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Adamo Bencivenga
Il cielo in una
stanza
Photo Daniel Sigidin
Sono le sette e
trentacinque suona la sveglia, come ogni mattina a
fatica mi alzo, ti guardo, tu stai dormendo, con
quei boccoli biondi sembri davvero un angioletto. Ma
sì lo sei davvero il mio angelo caduto in terra!
Strappi tenerezze, come vorrei rimanere sotto le
coperte con te, abbracciarci, baciarci e poi
lasciarmi andare alle coccole, quelle assonnate di
primo mattino, quelle che fanno bene all’anima e al
corpo.
Cavolo devo alzarmi, ma mi consolo
pensando che oggi è venerdì, domani non si lavora,
che bello due giorni interi di riposo. Io e te amore
mio!
Cerco di non fare rumore, non voglio
svegliarti. Sei così serena quando dormi. Che bella
che sei!
Vado in bagno, mi preparo, poi in cucina
metto sul gas la moca. Un caffè al volo prima di
uscire. Annuso intensamente il vapore che esce, mi
scalda l’anima e le ossa, lo faccio ogni mattina,
poi mi stiro, guardo l’orologio è maledettamente
tardi, mi sbrigo.
Alle otto e dodici esco di
casa, tu stai ancora dormendo, chiudo con cautela la
porta, no, no, sarebbe un delitto svegliarti. Dormi
amore mio. Scendo le scale, canto pensando al week
end, nel giardino condominiale incontro il Signor
Mario, mi dice che stanotte ne ha buttata come Dio
comanda! Gli dico che un tuono tremendo mi ha
svegliato verso le quattro e lui laconico risponde:
“Già, è tempo suo!”
Salgo in auto. Parto.
C’è traffico, piove ancora, piove da una settimana
ininterrottamente, le strade sono allagate, evito
qualche pozzanghera. Ripenso a ieri sera… “Quando
sei qui come, questa stanza non ha più pareti, ma
alberi, alberi infiniti quando tu…”
Mi sembra di
ascoltare ancora la tua voce, sensuale, eccitata.
Sono anni che quando facciamo l’amore tu in preda al
desiderio guardi il soffitto e canti “Il cielo in
una stanza”. Lo fai sempre. Mi dici che non puoi
farne a meno e che la canti perché ti senti leggera
e ti sembra di volare. Dio quanto sei bella quando
fai l’amore!
Sorrido, sono contento.
Purtroppo qualche centinaio di metri più avanti la
brutta sorpresa. All’incrocio con la Via Cassia la
strada è intasata, rimango bloccato, il tempo passa,
dopo circa mezz’ora dai vetri appannati scorgo un
vigile urbano in moto, con fare brusco mi fa cenno
di tornare indietro, abbasso il finestrino, chiedo
spiegazioni, lui si avvicina e mi dice che si è
aperta una voragine poco più in là e non c'è
possibilità di proseguire.
Dio che faccio? È
già tardi, avevo un appuntamento di lavoro alle nove
e mezzo, la solita rottura di scatole del venerdì.
Comunque con difficoltà mi faccio spazio e giro,
torno indietro per un chilometro, poi prendo una
stradina laterale. Sono in mezzo al nulla, palazzi
in costruzione e tanto verde, ma qui sembra che
l’ingorgo non ci sia, la strada, solo a tratti
asfaltata, sembra libera. Incrocio le dita.
Accelero per quanto posso. “Quando sei qui con me…”
La tua voce mi accompagna. Ti penso nel letto che
sonnecchi. Oggi, mi hai detto, che non hai impegni
di lavoro e che saresti rimasta a casa. Ti penso con
la tua camicia da notte rosa. Dio come sei bella!
