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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
La Salsa Piccante
 


 
 
Photo Georgy Chernyadyev

GIOVEDI 10 FEBBRAIO
ORE 20:30 HOTEL HASSLER ROMA


Eccomi finalmente sono qui, sto entrando. Un attimo di esitazione, mi volto, respiro profondamente e guardo la meravigliosa scalinata di Piazza di Spagna. Sì, Roma è bella, romantica, signora affascinante, virtuosa e nel contempo un po’ mignotta come mi sento io stasera.
Mi avvicino alla vetrata d’entrata dell'Hassler, un uomo in livrea mi guarda, si porta la mano al cappello grigio in segno di saluto ed accenna ad un lieve sfumato sorriso. Mi chiedo cosa penserà di me, ma io stasera ho altro a cui pensare che captare i pensieri di un inserviente dell’hotel.

Le porte si aprono automaticamente, solo una volta sono passata per questa vetrata, era una cena di Natale con i colleghi dell’ufficio, mi chiedo quanti anni siano passati, ma ricordo ancora il mio tubino nero aderente, il nuovo taglio di capelli e i tacchi altissimi. Beh sì quella sera successe qualcosa di particolare, il mio collega Antonio, che al tempo era solo il mio amante, quella sera stessa, tra una portata di pesce e un buon vino bianco, mi chiese di sposarlo nonostante lui fosse già sposato e padre di tre figli. Finì bene perché mantenne la promessa e dopo due anni partimmo per la nostra luna di miele.

Ora ci torno, ma è tutto diverso e per tutti altri motivi, forse un gioco, qualcosa di semiserio o forse qualcosa di maledettamente reale ed estremamente pericoloso. Ci torno vestita allo stesso modo, anche se il tubino nero è più corto e i tacchi più alti, ma questa volta non devo convincere nessuno a fare il grande passo e sposarmi, perché ora sono una donna sposata, ho un marito ed è proprio per noi che sto facendo questa pazzia.

*****

Tutto è cominciato un sabato sera, eravamo sul divano nella nostra bella casa al centro con vista San Pietro, dopo cena come capitava spesso il sabato, abbiamo iniziato a baciarci e nel momento più bello ci siamo guardati fissi negli occhi. In meno di un secondo ci siamo resi conto che, nonostante il grande amore e l’affetto smisurato, quel sesso così meccanico e piatto non faceva più per noi. Già, incredibilmente è bastato un attimo e non un mese o un anno, ma un solo attimo per dirci cose non dette e convincerci che entrambi eravamo alla ricerca di emozioni diverse e che, per rendere più gustosa quella pietanza, sarebbe servita almeno una salsa un po’ più piccante. Insomma avevamo bisogno di qualcosa di più complice, di mentalmente più appagante, di più sofisticato e perché no di qualcosa che gli altri avrebbero giudicato corrotto e immorale.

Antonio aveva già avuto un’esperienza di matrimonio e sapeva benissimo a cosa saremmo andati incontro se avessimo perseverato ostinatamente a stare a galla nella nostra area di conforto. Entrambi eravamo teoricamente convinti che la noia, l’abitudine, ma soprattutto la sicurezza di avere il piatto pronto quando ti siedi a tavola, non ti fa apprezzare come si deve quello che stai per consumare. E in quell’attimo non ci fu bisogno di tante parole, tanto che lui non mi chiese nulla ed io non gli dovetti spiegare il motivo per cui in cuor mio e senza passare per il cervello ero arrivata a quella conclusione. Accennammo solo ad un film drammatico che avevamo visto qualche sera prima in tv e che la trama, tra gelosie e forti passioni, si snodava nel classico rapporto a tre. Certo nessuno dei due pensava a quel tipo di menage, ma semplicemente ad un pizzico di piccante che di sicuro avrebbe movimentato le nostre serate intime.

Increduli ci domandammo: “Come abbiamo fatto a non pensarci prima?” Certi che quell’uovo di Colombo sarebbe stata la nostra medicina cominciammo a immaginarci scenari improbabili finché tornammo con i piedi a terra convinti entrambi che la gelosia sarebbe stata il motore del nostro sogno erotico. Non ci fu neanche bisogno di individuare la persona adatta al nostro gioco perché nelle nostre fantasie intime era stato sempre presente un solo uomo, ossia Marco Pezzi, l’Amministratore delegato della nostra banca, che io avevo visto solo una volta, ma non conoscevo di persona. Di sicuro sarebbe stata la persona giusta, dato che ogni volta che veniva a Roma, chiedeva a mio marito, oltre la prenotazione dell’Hassler e del ristorante, anche, in via del tutto confidenziale, la compagnia di una signora per la notte tramite un’agenzia di escort.

Quando mio marito mi disse, senza pronunciare mai quel nome, che sarebbe venuto a Roma il giovedì successivo nella mia mente si fece immediatamente concreta e reale la fattibilità di quel gioco. Avevamo circa una settimana di tempo per digerire quella salsa piccante e prepararci psicologicamente all’evento. Antonio mi strinse tra le sue braccia e incredulo mi confessò che quell’idea girava nella sua testa da tempo e che mai me ne avrebbe parlato se nel mio sguardo non avesse visto tutta la mia accondiscendenza. Quella sera finimmo per fare l’amore immaginando già dettaglio per dettaglio e incoraggiandoci reciprocamente. Ovvio era un nostro gioco erotico che di solito si sgonfiava totalmente dopo l’orgasmo, ma la mattina seguente vidi Antonio ancora più entusiasta per cui senza perdere tempo prenotai il parrucchiere e l’estetista e il pomeriggio stesso, insieme ad Antonio, andammo al centro commerciale e per coinvolgerlo totalmente pretesi che lui scegliesse la migliore lingerie adatta per quella serata.

Certo la scelta non fu facile, dovevamo barcamenarci tra il romantico e il professionale, anche perché il nostro Marco Pezzi, doveva credere a tutti gli effetti di essere alle prese con una professionista e non certamente la moglie di un suo sottoposto e per giunta dipendente della stessa banca. Entrammo in un lussuoso negozio di lingerie e dopo tanti dubbi scegliemmo una calza Philippe Matignon nera velata con la riga dietro, un reggicalze sempre nero Agent Provocateur e, per addolcire l’impatto provocante, un intimo coordinato rosa antico della Perla con tanto di maliziosi merletti e strass.

Nei giorni seguenti Antonio tentò più volte di tornare sull’argomento, avrebbe voluto buttare giù un piano dettagliato concordando discorsi e situazioni. Nonostante la mia sicurezza mi confessò che non era per nulla certo che io portassi a termine quell’idea avendo il timore che alla fine avrei fatto marcia indietro. Da parte mia cercai di evitare qualsiasi discorso al riguardo, convinta che ogni parola di troppo avrebbe appiattito le nostre aspettative e comunque cercai di rassicurarlo ripetendogli che non mi sentivo affatto prevaricata e che lo avrei fatto anche per me stessa, oltre chiaramente per il nostro equilibrio di coppia.

Acconsentii però ad una sorta di prova generale indossando per lui tutto quel ben di Dio. Tutti e due ci rendemmo conto che il nostro gioco complice era già cominciato e quella serata all’Hassler sarebbe stata solo la ciliegina sulla torta. Così mi mostrai a lui esattamente come mi sarei presentata quella sera con tutti gli annessi e connessi, ovvero gioielli, monile alla caviglia, cappello e profumo. Antonio vedendomi ebbe un attimo di smarrimento con tanto di sudore sulla fronte, mani tremanti e voce impastata immaginando l’effetto che avrei avuto negli occhi del nostro capo.

La settimana passò tra impazienza e sbalzi di umore e, nonostante la nostra studiata leggerezza, la tensione era così fitta che si sarebbe potuta tagliare con un semplice paio di forbici. Ovvio entrambi avremmo voluto che quei giorni d’attesa passassero in fretta, tra i due era Antonio ad essere più nervoso, anche perché per la prima volta sua moglie sempre fedele gli stava passando lo scettro di marito consapevolmente cornuto.

