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SCENE DA UN MATRIMONIO
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TI HO TRADITO!
Lettera di addio di una moglie al marito
tradito
"Sì tesoro TI HO TRADITO, non
saprei come dirtelo in altro modo e poi che differenza fa? Cavolo TI
HO TRADITO. Ti chiedo solo un po’ di pazienza e di leggere questa
lettera fino in fondo."
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Sì tesoro TI HO TRADITO, non
saprei come dirtelo in altro modo e poi che differenza
fa? Cavolo TI HO TRADITO. Ti chiedo solo un po’ di
pazienza e di leggere questa lettera fino in fondo.
Quando la leggerai io non sarò più qui e se mi hai
amata, cosa che spero, ti provocherà dolore, ma io non
posso far finta di nulla, mi ribolle la coscienza ed ho
bisogno di dirti che TI HO TRADITO e di farti sapere
come ho e hai vissuto questi ultimi cinque anni.
Lo so, ora starai spalancando gli occhi, tranquillo ci
vedi bene, lo so ti fa fatica leggerla, avresti voluto
passare la tua serata tranquillamente senza emozioni,
leggere un libro o guardare un vecchio film in bianco e
nero ed invece sei costretto a leggere qualcosa che ti
sconvolgerà la vita. Perdonami, ma non posso farne a
meno di dirti che TI HO TRADITO! Ecco ora sai che tua
moglie, l’insegnate di italiano e latino, la dolce Sara,
pudica e riservata, quella che ha sempre dispensato
consigli di moralità, sì proprio lei, la donna perfetta
da sposare, la signora sobria ed elegante senza mai un
capello fuori posto e con le gonne rigorosamente sotto
il ginocchio, sì proprio lei che non ha mai saltato una
messa nelle feste consacrate, sì lei che ama i suoi
nipoti come se stessa, esatto proprio lei, TI HA
TRADITO.
Non mi chiedere il motivo perché questa
è l’unica cosa che dovresti sapere con certezza. E sai
benissimo che da quando abbiamo saputo che non avremmo
potuto avere figli, a causa dei tuoi spermatozoi pigri,
i nostri rapporti intimi si sono diradati fino a quando,
senza parlare e senza spiegarci, abbiamo cominciato ad
ignorarci. Stanchezza, lavoro, mal di testa, cene
improbabili, dolori vari, feste con gli amici, queste
erano le banali scuse, ma in realtà fingevamo e sapevamo
entrambi che la vera e sola ragione era ormai la
mancanza di passione tra noi. Qualcosa si era rotto, ma
entrambi non abbiamo mosso un dito per aggiustarlo.
Ricordi quella sera quando te ne parlai? Ricordi
vero l’imbarazzo? E nonostante tutto ci promettemmo
entrambi di cambiare registro, entrambi non volevamo che
finisse e allora facemmo anche un viaggio a Parigi,
siamo stati anche in quel sexy shop, abbiamo anche
comprato quell’oggettino fucsia senza mai peraltro
utilizzarlo. Imperterriti abbiamo continuato le nostre
vite, senza un minimo di contatto intimo, senza la
voglia di creare almeno i presupposti. Le mie lingerie
di pizzo erano diventate funzionali allo scopo di essere
mutandine e reggiseno, ma non certamente a quello di
destarti il minimo desiderio. Non so se trovassi fuori
casa la tua giusta razione di appagamento, ma so che mi
sentivo di troppo e ingombrante.
Ripeto non era
solo tua la causa, devo essere sincera, ma ugualmente
ero disperata, mi sentivo inutile, mi dicevo che a 41
anni una donna non poteva rinunciare alla sua vita
sessuale, alle sue emozioni più intime. A lungo andare
la mancanza del maschio si è fatta sentire ed allora ne
parlai con una mia collega, lei single, libera e
libertina, mi consigliò un sito di incontri. Non avevo
mai fatto una cosa simile e sinceramente mi sconvolgeva
l’idea di propormi ed offrirmi a degli sconosciuti, ma
il giorno dopo con il suo aiuto, un po’ per gioco, un
po’ perché in fondo ci speravo, mi iscrissi. E allora
misi una mia foto in bikini senza volto e compilai il
profilo scrivendo la verità, ovvero che ero una donna
sposata senza figli in cerca di attenzioni.
