|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
RACCONTI
Adamo Bencivenga
Che ti dico Luca?
Photo Iraklis
Makrygiannakis
Senti, sarà pure che stasera ho messo dei cerchi da zingara, che il
rossetto che porto non lascia poi dubbi ed ho sciolto i capelli e li vedo
più lunghi. Sarà che i miei seni non sono mai sazi e rimangono stasera
caldi e insolenti, ad aspettare un tuo bacio che MI sfami e m’appaghi e mi
faccia sentire una donna normale, perché altro stasera sarebbe di troppo.
Sarà che c’è il mare, che sono distante dal solito posto, perché
giammai qualcuno mi riconosca, e mia madre da mesi non m’aspetta per cena.
Sarà che ti ho cercato per anni nei miei sogni al mattino, tra le cupole
d’oro d’un viaggio mai fatto, tra le cupole bianche di tante mutande,
gonfie di notte, smunte al mattino. Sarà che stasera mi hai chiesto di
stare un po’, che ci conosciamo dai tempi di scuola ed io questa sera non
avrei desiderato di meglio, a me stessa, alla luna che ci fa il filo e ci
guarda e sembra godere al primo bacio sfiorato.
Ma mi dici come
sarà l’alba domani? Di che colore la luce che mi troverà al tuo fianco?
Come accavallerò le mie gambe, se ora, adesso, in questo momento, cedessi
ai tuoi baci che avidi scendono e mi divaricano il cuore, le tette e le
gambe? Ma mi dici che ci faccio a quest’ora di notte? Se da brava
bambina dovrei già essere al letto e tu non ti chiedi perché m’hai trovata
truccata, di rosa, di nero, come questi stivali, che condensano voglie e
danno il piacere, di leccarli per bene e salire fin dove, l’odore di donna
si fa caldo e più intenso.
Ti prego non ridere! Se ora confesso che
mai questa cosa, che stringo tra le gambe, l’ho sentita più preziosa. Che
nessun uomo ha mai sentito il calore, di questo respiro che ora
s’ingrossa, e falsa ti giuro che è la prima volta che accade. Ti prego non
ridere! Anche se non t’immagini fino dove i miei dubbi possano avere un
senso, fin dove sia vergine l’anima che t’offro. Che scema! Perché
dovresti poi farlo, se mi credi inesperta, magari pensando che sia la
prima volta, che mai un uomo sia arrivato dove mi cerchi, nel punto dove
basterebbe un niente, se tu sapessi almeno in parte quello che faccio.
Come vorrei dirti che invece l’amore che sento, mi vorrebbe già tua
davanti a questo mare, che ora m’accorgo è la prima volta che non guardo
da sola. Sarebbe facile concedermi tutta, su questo bagnasciuga e
fingere amore, per il solo bisogno di non farti scappare, per farti
scoppiare tra queste cosce capienti, perché altro davvero non saprei cosa
darti, per sentirmi stasera più vera e più tua.
Mi vuoi vero Luca?
Desideri la mia bocca ora? Tu non lo sai, ma io saprei davvero come
saziarti ed appagare le tue voglie, ma ho paura che tu ti accorga che sono
troppo esperta. Che strano destino che sento, che l’amore più intenso è
dentro queste mani che mi cercano e rimangono incompiute e distanti dal
mio sesso. E se ti confessassi d’un fiato che faccio la puttana? Sapessi
Luca a quanti uccelli ho fatto da tana, a quante voglie ho fatto da
secchio! Sapessi Luca quanto timore c’è dentro questo vuoto, quanta
tristezza tra questa bocca che cerchi, dove tu, se ora rimanessi in
silenzio, distingueresti il rumore della risacca, dal rimbombo assordante
di mille risucchi. Dai Luca avvicinati, avvicina l’orecchio sulla mia
figa, lo senti il mare vero? Ma mi spieghi davvero dove trovo la forza di
fingere e non dirti davvero quello che faccio? Davvero stasera vorrei
confessarti chi sono, mentre tu ascolti il mio cuore che batte, che trema
e mi baci le labbra, perché altro non potresti pretendere da una ragazza
per bene la prima sera che esce. Chissà se stai leggendo le mie parole,
se hai avvertito da qualche parte della mia voglia sincera il desiderio di
essere nuova, buttarmi tutto alle spalle e ricominciare daccapo. Sei
l’unico che mi chiama amore, l’unico uomo su questa terra che mi cerca
leggero e crede che un incedere intenso possa offendere l’amore che offro
a piccole dosi.
