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Adamo Bencivenga
Morte di una venditrice di cappelli
Photo Anna Koudella
Personaggi:
Arianna Levi, l’accusata
Vera
Pignatelli, la morta
Federico Scala, marito dell’accusata
Luca, il
figlio della coppia
Il Commissario, il commissario
Arianna
Levi: Signor Commissario non l’ho uccisa
io! Mi creda la prego, sì quella sera ero lì in quel negozio di cappelli
di via del Tritone, esatto al civico 121, saranno state le sette, comunque
era l’ora di chiusura, questo me lo ricordo bene, ma io Vera Pignatelli
non l’ho ammazzata!
Commissario: La prego signora, si
calmi, se non è stata lei non ha nulla da temere. Questo è il classico
delitto passionale e lei è qui perché suo marito e la vittima si
conoscevano… mi racconti bene dall’inizio.
Arianna: Le
giuro, le dirò tutta la verità Signor Commissario. Abbia solo un po’ di
pazienza! Posso avere un bicchiere d’acqua? Sì va bene anche naturale,
grazie.
Commissario: Come erano i suoi rapporti con
Federico Scala, suo marito?
Arianna: Da quando è
iniziata questa maledetta storia con mio marito le cose non sono più
andate bene. In casa c’erano scenate continue, specialmente da parte mia.
Lo aggredivo, volevo sapere ogni suoi movimento e cosa facesse durante il
giorno. Lui invece era sfuggente, insofferente, alle volte faceva scena
muta, mi evitava quando tornava a casa si rinchiudeva nel suo studio, alle
volte si addormentava in poltrona e non veniva a letto. Era cambiato,
molto diverso dall’uomo che avevo sposato ed amato fino alla follia.
Commissario: Ha provato a parlarci?
Arianna:
Eccome Signor Commissario, ho fatto di tutto. La consapevolezza di essere
tradita è una brutta bestia sa? Ma visto che non ottenevo nessun risultato
ho cambiato atteggiamento. Ho iniziato a prenderlo con le buone, cercavo
di essere sempre sorridente, di non urtarlo, lui però mi parlava solo dei
suoi problemi di lavoro, ma io intuivo che non fosse quella la causa.
Cercavo comunque di stargli vicina, di risollevarlo reprimendo la mia
ansia di sapere… Mi facevo carina per lui, indossavo scarpe e vestiti che
mi aveva regalato lui, mettevo il suo profumo preferito, gli cucinavo le
cose che gli piacevano di più, il suo dolce preferito, ma il più delle
volte lui saltava la cena dicendomi che aveva mangiato fuori o che non
aveva fame.
Commissario: La sera quindi tornava sempre
a casa?
Arianna: Di solito sì, qualche volte invece mi
telefonava dal giornale dicendomi “Arianna sto seguendo una pista, ho una
fonte diversa, devo incontrarla stanotte!” Insomma mi metteva scuse a
ripetizione. Mi parlava di brutti loschi che lo minacciavano, di un giro
di malaffare vicino alla stazione. Ed io ero sempre nel dubbio perché
sapevo quanto il lavoro di un giornalista di cronaca fosse delicato, ma
Signor Commissario, una donna sente, sa quando sono balle, però come una
stupida non facevo altro che incolparmi, come se la sua assenza e le sue
mancanze dipendessero esclusivamente da me, chiedendomi cosa avessi fatto
di tanto grave per spezzare quell’idillio.
Commissario:
Da quanto tempo eravate insieme?
Arianna: Ci siamo
sposati nel 2000, praticamente un ventennio, pensi che per i primi dieci
anni ci amavamo così tanto che abbiamo deciso di non fare figli per stare
da soli. Poi lui lo desiderava ed è nato Luca. Ecco capisce ora? Sapere
che lui desiderasse altre cosce, altro seno, per me è stata una mazzata
incredibile. Mi sentivo inutile, depressa con l’autostima sotto i piedi.
Commissario: Immagino che non si sentisse più desiderata…
Arianna: Mi guardavo allo specchio e mi vedevo brutta,
sciatta al punto che mi chiedevo come cavolo lui avesse fatto a sposarmi e
cosa ancora ci potesse trovare di attraente in quella donna allo specchio.
