Madame le sue origini?
Il mio vero nome è Reatha Dale Watson e sono nata nel 1896 a
Yakima , Washington. Mio padre era redattore in un giornale
locale e poi attore di vaudeville mentre mia madre aveva già due
figli avuti da un precedente matrimonio. Per seguire mio padre
ci spostavamo spesso per gli Stati Uniti.
Com’era
da adolescente?
Dicono fossi molto bella e
intelligente. Amavo leggere e scrivere e soprattutto ero
affascinata dal mondo del teatro e desideravo a tutti i costi
fare l’attrice. All’età di 15 anni forse per assecondare il mio
desiderio la mia famiglia si trasferì a Los Angeles dove stava
nascendo l’industria del cinema.
E lì cosa fece?
Iniziai a lavorare come comparsa nei primi film muti e piano
piano mi conquistai il favore della critica e soprattutto del
pubblico tanto che agli inizi degli anni ’20 la mia stella
brillava nel cielo di Hollywood nel massimo del suo splendore.
Prima però lavorò come sceneggiatrice….
Con il mio primo marito ci trasferimmo a New York per un breve
periodo. Lì lavorai come autrice alla Fox Film Corporation
usando il nome Folly Lyell e scrissi sette sceneggiature per il
cinema. Poi un giorno incontrai la celebre attrice Mary
Pickford, che mi disse: “Mia cara, tu sei troppo bella per stare
dietro alla macchina da presa. Il tuo vivace magnetismo dovrebbe
essere condiviso con il pubblico cinematografico”.
Prima di diventare famosa apparve diverse volte sui
giornali di cronaca…
La prima volta nel gennaio del
1913 per un rapimento da parte della mia sorellastra Violet e il
suo compagno. I due mi portarono verso Santa Barbara e per tre
giorni non mi lasciarono tornare a casa nonostante le mie
proteste. Ci fu anche un processo dove io testimoniai contro mia
sorella ma non fui creduta e il caso venne archiviato. Sempre
quell’anno apparvi sui giornali per il matrimonio avventuroso in
Messico con Jack Lytell, un allevatore di bestiame, da poco
rimasto vedovo. Lo conobbi mentre ero al voltante della mia
automobile e lui correva in groppa al suo cavallo. Mi rincorse
fino a raggiungermi per proseguire il viaggio insieme. Il giorno
dopo ci sposammo. I giornali misero in dubbio il mio racconto.
Finii ancora sui giornali quando un poliziotto di Los Angeles,
durante un controllo, mi ordinò di tornare a casa perché era
troppo bella e giovane per stare da sola in una grande città.
Riacquistai le prime pagine quando dichiarai di essere stata
adottata.
Al tempo si mormorava che facesse di
tutto per creare attorno alla sua figura un alone di mistero e
fascino e quindi acquisire più popolarità.
Ho sempre
detto la verità.
A proposito di mariti leggo che
si è sposata cinque volte…
Mi sposai per la prima
volta nel 1913 a diciassette anni con Jack Lytell ma il
matrimonio durò meno di un anno. Poi dopo qualche mese, il 2
giugno 1914, sposai Max Lawrence Converse. Questa volta il
matrimonio durò tre giorni perché il mio novello sposo il giorno
dopo venne arrestato per bigamia e tre giorni dopo morì per una
trombosi cerebrale. Per un po’ tornai a casa ma la vita di
famiglia non era per me per cui feci la ballerina di sala dove
conobbi il mio futuro marito Phil Ainsworth anche lui ballerino
ma col vizio di emettere assegni a vuoto. Divorziammo nel ’17 e
l’anno dopo mi sposai con Ben Deeley, un altro ballerino e
attore di vaudeville, con il doppio dei miei anni, dedito ad
alcol e droghe. Nel 1923 convolai a nozze con l'attore Jack
Dougherty, da quale non divorziai mai ma la nostra relazione
durò solo un anno.
Dicono che avesse un fisico da
pin-up.
Grazie al mio aspetto e al mio talento i
registi facevano a gara per avermi nei loro film. Interpretai 27
film, recitando spesso nel ruolo di vamp: una donna dalla
bellezza oscura e misteriosa che solitamente conduceva l’eroe
del film alla rovina.
Ricordo tra gli altri I tre
moschettieri al fianco di Douglas Fairbanks; Il prigioniero di
Zenda, tratto dal romanzo omonimo di Anthony Hope accanto a
Ramón Novarro, grande rivale di Rodolfo Valentino per la palma
di tombeur de femmes.
Diventò famosa anche per il
suo stile di vita “libero”…
Non ho mai nascosto il
mio vivere esagerato. Alle domande dei giornalisti rispondevo:
“Prendo gli amanti come le rose… a dozzine” e poi “Non dormo mai
più di due ore a notte, ho cose migliori da fare!”
Fu praticamente travolta dal successo.
Beh i
ritmi erano vertiginosi, lavoravo contemporaneamente in diversi
film, alla fine non ressi i ritmi forsennati di posa e divenni
dipendente dall’eroina e dall’abuso di alcol.
Barbara
La Marr morì improvvisamente nel 1926 nel sobborgo di Altadena,
a Downtown, quando era all'apice della carriera e a neppure
trent'anni di età. Ufficialmente per una forma di tubercolosi
aggravata da una nefrite, ma c’è chi non dubita che sia stata
invece una dose fatale di eroina. 40.000 persone andarono a
renderle omaggio nella Camera Ardente. È sepolta all'Hollywood
Forever Cemetery e il suo nome è inscritto fra quello delle
celebrità della Hollywood Walk of Fame al numero 1621 di Vine
Street. Alcuni anni dopo la sua morte, si seppe che l'attrice
ebbe un figlio da un uomo di cui non è mai stato rivelato il
nome. Il figlio, chiamato Marvin Carville La Marr, fu adottato
alla sua morte dall'attrice ZaSu Pitts.