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IL MESTIERE ANTICO

 

Viaggio nel piacere
Caracas
Petrolio & Prostituzione
 



 
 


 
Tra le città più pericolose del mondo sicuramente Caracas si piazza in una delle prime posizioni: traffico di droga, guerra tra bande criminali, prostituzione corruzione e povertà sono le cause per le quali la capitale del Venezuela è stata nominata tra le città più violente. Secondo la triste classifica confermata dalle Nazioni Unite, Caracas, per il suo elevato tasso di omicidi, è riuscita a togliere il primato a San Pedro Sula, in Honduras. Con un’inflazione ormai fuori controllo i cittadini si arrangiano come possono e oltre al traffico di droga migliaia di ragazze e ragazzi sono costretti a prostituirsi ricevendo spesso in cambio generi di prima necessità.

Mi trovo seduto in un bar nella centralissima via Libertador, si chiama così in onore al liberatore Simón Bolívar, il padre della patria. Sono da poco passate le 4 del pomeriggio e davanti a me c’è una bellissima ragazza mora dai capelli lunghi, ha 18 anni e il suo sguardo nonostante l’esperienza è ancora fanciullesco. Viene da Yaracuy e dice di chiamarsi Camila: “Ehi straniero, il nome che mi ha dato mia madre lo uso solo quando torno in paese.”
Nonostante avessimo concordato l’incontro dalla mattina con aria sbrigativa mi dice che ha fretta: “Scusa non ho tempo, ho un cliente che mi aspetta, è di quelli che pagano bene, è veloce e non fa richieste strane. Non posso rinunciare!” Le chiedo se qualche cliente si è  mai innamorato di lei, Camila mi sorride e risponde: "Oh certo, praticamente tutti, ma per il tempo che dura una scopata!"
La guardo, i suoi attrezzi del mestiere sono una gonna inguinale senza orlo, stivali rossi scrostati, un rossetto rosso fuoco spalmato alla buona, una scollatura da paura che risalta il suo seno abbondante e il bordo ben in vista di un’autoreggente nera di poco prezzo lungo la quale corre una smagliatura che sa di degrado; “Senti io non so cosa trovi di interessante nel mio racconto comunque non parlo gratis, per cui anche se non vuoi fare nulla mi paghi lo stesso ok?”

Da adolescente ha lasciato gli studi ed è arrivata qui a Caracas in cerca di un lavoro come parrucchiera, ma a quanto pare non ha mai visto un phon in vita sua e il suo unico posto di lavoro sin dall’adolescenza è stato un misero marciapiede. Le ricordo dell’appuntamento, lei scrolla le spalle e mi dice di aspettarla, tanto già sa che la prestazione durerà solo alcuni minuti.
La vedo attraversare la strada di corsa, muoversi insicura su quei tacchi oscenamente alti e infilarsi in un locale fatiscente che non capisco se sia una panetteria o un luogo di ritrovo di giovani senza arte né parte. Due di loro sono seduti fuori dal locale e guardando con fare sospetto la strada, un altro è in piedi con le mani conserte e sa tanto di buttafuori improvvisato.

Dopo cinque minuti di orologio Camila torna. Le offro un Mojto e lei come un fiume in piena, al prezzo pattuito di una prestazione, inizia a raccontare. “Mia madre non sa che mi prostituisco, ma accetta i miei soldi senza farsi troppe domande.” Le chiedo se riesce a sopravvivere: “Ehi straniero, qui c’è tanta fame! Per un rapporto orale prendo un dollaro. Nonostante il prezzo mi impegno molto e dicono che sono tra le più brave. Purtroppo gli uomini del posto non hanno soldi per cui si accontentano di un pompino, ma devi saper lavorare bene con la bocca, farli sentire maschi e unici. Qualche scopata seria, me la faccio con gli stranieri, ma è raro che i turisti vengano con noi, loro preferiscono il sesso comodo con le prostitute degli alberghi.”

Alla classica domanda perché lo fai mi risponde immediatamente: “Perché devo mangiare ed ho un figlio di pochi mesi da mantenere che vive con mia madre. Non sai cosa significa alzarsi la mattina con la fame… sono giorni che mangio solo banane!” Le chiedo se sono tante ad essere nella sua stessa condizione. “Come vedi non sono sola, la concorrenza qui è spietata, devi saperci fare, altrimenti non tornano da te. Qui ci sono le colombiane, le messicane, i travestiti, insomma la crisi economica ci sta distruggendo.” Si interrompe e mi indica una ragazzina: “Ecco guarda quella bionda tinta, per mezzo dollaro ti fa un pompino anche in strada, tanto la polizia fa finta di non vedere…”
“Ma è molto giovane!” Dico. “Appunto, il problema è che io sono una delle più vecchie qui, la maggior parte di questi porci preferiscono le ragazzine di tredici anni come quella. Sai io ci metto il mestiere, ma a volte non basta che batto il marciapiede da quasi quattro anni!”