Non avevo scampo e gli davo perfino ragione del resto anche stare con una
donna è una questione di preferenza! Teoricamente sapevo benissimo che di
fronte ad un’amante una moglie ha le armi spuntate e specialmente quelle
della seduzione, ma in pratica era dura da accettare. Mi facevo forza
pensando di avergli dato il figlio che aveva sempre desiderato, ma ora
anche Luca non era più sufficiente.
Commissario:
Com’erano i rapporti tra padre e figlio?
Arianna:
Passavano giorni senza che lo vedesse, che gli chiedesse almeno come fosse
andato a scuola, figuriamoci giocare con lui alla Play Station cosa che
invece prima faceva quasi tutte le sere. Luca ne soffriva ed io cercavo di
consolarlo, gli dicevo che era pur sempre suo padre e doveva rispettarlo,
anche se in cuor mio lo rimproveravo perché da figlio non destava alcun
interesse al padre. Beh sì lo usavo come arma a mio favore perché Luca
rappresentava l’unico punto in comune che ci teneva ancora insieme.
Commissario: Quando ha iniziato ad avere la
consapevolezza del tradimento?
Arianna: Le ripeto, una
donna sa, anche se molte volte fa finta di non sapere per quieto vivere.
Certo mi mancava la certezza, pensi mi sono ridotta perfino ad annusare le
sue mutandine per averne la prova. Ma prima o poi ci si arriva e si smette
di mentire a se stessa, però non fu quello a sconvolgermi, quanto la
consapevolezza che non avevo fatto niente per trattenerlo a me. Pensavo
che se ci fosse stato un colpevole in quella storia non era certamente lui
e né tanto meno suo figlio. Ero stata al mio posto, sempre ubbidiente e
servizievole, sempre disponibile, insomma mi ero comportata semplicemente
da moglie.
Commissario: E i vostri rapporti intimi?
Arianna: Ormai erano mesi che non onorava più la tavola
che meticolosamente apparecchiavo ogni benedetta sera solo per lui,
mandavo Luca a dormire e mi sedevo sul divano con la televisione muta ad
aspettarlo, perfettamente truccata e disponibile, ma lui non c'era. Si
ritirava sempre più tardi, a volte direttamente all'alba. Sconsolata
andavo a letto e quando tornava lo osservavo fingendo di dormire, era
praticamente uno straccio, gli erano cresciute in viso delle occhiaie da
vecchio irriconoscibile e inguardabile. Era la prova provata quanto
qualcuno lo stesse consumando, fisicamente e mentalmente. Lei cosa avrebbe
fatto al mio posto?
Commissario: Appunto lei cosa ha
fatto?
Arianna: Dopo qualche mese ho deciso di agire,
così una sera invece di rimanere a casa a piangere e commiserarmi ho
portato Luca dalla nonna e sono uscita. Lui mi aveva detto che quella sera
ci sarebbe stata la prima del Barbiere di Siviglia al Teatro dell’Opera.
Allora mi sono appostata sul piazzale poco fuori l’uscita, ho aspettato
circa un’ora, faceva un freddo cane quella sera, ma ho resistito, finché
l’ho visto. Ovviamente non era solo. Li ho visti, lui e l’altra. Quando
sono usciti ridevano, sembravano felici Commissario! Ridevano spensierati
come se fossero soli al mondo. Lei era bellissima, portava un vestito
bianco di seta leggerissima con due fili di perle e sulle spalle una
pelliccia costosa. La osservai attentamente con quel cappellino rosso a
cloche stile anni trenta. Insomma Commissario dovevo ammettere con me
stessa che era davvero un sogno di donna! Lui la guardava in un modo...
come se fosse rapito da quella bellezza. In quel momento pensai che a me
non mi aveva mai guardata così.
Commissario: E cosa
hanno fatto?
Arianna: Si sono diretti a piedi verso la
stazione, io li ho seguiti a distanza. Si tenevano per mano, non
smettevano di ridere, ogni tanto si fermavano e si baciavano. Hanno
attraversato la piazza, poi hanno preso una strada laterale, credo Via
Volturno, lui ha iniziato a guardare i numeri civici, lei non perdeva
occasione di stringerlo, di abbracciarlo. Poi sono entrati in una
pensione… No Signor Commissario, non ricordo il nome, l’entrata era
accanto ad una farmacia, l’unico negozio aperto a quell’ora.