Mi guardo dentro lo specchietto retrovisore,
rido e penso di essere stato davvero molto fortunato
ad incontrarti. Te lo ricordi vero? In quel locale a
Sabaudia insieme ad altri nostri amici. Era il
compleanno di tua sorella Irene. Io al tempo ero
fidanzato con un’altra nostra compagna di scuola, ma
tu mi hai rapito, il tuo sguardo, il tuo modo di
fare, il tuo viso, le tue gambe… Beh si ci siamo
baciati di nascosto nella toilette del locale, è
stato magnifico. Da quel momento ho pensato solo a
te e il giorno dopo non ho avuto dubbi, ho lasciato
l’altra al telefono e sono corso subito da te.
Ora sono passati tanti anni, ma sembra ancora il
primo giorno. Sì certo siamo cambiati, siamo
diventati più adulti, ma l’amore è sempre lo stesso.
Guardo il cielo è tutto nero compatto, ma nonostante
questo tempo da schifo stasera voglio uscire con te,
stavo pensando di andare a Fregene a mangiare pesce
nel nostro solito ristorante. Poi ti mando un
messaggio. So che non ti piacciono le sorprese e non
voglio che tu metta una scusa. Stasera te lo giuro
facciamo i fidanzatini come se fosse San Valentino…
Il traffico ora scorre a tratti, sono le
nove e venti, cavolo sto facendo tardi, non voglio
mancare all’appuntamento. Ho fretta. Prendo un’altra
strada: “Quando sei qui con me, questa stanza non ha
più pareti ma alberi…” Sono decisamente su di giri.
Chiamo in ufficio: “Salvo imprevisti ancora mezz’ora
ed arrivo.” La segretaria mi dice che oggi è un
caos, molti colleghi stanno facendo ritardo. Sembra
che la metro sia bloccata. Beh mi consolo. Ti penso,
forse ora ti starai vestendo. Magari hai messo
quella gonna corta gialla che a me piace tanto. Un
tocco di rossetto e via… Sono quasi dispiaciuto che
non posso vederti ora! Ieri sera mi hai detto che ti
saresti alzata tardi e che poi ti saresti dedicata
la giornata senza fare nulla. Vabbè amore mio, ho
deciso, sbrigo velocemente gli appuntamenti più
importanti e poi torno a casa. Ti voglio tutta per
me oggi!
Oh no, cavolo non ci voleva. Sul
lungotevere un altro intasamento, ma qui non c’è via
d’uscita. Un signore con una macchina nera di grossa
cilindrata è spazientito, si agita, abbassa il
finestrino e mi dice che ha sentito alla radio che è
tutto bloccato fino a Ponte Garibaldi. Poi
imprecando se la prende col Sindaco, la giunta e poi
con tutto il governo! Beh sì ci sta, quando piove il
governo è ladro per definizione.
Cerco di
mantenere la calma, ma cavolo che iella, non ci
voleva! Aspetto, spengo il motore, faccio qualche
telefonata, prendo un appuntamento col dentista per
lunedì pomeriggio per la solita pulizia dei denti,
prenoto un’ora di padel con il mio maestro, ma il
tempo scorre veloce, oramai sono quasi due ore che
sono in macchina.
Chiamo la mia segretaria, le
faccio disdire tutti gli appuntamenti della mattina.
Pazienza. Mi devo rassegnare. Lei mi dice che in tv
hanno detto che il Tevere è esondato a tratti verso
Ponte Milvio, beh sì, la situazione si sta facendo
piuttosto seria. È inutile a questo punto andare
oltre.
Scuoto la testa, aspetto ancora qualche
minuto, si riparte, ma è un breve tratto, allora
decido di tornare a casa. Chiamo di nuovo in
ufficio, ecco fatto, con un colpo di spazzola tutti
i miei problemi sono rimandati a lunedì.
La
strada di ritorno è completamente libera. Sono
incazzato, ma penso a te, mi dico che non tutto il
male viene per nuocere. Chissenefrega del lavoro,
dell’ufficio! Prima di arrivare a casa mi fermo dal
fioraio, prendo una dozzina di rose gialle a gambo
lungo, le tue preferite! Parcheggio sotto casa, un
altro scroscio improvviso mi bagna completamente.