È vero Luca, non farlo! Se vai oltre ti fermo la
mano, se tenti di sfiorarmi mi sposto di scatto, perché non sia mai che tu
possa accorgerti che non porto le mutande, che questa sera prima
d’incontrarti mii hanno scavato la pelle addosso ad un muro. L’ho baciato
Luca, in ginocchio ed in fretta. Sapeva di muffa e di umido, ma l’ho
infornato come pane caldo che fa poesia, come la faccia di bimba dentro un
seno materno, perché il gusto di sentirlo che freme è più disarmante
d’ogni tipo d’ingiuria. Perché Luca, poi viene, è automatico Luca che
venga e quei fiati diventino volgari, e mi strozzano la gola e mi chiamano
puttana, anzi mi ci fanno sentire se per caso distratta pensavo a
tutt’altro. Ed io sono brava sai, brava a camminare di notte, a strusciare
i miei tacchi dentro un budello di strada senza luci ed asfalto, a rifarmi
le labbra perché siano di nuovo invitanti, e altrettanto brava a rimandare
il piacere e finirlo nel tempo che la tariffa impone.
Che ti dico
Luca? Tu mi chiedi di parlare, d’aprirti il mio cuore. Che ti dico Luca?
Prendimi ora, senza presente e passato, immagina che sia nata stasera, da
quella spuma, partorita da quello scoglio come una Venere perché è più
forte la colpa di ferirti che quella di illuderti. Baciami Luca finché
siamo in tempo! Chissà se davvero continueresti a sfiorarmi questi seni, a
pretendere la mia bocca e sentirne il sapore se solo per un attimo
incontrassi tra queste pieghe dell’alba i miei pensieri. Cazzo, che ti
dico Luca? Ti prego non guardare nei miei occhi, perché in fondo in fondo
mi vedresti in ginocchio vicino a quel muro che esperta do piacere
mettendoci bocca, anima e fiati per fargli sentire indistintamente il
sapore di moglie o d’amante che si nega da tempo.
Baciami Luca dai,
affondami la lingua e l’amore dentro questa bocca che spalanco, per tutto
il tempo che viene e finché ne senti il candore, ma fai in fretta ti prego
perché la cruda realtà è in fondo al mio palato dove di colpo un acre
disgusto, troppo simile al tuo sapore di maschio, non ti faccia davvero
pensare che in fondo in fondo non è il primo che succhio. Fai in fretta
Luca, perché l’amore non dura tanto e non è infinito ed io ho paura di non
fare in tempo a dirti che ti amo.
Sapessi invece Luca che traffico
tra le mie cosce nelle sere d’estate! Che andirivieni tra i denti e la
lingua! Mi viene un sussulto. Ho paura che ne distingui i sapori, ne
quantifichi il numero facendo una somma. Tanti Luca! Più delle lune che si
sono rincorse da quando son nata, più dei capelli che ora mi stai spaiando
ad uno a uno. Mi chiedo se il tempo possa almeno confondere l’odore del
sesso perché sono tanti Luca! Tanti quanto una folla alla stazione di
giorno o in uno stadio per una partita importante. Tanti Luca! E non sono
finiti, perché quest’estate rifaranno la fila, in riva a questo mare per
coprire il risucchio, la voglia che incede e socchiude le labbra.