Il mercoledì precedente andai dall’estetista e la sera a letto non mancai di fargli ammirare le mie cosce e il mio sesso completamente rasato sulle grandi labbra. Per volere di Antonio avevo lasciato un piccolo ciuffo malizioso e triangolare sul pube in segno di devota obbedienza. Avevo letto vari libri ed articoli di psicologia su quel tipo di trasgressione e sapevo benissimo che lo stato d’animo della coppia, nei momenti che precedono l’incontro, corre in precario equilibrio su un filo di rasoio in cui ogni incomprensione può dare luogo ad ogni sorta di ambiguità provocando esattamente l’effetto contrario.

Lui però non mancò di farmi notare la mia totale appartenenza ed io glielo concessi perché quel contesto non lasciasse dubbi. Gli chiesi comunque, pensando all’incontro, se per lui fosse stato un tradimento. Antonio, in contemplazione delle mie labbra, mi rassicurò dicendomi che la mia disponibilità era un segno di fedeltà estrema. Poi non resistette all’istinto ed iniziò a leccarmela eccitandosi al pensiero che per quanto fosse liscia il fortunato avrebbe guadagnato l’entrata senza alcuna difficoltà. Simulò l’atto con il suo dito medio per rendersi conto quanto fosse agevole e che tutte le nostre difficoltà non erano certamente fisiche ma risiedevano solo nelle nostre teste. Poi mi chiese di fare l’amore, ma ormai ero così concentrata all’evento che non feci fatica a respingerlo pensando che quell’astinenza avrebbe in qualche modo alimentato la nostra passione e soprattutto il mio sentirmi femmina in un altro letto.


*****


Il giorno stabilito, uscimmo dall’ufficio prima del solito. In auto parlai solo io, lo ammetto, iniziavo a sentire la tensione e così elencai tutte le cose che avrei dovuto fare da lì a poco. Lui annuiva con la testa e solo quando arrivammo sotto casa mi disse: “Amore devi stare tranquilla…” ma in quel momento avvertii chiaramente ad una ad una, tutte le battaglie che lui stava combattendo internamente, comprese tutte le bombe atomiche, che scoppiavano disordinatamente nel suo cuore, ad ogni suo respiro. Ma lui non disse altro ed io, arrivati a casa, mi chiusi in bagno.

Il tempo scorreva inesorabilmente, guardai l’orologio in bagno: mancava meno di un’ora e mezza all’appuntamento. Quando uscii dalla doccia, Antonio mi stava aspettando in camera seduto sul bordo del letto. Al buio ed assorto con le mani giunte sembrava che stesse pregando. In quell’istante credetti davvero che mi invitasse a rinunciare, del resto sarebbe bastata una semplice telefonata all’agenzia di escort per sostituirmi forse con una donna meno bella di me, ma di certo più mignotta nell’anima. Sì in effetti la mia tensione s’avviluppava su un unico enorme dubbio: “Sarei stata all’altezza? Mi sarei comportata da troia vera?” Gli andai vicino e gli accarezzai i capelli, ma lui preso dal suo orgoglio, si scrollò di dosso le ultime residue incertezze e non disse nulla, anzi mi invitò ad aprire l’accappatoio ed a mostrarmi platealmente nuda ai suoi occhi: “Dio mio quanto sei bella!” Non disse altro.

Appoggiati alla spalliera del letto pendevano sete e merletti, Antonio a quel punto si alzò dal letto e cercò di abbracciarmi, ma io scivolai dalle sue braccia e voltandomi iniziai a prendere delicatamente ad uno ad uno, come fossero cioccolatini al rum, le mie armi di seduzione. Dapprima indossai il reggiseno, poi le calze, il reggicalze e infine il perizoma rosa antico.

Lui guardava estasiato quell’atto sacro di vestizione come fosse in contemplazione. Fu lui a darmi le ultime sicurezze e da quel momento non ebbi più dubbi: del resto se troia dovevo essere, troia sarei stata. Lui rimase col fiato sospeso, ma poi non resistendo allungò la mano ed iniziò a seguire il velo impalpabile della calza fino ad arrivare al mio sesso umido. Ecco in quel momento anche lui ebbe l’evidenza solenne che mai avrei rinunciato a quell’incontro. Le sue mani erano così delicate che percepii quanto timore avesse di sciuparmi, ma sentii chiaramente anche la sua piacevole soddisfazione che quella sera mi sarei donata a lui tramite un altro cazzo. Certo in quel momento nessuno dei due immaginava le dimensioni, la potenza e la fisicità del sesso della nostra preda, ma entrambi eravamo convinti che, comunque fossero state, ne avremmo goduto mentalmente entrambi.

Lui mi aiutò a infilare il tubino aderente e poi si inginocchiò ai miei piedi e mi aiutò a calzare le scarpe, con un gesto insolito abbassò ulteriormente il capo fino a sfiorare il pavimento e mi leccò i tacchi altissimi. Quel gesto così simbolico mi fece sentire una regina ed ebbi la netta sensazione che da quella sera in poi, per mezzo della mia femminilità straripante, avrei scalato le montagne più impervie e che nessuna vetta mi sarebbe stata preclusa. Ovviamente di quella sensazione non ne feci parola, non era assolutamente il momento di intavolare un discorso così complicato e pieno di strascichi e dubbi.

Quando finii di truccarmi lui mi porse il soprabito, il cappello e la borsa. Mi guardai di nuovo nel grande specchio in ingresso, seguii con lo sguardo maschile le forme del mio sedere e l’incavo della mia schiena, soddisfatta bagnai il mio collo con cinque gocce di Chanel n. 5 e chiesi ad Antonio di guardarmi attentamente da capo a piedi. Lui mi rispose: “Sei perfetta, amore!”
Ero pronta!


Uscimmo di casa alle sette e venti, ovviamente Antonio mi avrebbe fatto da autista, lasciandomi preventivamente a cento metri dall’albergo. In auto, in mezzo al traffico caotico di una Roma invernale, evitò di toccarmi le gambe come faceva di solito. Fu a quel punto che avvertii la prima sensazione strana e mi chiesi se quella serata fosse stata davvero il nostro collante o un inesorabile distacco. Poi però optai per una ragione molto più prosaica ossia che l’unica preoccupazione di mio marito fosse stata quella di non sfilarmi la calza.
Durante il tragitto Antonio mi diede le ultime istruzioni e mi disse che lo scarno programma della serata avrebbe previsto un aperitivo nella hall dell’albergo e poi l’intrattenimento nella camera 412. Ecco sì, quella che sarebbe stata la mia prima scopata con un uomo che non era mio marito e di conseguenza le sue prime corna, la chiamò asetticamente: “intrattenimento”.

Mi lasciò in Piazza Barberini all’angolo con Via Sistina. Lui avrebbe passato la serata al cinema, cenato da solo nel nostro solito ristorante e poi avrebbe aspettato un mio messaggio in un locale vicino Via della Scrofa. Il giorno dopo entrambi avevamo preso un giorno di ferie per cui mi disse di non preoccuparmi per l’ora tarda, mi avrebbe aspettato fino a mattina se fosse stato necessario.


*****


HOTEL HASSLER

Ecco ora sono qui, le porte a vetri si stanno aprendo automaticamente, l’uomo in livrea che mi mangia con gli occhi, aumenta la mia consapevolezza di aver fatto le scelte giuste. Penso: “Chissà quante ne avrà viste di puttane d’ogni ordine e grado passare da questa vetrata… chi per soldi, chi per ambizione e mi consolo pensando di non appartenere a nessuna di queste due categorie…” Mi guardo attraverso il grande specchio all’entrata, oh sì sono bella! Certo lo so che l’etichetta non avrebbe mai consentito un cappello di sera, ma mio marito conosceva i gusti di Marco Pezzi, ed ogni volta la richiesta all’agenzia indipendentemente dal resto, era categorica e sempre la stessa: “Una escort elegante col cappello”. In quel momento avrei scommesso mille euro che quel cappello così insolito per la sera non me lo sarei tolto per tutta la serata e dico tutta.

