Adamo mi parli di “Non è Francesca?”
È un brano scritto e composto da Mogol e Battisti
cantato da Battisti. Il brano è stato registrato nel
dicembre del 1967 dal gruppo beat “I Balordi”, ma
raggiunse una grande notorietà con l'interpretazione
di Battisti nel 1969, quando fu pubblicato come lato
B della canzone sanremese “Un’avventura” diventando
un classico della musica italiana e raggiungendo la
15esima posizione alla hit parade. Successivamente
fu inclusa in Lucio Battisti, l'album di debutto del
musicista. L'anno seguente, nel dicembre del 1970,
sarà inclusa anche nell'album Emozioni.
Di che parla?
Il testo in forma
di monologo ha come protagonista un uomo a cui viene
riferito che la sua compagna Francesca lo tradisce;
lui però, nonostante gli indizi gravi e concordanti,
si ostina a non volerlo credere anche di fronte
all'evidenza giurando sulla fedeltà di Francesca e
nella speranza che sia tutto un malinteso: “Ti stai
sbagliando chi hai visto non è, non è Francesca”,
convinto che lei viva nella sua ombra, “lei è sempre
a casa che aspetta me, non è Francesca”. Mogol però
insiste sadicamente sul tema, facendolo passare per
un illuso: “Se c’era un uomo … se era abbracciata
poi, no, non può essere lei!” Fino alla totale
negazione della realtà, che diventa semplice
coincidenza: “Come quell’altra è bionda però, era
vestita di rosso, lo so, ma non è Francesca!”
È uno dei pezzi di esordio di Battisti.
All'epoca, Battisti doveva ancora scoprirsi
cantante, la canzone rimase per diverso tempo nel
cassetto, alla fine del 1966 proposero la canzone ai
Nomadi, il gruppo, che al tempo collaborava
strettamente con Francesco Guccini, non rifiutò
esplicitamente la canzone, ma la proposta sfumò
ugualmente. Dopodiché Battisti pensò di cedere la
canzone a Roby Matano, che registrò un provino della
canzone, accompagnato al pianoforte da Alberto
Pasetti de I Nuovi Angeli, ma la Durium preferì far
interpretare il pezzo al gruppo beat I Balordi, su
cui all'epoca stava puntando. Alla registrazione in
chiave rock collaborò anche Battisti suonando il
basso. Il singolo, però, passò praticamente
inosservato e fu ignorato da critica e pubblico.
Quindi a quel punto Battisti decise di
fare tutto da solo…
Sul finire del 1968
Battisti, che ormai iniziava ad affermarsi anche
come cantante, decise di ripescare la canzone e di
inciderne una propria interpretazione. Per
l'arrangiamento, si affidò a Gian Piero Reverberi. A
differenza di quanto accaduto con la versione dei
Balordi, stavolta Battisti scelse di dare alla
canzone un arrangiamento più morbido e di usare
soltanto una chitarra acustica (la Fender Shenandoah
suonata dallo stesso Battisti) e una sezione di
archi. Dal momento che la canzone era molto breve,
nacque l'idea di allungarla per mezzo di una coda
strumentale da inserire alla fine.
Chi collaborò alla realizzazione?
Alla
registrazione della coda parteciparono Battisti alla
chitarra acustica ed elettrica, Damiano Dattoli al
basso, Andrea Sacchi alla chitarra elettrica e
Gianni Dall'Aglio dei Ribelli alla batteria.
Musicalmente?
La versione di
Battisti fonde insieme generi profondamente diversi:
l'atmosfera è tipica della musica italiana, ma la
strofa è in dodici battute, un elemento tipico del
canone blues. L'arrangiamento è classicheggiante ed
è costituito da archi e chitarra. La voce è
malinconica e quasi dolente, che trasmette la
sensazione di smarrimento del protagonista della
storia narrata.
Ci sono state
molte versioni vero?
Nel corso del
tempo, il brano è stato reinterpretato da diversi
musicisti tra i quali ricordiamo: Formula 3; I
Profeti; Mina; Mango; Eugenio Finardi; Santino
Rocchetti e I Beans.
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