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Adamo Bencivenga
Tutto qui?

Elena rientrò a casa poco prima delle sette di sera,
sulle scale si era riordinata i capelli, aveva guardato
l’orologio e si era detta brava, neanche un minuto di
ritardo. Tutto era andato liscio e suo marito mai
avrebbe sospettato! Sì perché quello per lei era stato
un pomeriggio diverso dal solito e per diversi motivi un
giorno che non avrebbe dimenticato facilmente. Nel
tragitto in macchina verso casa aveva tolto quel trucco
in più e si era cambiata le calze ed ora lì davanti alla
porta di casa si chiedeva quale espressione avrebbe
dovuto assumere, forse sorridente, forse evasiva, ma
sicuramente senza esagerare davanti a suo marito che di
certo le avrebbe chiesto come fosse andata la giornata…
Quel giorno aveva preso un permesso di due ore
uscendo alle tre in punto dall’ufficio e smarrita e
impaurita per la sua prima volta, lungo il marciapiede
che la portava al parcheggio della sua auto, aveva
comprato un ombrello da poco in un negozio di cinesi
perché immancabilmente quel pomeriggio era iniziato a
piovere, ma di certo non era stata la pioggia a renderlo
diverso, anche se ora sconsolata si ripeteva che se
fosse stato bel tempo non sarebbe cambiato nulla.
Con fiato in gola e seguendo le istruzioni ricevute
si era inoltrata con la sua piccola Clio grigia tra le
campagne spoglie e cupe lungo la sponda del fiume poco
fuori città. Elena non conosceva quei posti anzi non
c’era mai stata e si era chiesta perché mai il suo primo
appuntamento d’amore non avesse meritato un altro
scenario. La sua indole romantica lo avrebbe preteso, ma
ora era lì, guidando e facendo attenzione a non
sbagliare strada finché sotto quella pioggia battente si
era fermata vicino a una recinzione metallica e davanti
ad un casolare rosso.
La zona era piuttosto
brulla ed isolata, un cane dietro la rete del recinto
della casa aveva cominciato ad abbaiare e lei spaventata
sperava che lui non la facesse aspettare più di tanto.
Certo lei non poteva telefonare, i patti erano stati
chiari, niente messaggi o chiamate perché nessuno doveva
sapere che quel giorno a quell’ora un uomo e una donna,
entrambi sposati, si sarebbero incontrati.
Si era
guardata di nuovo intorno e i suoi occhi avevano
confermato che quello non era di certo un posto usuale
per un incontro, nel suo sogno aveva fantasticato ben
altro e di certo avrebbe desiderato un albergo pieno di
stelle in centro oppure un motel con vista sul mare,
insomma un posto importante e meno inquietante per la
sua prima volta, per il suo primo tradimento, ma lui era
stato categorico e lei aveva accettato pur di vederlo.
In quell’auto aveva aspettato per circa mezz’ora,
aveva ammazzato il tempo rifacendosi il trucco,
indossando le calze nere e le scarpe rosse con il tacco
alto per assomigliare almeno in parte a quella donna che
negli ultimi giorni era diventata di fatto la sua
rivale. Sì certo, lui aveva già un’amante, bella,
giovane e a suo modo affascinante e per questo Elena si
era chiesta perché mai lui aveva deciso di incontrarla e
che cosa sarebbe potuto nascere da quell’incontro.
Poi si era guardata più volte nel piccolo
specchietto sperando di non deludere le aspettative di
lui, sperando che quel rosso sulle sue labbra fosse il
tono giusto per attirare quei baci che tanto desiderava.
Più volte si era chiesta se fosse stata all’altezza e se
dopo tanti anni fosse ancora in grado di dare e ricevere
baci, poi aveva sorriso amaramente scuotendo la testa e
pensando a quanto un matrimonio renda la donna insicura
e arida come quella campagna, ma allo stesso tempo
smaniosa ed avida di altre carezze che non siano quelle
solite di un marito svogliato.
Per un attimo
aveva tirato su la gonna e si era guardata immaginando
l’effetto che avrebbero fatto le sue cosce fasciate da
un velo di nero, ma poi era subentrato un filo di ansia,
le sue gambe avevano iniziato a tremare chiedendosi
quanto tutto ciò avesse una ragione, quanto i suoi
merletti, quanto quel posto, l’attesa, la pioggia e se
colta in flagrante da un conoscente cosa avrebbe detto
per giustificarsi e se suo marito, anima buona e
comprensibile, fino a che punto l’avrebbe capita.
