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RACCONTI
 
 

I racconti di LiberaEva
Gilda
Memorie di una signora per bene
 




 
 


L’AUTOGRILL

Tornata in Italia affrontai il mio periodo più difficile, sì certo facevo la signora con tanto di governante, cameriera, piscina, Jacuzzi, cene nei migliori ristoranti della zona, viaggi all’estero, atelier esclusive al centro di Roma, centri benessere e cliniche svizzere per qualche ritocchino, ma sinceramente la mia libertà vitale di movimento si ridusse e non poco. Convinta da Augusto stupidamente mi ero presa un anno sabatico al lavoro, passavo molte ore in casa e quando uscivo avevo sempre Augusto accanto. Difficilmente potevo sgattaiolare e quando lo facevo avevo i minuti contati. Riuscii anche a vedere Giacomo, ma senza fare l’amore. Lui mi chiedeva spesso cosa mi fosse successo, ma non volevo deluderlo e allora non gli dissi nulla di quello che mi era capitato. Ancora mi chiedo che faccia avrebbe fatto se gli avessi detto che avevo divorziato e mi ero risposata con un uomo che non era lui! Più volte tuttavia minacciò di lasciarmi, ma non lo fece e se lo avesse fatto gli avrei semplicemente detto: “Mi spiace!” Ormai ero completamente presa dal mio scellerato progetto e nulla e nessuno avrebbero potuto farmi cambiare idea! Dopo circa un anno feci una capatina in banca e dal sorriso compiacente del direttore capii che qualcosa era davvero cambiato. Ebbi la meravigliosa conferma quando chiesi l’estratto conto: il mio saldo di conto corrente eternamente in rosso presentava un saldo in attivo di ben 150 mila euro tondi tondi!

Giulio nel frattempo si occupava della gestione del palazzetto e della riscossione degli affitti, ma ovviamente non avevo alcun motivo agli occhi di Augusto di incontrarlo. Certo lui mi reclamava ricordandomi spesso che non avevo mantenuto le promesse. Insomma si sentiva ingannato ed io mortificata per la mia incapacità di reagire un giorno al telefono esasperata gli dissi: “Non hai nessun diritto su di me! Io e te non siamo niente!” E riattaccai. Lui capì la mia esasperazione e il giorno dopo mi mandò due dozzine di rose rosse senza alcun biglietto per non destare sospetti. Sì vero, nei confronti di Giulio avevo fatto un’opera di bene e anche il gruzzolo in banca aumentava a dismisura, ma il mal di vivere tornò prepotente e questa volta neanche le cure speciali di Vittorio riuscirono a salvarmi.

Caddi in una profonda depressione, scostante e irascibile anche il paziente notaio si accorse che qualcosa era andato storto e che forse sarebbe stato meglio avermi più come amante che moglie. Del resto i bei pompini che gli facevo prima furono per lui solo un dolce ricordo. Dopo sposati, sempre con la scusa pronta, erano rare le volte che mi lasciavo andare. Certo lui mi amava e sapendo di non potermi offrire altro che quel conto in banca dopo circa un anno e mezzo di apatia mi disse ingenuamente che se avessi voluto avrei potuto riprendere le mie antiche abitudini, vedere le mie vecchie amiche e riprendere i miei contatti sociali. Ovviamente non fu un lasciapassare completo, c’erano dei limiti che riguardano piuttosto il nostro stile di vita: “Ricordati che sei sempre la moglie del notaio Bianchi, per cui non tollero alcun pettegolezzo sul tuo conto!” Mi disse una sera a cena guardandomi fisso negli occhi.

Beh sì dovevo stare accorta, ma quelle parole furono comunque una dolce musica per le mie orecchie. Lo rassicurai, ma in cuor mio sapevo chiaramente di aver bisogno di una sola cura ossia quella di respirare la mia aria di libertà dopo un anno e mezzo di forzata astinenza. Mi veniva da piangere quando, le rare volte, distesa nel letto matrimoniale con Augusto sopra di me che penosamente tentava di fare il proprio dovere di marito, mi estraniavo pensando che la mia ultima scopata era stata sull’atollo del Pacifico! Incredibile!
Per la verità ci avevo provato ad avere qualche occasione, ma ero pur sempre la moglie del ricco e potente notaio, per cui gli uomini avevano perfino il timore di avvicinarmi figuriamoci di adagiare i loro sguardi su di me per oltre dieci secondi. Insomma quella che avevo considerato la genialata e la svolta della mia vita mi aveva legata mani e piedi.