*****


L’INCONTRO

Cammino leggera ed altezzosa calpestando appena il tappeto rosso che mi guida verso la hall. L’appuntamento è sui divani morbidi proprio lì di fronte al bar. Marco Pezzi è seduto alla sinistra del bancone un po’ in disparte, come da accordi una rosa gialla a gambo lungo giace sul suo tavolino, ma ovviamente faccio finta di non riconoscerlo e mi guardo intorno. Lui si alza ed agita la rosa per attirare la mia attenzione. Mi chiedo come faccia a sapere che sia io la escort che sta aspettando. Forse esperienza, forse fiuto maschile o solo banalmente, mi dico, che chiunque riconoscerebbe a distanza siderale che sono una di quelle e che sto portando il mio sesso a domicilio ad un cliente dell’albergo.

Mi avvicino. Ci presentiamo. Gli dico di chiamarmi Maria Vittoria, ma naturalmente il nome è inventato. Mi invita a sedermi sulla poltrona di fronte. Mentre sprofondo dentro quella morbidezza di pelle rossa guardo il grande orologio antico sulla parete. Sono le otto e trenta in punto. Lui mi fissa, affascinato come se non avesse mai visto una donna elegante e disinibita, ma allo stesso tempo noto un velo di sorpresa nel suo sguardo. Mi domando il motivo, penso a come si comporterebbe ora una professionista, ma penso anche al mio rossetto rosso fuoco, alle mie unghie lunghe dello stesso colore, alla mia cavigliera e a quale effetto possano fare ad uno uomo che ha già incontrato tante escort seduto proprio su quella poltrona.

Di certo è un bell’uomo, ma questo lo sapevo già, dato che negli ultimi giorni più volte l’ho visto in foto col suo gessato grigio nell’album aziendale della chat interna. Rammento anche di averlo visto una volta di persona, ma non ricordo l’occasione. Mi viene anche il dubbio di aver parlato con lui. Ora però noto la sua capigliatura folta con qualche filo bianco, i suoi occhi verdi espressivi, la sua meravigliosa abbronzatura, i gemelli d’oro ai polsini, il Rolex in bella evidenza e i suoi 57 anni portati da Dio. Cerco di fissare l’immagine, non perché ne sia attratta, ma solo per ricordarla nella mia mente e poterla poi descrivere dettagliatamente a mio marito. Mi accorgo che sto pensando al plurale, che ragiono con il noi, per cui per me è solo un gioco e non ho intenzione di scomporre le due fasi, ossia mio marito in giro per Roma che mi pensa ed io qui che soddisfo il suo desideri.

Marco Pezzi non mi toglie gli occhi di dosso ed io con studiata malizia accavallo le gambe e lascio che l’orlo del mio tubino aderente si alzi quel poco per mostrare impercettibilmente il bordo più scuro della mia Philippe Matignon e per fargli immaginare, se ancora non lo avesse capito, che dopo questo meraviglioso vedo e non vedo c’è solo il Paradiso terrestre, ossia la sua Eva per una notte, che tra l’altro è il mio nome vero, ma che per evidenti ragioni non ho potuto dire.
Le sue difese iniziano a cedere ed io cercando di essere più disinvolta possibile, prendo la rosa dal tavolo ed esclamo: “Tutte le rose profumano per mestiere.” Lui fa un piccolo cenno di assenso con la testa, ma ora non ho più dubbi, è letteralmente trafitto dal mio fascino, o più probabilmente, dall’idea di portarmi il più velocemente possibile nell’alcova n. 412. Con la voce impastata mi invita a prendere qualcosa. Sento che ha urgenza di finire la frase e respirare profondamente per riprendere ossigeno e chiamare il cameriere. Sprofondo sulla mia poltrona in modo che il mio velo di calza più scuro sia ancora più evidente e con soddisfazione mi dico che mai avrei creduto che i ruoli tra Amministratore Delegato e dipendente della stessa banca si potessero ribaltare in questo modo e in così poco tempo.

Quando il cameriere poggia sul tavolino il vassoio d’argento con due coppe di Ruby Diamond Cocktail la situazione è leggermente cambiata. È bastato che parlasse del suo lavoro, dei suoi due figli, dei suoi hobby, del golf, della sua casa immersa nel verde, della sua città dove vive, ovvero Bologna, per entrare nel suo ruolo di uomo di potere, ricco e affascinante. Mi dice da uomo sicuro del suo fascino che solitamente non gli serve pagare le donne per farci l’amore, ma che la mia presenza è solo un modo per avere compagnia e non passare la serata in completa solitudine.
Cerco di fare attenzione alle sue parole, ma mentre parla, continuo a percepire dal suo sguardo un misto di sospetto e cautela. Ripasso a mente lo scarno programma della serata, a quel punto, finito di consumare il cocktail, il prossimo punto prevede direttamente la stanza 412. Aspetto l’invito, ma Marco Pezzi non si muove, mi scruta e alla fine mi chiede: “Io e lei ci conosciamo, vero?”

Avverto un tonfo, secco e lacerante, nella parte più profonda del cuore. In un flash ripasso a memoria tutte le occasioni di lavoro tramite le quali mi avrebbe potuta vedere senza che io me ne accorgessi. Milano, Roma, Bologna… Solo a quel punto mi viene in mente una riunione di poche decine di minuti quando lui era ancora il Vice Direttore della filiale di Bologna ed io una neoassunta alle prime armi. Che stupida! Certo che mi ha vista! E non solo! Ricordo anche i suoi complimenti per la mia relazione sui nuovi Fondi di Investimento Green, ma non mi perdo d’animo e contrattacco: “Ho una faccia così comune?”
Mi guarda oltre il trucco, il suo sguardo è penetrante e ho la sensazione di essere nuda.
“Non direi, lei è una donna fuori dal comune! Sa io di belle donne me ne intendo e credevo di averla già incontrata, ma forse mi sbaglio.” Scampato il pericolo respiro profondamente e mi rilasso.
Ma lui non mi dà tregua: “Eppure ho la sensazione di averla già vista.”
Cerco una frase a caso: “Non penso, è da poco tempo che faccio questo lavoro e ricordo perfettamente tutti i clienti che ho incontrato finora.”
Lui non si fa scappare l’occasione: “Spero non tanti e comunque le devo confessare che lei è così charmant che non mi ricorda affatto una escort.”
Il colpo basso arriva immediatamente nella mia pancia. Lo sento così potente che non mi resta che muovere leggermente le gambe in modo che la stringa del mio reggicalze si materializzi come in un incanto in un infinitesimo di secondo al suo sguardo indagatore. Lo guardo. Mi accorgo dell’effetto. Colpito e affondato!
A questo punto non gli resta che aggiustare il tiro: “Che ne pensa se continuiamo a bere i nostri cocktail in stanza?” Ecco, è proprio quello che volevo sentirmi dire. Mi alzo immediatamente, del resto la poltrona da morbida e accogliente era diventata improvvisamente scomoda e piena di spine.


*****


L’ASCENSORE

Lo precedo precaria sui miei tacchi sottilissimi tra i tavolini della hall, qualcuno mi guarda, l’espressione è eloquente, sa che tra poco mi farò scopare da quest’uomo che mi segue.
Ora cammino lungo il corridoio di marmi lucidi venati di verde e grigio. Cerco di ondeggiare lievemente con un sinuoso movimento del bacino, certa che lui ora non stia chiedendosi dove mi abbia vista, ma ammira solo le mie curve e che i suoi pensieri impazienti, adagiati sul mio sedere, abbiano già preso l’ascensore e aperto la stanza n. 412. Cerco di intuire la coda di quel pensiero e mi chiedo quanta puttana c’è in questo movimento invitante e quanta troia si annida sulla cucitura della mia calza nera che spero sia ancora dritta e sensuale.