Commissario: E lei? È tornata a casa, immagino…
Arianna: Li ho visti entrare e mi sono sentita morire, fino a
poco prima avevo sperato che tra loro ci fosse solo del tenero, ma che non
facessero l'amore. Sono stupida vero Commissario? Prima di quella sera
avevo solo un confuso presentimento, ma in quel momento ho toccato con
mano il dolore del tradimento. Ero come imbambolata, le macchine
sfrecciavano ed io ero lì ferma a guardare l’insegna e quelle persiane
chiuse. Pensavo cosa stessero facendo in quel momento, in quale di quelle
stanze lei si stesse spogliando e lui disteso sul letto la stava guardando
estasiato dalla sua bellezza. E poi altro, sì certo, non me ne vergogno!
Ho pensato all’esatto momento in cui lui entrava dentro di lei, il momento
in cui facevano l'amore, ed a ogni colpo, una fitta dentro il mio cuore.
Ero devastata, depressa, perché quando il tuo uomo fa l'amore con un'altra
donna non c'è più speranza, ormai è perso per sempre e tu puoi benissimo
dire la parola fine.
Commissario: Poi cosa è successo?
Arianna: Ho pensato di aspettarlo lì, di gridargli in
faccia tutto il mio odio. Ma poi sono tornata a casa. Non volevo più
pensare e mi sono messa a letto. Stranamente però quella sera lui è
tornato prima del solito, strano no? Era come se lo sentisse che io
sapevo, che lo avevo seguito! Allora mi sono chiesta se lui mi avesse
visto e se insieme alla sua amante avesse riso di me. Mi è salita la
rabbia e da quel giorno ho iniziato a seguirlo, a vegliare su di loro, a
impadronirmi di un pezzo della loro vita, della loro felicità, in fin dei
conti ne avevo diritto no? Ero pur sempre la moglie e in qualche modo da
moglie volevo anch’io condividere la gioia di mio marito.
Commissario: Mi faccia capire signora, ha iniziato a seguirli
tutte le sere?
Arianna: Non tutte, ormai sapevo i loro
movimenti, i loro punti di incontro, i locali che frequentavano e
soprattutto le loro alcove. Pensi che una volta, dopo aver cenato in un
ristorante vicino Fontana di Trevi, presi dalla passione, hanno fatto
l’amore dentro il negozio di cappelli. Lo so perché mi sono avvicinata
alla serranda ed ho sentito chiaramente i loro gemiti d’amore. Più che
altro ho sentito lei Commissario, urlava e ne chiedeva ancora, non credevo
che durante l’amore una donna potesse lasciarsi andare così ed essere così
oscena. Con Federico io non avevo mai gridato così, i nostri rapporti
intimi anche nel periodo più bello erano sempre discreti, in silenzio ed
al buio.
Commissario: Dopo quella sera qualcosa è
successo, vero?
Arianna: Dopo qualche settimana,
Commissario mi perdoni, ma non riesco ad essere più precisa. Comunque sì,
i loro incontri si sono diradati. Non si vedevano più con assiduità. Mio
marito tornava a casa puntualmente all’ora di cena ed io mi chiedevo cosa
fosse successo tra loro. Comunque era cambiato, addirittura faceva
attenzione a quello che indossavo, pensi aveva perfino ricominciato a
onorare la tavola. Non spesso, ma per me era sufficiente anche quel poco
per sentirmi di nuovo la sua donna.
Commissario:
Quindi avevano chiuso la relazione?
Arianna: No, no,
si vedevano ancora, ma non come prima. Nei miei percorsi cervellotici
pensavo che tra loro fosse passato l’entusiasmo iniziale. Del resto ci sta
in una coppia, vero Commissario? Lei è sposato vero? Comunque mi
tranquillizzai, anzi ero quasi contenta e mi convincevo che se tutto fosse
rimasto così potevo anche ringraziare il Cielo. Certo ripensando alla
scena nel negozio avevo ancora i brividi e poi non lo sentivo
completamente mio, ma in qualche modo riuscivo ad andare avanti. In fin
dei conti una scappatella ogni tanto da parte di un uomo ci può stare no?
