A volte comincia così tra un’email e un foglio
excel, oppure tra un’anamnesi e un referto tra le
corsie di un ospedale, nelle redazioni dei giornali
o uno studio d’avvocato, del dentista o
dell’architetto. Loro non sanno che diventeranno
amanti, perché agli inizi sono approcci acerbi e
inconsapevoli che non hanno ancora una forma, simili
a sintonie ravvicinate tra una scrivania e l’altra,
che si inviano un buongiorno timido, ma piuttosto
eloquente, che poi non è solo un buongiorno, ma
l’augurio che ha nella propria essenza la richiesta
smisurata di una nuova complicità, lo spazio
infinito di qualcosa che potrebbe accadere…
Certo oggi, tra un’ora, davanti al distributore di
caffè e merendine, nello scambio di email, nelle
pause pranzo tanto desiderate, oppure in sala
riunione, al bar sotto l’ufficio, o una telefonata
apparentemente di lavoro dove si consumano modi di
dire e battute per la voglia di farsi conoscere. E
poi magicamente tutto cambia perché quelle battute,
quel buongiorno diventano confidenze e
insoddisfazioni, tutto compreso come il figlio
stamattina che aveva qualche linea di febbre o il
tacco che si è rotto sulla scala mobile della metro,
ma poi passano i giorni e quelle confidenze
diventano più intime, come la confessione del
tradimento del proprio partner, un male incurabile,
un passato da nascondere oppure l’astinenza dal
sesso che dura da anni. Tutto compreso.
E
allora sì che in quell’esatto momento non si è più
colleghi, ma qualcosa di ancora non ponderato e tra
quelle scrivanie si insinua il pensiero che potrebbe
accadere, un qualcosa che dia vigore a quella noia
secolare, l’emozione, il brivido, l’attesa, il
desiderio inconfessato anche se stessi, e perché no,
la scintilla del proibito, la trasgressione, il
peccato. E allora sì che si cerca il momento,
l’occasione, anche una pratica noiosa può diventare
un pretesto, un’illuminazione, ma anche il dubbio,
il forse, il “Dio mio… che sto facendo?” anche se
entrambi o uno dei due ha qualcuno che a fine
giornata l’aspetterà a casa.
Lei la sera nel
letto con suo marito ci pensa, si sente ridicola,
spegne la luce prima del solito e riflette: “Ma che
vado a pensare?” Da moglie sempre fedele le sembra
qualcosa di moralmente sporco, alla fine dorme, ma
al mattino quella sfumatura di ombretto è più vivace
del solito. Lui invece è più deciso, già assapora
qualcosa di diverso, pensa al sesso sì e si cala
nella parte e pensa già al luogo del primo incontro,
ma può capitare anche al contrario perché il giorno
dopo lei porta una camicetta trasparente mai
indossata prima, lui un taglio di capelli più
accattivante e allora l’eros divampa, incurante
delle remore e dei dubbi del giorno prima e di ciò
che potrà accadere si insinua tra quelle scrivanie,
si districa tra quelle occhiate dai sorrisi stampati
nonostante le rigide regole aziendali e i ritmi
stancanti di lavoro. Travalica e corre impetuoso
come un fiume in piena e nonostante le remore e i
ripensamenti, i sospetti e le promesse, sarà
impossibile fermare.
Sì ecco sono amori da
scrivania, di corsie di ospedali, di studi
professionali, di banche, giornali e ministeri,
centri commerciali e negozi adiacenti. Ecco sì gli
amanti, coloro che trasformano un luogo di lavoro in
un’alcova, coloro che addolciscono le ore, sono
sguardi furtivi ed ammiccanti, perché quando nasce
un amore tutto diventa più roseo e dal sapore più
intenso, ma sono anche figli di un Dio Minore,
perché quell’amore non ha una casa propria, intimità
e tempo proprio, ma solo gli ostacoli degli sguardi
dei colleghi, dei figli da accompagnare a scuola,
del dentista o la riunione con la maestra a scuola.
Sono amori che devono sottostare, non hanno vita e
luce propria e la loro linfa è dettata più dalla
necessità che da una scelta volontaria.
Ma i
giorni passano e lui continua a sedurre e lei ad
affascinare, e allora lui diventa l’oggetto
indiscusso del desiderio, lei la regina assoluta
della propria brama, così diversa dalla propria
moglie sempre in tuta e ciabatte, che si inalbera
per un nonnulla. Così diverso lui dal proprio
marito, senza più un’emozione, uno slancio, ormai
diventato un essere informe mezzo uomo e mezzo
divano! E la vita diventasa più leggera, la routine
piacevole perché entrambi si svegliano senza fatica,
si vestono per piacere, fanno attenzione al
dettaglio, alla cravatta, al tacco alto, al ricamo
del reggiseno, all’orologio, alla tonalità del
rossetto, alla camicia nuova, alla calza velata. Eh
sì certo sono quelli gli amori che nascono a volte
inconsapevolmente senza che i due ne siano
totalmente coscienti, anche se ne sono completamente
avvolti e non fanno nulla perché non accada
lasciandosi trascinare dall’impulso, dalla forza di
vivere un’altra quotidianità, dal batticuore che
rimbomba nei lunghi, asettici e grigi corridoi
dell’ufficio.
Poi si accade, certo che
accade, ovvio non autonomamente, ma il più delle
volte dopo una discussione col proprio marito per
via dei figli, un brutto voto a scuola, una
delusione lavorativa, la perdita di un genitore…
ecco sì è proprio lì che il destino beffardo prepara
la rivincita tanto desiderata. E sicuramente è lì
che avviene ciò che ipocritamente non si era cercato
e allora sì che ci sarà un invito per un thè, una
passeggiata in un parco, un passaggio in auto, un
parcheggio di un centro commerciale, un bacio
inatteso, sfiorato, bugiardamente non voluto e il
gioco è fatto.