Mi coccolo al pensiero che lui non possa fare a meno di definirmi in quel modo, ma ancora di più, ripenso alla sua frase: “Ci conosciamo?” Quella domanda banale ha aperto incredibili scenari nella mia inquietudine, ma allo stesso tempo una incommensurabile e sana trasgressione. Se fossi una semplice escort sarebbe così tutto banale, piatto e materiale, del resto non ci vedo nulla di provocatorio ed eversivo quando una donna si offre per denaro e un uomo paga e compra quella merce. Ma se davvero lui già pensasse di conoscermi, ma se davvero sapesse che sono la moglie di un suo sottoposto nonché una sua dipendente le cose stasera acquisterebbero una valenza imprevista e di gran lunga più eccitante. Allora sì che lui non sarebbe un banale cliente ed io diventerei più puttana di una escort, più troia di qualsiasi donna che si concede ad uno sconosciuto. Lungo quel corridoio mentre continuo ad accalappiare tutta la sua attenzione come una vera zoccola cercando di distoglierlo da altri dubbi, il mio unico pensiero è: “Che ne penserebbe Antonio?”

Me lo chiedo di nuovo quando prendiamo l’ascensore convinta che il gioco seppur eccitante diventerebbe troppo pericoloso e quindi a tutti i costi devo continuare nella parte, non devo recedere di un millimetro da quel gioco che io e mio marito abbiamo così meticolosamente progettato e voluto. E soprattutto mi ripeto che non devo deludere Antonio, a qualunque prezzo! In ascensore lo fisso sfacciatamente, poi gli prendo la mano e la porto sul mio seno. Mi chiedo se una escort si sia mai lasciata andare ad un gesto così poco professionale, ma ogni donna è unica ed io ora, tramite la sua mano, mi strizzo il seno per dargli la misura di quanto potrei concedermi e dove lui potrebbe spingersi. Aspetto una sua contromossa, perlomeno che la sua mano reagisca e si stringa autonomamente su quello che gli sto offrendo, ma lui rimane distante con la mente, forse sta ancora pensando dove cavolo mi abbia vista oppure perché la moglie di un suo dipendente si stia concedendo in quel modo. Proseguiamo in silenzio e finalmente arriviamo al piano. Lui si fa da parte e mi fa scendere per prima. Mi chiedo: “Ma se davvero mi credesse una escort avrebbe mai usato quest’accortezza?” Non faccio in tempo a rispondermi. La stanza 412 è davanti all’ascensore.


*****


ROOM 412

Entrò in camera e cerco di indovinare quale potrebbe mai essere la prima mossa di una prostituta. Dopo aver poggiato la borsa sulla poltrona di sicuro non controlla il bagno, la morbidezza del materasso o apre le tende della stanza. Forse si siede sul bordo del letto ed aspetta. Così faccio. Lui controlla che nel frigo bar ci sia il suo whisky preferito, poi si toglie la cravatta e attraverso lo specchio mi sorride. Mi domando se sia di natura silenzioso, oppure se il suo silenzio sia dovuto ad una naturale inibizione al cospetto di una bella donna che non sembra una escort oppure se il suo mutismo sia solo dovuto ad una pericolosa diffidenza nei miei confronti. Opto per tutte e tre le risposte incitandomi a fare qualcosa che sappia di prostituta. Comunque rispondo al saluto e sul tavolino di lato noto il secchiello del ghiaccio con una bottiglia di buon Ferrari d’annata.

Mi dice che l’ha colpito la mia frase sulla rosa e mi domanda se anche io profumo per mestiere. La sua voce ora è profonda, di potere, quasi studiata. La cosa mi intriga. Se non fosse stato per quel: “Ci conosciamo?” Tutto starebbe andando a gonfie vele e di sicuro Antonio sarebbe fiero di me ed orgoglioso della sua donna finalmente troia. Antonio? Ah già mio marito, l’ho quasi dimenticato! Penso a cosa stia facendo, sento da lontano la sua ansia e contemporaneamente la sua partecipazione attiva. Forse starà scandendo i minuti, pensando già che il suo inconsapevole capo mi abbia già scopata o quanto meno da vera finta escort lo abbia già preso in bocca. È maledettamente erotico pensare che tra poco grazie a me, grazie al bel signore che ho davanti lui entrerà ufficialmente a far parte del club dei mariti consapevoli e cornuti. Del resto lo ha detto lui, constatando la morbida apertura della mia fica, che se non fosse per la nostra mente sarebbe maledettamente facile entrare in quel club. Ma noi ora quello stadio mentale lo abbiamo ampiamente superato e mai mi perdonerebbe se fallissi a pochi metri dal traguardo. Forse mancherà un minuto oppure un’ora non so, anzi, ancora seduta sul bordo del letto, mi dico che non è una questione di tempo o di metri, e lui può considerarsi già, a tutti gli effetti, un conclamato cornuto.

A Marco Pezzi invece non rispondo, sarebbe del tutto banale da parte mia, ossia di una escort, dire che profumo per mestiere, anzi nella mia condizione credo sia controproducente e lui potrebbe davvero pensare che sto solo recitando una parte. Del resto, da quanto so, il corrispettivo è già stato concordato da tempo e come una brava escort non chiederò alcun supplemento in denaro se non quello fisico di farmi sentire quello che non sono, anche se lui non lo saprà mai. Mi chiedo cosa ci sia in fondo a quell’idea e cosa davvero dovrà fare lui, ma non mi viene in mente altro che pensare ad un’apoteosi di piacere, una deflagrazione che non preveda superstiti, simile a quelle bombe che ho sentito nel cuore di mio marito che emulavano perfettamente quello che ora mi aspetto.
Insomma un orgasmo vero, sacro, intenso e ripetuto più volte, tipo una raffica di mitra senza soste che duri una notte intera, un’immersione senza respiro che mi prenda totalmente la carne e a mio marito la testa. Eh sì solo così mi sentirei di aver fatto il mio dovere e mi congratulerei con me stessa per essere stata l’artefice della salvezza del mio rapporto di coppia. Oh sì perché ormai ne sono più che convinta che l’amore eterno passa per una grande scopata liberatoria dove ognuno concede in affitto la sua parte più intima o mentale per non avere rimpianti.

Seduta sul bordo del letto mi sto calando in quella parte e via via sale il senso di totale dipendenza da quest’uomo e la totale appartenenza a chi ora mi sta possedendo a distanza al punto tale di lasciarmi godere di un cazzo altrui senza neanche il bisogno di guidarmi o di avere in qualche modo una parte attiva. Istintivamente mi sento sedotta da entrambi ed ora il mio unico desiderio è sentirmi sottomessa, violata e dominata per soddisfare entrambi e soprattutto me stessa. Mi chiedo quanto tempo ancora rimanga proprio nel momento in cui lui si sta togliendo i gemelli d’oro dai polsini della bella camicia bianca. Penso: “Ci siamo.” Lui si avvicina.

Mi dice che sono stupenda, molto di più di quanto avrebbe mai immaginato. Mi dice che desidera guardarmi in tutta la mia abbagliante sensualità, per piacere o semplicemente per constatare ciò che a breve sarà la custodia del suo cazzo. Come una navigata professionista sfodero un sorriso teatrale. Lui mi porge la mano e mi fa alzare e solo a quel punto rammento che la prestazione prevede il pagamento in anticipo. Lui non si scompone, estrae dalla tasca dei pantaloni il mazzetto di mille euro avvolto in un nastro rosso. Lo poggia sul comodino sotto la lampada ed io sorrido ancora senza contare i venti fogli da cinquanta euro l’uno. Del resto mi dico che non è assolutamente importante il contenuto, ma il pacchetto stesso, simbolo di una compravendita e del mio diritto di sentirmi ufficialmente troia.

