Sto cenando al Bulldog Cafè,
il famoso locale notturno nel cuore della zona
alberghiera a nord di Boulevard Kukulcàn, qui ogni notte
si esibiscono band dal vivo, dj, o si svolgono feste a
tema. Questo locale è conosciuto anche come “la casa del
rock” con i suoi gruppi musicali dal vivo.
Sono
in compagnia di Pamela, una ragazza universitaria di
Città del Messico che mi fa da guida. Lei è qui da circa
sei mesi per la sua tesi di laurea in sociologia sulla
condizione delle donne messicane. Si mantiene gli studi
facendo la cameriera nei mesi di maggior afflusso di
turisti. È carina, spigliata, socievole e soprattutto
curiosa come me di capire cosa si cela dietro questa
voglia dei messicani di divertirsi ad ogni costo.
Cancun sorge nella penisola dello Yucatán e si
affaccia sul mar dei Caraibi. Fino al 1970 Cancún era
un'isola deserta separata dalla terraferma da due
stretti canali e poche persone ne conoscevano
l'esistenza. Mi dice Pamela: “Cancun nasce
sostanzialmente per accogliere e spingere il turismo
americano e negli anni, con la sua ampia offerta di
hotel e locali notturni, si è trasformata in un vero e
proprio tempio del divertimento in chiave consumistica.
Ma non è tutto oro quello che luccica! Qui c’è la
povertà povera e non a caso il Messico è uno dei paesi
più pericolosi al mondo con i suoi 2000 e più omicidi.
Anche Cancun non sfugge a questa regola e lontano dalle
spiagge da cartolina, presenta il suo lato oscuro.
Secondo un recente report statunitense la città si è
posizionata 62esima nella classifica delle città più
criminali dell’intero continente americano. Con il suo
53,82 indice di criminalità Cancun è più pericolosa di
città come Los Angeles, Londra e Medellin.”
Continua Pamela: “Ma nonostante questo un numero
incalcolabile di americani varca la frontiera per
dirigersi in hotel di lusso a bere margarita a bordo
piscina e partecipare attivamente alla vita notturna.”
In effetti ha ragione Pamela. La zona pullula di
ristoranti di lusso e locali dove bere fiumi di tequila
e ballare sui tavoli mentre una cameriera ti palpeggia,
uomo o donna che tu sia. Qui ci si diverte, senza
pensieri o compromessi! I messicani lo sanno,
assecondano questa smania di divertimento e la
incoraggiano offrendo tutto ciò che il turista desidera
dalla buona cucina alle belle donne locali.
Mentre parliamo in questo locale si canta e si balla
agitando bicchieri ricolmi di margarita. Continua
Pamela: “Qui non è raro che camerieri e tassisti ti
offrano sfacciatamente cocaina o prostitute a buon
prezzo, “Coca y Senoritas”. E come puoi vedere le donne
messicane con i loro corpi belli e giovani, disinibiti e
flessuosi fanno girare la testa al turista e sono
liberamente in vendita. In questa isola il sesso non ha
morale e sopravvivere allegramente vale sicuramente di
più. E qui per una ragazza farsi una scopata è come
bersi un mojito, mica ci pensano due volte e non ci
danno peso. Ovvio loro cercano di sistemarsi, sperano
sempre di incontrare l’uomo della loro vita, non importa
l’età, la bellezza, ma che sia almeno benestante per
mantenerle magari fuori da qui, nel loro paese.”
Chiedo a Pamela se da queste parti la prostituzione sia
legale o meno. “Il fenomeno è dilagante e in crescita
permanente, pensa che in Messico ha iniziato ad essere
regolamentata a partire dal 1885 ed oggi è di fatto
depenalizzata se la signorina è maggiorenne, mentre
quella minorile è illegale, ma rimane una pratica
relativamente comune tanto che il Messico è una delle
destinazioni preferite dell’intero globo terrestre per
pedofili che praticano il turismo sessuale minorile.