Da
quel momento iniziai a ricevere centinaia di messaggi,
ovviamente di toni diversi, la collega mi disse che
bisognava scegliere e leggere tra le righe, ma
sinceramente non mi sarei mai aspettata tutta quella
“popolarità”. Del resto essendo una donna normale, né
brutta e né bella, non credevo davvero di suscitare
tutti quegli appetiti. Per la paura che tu te ne
accorgessi fui costretta la sera a silenziare il
telefono, ma ad ogni vibrazione dentro di me succedeva
qualcosa di importante. Insomma un bagno di autostima
non previsto ed era decisamente troppo per me, abituata
come ero ad essere chirurgicamente ignorata da te.
Comunque mi spaventai davvero e il giorno dopo a
scuola ne parlai con la collega, lei sorrise
congratulandosi ironicamente con me, poi però mi disse
di congelare il profilo, così intanto senza ricevere
altre proposte avrei potuto concentrarmi su quelle
ricevute. Così feci, la sera a casa, mentre tu credevi
che stessi correggendo i compiti in classe dei miei
alunni, mi rinchiusi nello studio e mi misi a lavoro.
Prima di tutto selezionai solo quelli di Roma e
dintorni, cancellando tutto il resto. Poi scelsi quelli
della fascia di età compresa tra i 45 e i 55 e,
visionando le foto e leggendo i messaggi, ne scelsi
quattro tra quelli che mi avevano lasciato il numero di
telefono. Sinceramente non mi interessava l’aspetto
fisico, ma cercavo di leggere in quelle foto e in quelle
parole chi mi avrebbe potuto dare un po’ di
considerazione. Giuro non cercavo altro, solo di dare un
senso alla mia vita.
Una sera, quando tu eri in
trasferta per lavoro, presi tutto il mio coraggio e con
il cuore in gola cominciai a telefonare. Fu una serata
davvero strana per me, non avevo mai fatto una cosa del
genere e non ero abituata a rispondere a quelle domande
a dir poco imbarazzanti del tipo “cosa ti piace fare a
letto”, “la tua posizione preferita”, “sei magra,
grassa”, “che misura porti di reggiseno”, “come sono i
tuoi capezzoli, le tue gambe”, “vesti sexy, preferisci
la gonna” oppure “sei senza mutandine, ti piace
toccarti, ti piace indossare le autoreggenti…”
Ti
dico questo particolare perché tra i quattro solo
l’ultimo non mi fece quelle domande e la sua discrezione
mi aiutò molto nella scelta finale. Certo non dovevo
comunque illudermi, ma lui invece delle mutande e della
lingerie sexy mi chiese il vero motivo di quella mia
ricerca e poi se fossi in cerca di una relazione seria
oppure di un incontro estemporaneo. Sinceramente non
seppi rispondere perché in cuor mio, non stavo cercando
semplicemente un incontro, ma aspettavo che lui
scoprisse la prima carta.
Durante la telefonata
mi disse che viveva in una bella zona di Roma Nord, poi
senza mezzi termini mi disse che era sposato, benestante
e che per lui conquistare le donne in quella chat di
incontri era semplicemente un gioco e un diversivo alla
sua noia. Ci scambiammo delle foto e constatai che era
davvero un bell’uomo e soprattutto che aveva uno sguardo
penetrante e intelligente. Dopo aver visto le mie foto
anche lui mi fece i complimenti e mi chiese subito un
incontro. Viste le mie resistenze dovette convincermi
non poco e solo allora concordammo di vederci il giorno
dopo all’uscita di scuola dove insegnavo.
Prendemmo un caffè in un bar vicino l’istituto e mi fece
un’ottima impressione, era un uomo istruito, sportivo,
giovanile e di bell’aspetto, anche se mi disse senza
giri di parole che di solito non perdeva tempo e che il
suo scopo era portarmi a letto il prima possibile. Aveva
avuto molte altre relazioni di questo tipo e quasi con
tutte era finito a letto. Curiosa gli chiesi se fossero
sposate come me e soprattutto se fossero belle. Lui mi
rispose che le single erano troppo complicate per i suoi
gusti, preferiva le sposate insoddisfatte della propria
vita sessuale aggiungendo che non gli interessava la
bellezza, ma solo la disponibilità.