Ti prego non ti fermare, fa che la mia mente sia parte del cuore, del
sesso, che ora nella tua mano si sente al riparo. Fa che non mi escano
parole, ma solo gemiti e vapore bollente, fino ad appannare quest’anima
informe, perché le parole sarebbero dure, sarebbero troppe e ti farebbero
male, ed io non voglio rovinarti quest’ora, che m’hai strappato testardo,
che ti ho concesso col cuore, per sentire il sapore d’un tempo, e
convincermi ancora che la scelta che ho fatto è senza ritorno.
Ora
sì che ti sento! Sbottonati la patta e ti faccio un regalo! M’abbassi
leggero la testa come se fossi inesperta! Sorrido e m’inginocchio come se
non trovassi che sabbia, un risucchio di mare tra due cabine di legno. Le
mie labbra t’avvolgono e rimani stupito, estasiato dal caldo che offro,
dalla devozione che sento, dall’impegno che metto, perché sai questi anni
sono serviti a qualcosa, a conoscere un uomo dal sesso che stringo.
Sono brava sai! Conosco esattamente il momento, lo scorrere lento del
sangue che gonfia la voglia, ed in bocca modello e la lascio sguazzare,
come salmone che risale il suo fiume, come bottiglia che si lascia
guidare, dai flutti più impervi dall’altra parte del mare. Sono brava sai!
Più di quanto m’elogia il tuo respiro affannoso, più di quanto tra poco
desisti, per far delle mie labbra una tana, un letargo dove svernarci
tutti gli anni passati, gli affanni proibiti davanti la foto.
Sono
brava sai e non ti mollo! Ti lascio e ti riprendo, mi fermo ed affondo,
cadenzando a memoria fiati e risucchi, come se alla fine ci fosse un
compenso. Sono brava sai! Ti prego non credere che questa bocca che
avida succhia abbia un cuore che ama. Non illuderti ti prego! Non è amore
Luca! C’è solo mestiere dove metto la lingua che esperta risale fino al
tuo fremito illuso, al desiderio che troppo mi ferma un istante. Non lo
mollo sai, ma fammi il favore di non domandarti, perché e come mai, dove e
quando negli anni ho imparato a scardinare la voglia quando resiste.
Eccolo lo sento! Ora mi dirai che sono stupenda, che tra i tanti
ricordi non c’è mai stata una donna, una bocca di seta come nido
d’uccelli, come ricovero di voglie e di urla scomposte. Continua a
spaiarmi i capelli Luca! Non smettere perché voglio che alla fine tu mi
dica il numero esattamente lo stesso di quanti finora ne ho presi. Ti
prego spingimi la testa fino alla radice del tuo desiderio, premi, pigia
ti prego, perché io sto godendo al solo pensiero di darti piacere,
d’essere l’unica quando le voglie t’assalgono solo, e tra le tante mi
scegli, mi pensi e sudi nel letto. Amami Luca! Perché tu sei in piedi ed
io in ginocchio, perché quasi quasi lo pensi, lo stai pensando che dentro
questi stivali c’è una donna già persa, che se non lo credi del tutto, ora
ti fa piacere pensarlo.
Pensalo Luca! Pensalo fino ad esserne
certo, che è troppo il piacere perché io sia una brava ragazza, che
studia, che aiuta sua madre, che pensa a quel giorno quando si sposa.
Pensalo Luca, perché non serve sapere il latino per essere brave e fare il
mestiere sotto le stelle, appoggiata ad un muro quando scopro le gambe.
Pensalo luca! Ma non chiedermi se provo qualcosa, perché non c’è futuro in
quello che faccio, non c’è presente che mi faccia impegnare, come ora che
mi chiedi se t’amo, come ora che non ti rispondo. Pensalo Luca! Perché io
godo lo stesso, anche se mi dici mignotta, anche se mai potrei amarti
davvero, anche se questo seme che caldo sta uscendo è il primo che
assaggio senza serrare la bocca.