Nello stato meridionale povero del Chiapas, addirittura
le famiglie più povere vendono i loro figli per 100-200
dollari.” “E il governo che fa?” Chiedo a Pamela.
“Cerca di buttare la spazzatura sotto il tappeto
istituendo zone delimitate al piacere sessuale che
permettono l'esercizio della prostituzione, fungendo
così da vero e proprio quartiere a luci rosse. Pensa che
qui c’è il curioso fenomeno delle Madrotas ossia
protettrici donne che sfruttano le altre donne.”
Chiedo a Pamela la condizione della donna. “Anche fuori
dal turismo la situazione non cambia. Qui in Messico nel
2020 ci sono stati 777 femminicidi accertati, ma si
calcola che ogni giorno sulle terre messicane muoiano in
media dieci donne. E come in tutto il modo la maggior
parte dei femminicidi è commessa all’interno della
famiglia del resto in un paese con i tassi più alti di
alcolismo al mondo, con Chihuahua al primo posto, col
27% della popolazione dipendente dall’alcool, la
violenza tra le mura di casa è all’ordine del giorno.
Subire uno schiaffo dal proprio marito è considerato
nella normalità e la stessa società ha indotto le donne
a credere di essere loro le colpevoli, in pratica se
subiscono violenza, se lo sono meritato!”
La
serata volge alla fine, sono quasi le due di notte e
domani mattina alle otto devo già essere in aeroporto.
Mi aspetta un volo per Los Angeles. Ci guardiamo, Pamela
ha due occhi magnetici, mi chiede se mi è stata utile,
poi abbassa lo sguardo e mi domanda se può fare altro
per me. Le rispondo; “Beh, sì, certo, ma lontano da
questo posto. Ti va una passeggiata sul lungomare?” Lei
sorride, si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia.
Ci alziamo, per non attendere il cameriere e
spezzare questo incantesimo, metto sul tavolo un
biglietto da cinquanta anche se credo che il conto più o
meno si aggiri sui trenta dollari. Fuori dal locale la
notte è incantevole, le prendo la mano e senza pensarci
mi dirigo per le stradine interne verso l’hotel. Lei
sorride: “Ma non volevi fare una passeggiata guardando
il mare?” L’abbraccio e le rispondo che si possono fare
entrambe le cose, e tra lei ed il mare è solo una
questione di priorità. Ci baciamo. Già il mare può
anche aspettare.
La notte di Cancún avvolge tutto
in un abbraccio caldo e profumato di salsedine. Le
stradine interne, lontane dal caos del Boulevard
Kukulcàn, sono un intreccio di luci soffuse e ombre che
danzano tra i muri colorati. Pamela cammina accanto a
me, la sua mano nella mia, morbida ma decisa, come se
sapesse esattamente dove vuole portarmi, anche se sono
io a guidare il passo. Ogni tanto mi guarda, e nei suoi
occhi scuri c’è un misto di curiosità e audacia, un
invito silenzioso a scoprire di più, non solo di lei, ma
di questa notte che sembra sospesa fuori dal tempo.
Arriviamo al mio hotel, un edificio basso e discreto,
con palme che incorniciano l’ingresso e un patio
illuminato da piccole lanterne. Non è uno di quei resort
mastodontici della zona alberghiera, ma ha un fascino
intimo, quasi complice. L’addetto alla reception ci
lancia un’occhiata veloce, poi torna al suo telefono,
lasciandoci passare senza domande.
Saliamo in
ascensore, e nell’attimo in cui le porte si chiudono,
Pamela si avvicina, appoggiando una mano sul mio petto.
“Sicuro che il mare può aspettare?” sussurra, con un
sorriso che è insieme provocante e dolce. Non rispondo a
parole, solo con un bacio, lento, che sa di tequila e di
promesse non dette.