Lei che ne pensa Signor Commissario? Del resto voi uomini avete le vostre
esigenze, lo ammetto anche se faccio fatica a capire perché noi donne
siamo diverse, noi per andare a letto con un uomo abbiamo bisogno di un
pretesto e perfino di innamorarci! Siamo stupide vero?
Commissario: Voleva davvero bene a suo marito…
Arianna:
Per il suo bene avrei fatto qualsiasi cosa facendo tesoro dei ritagli che
mi concedeva. Pensi che un giorno sono anche andata nel negozio di
cappelli, volevo vedere la signora Pignatelli da vicino, scoprire cosa
avesse più di me e perché mai mio marito avesse perso la testa per lei.
Certo volevo sapere anche perché le cose tra loro fossero cambiate.
Commissario: E cosa ha fatto?
Arianna:
Sono entrata facendomi forza ed ho cominciato a vedere i cappelli, nel
mentre però la osservavo, era davvero una donna affabile, dai modi
estremamente gentili, parlava sottovoce come sussurrasse. Molto diversa
dalla donna che avevo sentire sguaiatamente qualche sera prima. Guardavo
le sue mani ben curate, sentivo il suo profumo delicato e cosa strana
sentivo per lei una insolita vicinanza, qualcosa di molto famigliare, come
se fosse una sorella o un’amica molto intima. Mi ha perfino convinta a
comprare un cappello, sa? Una cloche di velluto bordò, praticamente la
stessa che indossava lei la sera della prima all’Opera.
Commissario: Le ha fatto una buona impressione allora?
Arianna: Addirittura, nonostante fosse la mia rivale, mi
sentivo solidale con quella donna, perché sapevo quanto la vita di
un’amante fosse difficile e complicata, e che in fin dei conti io avevo
dei diritti sul mio uomo e lei nulla di nulla. Pensi che per un momento ho
pensato di presentarmi e di dirle chi fossi, che comunque sia avevo
accettato la sua presenza e la loro relazione. Non so perché, forse per un
senso di complicità o più verosimilmente per rendere la vita più facile a
tutti e tre. In fin dei conti ero io l’ostacolo e forse la causa delle
loro incomprensioni. Ma poi non ebbi il coraggio, presi il cappello, pagai
e me ne andai.
Commissario: Mi faccia capire signora,
lei ha incontrato quella donna nonostante suo marito continuasse a
vederla?
Arianna: Non era questo il punto. Dopo quel
breve periodo di serenità Federico era cambiato di nuovo, insomma era
successo qualcosa tra loro che io ancora ignoravo. Lui era diventato
taciturno, scontroso, irascibile, spesso rimaneva ore chiuso nella sua
stanza e l’atmosfera in casa si era fatta di nuovo pesante. Insomma
qualcosa era cambiato, ma in peggio e la causa di sicuro era quella donna!
Signor Commissario non mi vergogno a dirlo, in quel momento speravo con
tutta me stessa di vederlo di nuovo felice e sapevo benissimo quanto la
sua felicità passasse per quella donna. Cercavo di capire sperando che tra
loro le cose fossero andate di nuovo bene, ma avevo la sensazione che
qualcosa si fosse rotto.
Commissario: E quindi cosa ha
fatto?
Arianna: La sera del delitto sono uscita e
andata nel negozio di lei, in via del Tritone, proprio davanti dove c’è la
redazione dove lavora mio marito. Non so perché sono tornata lì, forse
speravo di vederli insieme. Era l’ora di chiusura e con mio sorpresa però
ho visto lei nel negozio che si baciava con un uomo, ma questo uomo non
era Federico! Era un ragazzo ben vestito molto più giovane di mio marito.
Insomma lei aveva cominciato a tradirlo. Ero fuori di me, mi sentivo come
se stesse tradendo me! Mi capisce signor Commissario? In cuor mio avevo
accettato l’infedeltà di mio marito, ma non tolleravo assolutamente quella
di lei!
Commissario: È in quel momento che è entrata
nel negozio vero?