Oh sì certo, non c’è bacio
senza dubbio, non c’è abbraccio senza ripensamento,
“mi sento in colpa”, “siamo solo amici”, “promettimi
che non succederà più!” Frasi dette senza
convinzione perché ormai il ghiaccio si è rotto, il
sapore di quelle labbra ha distrutto quel muro
invisibile e il più delle volte non si torna
indietro. E allora sì, che lui e lei diventano gli
amanti, beh sì non ve lo devo spiegare io cosa siano
gli amanti, cosa significhi essere amanti, ma se
proprio desiderate chiedetelo alle tante scuse che
da ora in poi saranno il loro pane quotidiano, al
traffico, all’ansia, ai ritardi, alle corse
frenetiche, ma anche alle fermate degli autobus,
alle stradine fuori mano dove si consumano baci,
abbracci e strette di mano furtive, ai genitori
anziani che si sono sentiti improvvisamente male o a
qualsiasi altra scusa che abbia almeno un senso.
Oppure, perché tanto succede, chiedetelo alle
stanze degli hotel, ai portieri di notte o ai taxi
presi per non saltare un appuntamento, chiedetelo ai
letti sfatti dei motel, ai pomeriggi dalle cinque
alle sette, ai cigolii delle molle del letto, alle
lampade soffuse per quel poco di cellulite, alle
donne delle pulizie che disfano quei letti ancora
caldi, alle docce fredde dopo l’amore. Oppure
chiedetelo a quel ristorante fuori mano, dove non ci
incontrerà nessuno e dove almeno una volta si è
fatta la follia di cenare insieme, Dio quanto era
bella e affascinante lei con quel tubino nero,
attillato, Dio quanto lui, sportivo e divertente,
così comprensivo, amorevolmente altruista. Forse sì
quella sera non si farà sesso perché entrambi si
sentono in colpa per aver sottratto tempo al
coniuge, ai propri figli, e in questi casi la sola
medicina è illudersi che effettivamente fosse una
cena con i colleghi, anche se poi era uno solo,
anche se poi quel bacio è stato bellissimo sotto il
portone.
Poi tutto diventa più semplice e
allora, perché no, chiedete cosa significa essere
amanti agli ascensori, a quei baci brevi che durano
un piano oppure agli specchi dove gli amanti si
specchiano prima che si apra la porta per
controllare se tutto sia in ordine. Chiedetelo ai
muri bianchi di quelle case al mare, vuote,
impolverate e fredde d’inverno, al seno di lei,
fragile come un fiore, al vigore di lui, maschio
fino all’impossibile. Chiedete agli orologi che
avevano il tempo contato, a quelli delle stazioni,
alle valigie fatte in fretta e disfatte nella
malinconia di un saluto, ai sensi di colpa.
Chiedetelo allo sbuffo dei treni quelli locali che
andavano al mare, al bigliettaio che un tempo apriva
di scatto le porte degli scompartimenti e ancora ai
marciapiedi delle stazioni, a quei cappellini alla
moda agitati per un saluto e l’incertezza sempre
presente di non rivederlo mai più. Oppure chiedetelo
a quei telefoni sempre in tasca, sempre in mano,
sempre muti, ma che alla minima vibrazione diventano
il nutrimento delle ore distanti. Ecco sì allora
capirete il bisogno di sentirsi vivi, di sognare e
vibrare al solo pensiero.
Eh già gli amanti,
vecchie figure retoriche che davvero credono che
nessuno abbia intuito la loro relazione, che si
nascondono tra i messaggi scrivendo in codice dietro
a nomi fasulli, lei di un’amica, lui del meccanico
che una volta gli ha riparato l’auto. Ecco sì gli
amanti patetici e spesso malinconici che passano il
tempo a nascondersi, che passeggiano mano nella mano
lungo i parchi ai margini della civiltà, ristoranti
improbabili di periferia, parcheggi deserti senza
luce, messaggi clandestini, bollenti, assoluti e
ricchi di mai e di sempre, telefonate interrotte di
colpo, lunghe e interminabili notti a pensare cosa
avesse voluto dire... Amanti che vivono
nell’angoscia per aver incontrato per sbaglio quel
parente o quel conoscente pregando che si faccia gli
affari propri e non dirà nulla.
Chiedetevi
davvero quanto amore serva per mantenere un rapporto
così precario, dove tutto è provvisorio, dove tutto
è un indizio, una prova, tracce di rossetto, profumi
diversi al gelsomino, odori di sigaretta e un
orecchino finito per sbaglio sotto il sedile
dell’auto. Chiedete al Natale, alle ferie d’agosto,
ai vostri compleanni. Oppure a quei corpi, che si
cercano, si toccano pieni di desiderio, mai provato
col proprio partner ufficiale. Chiedete cosa sia un
amante a chi lo è stato davvero, vi dirà sicuramente
quanto erotismo esce da quelle vene bollenti, quanto
magnetismo da quei gesti complici, da quelle parole,
sì certo anche sconce, perché quegli amori sono
assoluti, unici che non ammettono repliche, di fatto
trasgressivi, di fatto peccaminosi che si
abbandonano nel vortice della passione più sfrenata.
Ma vi dirà anche quanto amore sprecato corre e si
consuma in quelle telefonate segrete e quanta
pazienza si logora in attesa del domani che in
quanto amanti non sarà mai insieme!
Ecco sì
questi sono gli amanti, coloro che provano a
costruirsi un paio d’ali per volare e se è troppo
semplicemente per vivere.
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