Rimanemmo
circa un’ora a parlare poi mi offrì un passaggio e dopo
qualche metro accostò l’auto e mi baciò. Rimasi
sorpresa, gli dissi che non ero ancora pronta e cercai
di resistergli. Mi sfiorò appena le labbra e si scusò
dicendomi che si era lasciato andare per la forte
attrazione che gli suscitavo. Ci salutammo senza andare
oltre, ma in un certo senso la cosa mi fece pensare, del
resto lui non stava cercando una relazione, ma solo un
incontro.
Allora iniziai a chiedermi se valesse
la pena accettare quell’incontro. Certo sì, stavo
giocando al ribasso, ma vista la mia astinenza di sicuro
avrebbe fatto piacere anche a me. Comunque non lo
chiamai per tre giorni, lui mi mandò dei messaggi
innocenti di saluto e dei cuoricini. Forse anche lui
voleva sondare le mie intenzioni reali tantoché
nell’ultimo messaggio, visto che non gli rispondevo, la
prese alla larga e mi invitò al cinema. A quel punto
accettai.
Ci incontrammo la sera dopo
direttamente davanti al cinema, mi chiesi quale sarebbe
stata la mia reazione se lui ci avesse provato di nuovo
e alla fine optai per un solo bacio al buio senza occhi
indiscreti. Ma non avvenne perché lui preso dalla trama
vide il film in religioso silenzio e solo durante
l’intervallo scambiammo qualche parola. Alla fine del
film mi riaccompagnò a casa. Mi salutò prima che
scendessi dall’auto e tenendomi la mano mi diede un
bacio sulla guancia. Quella sera non successe nulla come
le altre due volte successive che andammo di nuovo al
cinema. Sorridendo mi domandai se tutto ciò fosse
normale concludendo che forse non sapevo anche io cosa
volessi realmente.
Alle volte ci incontravamo
durante la pausa pranzo. Una sera mi invitò a cena, mio
marito era fuori Roma per lavoro. Il ristorante era
intimo ed elegante, mangiammo della buonissima spigola
al forno ed io bevvi qualche bicchiere di troppo. Dopo
cena passeggiammo per il centro di Roma, barcollavo per
via dei tacchi alti e per il vino e lui mi prese
sottobraccio. Fu una serata indimenticabile, ridevamo
per un nonnulla e lui si comportò da vero signore anche
quando, risaliti in macchina, adagiò la sua mano sulla
mia coscia. Questa volta non la tolsi e chiusi gli occhi
in attesa che risalisse la corrente sotto la mia gonna,
ma lui non andò oltre complimentandosi semplicemente per
la trama della mia calza velata. Fu quella sera che mi
resi contro che tra noi stava nascendo qualcosa di
importante.
Passarono all’incirca tre settimane
quando un pomeriggio, tu stavi lavorando nel tuo studio,
lo chiamai e lui volle subito vedermi. Mi piacque l’idea
di essere così platealmente desiderata e che un uomo
stesse perdendo la testa per me, in fin dei conti era
quello che avevo sempre voluto, per cui accettai. Ormai
erano giorni che mi frullava in testa l’idea di dargli
un segnale ben preciso e di fargli dimenticare il mio
rifiuto della prima volta per cui corsi in bagno e
indossai una gonna molto corta e una camicetta con tanti
bottoncini strategici all’occorrenza. Tu eri nel tuo
studio al pc, entrai e in cuor mio avrei voluto almeno
che mi guardassi per come e quanto fossi seducente, ti
dissi che uscivo una mezzora per andare a far delle
compere, ma tu come al solito sei rimasto impassibile
senza alzare lo sguardo. Forse se mi avessi guardata,
forse se mi avessi detto che ero bella o quanto meno
avessi sospettato… ma nulla, niente di niente, per cui
uscii da quella stanza senza un briciolo di senso di
colpa.