Arianna: Il primo istinto è stato
quello di entrare e prenderla a schiaffi. Mi chiedevo e mi ripetevo: “Ma
come si fa a trattare un uomo così?” Sa Commissario mio marito è un uomo
dolce, romantico, non farebbe male neppure ad una mosca, purtroppo l’unica
sua debolezza è stata quella di essersi innamorato di un’altra donna. Mi
sono avvicinata facendo finta di vedere i cappelli in vetrina confidando
che essendo buio lei non mi avrebbe riconosciuta. In realtà però ho
iniziato ad osservarla e con mia grande sorpresa ho notato al dito anulare
di lei il mio anello che Federico mi aveva regalato quando era nato Luca.
La volta prima non lo portava, strano no?
Commissario:
Quindi suo marito e la signora Pignatelli stavano ancora insieme?
Arianna: Già, è stato in quel momento che non ci ho visto
più. Mi è salita la rabbia, pensavo a mio marito triste e sconsolato e lei
lì che faceva la puttana con un altro uomo! Rideva sfrontata e si faceva
baciare senza nessuna accortezza. Tutti avrebbero potuto vederla, si rende
conto? Che figura ci avrebbe fatto mio marito? Praticamente uno zimbello.
Si rende conto? Insomma non potevo permetterlo, dovevo fare assolutamente
qualcosa. Non potevo sopportare quella vergogna! Io e mio marito ci
eravamo comportati bene con lei, mio marito amandola ed io accettandola
come una di famiglia. Lei, al posto mio, cosa avrebbe fatto Commissario?
Commissario: Mi dica quello che ha fatto lei!
Arianna: Sono entrata, ma le giuro volevo solo spaventarla. L’ho
chiamata per nome, lei si è girata dicendomi che il negozio era chiuso. In
quel momento mi ha riconosciuta ed io ho estratto la pistola dalla mia
borsa, ma le giuro Commissario, non sono stata io a premere il grilletto.
Saranno passati due tre secondi e poi ho sentito lo sparo. A quel punto
l’uomo si è avventato contro di me, mi ha fatto cadere a terra e mi ha
immobilizzata, mentre la donna era riversa sul pavimento in una pozza di
sangue. Lei non ci crederà Commissario, ma non sono stata io ad uccidere
Vera Pignatelli.
Commissario: Come mai lei aveva la
pistola nella borsa?
Arianna: L’avevo presa dalla
cassaforte prima di uscire di casa, le ripeto volevo solo spaventarla, ma
qualcuno ha sparato al posto mio, una volontà superiore ha voluto che la
giustizia facesse il suo corso. Non so dirle chi fosse Commissario, di
sicuro qualcuno più in alto di me, un’entità superiore che, con una mira
infallibile e un solo colpo, ha centrato in pieno il cuore della donna. Di
sicuro qualcuno convinto che la giustizia divina sia di gran lunga più
importante di quella degli uomini. Del resto quella donna si era macchiata
di un delitto molto più grave della sua stessa morte, aveva fatto
innamorare mio marito e poi lo aveva ricoperto di offese e disonore. Come
moglie non avrei mai potuto tollerarlo e qualcuno ha sentito le mie
preghiere rivolte verso il Cielo e mi hai aiutata. So che il ragazzo che
era lì nel negozio ha testimoniato contro di me, dicendo che ero stata io
a sparare, ma anche lei Signor Commissario conviene con me che le mie
colpe, se per caso ne avessi, non saranno mai più gravi di quelle di cui
si è macchiata la donna, vero?
Commissario: Non solo
il testimone, ma anche le analisi scientifiche concordano che sia stata la
sua pistola a sparare…
Arianna: Allora mi arresta
Commissario?
Commissario: Perché mai dovrei? Il caso è
chiuso. Con quello sparo la giustizia ha già fatto il suo corso, non c’è
nulla da aggiungere… In un delitto passionale le colpe non sono mai da una
parte sola, tra carnefice e vittima il limite è così labile che a volte si
sovrappone. Mi creda non servirebbe a niente cercare il responsabile,
sarebbe solo una grande perdita di tempo, perché anche se venisse
accertato che sia stata lei a premere quel grilletto, chi spara non è
sempre totalmente colpevole e chi viene ammazzato non è sempre del tutto
innocente.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
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