|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
INTERVISTA
IMPOSSIBILE
Suor Giulia De Marco
La Carità Carnale
La “Santa viva” che attraverso il suo
corpo purificava i peccati degli uomini avvicinandosi a Dio.
Insegnò ai napoletani a pregare col sesso e divenne molto
popolare, ebbe così una moltitudine di rapporti sessuali con i
suoi numerosi fedeli. Questa era la missione della “setta della
carità carnale”
Suor Giulia, le sue origini? Sono nata
a Sepino in Molise nel 1575, in una famiglia
dall’estrazione sociale molto modesta. Mio padre era un
bracciante e mia madre era figlia di un bracciante e di
una schiava turca al servizio di un nobile spagnolo di
Napoli. Avevo circa dodici anni, quando alla morte di
mio padre per esigenze economiche mia madre mi affidò
come domestica ad un mercante di Campobasso. Purtroppo
dopo qualche anno il mercante morì e ancora adolescente
seguii la sorella del mio padrone a Napoli.
Cosa
fece a Napoli? Andai a lavorare come domestica, qui
conobbi uno staffiere e me ne innamorai. Dietro la
promessa di matrimonio mi diedi completamente a lui ed
ebbi il mio primo rapporto d’amore e purtroppo rimasi
incinta. Quando nacque mio figlio Tommaso lui sparì
dalla circolazione ed io fui costretta ad abbandonare il
mio piccolo alla ruota degli Esposti dell’ospedale della
Ss. Annunziata. Rimasi sola e senza protezione e mi
pentii amaramente per quella scelta e decisi di votare
la mia vita a Dio e di diventare suora francescana
sempre nella speranza di poter riabbracciare un giorno
il mio piccolo Tommaso.
Dicono fosse molto bella…
Nonostante fossi suora ero molto corteggiata, ma non mi
consideravo bella dato che ero bassa di statura e di
carnagione olivastra. Comunque nel 1605 conobbi padre
Aniello Arciero di Gallipoli, un uomo di 31 anni, circa
la mia età, di bell’aspetto, che divenne il mio
direttore di coscienza. Rimasi colpita dal suo carisma e
tra una confessione e l’altra, entrammo in confidenza e
quel rapporto di amicizia divenne sempre più intimo e
poco monastico. Durante la confessione mi toccava
dappertutto. Lui diceva che era per mettere alla prova
la mia devozione. Finì che andammo a letto insieme.
Lei suora si concesse al suo padre confessore?
All’epoca era un’usanza molto frequente, spesso fra
uomini e donne costrette a voti di castità per volontà
delle famiglie e comunque non ci trovavo nulla di strano
dato che come mi spiegava Padre Aniello in moltissime
religioni il sesso o meglio il momento di estremo
piacere è visto quasi sempre come un’estasi sacra.
Si dice che Padre Aniello fosse fautore della teoria
della salvezza… Era vicino alla dottrina dei Socini
senesi, pensatori protestanti e riformatori che
rifiutavano qualsiasi tipo di dogma. Inoltre, rifiutava
il valore della confessione affermando che l’atto della
confessione toglieva luce alla salvezza dell’anima.
Queste posizioni sulla confessione erano molto vicine a
quelle sul libero arbitrio dei protestanti di Lutero e
Calvino.
Alla coppia si aggiunse ben presto
Giuseppe De Vicariis… Fu padre Aniello in nome di una
spiritualità più coinvolgente a spingermi tra le braccia
di Giuseppe. Lui era un avvocato napoletano di mezza età
e dai modi galanti e raffinati, un uomo affascinante e
ricco di idee. Fu proprio lui ad avere l’idea di
trasformare il mio corpo in un vero e proprio luogo di
culto.
Quindi formaste un trio a dir poco
sacrilego. Attorno alle mie divine forme nacque così
la “Congregazione della Carità Carnale” con lo scopo di
raggiungere Dio attraverso il sesso. Secondo la nostra
visione religiosa non c’era modo migliore di onorare Dio
e raggiungere la beatitudine che attraverso il sesso.
Venne considerata una Santa… Tutta la città
iniziò a credere che attraverso il mio corpo, in
particolare attraverso le mie parti intime, riuscissi
davvero ad avvicinarmi a Dio. Ebbi così una moltitudine
di rapporti sessuali con i miei numerosi fedeli. Quei
riti venivano considerati vere e proprie preghiere e
vennero chiamati “Carità Carnale”.
Nel 1611 vi
trasferiste a Palazzo Suarez… Regalo di un magistrato
devoto divenne un vero e proprio luogo di culto e ben
presto meta di pellegrinaggio di tutti i napoletani
benestanti oltre a principi, magistrati, nobili e
possidenti della città, spagnoli, italiani ed alti
prelati che accorrevano a Napoli per inginocchiarsi
davanti a me e ricevere la mia benedizione.
Immagino vi fossero delle regole da rispettare… I
canoni per ottenere la tanto sospirata “Carità Carnale”
erano ben precisi: solo gli uomini non sposati e di età
inferiore ai 25 anni potevano “pregare” con me e le mie
consorelle.