La mia richiesta così diretta non lo scalfisce minimamente anzi sembra compiaciuto perché quel gesto così materiale e venale, seppure lo riporti alla dimensione di cliente e ribadisca la giusta distanza tra noi, gli dà il sacrosanto diritto di usare il mio corpo a suo piacimento e di considerarsi da quel momento in poi unico beneficiario di un piacere immediato.


*****


L’ATTO

Ora siamo davanti alla finestra, lui apre le persiane e mentre guardiamo lo stupendo panorama dei tetti rossicci e notturni di Roma, sento da dietro le sue mani che accarezzano delicatamente il mio vestito seguendo la curva dei miei fianchi fino all’attaccatura delle cosce. Lentamente ripete il gesto per tre volte accompagnandolo con un gemito di soddisfazione animale ed ogni volta aumenta la pressione fino a che quell’orbita così sensuale centra perfettamente il buco del mio sedere. Ho un sussulto, mi tengo ferma aggrappandomi al davanzale e immaginando il piacere che sto offrendo ai suoi occhi, istintivamente inarco il bacino porgendolo come un regalo prezioso al mio benefattore.

“Ci siamo!” Penso. La sua impazienza ha rotto gli argini e senza assaporare una minima bollicina di Ferrari stiamo entrando nella fase più carnale della serata. Al pensiero mi bagno come un’adolescente e mi sento soddisfatta perché in un niente sono crollati tutti i miei timori e quelli di Antonio. Quanto vorrei che ora mi vedesse e ammirasse nella leggiadra arrendevolezza il sedere di sua moglie che senza più remore si offre in tutto il suo splendore.
Ad ogni istante immagino quello che succederà un attimo dopo e un brivido di caldo mi avvolge quando le sue mani ora più decise mi sollevano il vestito e con un gesto esperto e rapido sfilano il perizoma per ammirare senza più indugi e nella sua interezza la merce acquistata. Mi calo nella parte e da finta esperta agevolo l’operazione stringendo le gambe in modo che il perizoma scivoli magicamente lungo le mie gambe fino alle caviglie.

Sento la pressione del suo corpo e inconfondibilmente la sua eccitazione di maschio, ora il suo fiato umido sul collo e contemporaneamente la sua mano a forma di conchiglia, tremendamente esperta, tremendamente decisa, che preme nei punti giusti del mio sesso e raccoglie le gocce dense del mio piacere che involontariamente colano come stalattiti ai primi caldi. Istintivamente apro le gambe per facilitare il movimento di quelle dita senza però, almeno spero, sottrarre nulla all’eleganza del mio corpo. Ma lui insiste, infila le dita e le ritrae, guadagnando ogni volta un centimetro della mia pelle. È un gesto tremendamente erotico e nel contempo sacro come se stesse bagnando le sue dita in un’acquasantiera. Cerco di facilitagli il movimento e lui insiste e preme, insiste così tanto che precaria sui tacchi ho un forte fremito e un attimo di sbandamento, lui mi sorregge e intanto con l’altra mano mi spinge in avanti per farmi incurvare.

“Ecco ci siamo!” penso. E dopo meno di un secondo sento il suo membro farsi spazio tra le mie labbra. È solo un attimo, un infinitesimo attimo ed è già dentro. Aveva ragione mio marito. Ci è voluto meno di un secondo ed è stato estremamente elementare passare da moglie irreprensibile e fedele a grande troia. Penso ad Antonio e gli dico: “Benvenuto amore nel club dei cornuti.” E intanto lo sento imperioso e maschio scivolare nelle mie intimità e riempire incredibilmente ogni mio vuoto spingendosi negli interstizi più profondi delle mie pieghe più segrete.

Ma è solo un assaggio e dura il tempo di rendermi conto di quanto quelle meravigliose dimensioni mi faranno godere. Per ora si ritrae, si allontana, mi dice di rimanere in quella posizione, di non muovermi. Lui stappa la bottiglia di Ferrari, riempie i due bicchieri e mi offre il calice. Mentre ci gustiamo le bollicine la sua mano torna a stringere con forza il mio sesso, sento quasi un dolore, piacevole e di possesso, perché la sua voce profonda esplode come un macigno nelle mie orecchie: “Ti piace vero?”
Rispondo con un sì interminabile e pieno di sospiri.
E lui: “Anche a tuo marito piace?”

Eccola la frase che non avrei mai voluto sentire, la frase che temevo fin dall’inizio della serata e che avevo letto nel suo sguardo, ma che ora incredibilmente si infila nei capillari più periferici. Cerco immediatamente una scusa che non viene. Mi sento persa, le gambe tremano, mi rendo conto di non essere solo una puttana, ma una perversa in cerca di sesso proibito. Un brivido intenso lungo tutta la schiena taglia in due le mie parti di sesso e ragione. Allora decido di reagire con l’unica arma che ho a disposizione e gli dico di prendersi quello che gli spetta a prescindere a chi appartenga, lo incito a non smettere e lui, avendo già superato il punto di non ritorno è ben felice di farlo. Sento la sua mano lungo il taglio del mio sedere per poi risalire davanti e fermarsi dove esattamente nel mezzo s’annida il centro di ogni mia voglia.

Ormai ha scoperto il gioco ed io mi sento un’adolescente nuda davanti al suo stupratore, indecente ed esposta ad ogni suo volere. Penso a tutto ciò che potrà accadere, a come questa serata rappresenti il confine tra passato e futuro, ma incredibilmente più ci penso e più mi eccita e più mi convinco che non mi sarebbe potuto capitare di meglio come mia prima volta. Immagino la faccia di Antonio, la sua carriera simile al mio culo proteso e la nostra dignità in pezzi. Per sentirsi troia non basta scopare con un altro uomo, mi dico. Per sentirsi una grande troia serve sentire il proprio onore cadere in pezzi, sentirlo sbriciolare sotto i colpi di un maschio che ora e solo ora rappresenta in tutte le sue forme il potere che ho sempre cercato nel letto.

Lui ora sale in cattedra, lo sa e lo pensa che può permettersi di tutto. Le sue dita escono e rientrano e poi escono ancora, si prende tutto il tempo necessario, ora sì che può fare i suoi comodi senza avere alcun timore del mio giudizio. Sento i suoi pollici ben piantati e fermi tra le mie labbra, è una specie di tortura, ma so che devo aspettare. Sento l’ebbrezza del ricatto, l’essenza della costrizione di questo gioco che ora è saldamente nelle sue mani.
Si inginocchia e scruta le mie intimità, oh sì ora non sono più sufficienti l’eleganza dei modi e gli atteggiamenti da mignotta, ora vuole ben vedere cosa ci sia tra le pieghe più scure di una moglie che si offre sapendo benissimo tuttavia che l’unica differenza, rispetto alle tante donne che ha usato finora, è solo la totale disponibilità di quanto io ora possa concedermi a lui. Lo sa che dovrò comprare il suo silenzio e non avendo più nulla da perdere seguirò l’istinto più rapace e godrò senza limiti come fosse l’ultima scopata della vita.

Sento il mio corpo cedere alla pressione delle sue dita, al ricatto immorale che inconsapevolmente mi attrae. Sento la lunga miccia partire da lontano, dalla mia testa, dall’anima tutta, la sento scorrere ardente dentro di me e poi avanzare ed alimentare la fiamma tra le mie cosce, fino ad esplodere esattamente dove sono le sue dita.
Lui è estasiato, quasi ipnotizzato da tanto ardore, da questo vulcano che erutta lingue di fuoco, avvicina il viso ed io sento la sua lingua impazzita che risucchia il vortice di piacere e beve la lava densa che cola. Mi morde, mi annusa, mi lecca ed io mi sento completamente sua, calda, bagnata ed aperta alla sua lingua esperta. La sua saliva si mescola ai miei umori abbondanti e subito dopo ho il mio primo orgasmo violento sulla sua bocca, ma lui mi incita a non fermarmi, ne vuole ancora, mi scuote, mentalmente mi spreme finché esplodo di nuovo sulla sua mano. Urlo e mi sento svuotata, ma so che non gli basta, del resto mi considera una sua preda e non vuole solo ferirmi, ma annientarmi completamente.

