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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Il Motel degli amanti





Photo Edwin Firminger

 




Come sono finita in questo squallido posto? Che ci faccio ora sdraiata sopra questa moquette completamente nuda? M’aggrappo ai piedi di quello che trovo e faccio forza con le mani ed i gomiti per strisciare verso la finestra. Lo sento che al di là del vetro c’è un’autostrada che corre, un passante di treno che mi lascia da sola a respirare bocconi di polvere d’albergo. Lo sento che dietro la porta c’è gente che canta per riempire un silenzio che se solo bussasse non sarebbe più sola. Sarà un giapponese finito per sbaglio dentro questo motel o un inserviente ai piani che mi porta champagne e una dozzina di rose, rosse di baci e passione, gialle d’invidia e gelosia perché solo un uomo geloso potrebbe farmi un così gradito regalo.

Come sono finita in questo posto? Perché giù in strada ci sono voci di uomini, odore di nausea di pompe di benzina? In questa stanza c’è solo un letto, nient’altro, nemmeno un comodino, una poltrona, un quadro sul muro. Solo un letto con la spalliera di finto legno venato, lenzuola ammucchiate e una donna, che sarei io, distesa per terra.

Cerco con gli occhi un uomo, mi guardo intorno, cavolo, ci deve essere un uomo in questo posto! Non è possibile che sia salita fin qui senza un uomo che mi cingesse i fianchi e mi accarezzasse il sedere. Perché non può mancare dietro queste tende appesantite da fumo e sporcizia. Sì certo un uomo! Magari in controluce appiattito sul muro che si guarda orgoglioso il tatuaggio a farfalla sopra il suo sesso, e fa il muscolo per vederla volare, per vederla sgranata e ingrandita che si posa su queste labbra a forma di fiore.
Ci dovrà essere una faccia da camionista o tassista che sorride guardandomi mentre cerco ragioni per essere nuda, per arrivare a quel fascio di luce che è la sola meta dove ora posso arrivare.

Sento un rumore di doccia, chissà se è acqua che lava l’odore d’amore? Chissà se invece pulisce per bene un sesso di maschio prima dell’uso? Ma perché sono nuda se ancora non mi ha scopata? Perché quest’attesa? Neanche un paio di mutande! Fossi almeno legata, saprei dove vuole arrivare, saprei cosa sta pregustando sotto la doccia.
Ma se esce ora dal bagno vede solo un essere in penombra distesa sulla moquette! Come posso sfamarlo con quest’abbozzo di seni, queste cosce insecchite come rami d’inverno, così arcuate che lasciano in mezzo un vuoto penoso, come se Dio l’avesse create per farle riempire, per farmi sentire ogni volta incompleta. Spero solo che abbia già appetito e che il mio corpo sia soltanto un ricordo di quando m’ha vista. Perché se ora l’aspetto mi avrà pure invitata ed ha deciso che poi non ero niente male, magari mentre gustavo un thè caldo alla menta seduta al mio tavolino preferito del bar qui sotto con indosso un tailleur di colore di malva oppure un cappello e una gonna leggera e dondolavo il mio tacco per attirare il suo sguardo. Sicuramente gli avrò sorriso e lui non ha perso tempo mostrandomi la chiave e il numero della stanza.

Ora con gli occhi cerco i miei vestiti, le mie mutande, il mio trucco. Da qualche parte mi avrà pure spogliata! Forse in ascensore o forse lungo le scale e ad ogni gradino ero sempre più nuda. Mi sforzo, devo assolutamente ricordare, e allora mi pare di sentire l’odore dei tigli in fiore, forse è un indizio, forse è primavera, e la primavera fa brutti scherzi! Ma non ricordo quale marca di profumo aggraziasse la mia pelle, quale colore di calza velasse le mie gambe, quale tono di rossetto mi facesse più signora. Sarò stata brava a sorridergli e poi a farmi spogliare? Sarò stata brava a fare l’amore? Ma avrò fatto l’amore? Lui m’avrà amata o solo scaricato il suo piacere?

