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Adamo Bencivenga
La Parrucchiera
Seduta sull’unico spicchio di sole, in questo parco
pieno di ombra, la vedo che sfoglia la sua rivista
preziosa, ogni tanto si ferma ed ammira estasiata, le
foto d’attrici e di belle modelle, le foto seppiate di
attori da sogno, le scene di film che conosce a memoria.
Ogni tanto si ferma ed alza la testa, fissa nel
vuoto la siepe davanti, come se quello che legge lo
riuscisse a vedere, solo nelle pause quando le si velano
gli occhi.
Ogni tanto si ferma e s’aggiusta il
cappello, al soffio di vento che la trova distratta, e i
suoi capelli ribelli si lasciano andare, fuoriescono
ricci d’ebano e rame. Oddio come vorrei leggere quello
che legge, ascoltare i suoi sogni che scorrono a scene,
perché tanto lo so che sta pensando a quel bacio,
all’ultimo quadro di un idillio d’amore, e la musica
sale ed una lacrima scende, sul volto di Joan ed Errol
Flynn che la bacia.
Non posso farne a meno di
venire a quest’ora, e dietro l’alloro rubarle in
segreto, questi attimi intimi come un ladro che spia,
una piccola mossa un cruccio sul viso. La mattina mi
alzo con questo pensiero, ed all’una e tre quarti esco
di fretta, perché mai vorrei perdermi questi momenti, di
lei stretta nel suo cappottino, avvitato ai fianchi e
una pelliccia sul collo, di lei che tiene le gambe
incrociate, che sono lunghe e belle e fasciate di nero.
Non conosco il suo nome o se è fidanzata, se la sera
qualcuno l’accompagna a casa, perché io la vedo solo a
quest’ora, quando esce dal negozio dove lavora, e poi
all’edicola ad acquistare il giornale, e sceglie il più
bello con le foto più grandi, e sorride all’omino e sono
quasi geloso, quando dice buongiorno come fosse
“tesoro”.
Se solo sapesse i sogni che faccio, se
solo sapesse dove mi porta la strada, ogni giorno con
lei, mano per mano, sopra la ghiaia e poi seduta
composta, mentre sfoglia le pagine e sogna l’amore,
mentre muto la seguo e sogno con lei. A volte la penso
così intensamente, da sentire il profumo dei suoi
capelli nell’aria, di shampoo e rossetto sulle sue
labbra, sulla bocca a forma di cuore, che morbida e
rossa è vicina alla mia.
Perché in questi momenti
lei mi bacia e mi sfiora, e nonostante la siepe la
distanza e la ghiaia, s’avvinghia più stretta assetata
d’amore, ed io che ricambio passione e sospiri, parole
mai dette che escono sole, e poi mani e carezze e
respiri a vapore, baci di voglie come sbuffi di treni,
che arrivano oltre dove è lecito andare.
Perché
ora davvero le sono ad un passo, e lei che sorride e
m’invita con gli occhi, slaccio il cappotto e lei che
m’aiuta, tolgo il cappello che imprigiona i suoi sogni.
La sua mano m’invita a sfiorarle il seno, attraverso la
seta della camicia di panna, attraverso le dita che si
stringono a ragno, per contenere il calore e non farlo
svanire.
I suoi aliti diventano baci senza
respiro, sento il calore del suo corpo che cede, è lei
che mi spoglia che fruga la voglia, e accarezza il mio
petto e torna a baciarmi. Mi prende la gamba e ci sale a
cavallo, punta le ginocchia sul duro del legno, le sue
cosce d’acciaio che si stringono a morsa, e sale sale ho
i suoi seni in bocca, li spremo l’afferro è morbida
bella, i suoi occhi mielosi mi fissano persi.
Un
attimo ancora e la gonna si spacca, un attimo solo e
vedo la calza, l’intimo bianco e il mistero si schiude,
come un fiore nel parco al primo raggio di sole. Sento
il calore d’umido denso, il suo corpo che freme nei
frammenti d’attesa, la voce che roca mi dice che m’ama,
che una rosa d’inverno non si lascia mai sola, al freddo
che punge adesso più forte, e su questa panchina non può
certo seccare.
Seduta sull’unico raggio di sole
rimasto, la vedo che indugia da dietro la siepe, ma è
tardi davvero ed il sogno svanisce, guarda l’orologio e
chiude il giornale, delicata lo piega come fosse
prezioso, un cofanetto di sogni da chiudere in fretta,
per la prossima volta sopra questa panchina, che spero
domani che spero per sempre.
Un tocco al cappello
e un’occhiata veloce, ruotando lo specchio dagli occhi
alla bocca, stringe le labbra per fissare il rossetto, e
un riflesso più giallo l’illumina a spicchi. Eccola che
si alza e stringe la cinta, lungo il viale di pioppi di
rami stecchiti, ignara cammina verso il cancello, senza
sapere che ha fatto l’amore, e dovrà aspettare fino a
domani, per farlo di nuovo su quella panchina.
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Grazie Elisabetta
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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