Ora si alza e torna su quel pensiero, non perché sia sospettoso o diffidente, ma solo perché ora lo trova eccitante e vuole scomporlo e ricucire: “Lui lo sa vero? O ti sei sostituita alla escort senza dirglielo?” Magari pensa che ho letto le email e che per una notte ho decido di essere altro. Magari pensa che la escort sia ancora nella hall ad aspettarlo e che davvero mio marito non sappia. Sì certo, anche questa situazione mi eccita, ma a questo punto voglio toccare il fondo, sentire vivo il senso più profondo della perdizione. Mi interrogo cosa lui vorrebbe sentirsi dire e allora gli sussurro immediatamente senza avere dubbi l’unica risposta che ho a disposizione: “Sa.”
Ora mi volta e mi bacia. Incredibilmente mi bacia: “E perché avete scelto me per il vostro gioco perverso?”
Lo bacio anch’io, sento il gusto delle sue labbra: “Perché sei sempre stato nel nostro letto.” So che la frase può apparire falsa, ma in questo momento la verità è più travolgente di qualsiasi bugia.
Sorride, non sa quanto ci sia di vero, ma il copione del piacere gli impone di crederci. E allora mi prende per i fianchi, un attimo dopo mi volta, mi stringe, mi tiene ferma, come fossi un comodo bersaglio da centrare, mi guarda e nella stessa posizione mi penetra, ma questa volta non scivola, sale e scende a strattoni, entra ed esce da padrone pensando esclusivamente al suo desiderio. Lo sento ansimare, sento che sta entrando nella parte, che si sente anche lui protagonista, forse sta pensando che essere preda di una perversione e più eccitante che essere un cliente oppure che una moglie e un marito consapevole valgano molto di più di una escort e più mi batte, più mi eccita e mi sento sua, completamente devota al suo ed al mio piacere.

Ora è tutto più chiaro, capisco mio marito, capisco quanto il gioco sia più importante della vittoria finale. Nel mentre mi preme, spinge, sento che non c’è alcuna differenza tra figa ed anima e mi dico che, se ora per assurdo lui si sfilerebbe e decidesse di non farmi godere, non cambierebbe nulla, non toglierebbe nulla a questa serata, perché quello che sto provando ora è più tremendamente intenso e violento di mille orgasmi a ripetizione.

Lo sento che mi cerca, sento il suo ardore, la sua pressione più mentale che fisica, la sfida con se stesso, l’impotenza di arrivare dove vorrebbe, come se le dimensioni del suo pene non fossero abbastanza per possedermi completamente. IL suo movimento ora è scomposto, disordinato, preso dall’impeto mi strappa il vestito, il reggiseno, rimango in calze, reggicalze e tacchi.
Ora non può non guardarmi, non può non apprezzare il dettaglio, la preparazione scrupolosa, il regalo che gli sto offrendo su un piatto d’argento. E allora mi dice che sono incredibilmente bella, più delle cento escort messe in insieme che si è scopato finora dentro questa stanza. Ma nel contempo vorrebbe che questa bellezza svanisca sotto i suoi colpi, vorrebbe che io fossi solo carne, ossa, l’essenza dell’oggetto del suo piacere. Allora mi strizza il seno come se volesse addomesticarlo, mi stringe forte le cosce, come se nel mio dolore trovasse la linfa per possedermi totalmente. Accetto la sfida, urlo e mi divincolo, ma poi gemo e lo pretendo.

Sento il suo grugnito d’animale predatore, sento le sue gocce di sudore sulla mia schiena e poi la sua voce roca, maledettamente erotica che mi dice porca perché sa benissimo che troia non sarebbe la parola giusta. Si ferma un infinitesimo di secondo per raccogliere le energie e poi riprende, sono poche scosse ben assestate che fanno vibrare i vetri della finestra, percepisco che è all’apice della sua voglia, allora mi concentro perché tutto vada come previsto. Mi ripeto che Antonio lo vuole, che non c’è migliore tradimento che sentirsi pienamente soddisfatta, urlare insieme all’altro nel momento dell’orgasmo, intimamente congiunti, godere all’unisono, né un attimo prima né un attimo dopo, perché le corna non lascino dubbi e siano certe, vere, eterne, ramificate e ben piantate nella memoria e nell’anima di entrambi.

Lui continua senza rallentare un momento, lo sento, è a limite, ma mi volta ancora, il suo sguardo mi penetra gli occhi, vedo il suo desiderio, penso davvero se siano state cento le troie che si è scopato in questa stanza, in questa posizione, pigiate contro il davanzale di questa finestra. Penso alle loro urla, ai loro sessi bagnati, comodi e reattivi e mi eccita terribilmente il fatto di essere unica e diversa, per lui ora rappresento il proibito, la cognata, la sorella, l'amica della figlia minorenne. E nei suoi colpi ben assestati sento l’illecito, qualcosa che va al di là della legge di un uomo e una donna che si fondono insieme. Forse sta pensando che potrei essere sua moglie che ora in questo preciso momento lei si sta facendo fottere da un amico, un amante o meglio un inserviente nella sua bella villa di Bologna. Ma lui non è connivente come mio marito, vede in me la paura di essere tradito, vede in me la donna di tutte le donne, la troia di tutte le troie, allora mi inchioda, mi sbrana, mi infuoca ed io mi sento devastata in un fitto labirinto di perversioni, in cui mai potrò ritrovare la via d’uscita perché lui mi sta usando come merito di essere usata.

Penso a cosa ci sarà un momento dopo quando quel momento è già passato, gli istanti si confondono, passato e futuro diventano un immenso presente. Mi chiede quante volte mio marito mi ha fatto scopare da altri, gli dico che è in assoluto la prima volta, anzi per eccitarlo ancora di più aggiungo che Antonio mi sta aspettando nella hall. Mi guarda con aria sbigottita come se non si aspettasse quella frase o come se fosse troppo per lui, e allora mi mostra il suo sesso orgoglioso, duro e maschio, ma solo per un attimo perché subito dopo scompare di nuovo dentro di me.
Nel grande specchio appeso alla parete non riesco a distinguere le due figure, i nostri corpi sono fusi in un blocco unico. Rallenta e accelera. Penso che sia maledettamente bello fare l’amore così e sentirsi dominata. È una sensazione unica. Sotto quei colpi fitti mi sto liberando di ogni scoria, mi sento leggera come una piuma, mi pare di non aver peso e danzo mentalmente nell’aria e fisicamente volteggio e plano ripetutamente sui suoi fianchi con le gambe divaricate.

Lui mi martella e colpo su colpo cerco di agevolarlo e resistergli, sono colpi secchi, come uno sparo all’alba nella brughiera, tonfi sordi della mia carne nuda contro il muro, sento la mia voce incitarlo e la sua che mi ordina di non fermarmi. Appiattita contro quella parete sento lievitare di nuovo il mio piacere. Questa volta lo incito a battermi, a scoparmi come se davvero fossi l’ultima sua donna e fosse l’ultimo giorno e non ci fosse altro domani che questo presente. Ora i nostri movimenti sono sincroni, la nostra intesa lievita, perfettamente uniti, in simbiosi, perfettamente in un magico incastro come se la natura ci abbia creati e modellati pensando a questo incontro.

