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I racconti di LiberaEva
L’ascensore
Photo Anna Busheva
Cosa diavolo ci faccio dentro un ascensore che sale,
ipnotizzata dai piani che lentamente scendono mentre
cerco una scusa che sia la più credibile, un
malessere che possa sembrare più vero? Guardo fisso
l’uomo e giuro di non averlo mai visto e penso a
quanto sia strano quest’incontro, a quest’ora di
notte dentro un ascensore. Forse mi stava
aspettando, forse mi avrà sentita parcheggiare la
macchina in garage ed ora mi chiedo a quale piano
sia diretto, se ha il viso particolare di chi abita
all’attico o il ghigno, una ruga o una voglia più
scura e se devo farmi da parte perché scende al
prossimo piano.
Sento l’odore del suo alito
pesante, della sua pelle anonima con due fili di
barba,
e mi chiedo se ci provasse cosa sarei
disposta a concedere, se mi invitasse nella sua casa
come proseguirebbe la serata. In fin dei conti è un
bell’uomo, ha solo l’aria un po’ stanca. Forse ha
un’amante e stasera ha fatto l’amore, ma è affabile
ed ha i modi gentili, ma io mi chiedo se dietro
questa dolcezza smielata ci sia dell’altro.
E se
fosse un tipo violento? E se m’aggredisse prima di
scendere da questo ascensore? Comunque continua a
guardarmi con quell’aria timida e finta, come se già
fossi nuda o avessi già slacciato un bottone,
completamente in balia della voglia e il suo sesso
che di sicuro a quest’ora è già pronto per l’uso,
per dimostrare quanto maschio ci sia dentro la
stoffa, quanta fierezza davanti ad una donna che
cede.
Mi chiedo quanti anni possa avere e
perché mai il destino abbia voluto che l’incontrassi
dentro questo ascensore, proprio stanotte il primo
dell’anno! Certo la mia serata non è stata delle
migliori, una cena in un ristorante con la mia amica
migliore. Tutte e due sole, senza uno straccio di un
uomo, tutte e due separate e senza figli e nessuna
scusa per rimanere in casa. Il locale era pieno di
gente anziana e per combattere la noia abbiamo
perfino ballato da sole.
Fosse il destino ha
creduto che fosse troppo crudele finire la serata
nell’assoluto torpore e mi ha messo davanti questo
uomo, questo sconosciuto che non ho mai visto, ma ha
le chiavi in mano per cui abita di sicuro in questo
palazzo. Ora è qui a meno di mezzo metro, che guarda
la mia scollatura e nemmeno un sorriso che mi faccia
pensare che non sono poi male, che quello che vede
gli fa voglia e saliva. Emettesse almeno un respiro
profondo, saprei già cosa m’aspetta stasera, saprei
già che quest’anno che inizia lo passo a letto o
dentro un armadio a parare gli attacchi di un uomo
in preda agli istinti.
Vedessi almeno un
cenno qualunque, di disgusto e disprezzo sul mio
rossetto all’antica, sopra questa scollatura del mio
bel vestito da sera, che fa vedere il seno e sembra
un incanto, ma che se non avesse imbottiture e
ferretti cadrebbe a terra spiaccicato e molliccio.
Lo so di non essere bella, lo so che per tutto
questo tempo ho vissuto nell’illusione di esserlo,
lo so che nessuno più, a cinquant’anni passati, ha
il coraggio di cadermi ai piedi o fasciarmi questi
fianchi a dir poco formosi. Mi pare impossibile che
quest’uomo ancora mi guardi e ancora non si sia
accorto di tutto il trucco che porto, che basterebbe
lavarmi la faccia per essere tutt’altra persona. Mi
sembra ridicolo che un uomo possa ancora
desiderarmi, generoso di baci e parole che non sento
da anni, e magari accarezzarmi questa ruvida pelle,
che creme e massaggi l’illudono di essere morbida.
Non so cosa davvero m’abbia preso stasera! Non
so perché davanti allo specchio mi sono sentita per
un attimo bella, fino ad imbrogliarmi che sarebbe
stata una sera diversa ed un uomo qualunque, avrebbe
potuto guardarmi le labbra e provare calore senza
vederne le rughe. Davanti ai cassetti senza un
attimo d’esitazione, ho fatto la scelta di cui ora
mi pento, mettendomi su una giacca, una gonna ed un
perizoma sottile, che sicuramente s’è perso tra le
pieghe di carne, compreso il merletto che ho stirato
con cura. Spero tanto che quest’uomo desista, che
mentre agita le chiavi di casa, non gli venga l’idea
malsana di invitarmi in casa, e se fosse non abbia
altre intenzioni che offrirmi un amaro o un liquore
qualunque da sorseggiare composti.