Del resto, si era ripetuta convincendosi, che tra
loro il sesso, un po’ per pigrizia e un po’ per mancanza
di tempo, era diventato un lusso e ormai nessuno dei due
da mesi faceva più la prima mossa. Sì certo non era una
giustificazione, forse ne avrebbero dovuto parlare, ma
lei nonostante tutto non aveva mai messo in discussione
l’amore assoluto per suo marito, perfino in quel momento
quando, allacciando le stringhe del suo reggicalze nuovo
e comprato apposta per l’occasione, si stava facendo
bella ed appetibile per un altro uomo.
Quei
pensieri erano durati circa una mezzora con l’abbaiare
insistente del cane e un pescatore con la canna in mano
che era passato ad un metro dalla sua auto. Si era
chiesta se quell’uomo l’avesse vista e cosa avesse
pensato di lei. Beh sì, lei era un’amante anzi lo
sarebbe stata da lì a poco, ma non ci vedeva nulla di
male ricevere attenzioni da un uomo che non era suo
marito e considerarsi dopo tanti anni un oggetto di
desiderio.
Con lo scorrere dei minuti che ormai
sembravano ore si era detta che in fin dei conti non le
pesava aspettare sempre che lui, mantenendo la parola,
prima o poi si fosse materializzato e così era avvenuto
perché all’improvviso aveva sentito un rumore di ruote,
di pozzanghere e freni e subito dopo una voce profonda
che dolcemente le diceva attraverso il vetro chiuso
della sua piccola Clio: “Sei bellissima!”
Il
tempo di guardarsi intorno, sentire un tonfo di cuore e
vedere il viso sorridente di quell’uomo, sporto verso di
lei, dentro la sua bella macchina tedesca di grossa
cilindrata e il finestrino abbassato. Elena era saltata
per la gioia perché lui era lì, perché era stato di
parola! Fino all’ultimo aveva temuto qualche
contrattempo, del resto non si era mai considerata una
priorità e qualsiasi imprevisto avrebbe avuto di sicuro
la precedenza.
Lei conosceva la sua agenda sempre
fitta di impegni e pensò a quante bugie si era dovuto
inventare per essere lì da lei in quel momento. Oh sì
perché lui era il suo capo, il titolare dell’azienda
dove lavorava, un uomo potente e famoso che tutte le
donne avrebbero voluto affianco! Invece ora era lì per
lei in gran segreto e rubando minuti al suo tempo
prezioso, alla sua vita privata con una moglie
affascinante, due splendidi figli ancora adolescenti e
un’amante più che disponibile!
Lei sapeva tutto
di lui, perché era la sua segretaria in azienda da circa
quattro anni e sapeva anche che da qualche mese aveva
cominciato a frequentare un’altra collega, quella che
puntualmente alle nove di mattina si presentava nella
sua stanza in tailleur e gonna corta mostrando le sue
gambe dritte, lunghe e snelle. Lei entrava e lui
chiudeva la porta chiedendo di non essere disturbato ed
era proprio in quei momenti che Elena soffriva in
silenzio e si detestava per la sua incapacità di essere
più intraprendente e comunque convinta di averne diritto
più di ogni altra.
Ma in fondo in fondo nella
sua intimità non si era mai data per vinta ed ogni notte
da anni, con un marito accanto che dormiva sonni
tranquilli, riempiva le sue fantasie inconfessabili. Ed
erano veri e propri sogni di passione in cui lei bella e
affascinante mostrava le sue grazie senza veli e lui,
colpito da tanta intraprendenza, si lasciava andare
preferendola ad altre.
Durante il giorno invece
in azienda, cercava ossessivamente un pretesto, una
scusa da prendere al volo per sentirsi capace di
sfruttare la più piccola occasione. Non era amore e lei
lo sapeva, non era affetto, amicizia o quant’altro, ma
solo la voglia di sentirsi importante, bruciare la
concorrenza e immaginarsi come una donna diversa e
desiderata anche se era più che convinta che mai quel
suo desiderio si sarebbe avverato.
Adesso però
era tutto cambiato, adesso lui era lì con il suo
completo grigio e la cravatta a fiori, sorridente e
bello da morire, e che poco prima le aveva detto: “Sei
bellissima!” Ed era lì perché un bel giorno, così per
gioco, tra un sottinteso e l’altro, lei aveva lanciato
l’esca e affondando il colpo gli aveva fatto capire che
se fosse successo non si sarebbe di certo tirata
indietro. Ovviamente quel discorso era stato
impersonale, si parlava di amanti e relazioni segrete, e
non riguardava di certo lui o lei, semplicemente un
sottinteso, ma il grande capo, seduto sulla sua poltrona
di pelle, un po’ per boria e un po’ per orgoglio
maschile incredibilmente l’aveva guardata da capo a
piedi, così intensamente che Elena pensò che fosse la
prima volta che si accorgesse di lei.