Solo a questo punto lui rammenta che in questa stanza c’è anche un letto e un secondo dopo siamo distesi, lui sopra di me, nella posizione classica di femmina che accoglie, di maschio che pretende, sento il suo respiro caldo, intenso, grosso, sento i suoi denti affondare nella mia carne. Io urlo, lo prego di finirmi, di non lasciarmi ferita, di lasciarmi un marchio indelebile così che tutti possano sapere quanto sia stata troia, quanto mi sia fatta scopare da un altro con la benedizione di mio marito. Le mie parole sono nettare per la sua eccitazione, sento il suo cazzo di marmo, duro dalle parti del mio cuore, la sua bocca nella mia, il suo sudore acido, l’odore forte del mio orgasmo, le mie urla viziose, la saliva fondersi, i capelli bagnati, i morsi sul collo, il cigolio del letto, le pareti crollare quando in un fremito interminabile lui esplode dentro di me inondandomi tutta.


*****


Subito dopo nel silenzio profondo della stanza la sua voce profonda e senza più energia mi dice: “Sei stata fantasticamente donna e meravigliosamente mia!” Così dicendo prende in mano le mie mutandine e con un gesto plateale le stringe e le annusa profondamente. Ho un sussulto, ma non parlo. Di tutta risposta mi alzo e per ribadire le nostre distanze prendo il mazzetto di euro sopra il comodino e afferro da terra il mio reggiseno.
“Questo non lo vuoi?” Mi porge il perizoma.
“Se vuoi te lo lascio come ricordo.”
“Grazie, ma vorrei qualcosa di più di un ricordo.”
Si appoggia alla spalliera del letto e mi osserva compiaciuto mentre mi infilo a fatica il tubino aderente: “Non ti fai la doccia?”
“Lui mi desidera così. Vuole sentire l’odore della sua donna che si è concessa ad un altro uomo.”
Lui rimane a bocca aperta. So di averlo colpito, ma fa finta di niente e riprende: “Sei stata magnifica”
Cerco di sviare: “Credevo che dopo l’amore mi prendessi a male parole.”
Lui insiste: “Vorrei che non dicessi a tuo marito che ti ho riconosciuta.”
Lo guardo con aria incredula: “E perché mai?”
“Avrei piacere se ci rivedessimo, ma questa volta in incognito e senza la sua complicità.”
Sorrido maliziosamente e continuo a vestirmi abbassando lo guardo. “Non credo sia possibile.”
Lui si alza mi accarezza il viso e mi tiene stretta a sé: “So che ti è difficile non dire a lui che ho scoperto il vostro gioco, ma allo stesso tempo penso che ti sarà facile incontrarmi di nuovo a sua insaputa.”
Vorrei ripetergli che non sarà mai possibile perché con Antonio ci amiamo alla follia e il nostro gioco non prevede il tradimento, ma, forse per liberarmi dall’imbarazzo e per togliergli dalla mente l’idea che è stato solo usato, annuisco con la testa.
“Davvero tuo marito ti sta aspettando nella hall?”
Sorrido: “Oh no, avresti potuto incontrarlo e non sarebbe stato opportuno. L’ho detto solo per eccitarti e allungare il piacere di entrambi.”
Lui non resiste e mi bacia: “Lo vedi che sei stupenda?”
Incredibilmente mi lascio baciare e apro automaticamente le mie labbra quando sento la sua lingua.
È un bacio meraviglioso quasi d’amore. Sebbene mi sia concessa come non mai incredibilmente lo sento come il primo vero atto di infedeltà verso Antonio.
Terminato il lungo bacio mi riprendo: “Vuoi scoparmi ancora?”
Lui non risponde e allora lo provoco: “In effetti la cifra che hai pagato ti dà diritto ad avermi per l’intera notte.”
Lui mi abbraccia: “Tu non sei una escort. Io non ho nessun diritto su di te. Ora desidero solo rivederti fuori da questo gioco.”
Mi sembra così tutto incredibile, ho paura che questo gioco mi prenda, anzi ho paura di uscire fuori dal gioco per cui lo saluto, prendo il mio soprabito, la borsa ed esco.


*****

Cammino lungo il corridoio di marmo, ad ogni specchio che incontro mi osservo, ma non vedo nulla di diverso. Mi chiedo cosa mai dovrei fare per essere riconosciuta come una puttana. Non prendo l’ascensore, scendo le scale a piedi. Devo sentire il rumore dei miei tacchi, rendermi conto di quella che ora sono. Mi concentro, mi ripeto più volte come un mantra che uno sconosciuto è entrato dentro di me, provo a rivivere le sensazioni di quanto mi ha presa la prima volta, di quando lui è entrato come una lama in un burro. Quello è l’atto ufficiale, il momento in cui io e mio marito avevamo sognato da tempo, ma incredibilmente non riesco a pensare al sesso e a quanto mi sia concessa, ci ritorno ancora, ma l’unico mio pensiero riguarda la sua proposta. Vuole che sia la sua amante esclusiva e segreta. Questo non lo avevo davvero previsto. Sento un brivido caldo intenso tra le mie cosce come se fossi in astinenza da mesi. Addirittura penso che potrei tornare indietro, bussare alla stanza 402 e ricominciare da quel bacio. Ho un piccolo sbandamento e mi aiuto con il corrimano della scala. Ora scendo lentamente e penso che il concetto di amante è ancora più coinvolgente e trasgressivo di quello di troia!”

*****


MIO MARITO

Fuori dall’hotel la serata è fredda. Il tizio in livrea mi scruta forse sta pensando quanto sia inarrivabile e che solo pochi eletti hanno la fortuna di avermi. Oh sì lo sono, da questa sera appartengo al club esclusivo delle mignotte d’alto bordo. Per tutta risposta mi allaccio il soprabito e chiamo mio marito. Lui arriva in meno di due minuti. Salgo in macchina e lascio che il vestito si alzi quel tanto che dia a lui la dimensione esatta di ciò che è successo. Vero non servono parole, ma solo questo odore forte di sesso che invade l’abitacolo. Comunque ci baciamo, mi lecca il collo, mi annusa il seno, mi chiama amore. Lo sento che è ansioso di sapere.
Gli rispondo: “Sono stanca, andiamo a casa, ti amo!” Dalla mia voce sente che c’è qualcosa di strano.
“Cosa c’è?” Mi ripete due volte.
Vorrei non dirglielo ora, vorrei che tutto filasse liscio come l’olio e andasse come avevamo immaginato. Vorrei ora essere distesa nuda sul nostro letto e che lui mi guardasse in penombra, vedesse i lividi per rendersi conto di quanto sia stata sua, quanto sia stata questa sera la sua femmina speciale. E che poi mi annusasse la pelle più morbida delle mie cosce e assaggiasse le tracce del suo seme ancora caldo per sentire inconfondibilmente il sapore aspro e dolce della nostra salsa piccante.

Ma non resisto: “Mi ha riconosciuta, sa chi sono e di chi sono moglie!”
Lui ferma la macchina e mi guarda con gli occhi spiritati: “Ma che dici?” Non riesce a crederci. In pochi attimi il suo viso diventa duro, severo, il suo pensiero va oltre, all’ufficio, alla sua carriera, alla sua faccia, al suo onore. Inizia ad imprecare. È fuori di sé. Cerco di tranquillizzarlo, gli dico che Marco Pezzi si è comportato da gran signore e che mi ha assicurato che nessuno mai saprà, ma la sua espressione non cambia, sembra che in meno di un secondo gli sia crollato il mondo addosso. Mugugna frasi incomprensibili, addirittura piange. Si autocommisera, assume una faccia da cane bastonato, si tocca più volte i capelli e guarda fisso il muro davanti a noi.
“Scusa e tu ci hai continuato a scopare? Non sai che significa questo per me?”
Ovviamente non sta pensando a me, il fatto che io mi sia concessa totalmente passa in secondo piano. Ora pensa solo a se stesso e quali saranno le conseguenze.
Anzi urla e sbatte i pugni sul volante: “Cazzo non è possibile!”
Gli ricordo quando mi ha vista, ma lui sembra non ascoltarmi.
“Non ci credo, è successo tanto tempo fa, non è possibile che si sia ricordato di te!”
Gli salta in mente un dubbio atroce che mette fine a quella serata: “Sei stata tu a dirglielo vero?”
“Ma sei matto? Cosa vai a pensare?”
“Dai dillo, ti è piaciuto scopare con lui e mi hai messo alla berlina! Ora sarò lo zimbello di tutta la banca!”