L’appuntamento era sotto casa mia, in
strada per l’ultima volta guardai verso la tua stanza,
era illuminata, ma tu non eri affacciato. A quel punto
entrai in macchina, lui rimase incantato e mi disse che
ero uno splendore con quella gonna corta, sì ovvio era
un segnale e lui lo recepì al volo. Partì a razzo e dopo
circa un chilometro si fermò nel parcheggio di un centro
commerciale e questa volta non perse tempo. Mi baciò
avidamente sul collo, sul seno e infine in bocca ed io
ricambiai senza alcuna remora. La sua mano iniziò a
premere sul mio vestito, non dissi nulla e lui si sentì
libero di andare oltre toccandomi le gambe e poi
risalendo con la mano sotto la gonna arrivò fino alle
mutandine. Era la prima volta che un uomo, che non eri
tu, aveva il mio tacito assenso di toccarmi nelle parti
intime. Lo lasciai fare e lui non se lo fece ripetere
due volte iniziando ad accarezzare il mio punto più
sensibile. Dedussi che in fatto di donne era molto, ma
molto esperto.
Iniziai a gemere e per lui fu come
un lasciapassare. Nel buio dell’abitacolo, senza
chiedermi il permesso prese la mia testa, la spinse
verso i suoi pantaloni e volle che baciassi il suo
piacere. Certo dovevo decidermi, se mi fossi negata
forse non lo avrei più rivisto e allora feci quello che
più desiderava senza pensarci. Lui mi carezzava i
capelli e mi incitava pregandomi di non smettere e
continuare fino alla fine. Ecco, anche quella fu la mia
prima volta e in quel momento la mia unica
preoccupazione fu quella di non apparire goffa e
maldestra. Ma andò bene credo, lui lodò le mie labbra e
mi disse che quel bacio caldo sarebbe stato il primo di
una lunga serie.
Solo alla fine gli dissi che non
l’avevo mai fatto e lui mi sorrise dicendomi che con lui
avrei fatto tante cose che non avevo fatto prima. Per il
poco tempo a disposizione, era durato in tutto mezzora,
non fu un’esperienza esaltante per me. Pudica com’ero
non mi sarei certo lasciata andare in quel parcheggio!
Salendo le scale di casa, dissi tra me e me che
quantomeno avevo rotto il ghiaccio sentendomi orgogliosa
di avergli dato piacere, ed anche se lui si era limitato
a darmi due tre baci, mi sentivo senz’altro più leggera.
Tu eri ancora al tuo pc ed io preparai la cena.
Il giorno dopo mi chiamò e mi diede appuntamento dopo la
scuola in un motel sul Raccordo. Ecco, quella fu la
nostra vera prima volta. Non ero mai stata in un motel a
ore e mi sentii una ragazzina piena di entusiasmo. Lui
fu molto accondiscendente, mi disse più volte che non
ero obbligata a fare l’amore, che lui mi avrebbe
aspettata. Insomma mi sentii libera di decidere e dopo
un drink nella piccola hall salimmo le scale,
raggiungemmo la stanza n. 7 e facemmo l’amore, seduti
sul divano, in piedi affacciati alla finestra, distesi
nel letto e quell’amore ripetuto per tre volte e con
altrettanti miei orgasmi mi fece innamorare pazzamente
di lui.
Il giorno dopo fui io a chiamarlo e
volerlo incontrare e anche il giorno dopo ancora sempre
nello stesso motel. Andammo avanti per circa tre
settimane, conoscendoci, affinando ogni volta le nostre
prestazioni e scrollandoci di dosso ogni dubbio.
Praticamente lo facevamo tutti i santi giorni tranne i
weekend e tu non ti sei mai accorto di nulla, neanche
del mio ritrovato entusiasmo, tantomeno della mia nuova
leggerezza e del mio nuovo modo di essere donna o come
diceva lui: Femmina.
La signora pudica aveva
lasciato il posto ad una donna estremamente sexy e
consapevole di esserlo. Le mie gonne erano diventate più
corte, i miei tacchi più alti, le mie camicette con
scollature profonde, i miei trucchi più carichi come del
resto il rossetto. Insomma esibivo con naturalezza
spacchi e trasparenze, ma per te ero davvero
trasparente! Lui mi desiderava così ed io facevo ogni
giorno passi da gigante. Mi ripeteva spesso che non
dovevo limitarmi, di andare oltre, altrove, in fondo ad
ogni piacere ed io l’accontentavo e mi accontentavo.