Lei
sorpresa era rimasta lì, rigida, in piedi, con dei fogli
di lavoro in mano, lui invece, in silenzio per qualche
secondo e stringendo tra le mani il telefono, alla fine
si era fatto avanti. “Se vuole mi metto in coda ed
aspetto il mio turno!” Lei, davanti a quella scrivania,
aveva sorriso e immediatamente dopo aveva risposto: “A
lei è concesso di saltare la fila.” Ancora qualche
istante d’imbarazzo ed erano passati magicamente al tu
parlando però solo di lavoro. Da quel giorno si era
sempre vestita in modo da non passare inosservata e
aspettando ansiosa quella proposta che solo ora, dopo
circa due settimane, si era fatta reale.
Elena
non si considerava bella, era una donna minuta e piccola
di statura, con gli occhiali da vista, una seconda
scarsa di seno e due gambe magrissime. Quando lui le
aveva mandato un messaggio Whatsapp con tanto di
appuntamento, orario, posizione e cuoricini, lei aveva
davvero creduto ad un miracolo. Quel pomeriggio avrebbe
dovuto portare suo figlio dal dentista, fare delle
commissioni per sua madre, ma di fronte a quella
richiesta non aveva esitato azzerando ogni sua
incombenza.
Quel messaggio, anche se perentorio,
l’aveva fatta sentire diversa, come ora che, uscita
dalla sua Clio e saltellando felice sui suoi tacchi
alti, si era ritrovata, quasi senza rendersene conto,
dentro quell’auto di lusso e soprattutto tra le braccia
possenti del grande capo. Lui senza parlare non aveva
perso tempo e l’aveva subito coperta di baci e carezze e
lei aveva chiuso gli occhi concentrandosi su quelle mani
grandi che ora senza nessuna accortezza la toccavano
nelle sue parti intime.
Certo lei non si era
fatta illusioni ed i primi approcci confermavano ciò che
aveva sempre saputo ossia che la loro non sarebbe mai
stata una grande storia d’amore, forse la classica
storiella tra capo e segretaria, o peggio solo sesso
avido, ma finalmente, ringraziando la sua caparbietà ci
era riuscita, ricordando le tante sere quando lo aveva
desiderato con tutta se stessa, sola nel letto o durante
l’amore con suo marito.
Ed era proprio per
quell’assenza di sentimento che si sentiva a dir poco
importante immedesimandosi prima nella collega con la
gonna corta e poi con l’altra amante storica.
Immaginandole sedute sullo stesso sedile con lui di
fianco si era chiesta quante volte avesse portato le sue
donne in quel posto e quante cose avesse visto quel cane
che ora incredibilmente aveva smesso di abbaiare.
Lu continuava a toccarla come se non fosse la loro
prima volta e fosse del tutto naturale che tutto ciò
avvenisse senza il minimo pretesto, ma Elena sapeva
benissimo che ora sarebbe venuta la parte più difficile,
perché quelle carezze non sarebbero state eterne e lei
in qualche modo avrebbe dovuto ricambiare e prendere
l’iniziativa non sapendo minimamente cosa lui avrebbe
preteso, che tipo d’amore e cosa avrebbe dovuto fare per
appagare quella voglia.
Non sapendo cosa fare,
ma per facilitargli il compito, aveva sbottonato la
camicetta mostrandogli il ricamo del suo reggiseno e poi
con un gesto plateale il candore della sua seconda
scarsa. Poi aspettando l’effetto era rimasta in attesa e
subito dopo lui, forse eccitato da quel seno oppure
perché così doveva essere, le aveva preso la testa
guidandola sul suo piacere. Elena si era chiesta se
avesse dovuto fare resistenza per essere desiderata, ma
poi si era lasciata accompagnare da quelle mani pensando
a quanta differenza lui ci avesse trovato dalle altre
bocche, sicuramente più esperte, sicuramente più calde,
sicuramente più rosse.