A casa ci spogliamo in silenzio senza guardarci. Certo avevo previsto tutt’altra cosa. Sono delusa per come sia andata, ma soprattutto sono incazzata con Antonio, quell’accusa mi gira nella testa come un mulinello. Avrei voluto dirgli anche della proposta oscena che Marco Pezzi mi aveva fatto, ma a questo punto avrei solo alimentato le sue farneticazioni. Sto zitta, vado in bagno, mi faccio una doccia, ora desiderio solo togliermi di dosso questo odore ingombrante, torno mi distendo sul letto, sicura che domani sarà un altro giorno, ma faccio fatica a prendere sonno.
La mattina, quando mi sveglio, lui è già in piedi. Faccio colazione da sola, ripenso alla serata, scuoto la testa, avevamo pensato a tutto, il programma era perfetto, ma come al solito il diavolo fa le pentole e si dimentica i coperchi. Lui esce senza dirmi nulla. Ovvio che non gli è passata e che in qualche modo mi crede l’unica colpevole di quello che è successo.


*****

BOLOGNA 12 DICEMBRE
CIRCA DUE ANNI DOPO
L’EPILOGO

Scrivo dalla veranda della mia bella casa immersa nel verde delle colline bolognesi. È una bella e soleggiata domenica mattina di dicembre. Marco è andato a giocare a golf con i suoi amici ed io, seduta in poltrona, avvolta nella mia meravigliosa vestaglia di seta bluette, guardo dalla grande vetrata che dà sul parco e mi diletto a scrivere in bella copia il mio racconto.

Sono passati quasi due anni, ma il ricordo di quella serata è ancora vivo. Ed è proprio da e per quella sera che le cose tra me ed Antonio sono andate via via peggiorando. Abbiamo passato settimane e settimane ad ignorarci, nessuno dei due ha fatto il minimo passo di riavvicinamento. Anche se in ufficio nessuno mai è venuto a sapere la cosa, i suoi fantasmi mentali sono diventati sempre più ingombranti al punto che i suoi nervi hanno ceduto e per la vergogna ha deciso di prendersi un intero anno sabatico. A casa ci scambiavamo solo frasi di circostanza e da quella volta non abbiamo più fatto l’amore. Sfuggente e perennemente arrabbiato col mondo ha iniziato a bere, a uscire tutte le sere e a rincasare tardissimo.
Solo successivamente ho saputo da uno dei suoi figli che aveva cominciato a frequentare di nuovo la sua vecchia casa e soprattutto la sua ex moglie. Forse non mi odiava, ma sicuramente vedeva in me il simbolo della sua avventata perdizione e l’unica responsabile della sua carriera mancata. Comunque al tempo, sentendomi chissà perché in difetto, ho provato a riavvicinarmi, addirittura dicendogli che invece quella che lui riteneva una disgrazia avrebbe potuto essere l’inizio di una sfavillante carriera visto che Marco stesso gli aveva offerto diverse opportunità di avanzamento. Non glielo avessi mai detto! Sbraitando mi aveva urlato che lui mai si sarebbe abbassato a fare una carriera di quel tipo dandomi gratuitamente della troia. Questa volta quella parola non era di certo un complimento, ma un vero e proprio insulto.

Non lo nego di aver vissuto un periodo di grande disagio e di grandi sensi di colpa. Iniziai a frequentare un mio vecchio compagno di scuola, poi il veterinario della mia gattina, ma erano frequentazioni superficiali utili solo per distrarmi. Sinceramente non mi davo pace per come fosse andata la mia storia e per un breve periodo caddi in una profonda depressione. Ogni volta che ripensavo a quella sera mi chiedevo cosa avessi potuto fare di diverso e dove avessi sbagliato. Mi sottoposi anche a qualche seduta da un noto psicoterapeuta, ma il mio vero problema era Marco! Lui da quella serata non smetteva di scrivermi e non passava giorno che non mi mandasse decine di email tramite la posta interna dell’ufficio. All’inizio le cestinavo senza leggerle, ma un bel giorno mi decisi a dargli una piccola chance. Certo se mio marito si fosse comportato in maniera diversa mai e poi mai avrei accettato di incontrare Marco nello stesso albergo all’insaputa di Antonio.

Abbiamo preso un drink e poi, siamo saliti nella stanza 412. Lui mi aveva assicurato che tra noi al massimo ci sarebbe stato solo un bacio, ma poi, per volere di entrambi ci siamo lasciati andare ed abbiamo fatto l’amore, sorprendendoci entrambi di quanto il ricordo di quella prima volta fosse una fonte inesauribile di eccitazione. Soprattutto Marco non riusciva mentalmente a superare quell’immagine e a capire come una donna potesse concedersi ad un altro uomo per amore del proprio marito. Nel tempo ho cercato più volte di spiegargli la sensazione perché francamente anche a me riusciva difficile comprendere razionalmente cosa avessi fatto. Ben presto siamo diventati amanti e quella che credevo una piccola chance è diventata l’inizio di una bellissima storia d’amore.

Siamo andati avanti per qualche mese, ci vedevamo segretamente una volta a settimana, poi come era successo con Antonio, lui una sera a cena su una splendida terrazza romana, mi ha detto quanto gli fossi entrata nell’anima e che, comunque io la pensassi, aveva deciso di lasciare la moglie per vivere una grande storia d’amore insieme a me.
Tre mesi dopo mi sono trasferita qui a Bologna e Marco ha comprato per noi una grande villa di fine ottocento che è diventata immediatamente il nostro rifugio e la nostra alcova.

Siamo tornati più volte sull’argomento e a dirla tutta, quella serata di febbraio gli aveva così stravolto la vita che per nessuna ragione in seguito, nei nostri momenti intimi, ha mai voluto cancellare il ricordo di quel gioco. Anzi, nelle nostre fantasie, a ruoli invertiti, ha iniziato a viverlo in prima persona, colpito dal fascino irrazionale e per certi versi illogico della sua donna che ipoteticamente si concede ad altri.
Ecco quell’impasse mentale, quel meccanismo perverso, gli procurava delle reazioni incontrollate e allora mi prendeva e mi pretendeva fino allo sfinimento con la stessa intensità della nostra prima volta. Facevamo l’amore ovunque, in ogni angolo della casa, nelle toilette dei ristoranti oppure nei parcheggi dei centri commerciali e tutti e due sapevamo benissimo che il suo grande appetito sessuale derivava proprio da quello scandalo interiore e che mai avrebbe potuto superarlo interamente se non si fosse deciso a viverlo sulla propria pelle. Più volte mi chiedeva quale fosse stato il processo mentale di Antonio, quale il mio, e la strada più breve per arrivare a quella totale complicità.

È stato per mesi il nostro argomento preferito finché con la ricomparsa di Antonio abbiamo deciso di rendere ancora più vivo quel ricordo. Antonio infatti, pentito per il suo comportamento, dopo alcuni mesi ha iniziato a mandarmi diversi messaggi. Mi scriveva che la sua vita era piatta anche se nel frattempo si era rimesso con la sua ex moglie e si godeva i suoi tre figli, ma soprattutto mi mandava messaggi intrisi d’amore e di dolcezza, di sesso e di ripensamento, e nel ricordo della nostra grande complicità mi diceva che avrebbe toccato il cielo con un dito se di tanto in tanto avessi accettato di passare qualche notte d’amore con lui.
Era l’occasione giusta e ne parlai immediatamente con Marco e lui senza pensarci due volte mi diede il suo assenso senza condizioni.

Adesso la nostra intesa è perfetta, specialmente quando torniamo a Roma e Marco rimane comodamente seduto nella hall dell’Hassler bevendo il suo Ruby Diamond Cocktail mentre io salgo nella stanza 412 con Antonio.










Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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