Certo
sarebbe stato diverso se avesse osato appena entrati
in questa cabina, di sicuro non avrei avuto il tempo
di reagire, e magari mi sarei lasciata andare
illudendomi di essere bella e piacente, fino a non
muovere un dito quando m’avrebbe alzato la gonna,
quando il respiro si faceva rantolo e caldo, e di
sicuro l’avrei aiutato a scansarmi i merletti e poi
saziargli le voglie prima dell’ultimo piano, prima
che l’ascensore si fosse fermato, per poi salutarmi
con un filo di voce, come se niente fosse mai
accaduto. Oh sì certo, forse sarebbe ancora in
tempo, sarebbe un istante che non continuerebbe nel
tempo, che non commuoverebbe nessuno perché s’è
trattato di voglia, di istinto di maschio, di
desiderio di donna, di bisogno che nasce dove muore
il pensiero, e t’appaga nel punto e frenetico sale,
senza guardare i dettagli e la pelle, senza guardare
il trucco che cola, la bocca che urla parole
sguaiate. Sarebbe un giudizio che m’impegnerebbe per
poco, fino a quando nel bagno m’insapono e mi lavo,
fino a quando svanisce il bruciore e la foga, il
ricordo ed il dubbio se davvero è successo.
Lui continua a guardarmi e non credo cha abbia altre
intenzioni, respira e mi fissa quasi mi imbarazza
come quando ragazza mi si arrossiva la faccia,
quando candida e vergine vivevo nei sogni, dove non
c’era differenza tra femmina e donna, ma solo un
abisso tra virtù e peccato. Ma in fin dei conti è un
buono, lo sento! Le chiavi che dondola fanno un
suono impacciato. Ma sì! M’offrirà un caffè oltre
l’amaro, ed al massimo rimpiangeremo le nostre vite
di un tempo, che lo stesso tempo ci ha tolto senza
prima avvertirci. E poi mi riaccompagnerà a casa
come un perfetto galantuomo, senza per nulla
insinuare che sarebbe potuto accadere, che il suo
letto è grande e ci si perde di notte, che sono
sensuale quando accavallo le gambe, che le calze di
seta lo spacco la gonna… Davanti alla mia porta ci
saremmo salutati come due vecchi amici, magari
pensando senza dircelo in faccia, d’aver sprecato
una notte di passione e d’amore, e che s’avesse
osato, s’avessi accettato, qualcosa di meglio
sarebbe accaduto, e di qualcosa di peggio ne avremmo
fatto ricordo.
Ma se fosse sposato? Che ci fa
un uomo da solo a quest’ora dentro questo ascensore?
Certo lui si starà chiedendo la stessa cosa di me.
Ma io non ho sprecato nessuna sera! Perché non ho
altre scelte se non questo ascensore, che mi obbliga
a salire e ad accontentarmi di quello, che m’aspetta
tra poco all’ultimo piano. Non ho nulla da opporre,
da credere che questa sera sia soltanto un’attesa,
perché venga domani e sia più bello! Senza
quest’uomo che docile m’accompagna, sarebbe stato lo
stesso, perché tra poco sarò nel mio letto, magari a
sognare che sudo e che sogno, una notte di capodanno
dentro un letto qualunque. Ma sì! Che ci provi pure
magari prima d’aprire la porta, mentre infila
tremante la chiave nel buco, col dubbio che qualcuno
dallo spioncino ci possa vedere! E senza nessuna
cortesia e falso rispetto mi sbatta in ginocchio
sopra il tappeto, mi alzi la gonna e mi guardi i
merletti, il filo del perizoma che copre un bel
niente. Allora sì che cadrei estasiata, perché è
questo che voglio! Sentirmi utile se non proprio
importante!
Basta con questi pensieri, queste
remore antiche che negli anni m’hanno insecchito la
pelle, prosciugato le parti del mio corpo feconde!
Basta con questi andirivieni e passaggi, dove mi
pento e poi sono fiera, dove mi dolgo e poi provo
piacere, ed il tutto racchiuso tra le pareti più
dure, dentro questa carne ogni giorno più molle, dai
piedi ai capelli dal seno al mio sesso. Che mi
prenda dove meglio ora crede! Sul divano o in cucina
mentre cerca un bicchiere, mentre apre una bottiglia
polverosa di vino! Che se ne fotta delle mie
resistenze! Mi prenda davvero senza esiti e dubbi,
mi faccia sentire il rumore del mare, il soffio di
un vento d’alta montagna, m’affoghi nell’acqua della
stessa mia voglia, perché niente di altro stasera ho
bisogno, che sentirmi all’altezza di fronte ad un
maschio, a chi mi desidera perché ho fattezze di
donna, perché gli ricordo una sua antica fiamma, e
mi consideri per quanto sono brava e m’impegno, per
quanto sono capace di dargli piacere.