In quell’istante aveva
avvertito un odore diverso rispetto a suo marito, ma
eccitata da quella consistenza si era impegnata
ugualmente con tutta se stessa facendo attenzione ai
suoi denti, alla cadenza del respiro di lui e, muovendo
la lingua, al ritmo della sua mano. Dopo le prime
esitazioni aveva percepito un gratificante sincronismo e
si era chiesta quanto dovesse durare, quanto tempo un
uomo avesse piacere di quel preliminare, ma era stato
solo un suo scrupolo perché un attimo dopo, lui
stringendole la faccia, l’aveva baciata avidamente e
come per magia le loro gambe si erano incrociate.
Tutto era avvenuto in fretta col rumore di quel
silenzio, del suo imbarazzo e della pioggia che non
smetteva di cadere. Del resto non c’era nulla da dire e
lei da tempo aveva deciso che quello sarebbe stato il
suo giorno, l’inizio della sua nuova coscienza, della
sua autostima, del bisogno di essere desiderata che
inevitabilmente doveva passare per quell’uomo. Certo di
occasioni ne aveva avute, ma lei aveva sempre preteso il
meglio e il meglio era il suo grande capo fino a poche
ore fa inavvicinabile e che proprio in quell’istante
aveva abbassato il sedile, chiaro segno dell’amore
completo e la soddisfazione reciproca.
Elena si
era chiesta come sarebbe stato quell’amore, immaginando
un piacere immenso all’inizio quando il maschio si fa
largo e la femmina cede sotto quei colpi, qualcosa
insomma di travolgente e mille e mille volte più intenso
di quello nel letto matrimoniale con suo marito. Del
resto i presupposti c’erano tutti, la complicità di quel
posto, l’illegalità di quell’amore, il suo capo da
sempre desiderato, la trasgressione del tradimento, i
suoi umori abbondanti che la rendevano accogliente e la
preparavano all’atto. Cosa mai poteva mancare? Cosa mai
avrebbe potuto desiderare di più? Cosa mai sarebbe
dovuto accadere perché lei non rimanesse totalmente
appagata?
Lui le aveva sussurrato ancora: “Sei
bellissima!” E mentre le asciugava il sudore della
fronte, le aveva tolto le mutandine e lei agevolando
quel movimento aveva stretto le sue gambe. Poi lui
ammirandola nella sua intimità le aveva schiuso con le
dita il suo fiore umido, lo aveva fatto delicatamente
con l’indice e il pollice, e lei non si era fatta
pregare pensando che mai e poi mai, con un altro uomo,
diverso dal suo capo, sarebbe stata così remissiva e
compiacente e soprattutto avrebbe offerto così
platealmente il suo tesoro. Lo aveva desiderato in ogni
istante del suo giorno e ora lui era lì maschio, padrone
del suo piacere, e di lì a poco sarebbe scivolato come
lama in un burro dentro la sua intimità.
Elena si
era chiesta quanto sarebbe durato quell’amore convinta
che un uomo così non si sarebbe accontentato di una sola
volta o di qualche minuto e che a più riprese l’avrebbe
fatta sprofondare negli inferi della perdizione. Aveva
immaginato le altre donne in quella stessa posizione,
aperte e avide di quel sesso e tremendamente disponibili
come lei in quel momento. Aveva sentito chiaramente i
loro gemiti e le loro urla insaziabili all’apice
dell’amore, forse proprio lì davanti a quel casolare
rosso e magari sotto la stessa pioggia battente, ma si
era anche detta che non essendo un’amante esperta come
le altre sicuramente non avrebbe resistito più di tanto.
Insomma quell’amore sarebbe stato così intenso che
non avrebbe potuto fingere chiedendosi quanto, nel pieno
dell’orgasmo, avesse dovuto urlare e quanto trattenersi,
in modo che l’esplosione sincrona dei sensi l’avesse
fatti volare insieme. Ed era stato proprio per quel
motivo che aveva deciso di pensare ad altro, non so alla
scuola dei suoi figli, alla lista della spesa, perché
mai avrebbe voluto deluderlo e l’intento primario in
quel momento era la perfetta simbiosi, la fusione dei
loro corpi fino al fragore finale.
Lui intanto,
con le dita giocava con le sue labbra umide, con gli
occhi la osservava intensamente ed Elena si era chiesta
quanto il suo fiore fosse diverso da quello delle altre,
quanto quel ciuffetto sul pube fosse di suo gradimento.
Certo sì, se lui lo avesse desiderato per renderla più
appetibile l’avrebbe rasata completamente immaginando
già quale scusa avrebbe dovuto dire a suo marito. Per
ora lui era lì che giocava ancora sulla sua soglia umida
ed era stato proprio durante quell’attesa che aveva
pensato che lui non fosse ancora pronto e che stesse
cercando l’eccitazione giusta, ma aveva soffocato
immediatamente quel pensiero immaginando che forse lui
stesse attendendo il suo consenso e allora si era fatta
coraggio e gli aveva sussurrato di prenderla, di farla
sua.