Percorro di corsa il vialetto del giardino con il
mazzo di rose in mano. Il signor Mario con indosso
una mantella nera e un arnese di ferro in mano sta
togliendo delle foglie dal tombino intasato. Lui
impreca, ma io rido. Penso a te, al destino, alla
fortuna sfacciata. Zuppo salgo le scale. Mi chiedo
se sarai già uscita o come ti sei ripromessa ieri
stai ancora dormendo. Sono contento, voglio farti
una sorpresa. Per prima cosa cercherò un vaso per i
fiori e lo metterò al centro del tavolo in sala da
pranzo. Voglio che tu faccia colazione col profumo
di queste rose! Entro, giro la chiave, faccio piano,
non si sa mai. Sei una dormigliona e non mi
sorprenderebbe se avessi deciso di passare tutta la
mattina a letto.
Faccio qualche passo lungo
il corridoio. La porta della stanza da letto è
socchiusa. Sento la tua voce, è insicura, sembra
quasi un gemito… Di sicuro starai amabilmente
chiacchierando al telefono con la tua amica Sandra
oppure con tua madre. Mi fermo, rimango in silenzio,
voglio farti una sorpresa. Mi appoggio alla parete
ancora con i fiori in mano.
Con il fiato grosso
e il naso schiacciato sullo stipite della porta
guardo la stanza in penombra. Sento ancora la tua
voce, anzi no, ora mi rendo conto che le voci sono
due, l’altra è profonda.
Guardo meglio, mi
sembrano due figure, in meno di un secondo mi crolla
il mondo addosso, comprese nazioni e continenti,
comprese le rose che mi scivolano dalla mano. Non
sei sola, cazzo! Sei con un altro uomo! Ora
distinguo le ombre, sei di spalle, gli stai dicendo
di stringerti così tanto da impedirti di respirare.
La tua voce è strozzata, ma non ti ribelli anzi lo
supplichi di continuare.
E se non fossi tu?
E se fosse la donna delle pulizie? Ma è solo un
pensiero assurdo a cui mi aggrappo per qualche
secondo. Sono allibito, incredulo. Mai avrei
creduto. Barcollo, ma non è solo gelosia, è qualcosa
di più, è per come lo stai facendo, perché è un
sesso rude, duro, quasi violento, differente anni
luce dal nostro amore così delicato, così soffice e
tenero come una rosa adagiata tra i seni, come un
fascio di luce che fa le onde alla seta, come uno
chignon sciolto lentamente in una cascata di
capelli.
Non so cosa fare, forse potrei
urlare, potrei insultarti, ma a cosa servirebbe? Mi
tremano le gambe, sbando, ma mi faccio forza e
continuo a spiarti, ora grondante di sudore, ora
madida di quel flusso magico che è la passione
estrema. Dentro il nostro letto ti giri, ti fai
rivoltare, poi lo cerchi, lo pretendi, gli dici
parole irripetibili e ti fondi bollente come lava,
colante come cera. Il suo viso ora è tra le tue
gambe, tu godi, ad intermittenza godi, ma non ti
basta, ora sei sopra di lui, le dici di strizzarti
il seno, lo stai accogliendo, con le cosce già
pronte, divaricate, aperte, ecco così, da esperta,
come se non fosse la prima volta e di sicuro neanche
l’ultima se oggi il traffico non fosse impazzito…
Ecco è questo il momento e mentre godi sento un
dolore atroce, mi fa un male cane, mi ripeto che è
solo un incubo, che tra poco mi sveglierò… Mai avrei
creduto, mai mi sarei immaginato, ora lui è dentro
di te, spinge forte, il letto cigola, la spalliera
sbatte contro la parete e tu gemi, urli e, guardando
il soffitto, a fatica canti: “Quando sei qui come,
questa stanza non ha più pareti, ma alberi, alberi
infiniti quando tu…” Poi ti interrompi, riprendi,
addirittura stoni.
Decisamente la cantavi meglio
ieri sera.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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