La prima cosa che feci fu chiamare Luca, certa che avrebbe ricambiato alla grande il favore che gli avevo fatto. Lui ormai era preso dal Centro Benessere, ma io avevo bisogno di lui e della sua pazzia. Quando lo chiamai era immerso nel pieno dei lavori, tra operai, architetti, geometra e quant’altro. “Luca ti voglio, non resisto più! Ti prego! Sono ancora la tua puttana vero?” Lo sentii farfugliare qualcosa, poi si allontanò dai suoi interlocutori: “Amore è una cazzata, ti rendi conto? Se Augusto lo venisse a sapere sarebbe la fine per te e per il Centro benessere…” Mi disse, ma io insistetti. Il giorno dopo mi mandò un messaggio: “Vuoi fare la troia vero? Sarai accontentata. Porta con te una gonna cortissima di pelle, un paio di autoreggenti a rete e un paio di stivali alti fino alla coscia.”

Feci salti di gioia! Mi diede appuntamento per la sera stessa da soli nel privé. Per non dare nell’occhio uscii sobria e castigata da perfetta moglie di un notaio portando con me in una borsa i vestiti del mestiere. Raggiunsi il locale a piedi, qualcuno mi notò e mi salutò, ed io tornata ai miei vecchi splendori mi eccitai pensando che sarebbe stato meraviglioso se quei tizi avessero pensato che la moglie del vecchio notaio stava andando a farsi scopare dall’amante!

Arrivai trafelata. Luca mi stava aspettando ed io lo pregai di chiudere gli occhi e non guardarmi fino a quando uscita dal bagno non mi fossi cambiata e fossi ritornata la donna che ero e che ovviamente lui desiderava. Durante la cena gli dissi che quell’astinenza mi pesava confessandogli che non facevo l’amore da oltre un anno. Lui invece non aveva perso tempo, non ebbe remore a confessarmi che si vedeva con la figlia di una titolare di un grosso abbigliamento della zona, una diciottenne carente di affetto paterno e di un grosso sesso di maschio esperto come il suo. Un brivido di gelosia mi percorse la schiena, pensavo a quanto quella inconsapevole ragazza fosse così fortunata ad avere le attenzioni di un vero Casanova, porco e trasgressivo al punto giusto. Gli dissi che avevo bisogno di affidarmi ad un uomo come lui e che se quella sera mi avesse scopata, legata, ammanettata, sculacciata e bendata avrei toccato il cielo con un dito.
Il suo sguardo tradì le sue rassicurazioni, insomma in quel momento non c’era posto nella sua vita per un’altra amante. La ragazzina e il Centro benessere erano più che sufficienti in quel momento a riempire tutto il suo entusiasmo. Ed in effetti stava pensando decisamente ad altro così che dopo cena mi sorprese dicendomi che scoparmi su una di quei divanetti sarebbe stato davvero uno spreco e non da lui. Mi fece alzare e fare un giro intorno alla tavola per ammirarmi poi passandosi la lingua sulle labbra disse: “Tu hai bisogno di tutt’altro… Ti va di fare la puttana stasera?”
Lo guardai, anche se ormai era distante da me, non era assolutamente cambiato. Il suo concetto di possessione andava oltre a quello comune di farsi una femmina, lui voleva semplicemente scoparmi anima e cervello. Capii in quel momento la sua richiesta della gonna corta di pelle, le calze a rete nera e gli stivali e fui fiera di avergli obbedito.

In macchina ascoltammo una vecchia canzone degli Abba e durante il viaggio verso Roma pretese la mia bocca. Mi disse: “Quanto mi sei mancata, un tuo pompino vale quanto cento della ragazzina!” Beh sì ero ancora brava e non mi ero dimenticata l’arte di dare piacere. Pensai che fare l’amore è come andare in bicicletta, non si dimentica più!

Mi portò nel parcheggio di un autogrill e fermò l’auto lungo una serie infinita di tir. Mi pregò di lasciare il soprabito sul sedile e scendere. Obbedii sapendo a cosa stavo andando incontro. Mi appoggiai alla macchina e mi accesi la sigaretta come una prostituta in attesa. Respirai l’aria fredda e mi sentii bene. Luca sapeva benissimo come far salire fino al cervello la mia adrenalina. Da dentro l’auto mi disse di togliere le mutandine così lentamente che i camionisti non avrebbero potuto non notare il gesto. Mi sentivo una merce e non avrei potuto chiedere di più. Tolsi le mutandine e gliele offrii e lui annusandole mi ordinò di toccarmi tra le cosce e poi mi chiese: “Quanto ti senti troia così bagnata?” Era una sensazione davvero unica tanto che toccandomi sentii il mio nettare colare lungo le cosce. In quel momento con la complicità di Luca avrei voluto concedermi al primo che si fosse fermato.