Camila mi dice che per lavorare qui è necessario un “manager” tradotto un magnaccia che organizza e protegge il lavoro di queste adolescenti. “Prendo un dollaro per un pompino e posso arrivare a chiederne quattro per una prestazione completa, ma ci sono ragazze che per un pompino si accontentano di un chilo di farina di mais e per una scopata chiedono una cassa di cibo statale per cui ci stanno rovinando il mercato! Tieni conto che un euro vale 230mila bolivares e qui i pezzi da 100mila bolivares sono introvabili, per cui un cliente è costretto a venire con noi portandosi dietro una valigia di banconote.”

Entra nel bar una ragazza che lei conosce, dall’aspetto non ci sono dubbi che sia una collega. Camila si alza, va verso il bancone e si mette a parlare con lei. Io intanto apro il mio tablet e leggo un po’ di storia:
Il lavoro sessuale in Venezuela è legale e regolamentato. Il Dipartimento della salute e dello sviluppo sociale del paese richiede alle prostitute di portare con sé carte d'identità e di sottoporsi a controlli sanitari mensili.
L'industria del lavoro sessuale è nata contemporaneamente all'industria petrolifera del XX secolo ed è strettamente legata alla storia economica del paese e alla produzione di petrolio. Il Venezuela ha ricevuto un afflusso di persone dopo che i primi grandi pozzi petroliferi sono stati perforati all'inizio del 20esimo secolo. La presenza di lavoratori petroliferi stranieri ha ampliato il commercio del sesso. In particolare, le donne provenienti dagli stati andini circostanti che non riuscivano a trovare altro lavoro. Molte di loro appartenenti a classi socio-economica inferiori, in particolare donne nere, che si sono rivolte al mercato più antico del mondo per sbarcare il lunario. Così che la prostituzione è diventata un grande business, anche perché in Venezuela il lavoro sessuale è totalmente legale.

A Caracas tutto è iniziato nel 1920 quando i dipendenti del settore petrolifero hanno iniziato a frequentare i locali notturni. In poco tempo sono spuntati come funghi numerosi bordelli riempiti alla meno peggio da contadine dei paesi vicini e donne straniere in cerca di lavoro. Ovviamente il primo problema che si è presentato alle autorità è stata la condizione sanitaria per cui nel 1930 venne imposto alle prostitute visite mediche settimanali. Addirittura nel 1935 fu istituita dal governo centrale la prima domenica di settembre come Giornata Antivenerea, ma il fenomeno ha continuato a crescere tanto che nel 1947, il governo stimò che il 64 per cento delle prostitute aveva contratto la sifilide.
Per arginare il fenomeno le autorità locali di Caracas spostarono i locali notturni e i bordelli dal centro della città alla periferia in quartieri a luci rosse ben circoscritti.

Verso la fine del secolo con il declino economico di tutto il paese la prostituzione invece di diminuire è aumentata a dismisura a causa degli alti tassi di disoccupazione soprattutto tra le donne. Il recente degrado è testimoniato anche da un sondaggio condotto dal Ministero della Salute che ha rilevato tra le prostitute la bassa scolarità (oltre il 53% ha abbandonato la scuola primaria), oltre l'80% delle lavoratrici ha avuto rapporti sessuali prima dei 19 anni. Il 44,1% delle donne ha subito almeno un aborto. Il 58,3% non usa normalmente il preservativo e il 36,5% ha dichiarato di non utilizzarlo mai.

Le due ragazze si salutano affettuosamente, lei torna e si scusa, la vedo che vorrebbe continuare a parlare. Le dico che è stata molto gentile e non ho bisogno d’altro. Dal mio portafogli tiro fuori cinque dollari. Camilla mi guarda è stupita: “Ma davvero non vuoi un pompino?” Faccio di no con la testa. “Vabbè peggio per te!” Così dicendo afferra il biglietto e lo nasconde nei suoi stivali scrostati. Solo quando è sulla porta del bar mi dice: “Grazie, ora posso anche non lavorare per una settimana!” .

 



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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
WEB REPORTAGE
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FONTI
https://www.fanpage.it/esteri/
https://www.ilgiornale.it/news/politica/

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