Lui l’aveva guardata ancora e poi trovata
la giusta ispirazione si era lasciato andare
penetrandola timidamente. Ora era dentro di lei ed Elena
aveva stretto le palpebre, trattenuto il respiro,
oscurato i suoi sensi, concentrandosi unicamente in quel
movimento lento che stava sprofondando dentro di lei e
rimandando a un attimo dopo la soddisfazione completa di
quel piacere. Sapeva che era solo l’inizio, l’overture
di una sinfonia eseguita da cinquecento elementi, e che
via via, come nel Bolero di Ravel, ci sarebbe stato un
crescendo, e lui il maestro di quell’orchestra sarebbe
diventato un ossesso, la vibrazione di ogni sua corda, i
diesis e i bemolle del suo infinito piacere.
Lo
aveva sentito affondare e poi risalire, nel gioco
perpetuo dell’amore, lui l’aveva baciata e le aveva
sussurrato di nuovo: “Sei bellissima.” Ecco sì lo stava
aspettando, sapeva che da lì a poco lui sarebbe
cresciuto dentro di lei, la sua consistenza sarebbe
stata massima, perché non c’erano motivi che così non
fosse e lei desiderava con tutta se stessa sentire la
sua potenza di maschio.
Aveva atteso ancora
pensando a quando lui avrebbe rotto gli argini scendendo
fino al centro vitale del suo piacere, oh sì era certa
che quel bell’uomo invidiato da tutti le avrebbe scopato
l’anima e sbaragliato ogni minimo pudore. Per
facilitarlo aveva aperto ancor più le gambe convinta che
mancasse meno di un niente al suo primo tsunami
d’amante, al suo primo tradimento pensando quanti chissà
ne sarebbero seguiti.
Nell’attesa aveva preso
l’iniziativa e baciandolo avidamente lo aveva
sollecitato a dirle parole piccanti, a prenderla con più
forza e farla sua senza più esitazione, convinta che a
breve avrebbe sentito tutta quell’energia desiderata e
il potere vigoroso di quell’uomo bramato e lodato da
tutte le sue colleghe. Lui intanto aveva continuato a
penetrarla scivolando impalpabilmente tra le sue
intimità come un aliante tra i dirupi, come un motore in
rodaggio, senza passione e senza mai affondare e farla
vibrare, finché una minima contrazione e un urlo
imprevisto e improvviso di lui aveva messo fine ai
pensieri di lei.
Smarrita aveva spalancato gli
occhi guardandolo incredula, sperando a qualche
contrattempo e pensando che fosse solo un antipasto in
attesa della cena, ma lui, nonostante quell’amore fosse
durato solo qualche misero secondo, le aveva sorriso con
quel ghigno compiacente tipico di una persona
soddisfatta dell’impresa.
Elena aveva pensato
per un attimo alle lunghe notti d’amore con suo marito,
ma in quel momento rifiutava quel paragone perché in
coscienza non vi erano dubbi su quale fosse la sua
preferenza. Più volte si era chiesta come sarebbe stato
l’amore con un altro uomo, quanti desideri avrebbe
finalmente azzerato, quali corde sconosciute della tua
intimità avrebbe sentito suonare, ma ora non poteva
credere che fosse inesorabilmente già finito senza che
lei avesse avvertito minimamente il più piccolo fremito
del suo piacere.
Lui nel frattempo si era
rivestito, riaccendendo il suo cellulare e fischiando
una vecchia canzone di Battisti, senza chiederle come
fosse stata, come se quell’amore fosse stato per
entrambi appagante. Poi simulando una certa fretta aveva
acceso il motore dandole il chiaro segnale che non ci
sarebbero stati né tempi di recupero, né quelli
supplementari.
Allora Elena senza parlare aveva
rimesso le mutandine e tirando giù la gonna aveva
coperto il suo stupendo reggicalze nuovo. Poi era scesa
dalla macchina, e facendo attenzione alle pozzanghere
per non rovinare le sue belle scarpe rosse si era
diretta verso la sua Clio. Sola e pensierosa sotto
quella pioggia battente e mentre il cane aveva
ricominciato ad abbaiare e l’auto del suo capo
scompariva oltre l’ansa di quel fiume, si era chiesta:
“Tutto qui?”
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
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