Aveva pienamente ragione lui, da donna ero diventata
femmina, da moglie amante ed il merito era senz’altro
suo.
Una sera mentre tornavamo dal motel, deviò
il tragitto e si fermò in una stradina di periferia e
volle farlo di nuovo lì. Ma quella volta andò oltre, mi
invitò a scendere dall’auto, percorremmo qualche metro
tra le sterpaglie ed eccitato per la situazione e forse
perché qualcuno avrebbe potuto vederci mi sollevò la
gonna, mi tolse le mutandine e mi prese addosso ad un
tronco di pino. Durante l’amore gli urlai più volte
quanto fosse pazzo, ma mi piacque così tanto che il
giorno dopo, tornammo in quel posto.
Ormai ero
persa, ero in preda ad una vera e propria tempesta
ormonale, pensavo sempre a lui, anzi all’atto sessuale
con lui sorprendendomi di quanto l’amore fosse magico e
come potesse cambiare una donna. I miei sogni erano
diventati bollenti, mi svegliavo sempre sudata, ma tu
non te ne accorgevi, anche perché ormai ero diventata
esperta a dirti bugie e soprattutto ad essere credibile.
Non c’era specchio dove non mi guardassi, non c’era
vetrina dove non ostentassi le mie forme, insomma avevo
ricominciato a piacermi e finalmente la mia vita aveva
di nuovo un senso e soprattutto mi sentivo corrisposta.
Lui era così innamorato di me che una sera,
durante un weekend a Perugia, mi chiese un figlio.
Ovviamente cercai di dissuaderlo e farlo ragionare,
avevo timore che uscendo da quella meravigliosa
clandestinità tutto avrebbe preso un altro sapore e che
la nostra passione avrebbe potuto affievolirsi. Lui mi
tranquillizzò dicendomi che le cose dovevano rimanere
così, ovvero che ufficialmente quel bambino sarebbe
stato figlio tuo. Era così determinato che mi disse che
avrebbe represso la sua gelosia per attuare il nostro
piano. Senza un briciolo di testa accettai e quella sera
concepimmo Angelo.
Ora mi chiedo, ma come hai
fatto a non dubitare? Eppure non hai detto nulla, quando
per tre sere di seguito ho preteso di far l’amore con
te. Ovvio non ne avevo voglia e ne avrei fatto
volentieri a meno, ma quello era il piano e tu per nulla
al mondo avresti dovuto sospettare. Insomma rimasi
incinta e tu, nonostante quelle analisi, non dubitasti
sulla tua paternità credendo davvero ai miracoli!
Ora Angelo ha quasi due anni e mezzo ed io non mi
pento di quello che ho fatto, di averti ingannato,
principalmente perché tu non ti sei mai accorto di
nulla, e questa cosa mi dà la forza di dire quanto fossi
indifferente per te e soprattutto di aver fatto la
scelta giusta. Qualsiasi altro marito e dico qualsiasi
avrebbe almeno sospettato, tu niente. Era come se avessi
temuto che guardare oltre il tuo naso avresti potuto
vedere qualcosa di troppo. Sordo, muto e cieco hai
continuato a vivere la tua vita, il tuo lavoro, i tuoi
amici, come se io non esistessi e comunque senza mai
preoccuparti dove andassi la sera, o chiederti perché
mai la tua donna avesse cambiato look ed abitudini,
oppure perché quel meraviglioso bambino moro non
assomigliasse per nulla a te, biondo e con gli occhi
azzurri.
Ecco ora ti ho raccontato tutto o quasi
e mentre ti scrivo ho già fatto la valigia. Ci ho messo
poche cose dentro perché voglio dimenticarmi al più
presto di essere stata tua moglie. Angelo è dalla nonna
e lo andrò a prendere non appena sarò uscita per sempre
da questa casa. Sto facendo il grande passo, perché solo
ora la nostra relazione si è stabilizzata, lui si è
separato dalla moglie e desidera vivere il resto della
sua vita solo con me.
Tu come al solito stai
leggendo il tuo giornale seduto sul divano ed io ho
finito di scrivere questa lettera che lascerò in bella
mostra sulla mensola dell’ingresso. Ma un dubbio mi
resterà per sempre nella mente: Chissà se ti accorgerai
di essere solo quando chiuderò quella porta.
|
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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