Che si
slacci la patta senza preavviso e indurisca il
desiderio per farmi sentire apprezzata, per
trasformarmi all’alba in una donna da strada! Perché
così mi sono vestita, perché così sognavo prima
d’uscire, che qualcuno stasera dentro quella sala da
ballo, m’avesse preferito alla mia amica del cuore.
Mi faccia confessare mentre mi prende, che senza di
lui sarei seduta in terrazza, a contare gli uomini
che passano soli, a scovare il più bello che per
caso mi guarda, e se non fosse sposato, e se non
avesse avuto un impegno, se non avesse la madre
malata nel letto, stasera davvero nel sogno sarebbe
salito. E poi ancora mi faccia urlare di voglia, che
non esiste un ricordo di uomo negli anni, che
m’abbia presa e spremuta rivoltata nel letto, che
l’abbia preso ingoiato, esausto e maschio,
nell’attesa che esplodesse in un fragore di brama, e
sentirmi di nuovo capace e più bella.
Non
avrei tremato aspettando il piacere, ma gioito con
tutta me stessa fino a farmi bagnare l’anima dentro,
imbrattare la faccia, la gonna, i capelli, senza
pensare se sulla seta che porto, rimanga la macchia
indelebile e bianca. O se meglio l’aggrada mi
finisca dentro una camera da letto, entrando
irruente senza permesso come un pompiere o la vicina
che odio. Magari sul pavimento davanti allo
specchio, che mi riflette in ginocchio intenta e più
china, affaccendata e prona a fare il mio meglio.
Ora sono decisa, sento che tra poco la sua mano mi
sfiora, ecco sono qui a portata del suo braccio, ed
io non fallirò, non potrò fallire! Ecco sì ora mi
alzerà la gonna, lo vedo i suoi occhi sono più
penetranti e non si accontentano più della vista del
mio seno, vuole altro lo so ed ora manca davvero un
niente. Basterebbe davvero ingoiare questi
centimetri d’aria, quest’alito di spumante che ci
separa per niente, per saltargli sui fianchi e
spalancargli le gambe, questa riga che corre se mi
guardasse da dietro. Vorrei dirgli che non sono da
buttare, che quest’intimo che porto vale da solo una
nottata da sogno, che ora basterebbe una mano fredda
e sicura, che risalga la corrente fino ad impattarmi
la voglia dove l’astinenza di anni ha fatto
condensa.
Ecco ora lo sento è vicino, fa un
passo in avanti e mi sorride con garbo, mi fissa
negli occhi come se volesse scoparmi, prima che
l’ascensore arrivi al piano. Oddio davvero? Oddio
davvero ora ci siamo! Sento già la sua mano,
desidera farlo qui dentro questo ascensore! Ed io
che mi immaginavo una casa, un letto un divano le mi
calze per terra, invece ha deciso e lo vedo, che
vuole ora in questo momento, muore dalla voglia di
scoprire il mio seno. Chissà come bacia se
mordicchia coi i denti o succhia e poi lecca con le
labbra e la lingua?
Ma non importa, va bene
lo stesso. Qui ora alle due di notte. Tanto nessuno
potrebbe vederci! Lui si avvicina, fa un altro
piccolo passo, ora è davanti alla porta, forse ho
capito, non vuole che fugga, ma io mai ora fuggirei,
mai ora mi negherai all’ardore del maschio, al suo
sesso che dritto mi starà desiderando.
Cerco di
fissarlo, di rapirgli lo sguardo, lo guardo di nuovo
e lui finalmente mi sorride. Forse questo è il
segnale, chiudo gli occhi per non sentirmi in
imbarazzo, voglio che prima mi baci le labbra.
Aspetto. Passano secondi interminabili ma nulla
succede.
L’ascensore si ferma di colpo, mi desto
lo fisso e non abbasso lo sguardo, lo guardo meglio,
e solo ora mi accorgo che i suoi capelli sono radi,
che la sua faccia non mi è nuova, che assomiglia per
quasi e per tutto al padre del notaio che abita al
piano di sotto.
“Buona notte Signora, Buon
Anno!”
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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