci gustiamo una birra alla spina, ci avvicina un uomo
sui quarant’anni che, indicandoci l’abitazione proprio di fronte al
locale, ci informa che ha a disposizione tre ragazze giovani indiane,
disponibili e a prezzi stracciatissimi. Ovviamente ringraziamo e
rifiutiamo continuando a gustarci la nostra birra.
Tao Hóng mi dice
che le pene legate allo sfruttamento della prostituzione, tipo vendere,
noleggiare o cedere una donna a scopo di prostituzione, sono molto severe
e vanno da una multa fino a 10mila dollari o la reclusione fino a 5 anni.
Se invece l’uomo è recidivo rischia oltre alla prigione, anche la
fustigazione. La fustigazione è riservata ai criminali di sesso maschile
di età inferiore ai cinquant'anni e si tratta di una forma di punizione
corporale mediate un massimo di 24 frustate mediante una frusta di rattan
lunga 4 piedi (1.2 metri) e larga mezzo pollice (1.27 cm). La frusta è
immorbidita nell'acqua preventivamente per renderla più flessibile e
pesante, nonché per evitare che possa scheggiarsi e dunque ferire in modo
improprio il condannato. Se il trasgressore è minore di 18 anni può
ricevere fino a 10 frustate, ma in questo caso sarà usata una frusta più
leggera.
Tornando verso l’albergo noto
una ragazza alta, bionda con gli occhi chiari, che si
avvicina e mi chiede una sigaretta in perfetto inglese
con appena una traccia di accento che tradisce le sue
origini. Poi per giustificarsi mi dice che si è persa
per le strade del centro e che la sua amica ha
conosciuto un tizio e l’ha praticamente abbandonata.
Dice di chiamarsi Irina, che è russa, ma è senza soldi e
documenti e non può andare a dormire in un albergo.
La guardo cercando di decifrare meglio la
situazione. Indossa un vestito bianco, aderente e corto,
che lasciava poco all’immaginazione. Dice che poco prima
l’ha fermata una pattuglia della polizia scambiandola
per una prostituta, in effetti non ha nulla che
smentisca quell’ipotesi. Eppure, c’è qualcosa nei suoi
modi, nella sua postura, nel suo modo di parlare che non
quadra del tutto con quell’ipotesi.
Tao mi guarda
con aria di diffidenza, mi dice che è un modo come un
altro per adescare gli stranieri: “È un trucco. Lo fanno
spesso. Ti attira con una storia triste e poi ti ritrovi
nei guai.” Le sue parole sono sensate, frutto
dell’esperienza di chi conosce bene le insidie delle
strade di queste parti. Ma, nonostante il suo
avvertimento, qualcosa in Irina mi trattiene dal
liquidarla come una semplice truffatrice e nonostante
gli avvertimenti della mia guida, mi prendo cura di lei.
La guardo, avrà sì e no venti anni, è di una bellezza
disarmante, lineamenti delicati, capelli che cadono ad
onde morbide sulle spalle e mi sembra strano che si sia
ridotta a vagare di notte per strada e a ingannare la
gente.
Tao intanto ha attraversato la strada ed
io senza farmi vedere da lui prendo il mio portafoglio e
do alla ragazza cento euro. Lei è sorpresa, sia per il
mio gesto che per la cifra, mi fissa con quegli occhi
chiari che sembrano scrutarmi l’anima e con aria
incredula mi dice: “Mi dai questo senza chiedere nulla
in cambio?” Sorride ed aggiunge. “Conosci un posto dove
appartarci? Tu sei un uomo bravo e io voglio ripagare la
tua gentilezza… Io faccio sesso buono!”
Quelle
parole mi colpiscono, non tanto per l’offerta, ma per il
modo con cui le pronuncia, un misto di ingenuità e
provocazione. Tra l’altro mi sembra perfetta per la mia
inchiesta, storie come la sua, su vite ai margini, su
verità nascoste dietro apparenze ingannevoli.