La mia stanza è al terzo
piano, con una portafinestra che dà su un balconcino
affacciato sull’oceano. La apro, lasciando entrare la
brezza tiepida e il suono lontano delle onde. Pamela si
guarda intorno, curiosa, sfiorando con le dita la
superficie del tavolo, il bordo del letto, come se
volesse memorizzare ogni dettaglio. È bellissima, non
solo per i lineamenti delicati o per il modo in cui il
vestito leggero le scivola sulle curve, ma per quella
vitalità che emana, una sensualità spontanea, priva di
artifici. I capelli neri le cadono sulle spalle, e
quando si volta verso di me, la luce della luna le
accende il viso, rendendo i suoi occhi ancora più
magnetici.
“Non sei stanca?” le chiedo, mentre mi
siedo sul bordo del letto. Lei ride piano. “Stanca? La
notte è appena iniziata.” Si avvicina, sedendosi accanto
a me, così vicina che sento il calore della sua pelle.
“Sai,” dice, “faccio la cameriera, studio, corro da una
parte all’altra di questa città. Ma sere come questa…
sono rare. Non voglio pensare a domani, non voglio
pensare a niente.” C’è qualcosa di liberatorio nel modo
in cui si esprime, come se si stesse concedendo un
momento di pura leggerezza, lontano dai pesi della sua
vita.
Mi prende la mano e la guida sul suo
fianco. Non c’è fretta, però. Ci baciamo ancora, e
stavolta il bacio è più profondo, più urgente, ma sempre
con quella dolcezza che sembra essere parte di lei.
Pamela è spigliata, sì, ma non in modo forzato: il suo
modo di muoversi, di toccarmi, di guardarmi, è naturale,
come se il desiderio fosse solo un’altra forma di
conversazione tra noi. “Non sono una che si concede
facilmente,” mi sussurra all’orecchio, mentre le sue
dita scivolano sotto la mia camicia, “ma stasera voglio
essere egoista. Voglio qualcosa che sia solo mio.”
Ci lasciamo andare, e il mondo fuori dalla stanza
svanisce. Pamela è passione e delicatezza insieme: sa
prendere l’iniziativa con una sicurezza che mi
sorprende, ma poi si abbandona con una fragilità che mi
fa quasi tremare. Non c’è nulla di meccanico nei suoi
gesti, nulla di calcolato. È come se ogni tocco, ogni
bacio, fosse un modo per raccontarmi chi è, senza
bisogno di parole.
Dopo, restiamo sdraiati, il
suo corpo accoccolato contro il mio, la sua testa sul
mio petto. La brezza dal balcone ci accarezza, e il
suono del mare, ora più vicino, sembra un sottofondo
perfetto. “Non male per una passeggiata che doveva
essere sul lungomare,” dico, rompendo il silenzio. Lei
ride, alzando lo sguardo verso di me. “Il mare è ancora
lì. Magari ci andiamo dopo.” Ma nessuno dei due si
muove. Parliamo un po’, di tutto e di niente: della sua
tesi, dei miei viaggi, di come Cancún sembri un mondo a
parte, sospeso tra sogni e realtà. Mi racconta di un
sogno che ha, quello di viaggiare, magari in Europa, e
io le prometto che un giorno le manderò una cartolina da
qualche città lontana.
L’orologio segna le
quattro, e so che tra poche ore dovrò essere in
aeroporto. Pamela lo sa, ma non lo dice. Si alza, si
infila il vestito con una grazia che mi fa venir voglia
di trattenerla, e si avvicina al balcone. “Vieni,” mi
dice, tendendomi la mano. Usciamo insieme, scalzi, e ci
appoggiamo alla ringhiera, guardando l’oceano che
luccica sotto la luna. “Vedi? Te l’avevo detto che
potevamo fare entrambe le cose,” sussurra, appoggiando
la testa sulla mia spalla.
Non so se ci rivedremo
mai, ma in questo momento non importa. La notte è stata
perfetta, non solo per il desiderio condiviso, ma per il
modo in cui Pamela mi ha fatto vedere il mondo
attraverso i suoi occhi: un mondo complicato, a volte
duro, ma anche pieno di bellezza e possibilità. E mentre
il primo chiarore dell’alba inizia a colorare
l’orizzonte, penso che forse il mare non era poi così
importante. Era lei, la vera meraviglia di questa notte. |