Se sapessi davvero, Luca,
scapperesti lontano! Senza intenzione ti chiederesti se sono malata, se la
mia bocca, che hai apprezzato, ti ha trasmesso qualcosa. Sì Luca, io sono
infetta! Corrotta dalla voglia che mi prende ogni sera, dalla brama
d’essere parte del mondo, dalla presunzione d’essere terra e poi luna,
ventre accogliente dove si depongono semi infecondi d’un surrogato
d’amore. Spingono e premono concentrati sull’unica parte come un
macellaio su un quarto di bue, come se davvero fossi solo carne, tette e
culo, gambe che chiuse non servono a nulla. Alle volte mi chiedo perché
passo il tempo a truccarmi, il viso, la faccia per farla uguale ai colori
di un lontano tramonto. Mi lego i capelli ed allungo le ciglia sapendo
benissimo che il posto dove si sentono naufraghi è distante un metro da
questi miei occhi. Sono sicura che molti di loro non mi riconoscerebbero
di giorno, ma se poco poco scollassi il mio seno non avrebbero dubbi ad
alzarmi la gonna, a tenermi ferma contro questo parapetto, contro questo
sfondo di mare che sola vedo e m’illude che non esiste poesia senza un
sesso che preme, che prendo e ne faccio tesoro. Alcuni sono recidivi, ed
ogni volta mi sorprendo a pensare quale istinto li guidi a tornarci di
nuovo, ad entrare tra le gambe di questi stivali che basterebbe guardarli
e godere di nuovo. Mi verrebbe da dirgli che quello che cambia è soltanto
la gonna, perché le gambe che offro sono sempre le stesse.
Li
sento, Luca, li sento dentro e s’affaticano come se dovessi a breve
provare l’orgasmo, come se la fine non fosse solo il compenso. S’affannano
e premono mentre io conto le stelle, ad una ad una le chiamo, perché tutte
hanno un nome, per ogni volta che mi bagnano il collo, per tutte le volte
che rimango a pensare che l’amore è soltanto questo movimento di sesso, un
maschio che geme e ti crede distrutta, un maschio che urla e ti chiude la
bocca. Non credere Luca che un cliente non abbia accortezze, che con
chi provi amore sia tanto diverso, perché il sesso è un buco, un tappo di
pelle, sono questi stivali, e l’amore che senti sono le parole che chiami,
sono le pieghe di mare che si scompongono a riva, e m’illudo e t’illudi
che siano identiche alle grinze di donna disfatte dal sesso.
Che ti
dico Luca? Qui non siamo distanti dal mare. Ecco, vedi? Proprio lì mi
metto la sera, oltre la fine di quelle cabine che al tramonto diventano
ocra, sopra uno squarcio d’asfalto come un segno di scena. Ma io non
faccio la parte perché lo sono davvero, non faccio l’attrice perché mi
riesce meglio sentirmi puttana, nell’anima dentro più del seno di fuori
che offro, di questa terza abbondante che fa tremare le mani, fa pensare
alla notte accovacciati nel grembo.
E ciucciano ciucciano come se
s’aspettassero latte, per nutrire la parte in contrasto, che ogni sera li
porta su quello squarcio d’asfalto. Che cerco Luca? Cosa mai ci sarà su
quella falce di luna che vedo soltanto quando mi fottono dietro, cosa mai
ci sarà nel mio infinito conflitto d’essere sola e ricercare l’amore,
nell’ansia che sale ad ogni sesso che sbatte, perché basta davvero poco
fare la troia se ad ogni fine ricevi soltanto dei soldi, se sei qui per
farti pagare e non serve il latino per contare fino a cinquanta.