Le
chiedo: “E dove lo faresti il sesso buono?” Più per
curiosità che per interesse reale. Lei ci pensa un
attimo, poi risponde: “Per fare sesso non ci vuole un
posto, ma una donna. Non ti piaccio?” Così dicendo
scopre il suo meraviglioso seno. Mi sento avvampare,
imbarazzato da quel gesto così diretto le rispondo che
non voglio nulla in cambio e che non mi interessa quel
tipo di sesso. Lei mi guarda stupita, inclina
leggermente la testa, come per capire cosa ci sia di
sbagliato in quella richiesta. Poi, con un tono più
dolce, quasi implorante, aggiunge: “Io posso venire nel
tuo albergo e farti compagnia tutta la notte, anche
senza fare sesso.”
Declino garbatamente l’offerta
mentre lei prende i soldi e mi ringrazia nuovamente. Ma
sono letteralmente spiazzato, a quel punto è abbastanza
chiaro che non è più una questione di soldi o di un
incontro fugace. C’è qualcosa di disperato nella sua
voce, una richiesta sottintesa di compagnia, una
fragilità che contrasta con la sicurezza che aveva
ostentato fino a quel momento. Mi fermo di nuovo a
guardarla, lì, sotto la luce tremolante di un lampione.
Lei ostenta le sue grazie senza più parlare. “Perché fai
così?” le chiedo, incapace di trattenermi. “Non sembri
una che vive per strada ed elemosina compagnia.”
Irina giocherellando con l’orlo del vestito abbassa
timorosa lo sguardo. “Non è sempre una scelta. A volte
ti trovi in un posto e non sai come uscirne. La mia
amica… lei pensava che quel tizio ci avrebbe aiutate.
Quello non era un tipo buono come te… E ora mi ritrovo
sola.” Le sue parole sono vaghe, sento che non è tutto.
Devo fidarmi? Mi chiedo se sia una vittima delle
circostanze o una abile manipolatrice? Non lo so ancora,
ma sento che c’è una storia da scavare, qualcosa che va
oltre la superficie.
Alla fine, indicando la
direzione dell’albergo, le dico: “Vieni con me. Ma non
per quello che pensi. Ti offro un posto dove dormire
stanotte. Domani vediamo cosa fare.” Lei annuisce, copre
il suo seno e mi segue in silenzio con il solo rumore
strascicato che risuona sul selciato dei suoi tacchi
alti tipicamente del mestiere. Tao, ci osserva da
lontano, scuote ancora la testa, ma non dice nulla. Poi
nei pressi dell’albergo mi saluta, mi dà appuntamento
per il giorno dopo e dice: “Buona fortuna, amico.”
Arrivati in albergo, mi dirigo verso la reception e
pago il supplemento per la ragazza. Entrati in stanza
indicando il letto matrimoniale le dico: “Puoi dormire
qui per questa notte. Io mi adagio sul divano. Lei mi
guarda con un’espressione di gratitudine mista a
stanchezza: “Davvero, non vuoi dormire insieme a me? Sei
strano, ma grazie. Conosco gli uomini e lo sapevo che tu
eri buono!” “Domani parliamo.” Rispondo senza
guardarla negli occhi.
Mi adagio sul divano
completamente vestito. Fuori una luce intermittente di
un’insegna al neon rischiara la stanza. Fisso il
soffitto e mi chiedo se veramente stia facendo la cosa
giusta o sono caduto in una trappola profonda quanto una
voragine. Irina, che ora dorme serenamente, è un
enigma, un tassello che può dare senso alla mia
inchiesta o mandarla completamente fuori strada. Faccio
fatica a prendere sonno, non vorrei ritrovarmi al
risveglio senza un euro in tasca, ma di una cosa sono
certo, e cioè che devo rischiare se voglio davvero
vedere a fondo l’anima delle persone. Perché sono
altresì certo che questa storia, vera o inventata, non
sia finita qui. So che c’è dell’altro e devo cercare di
capire, di scoprire chi sia davvero questa ragazza
russa, persa per le strade di Singapore.
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WEB REPORTAGE A CURA DI ADAMO
BENCIVENGA
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