Mi rendo conto che la mia dignità ora passa attraverso un paio di calze nuove, devo assolutamente ricordarmi come cavolo sia finita qui! Chi è l’uomo che continua a farsi la doccia? Forse il mio amante di un’ora a cui mi sono negata, oppure offerta senza chiedergli un nome! Forse ho sofferto oppure ho fatto soffrire perché in amore non c’è mai un vincitore. Si perde sempre! Anche per pochi minuti si perde! Ma perché devo sempre infilarmi dentro queste paure? Nulla è certezza tranne che aspetto qualcuno che sta sotto la doccia, ma non conosco il suo nome, il suo viso mi pare. Nulla è certezza tranne questo folle desiderio nascosto che spartisco con chi m’avrà conosciuto solo da qualche minuto, con chi tornerà anonimo appena scendo le scale.

Ma seduta in quel posto vedo una donna sensuale, con una gonna che danza col vento che invita ed accoglie chiunque sappia d’amore. Di sicuro ero più bella di quanto ora mi vedo, sotto la giacca portavo solo il mio seno, sotto la gonna un discreto piacere che bagna e s’asciuga secondo il verso del vento. Ma perché devo ogni volta sentire i brividi lungo la schiena per potermi sentire a mio agio, per dare il meglio che il mio corpo lascia intuire. Eppure ho una casa, un lavoro, un marito che agli occhi degli altri mi dà onore e riguardo! Dei figli che fanno le medie ed un gatto che m’aspetta ogni sera altrimenti non mangia.

Sono madre, figlia, sorella, sono signora, collega e vicina rispettata da tutti, e allora perché devo riempire i miei pomeriggi seduta in un bar sopra quella terrazza? Sì proprio lì dove nessuno mi conosce ed apro le gambe ad ogni sguardo che passa e scompare dentro me stessa, dentro questo maledetto bisogno di sentirmi saziata nell’anima tutta. Il sesso è solo un pretesto, ma è pane per le attenzioni che cerco e come bambina mi metto a giocare: “Ad ogni uomo che passa, un bacio sul collo, ad ogni bacio una parola d’amore.” E poi tutto diventa più serio, il mio corpo più caldo: “Ad ogni uomo che passa una carezza sul seno, ad ogni carezza apro le gambe.”

Ed aspetto un qualcuno che sia diverso da quelli che ogni volta, mi pare, m’invitano a salire sopra le scale di questo motel che conosco a memoria. E sono sempre gli stessi, facce diverse, odori diversi, tatuaggi diversi, ma tutti coll’inconfondibile desiderio di scopare se stessi, di sentirsi sovrani sopra una donna, di fare l’amore con l’autocompiacimento d’essere forti, di ammirarsi la farfalla tatuata sul sesso e farla volare e spingere forte tra piacere e dolore per sentirsi più maschi.

Mi danno lividi e dolore, ma anche passione e tormento, e sale per le mie ferite e con le gambe fiaccate mi faccio forza pensando a quando l’impeto scema e rimane poesia, a quando rimangono rime di note trasportate dal vento. Certo sì perché è quello il momento che adoro, quando nell’aria restano sospese parole che mi dicono bella, mi dicono amore e le mani di colpo gentili che mi coprono il seno, le labbra che mi danno vapore e m’inumidiscono il collo. Come ora, in questo momento, dove mi pare di sentire il rimbombo di parole d’amore, l’odore giallo di rose che ora non vedo, il profumo del rossetto che è servito per dare piacere e il tatto di una mano che m’ha accarezzata per ore. Vivrei solo per questo momento, solo per sentire il ricordo di un bacio sulle mie palpebre fragili pronte a schiudersi per altre emozioni!

Ma allora mi ha scopata? Ma allora perché ogni volta mi sveglio col dubbio d’essere intatta? Dove è finito il mio tailleur colore di malva? I miei seni che fanno volare farfalle? Non sono per niente arrossati! Ma allora perché sono nuda se non ho ancora fatto l’amore? Il rumore dell’acqua non smette ed io non ricordo la faccia del mio amante di turno, non sento l’odore. Non sento il bruciore dentro quel vuoto che mi rende incompleta, dentro il mio cuore che spalanca le cosce per sentire poesia.

Perché lui non esce dal bagno? Perché in tutti questi anni continua a farsi la doccia e non s’è mai deciso ad uscire, a prendermi nuda, questa volta davvero, prima che il buio mi ritrovi per strada, camminando in fretta per non destare sospetti, prima che mi convinca che sia tardi e mi ritrovo a correre verso casa, correre più veloce possibile, perché il gatto non salti la cena.



 





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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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