Dimmi se davvero ci credi, perché non m’offendo, se ora t’esce una parola
soltanto che sa di volgare, che sa di mignotta. Perché lo sono Luca, se
vuoi lo grido per non lasciarti dei dubbi, per non confondere il cuore che
ancora s’ostina a vedermi come la brava ragazza ai tempi di scuola. Te la
ricordi Luca? Quella del terzo banco che passava la traduzione di greco?
Che arrossiva al minimo accenno impacciato d’invito? Dillo Luca, lo sento
che sta per uscire! Tanto cosa potrei aspettarmi mentre mi chino e ti
prendo di nuovo, mentre in piedi fermo t’aspetti di sentire ancora il
vapore di questo rossetto, delle labbra che stringo e uniche si chiudono a
forma di sesso. Luca, Luca cosa t’aspettavi? Che questo modo di fare
l’amore l’avessi imparato nei film in attesa che mia madre rientrasse?
Oppure dai racconti di compagne di scuola mai avare nei dettagli più
osceni quando si tratta di riceverne vanto.
Non chiudere gli occhi
ti prego, questo non è un sogno al chiaro di luna, non è un magico ieri
per vantarsi domani, è solo una bocca che inforna, una lingua che bagna
senza che l’amore mi nutra il timore di non esser perfetta. È tecnica,
stile, è orgoglio di sapere fin d’ora quanto tempo rimane, quanto tempo ho
deciso prima di sentirti gridare. Perché dipende da me Luca! Da quanto
docile decido di farmi guidare da questa mano che s’illude di guidare la
voglia. Ma non sei tu che m’accompagni la testa, non sei tu che m’arrivi
fino alla gola. Se solo volessi ci vorrebbe un istante, mentre bagnata ti
cullo e ti fai galleggiare, mentre ti lascio il rossetto e ti fai
risciacquare.
Ti prego, non pensare che tutto ciò sia amore,
soltanto perché sono brava e lo gridi e lo pensi estasiato da queste
carezze. Non confondere mai le due cose perché altrimenti davvero
sceglieresti soltanto puttane! Ora ti sento, tra poco mi dirai che mai una
donna è riuscita a farti provare piacere due volte nel giro di un niente,
che la seconda è intensa quanto la prima, che mai e poi mai avevi cacciato
quest’urlo, che ora continua e non vuole più smettere. Sappiamo tutti e
due che non è vero. Non dirmi ti prego che ti sei sentito come un gabbiano
che plana, una foglia che trema davanti ai colori di luce al tramonto. Non
è vero Luca! In amore c’è bisogno di metafore perché altrimenti ogni volta
sarebbe noioso.
Chissà quante altre volte ti sei sentito morire
come adesso t’affanni a spiegarmi. Ma ti giuro non c’è bisogno di parole.
T’ho sentito perché mi stavi dentro, sentivo il piacere che come bolla si
formava dal basso, si gonfiava e premeva fino a trovare l’uscita bollente
che ancora t’offro non serrando le labbra.
Lascia stare, non
domandarmi domani. Perché se davvero ci fosse, tu non proveresti lo stesso
bisogno, il desiderio che ora t’arrossa e ti fa tremare le gambe. Siediti,
ti prego. Non comprimere il sogno dentro un’ora precisa. Domani alle sette
davanti alla scuola. Lì mi ci troveresti, ma sarebbe tutt’altro di quello
che senti, che provi ora mentre t’accarezzo e ti bacio. Sei piccolo, Luca!
Ed ora lo hai davvero capito cosa faccio di notte. Come hai capito che non
è amore, ma solo pratica mentre cerco un fazzoletto di carta e mi rifaccio
le labbra in uno specchio impolverato di rosa.
Rimani disteso non
affannarti, conosco la strada. Nessuno lo hai mai fatto e la differenza
sta nel fatto che tu non sei un cliente, ma neanche altro. Non illuderti
Luca. Sono già in ritardo e devo fare in fretta. Perché lo squarcio
d’asfalto non m’aspetta e qualcun'altra a caso potrebbe sbatterci il
tacco..
.. |
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori. Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|