In cosa consisteva il rito? Vi
erano vari modi per avvicinarsi a Dio, uno dei quali
prevedeva che gli adepti si stendessero sul mio corpo
nudo e venerassero i miei genitali chiamati «Porte
aperte del Paradiso». Oppure rimanevo seduta e i
prescelti si inginocchiavano uno per volta di fronte a
me e iniziavano a baciarmi le parte intime. In poco
tempo raggiungevo l’estasi.
Quindi è lecito
pensare che la sua estasi più che di natura mistica
fosse un vero e proprio orgasmo clitorideo. A me la
cosa sembrava del tutto naturale, ma Padre Aniello
diceva che questa era l’estasi di una Santa. Insomma il
mio concedermi era concepito come un atto di carità
carnale ed estremo sacrificio per purificare i peccati
degli uomini. A quel punto mi convinsi di essere
depositaria di doni divini soprannaturali e che lamia
anima fosse guidata dalla luce dello Spirito Santo e di
essere in comunione diretta con Dio.
Fu
considerata un’eretica. Divenni così famosa che molti
notabili e nobili mi invitavano nelle loro case per
qualche preghiera particolare e più cresceva la mia fama
più la Chiesa si scagliò contro di me e i fondatori
della Carità Carnale. Padre Aniello fu chiamato a Roma
presso il Santo Offizio per giustificare la sua condotta
illecita e a dimostrare che non provava alcun desiderio
sessuale nei miei confronti.
E a lei cosa
successe? Fui mandata prima nel monastero di
Sant’Antonio da Padova. Non potevo parlare con nessuno
che non fossero le suore del monastero, rimasi lì per
tre anni ma alla fine riuscii a convincere anche i miei
inquisitori che ero sinceramente legata a Dio attraverso
l’estasi sessuale. Poi mi mandarono a Cerreto Sannita,
con la speranza di mettere a tacere il mio culto.
La storia dice che riuscì a tornare a Napoli.
Grazie all’avvocato De Vicariis tornai in città e fui
accolta da un corteo in festa. Mi accorsi immediatamente
che durante la mia assenza da Napoli, la mia fama,
invece di affievolirsi, era cresciuta a dismisura.
Riuscii a diventare amica di Donna Caterina Roscias y
Sandoval, Contessa di Lemos, moglie del viceré, Pedro
Fernandez de Castro.
Poi però le cose si misero
malissimo per lei… Divenni troppo popolare e la
carità carnale cominciò ad assumere dimensioni
colossali, tanto che un tribunale speciale iniziò a
interrogare gli adepti. C’erano testimonianze di preti
che, nell’atto del coito, avevano urlato “Gesù mio, Gesù
mio!”, dimostrando di aver avuto davvero visioni del
Messia. Del resto la Chiesa, che in quel tempo per mezzo
della Santa Inquisizione bruciava eretici e streghe, non
poteva certo consentire ad una suora di mischiare sesso
e Dio con tanta naturalezza e libertà. Insomma il
cerchio attorno a me si strinse al punto che gli stessi
adepti che mi avevano venerata come santa e goduto della
mia Carità Carnale, per paura dell’Inquisizione e per
salvarsi la pelle, mi denunciarono per nefandezze.
Lei si appellò anche alla sua ispiratrice ossia Suor
Orsola Benincasa poi divenuta Santa… Ero devota della
Santa per cui chiesi nel 1615 un incontro, ma mi resi
conto che lei era diventata la mia più feroce
accusatrice per il semplice motivo che vedeva nelle mie
estasi mistiche una minaccia al suo Ordine. Mi
raccontarono che una seguace di Suor Orsola, vedendola
accigliata, disse: “Anche le sante soffrono di invidia”.
Da quell’incontro iniziarono i miei veri guai.
Come finì? Il 12 Luglio del 1615 giunse la sentenza:
i giudici del Sant’Uffizio ci condussero nella chiesa
romana di Santa Maria alla Minerva. Padre Aniello
Arciero abiurò e passò tutta la vita nel convento della
Maddalena con il divieto di tornare a Napoli. Io e
l’avvocato de Vicariis fummo accusati e condannati dal
Santo Uffizio per eresia, orge, stregoneria e per aver
avuto rapporti col demonio e costretti ad abiurare sotto
tortura la Carità Carnale. Passammo il resto della
nostra vita senza luce nelle prigioni di Castel
Sant’Angelo
Si dice che il Bernini si sia
ispirato a lei per scolpire la meravigliosa «Estasi di
Santa Teresa». Il padre del Bernini, Pietro, sembra che
fosse un assiduo frequentatore delle sedute di
“preghiera” e delle “estasi” della Di Marco. Il
quadro di Caravaggio “le sette opere della
misericordia”, mostra una figura femminile che porge il
seno nudo a un vecchio. Tale figura appare influenzata
dall’attività della setta della “Carità carnale”. E’
ragionevole pensare che Caravaggio abbia avuto la
possibilità di conoscere Suor Giulia attraverso
esponenti della famiglia Colonna, seguaci della stessa,
dei quali Caravaggio era ospite a Napoli.
|
INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
https://storienapoli.it/2021/01/16/g
https://www.vesuviolive.it/
https://grandenapoli.it/
https://www.historypage.it/la-carita-carnale/
FOTO GOOGLE IMAGE
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori. Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|