Non feci in tempo a finire il pensiero che due camionisti scesi dal tir poco distante si avvicinarono alla nostra macchina. Ma la cosa che mi fece ancora più impazzire fu il fatto che loro chiesero il permesso a Luca e non a me. E già loro erano maschi ed io una semplice merce a disposizione e ciò che contavo, oltre alle cosce, il sedere, il seno e le labbra, era pari allo zero assoluto. Luca mi presentò come sua moglie e che, se avessero voluto, per il solo mio esclusivo piacere, avrebbero potuto esaudire il mio desiderio di sentirmi una prostituta.
I due si avvicinarono, ma Luca li fermò e disse: “Ovviamente non subito, mia moglie vuole sentirsi puttana fino dentro le ossa.” A quel punto scese dalla macchina e insieme ai due ci dirigemmo verso il bar. Con quelle scarpe facevo difficoltà a camminare, ma il dolce suono dei tacchi sull’asfalto mi fecero immedesimare nella parte.

Entrammo. Luca volle sedersi in uno dei tavoli bene in vista vicino all’entrata in modo che tutti potessero vederci. Seduta stretta tra i due e davanti a sei sette avventori insonnoliti iniziai a ridere come un’oca giuliva mentre i due iniziarono a toccarmi le tette ed a baciarmi. Aveva ragione da vendere Luca non era la scopata in sé a farmi sentire puttana, ma quella situazione e in effetti nessuno di quei tizi in quel momento avrebbe scommesso un euro che non fossi davvero una prostituta. Calata nella parte, risi ancora più sgraziatamente e iniziai a dire ai due che non lo avrei fatto gratis. Uno dei due intanto mi aveva sbottonato la camicetta e i miei capezzoli turgidi non chiedevano altro di essere baciati, ma sul più bello Luca si alzò per pagare e mi chiese: “Amore sei pronta?” Certo che ero pronta. Non avevo mai e poi mai vissuto una situazione così intrigante.

Uscimmo sul piazzale, Luca si accese una sigaretta, mentre io trascinata dai due e completamente in balia del mio piacere, mi ritrovai nello stretto spazio di due camion. Mentre ero lì ci raggiunsero altri due tizi che evidentemente mi avevano notata nel bar e forse sollecitati da Luca. Inginocchiata iniziai a soddisfarli uno per uno, succhiavo quei sessi e fissavo Luca negli occhi, respirai i loro odori e il degrado di quella situazione che nonostante tutto mi faceva sentire di nuovo viva. La moglie dello spettabile notaio Augusto Bianchi, inginocchiata sull’asfalto, stava prendendo contemporaneamente quattro cazzi sconosciuti! Più ci pensavo e più succhiavo avidamente, finché l’istinto animalesco di quei maschi prese il sopravvento, qualcuno mi spogliò completamente, qualcuno mi tenne ferma mentre a turno mi penetrarono senza tregua. Urlai di piacere ad ogni orgasmo con tutto il mio fiato. Sicura di resistere nelle pause li incitavo a non lasciarmi vuota, ma alla fine sfinita cedetti e non esagero nel dire che quella volta percepii veramente il limite vitale e più profondo del piacere. Mi chiesi se davvero fossi arrivata alla fine del mio percorso oltre il quale ci sarebbe stato solo il nulla!
Luca appoggiato ad uno dei due tir per tutto il tempo si era masturbato incitando i quattro a non darmi tregua. Poi quando gli altri si allontanarono esausti, mi venne vicino, mi aiutò a rialzarmi e accarezzandomi i capelli intrisi di sudore e di sperma mi baciò in bocca. Certo io e lui non avevamo fatto l’amore, forse non lo avremmo più fatto, ma ero certa di aver raggiunto con lui un’intimità molto più profonda di tutte le nostre scopate messe insieme.
Durante il viaggio di ritorno non parlai, gli tenni stretta la mano e gliela baciai più volte in segno di ringraziamento, ora davvero potevo affrontare la mia routine quotidiana e le noie di quella vita da sposata anche a fianco del grigio notaio Bianchi!


EPILOGO

Poi si sa come vanno le cose. Augusto passò a miglior vita dopo tre lunghi anni di matrimonio. Quel giorno per rispetto mi vestii completamente di nero, poi chiamai sua figlia Cristiana e le diedi la triste notizia. Intanto preparai le valigie mettendo dentro lo stretto necessario. In seguito avrei contattato un’azienda di spedizioni per far trascolare i miei più di cento vestiti ed altrettante paia di scarpe. Quando arrivò Cristiana, ci abbracciamo sulla porta di casa. Il mio avvocato mi disse che avrei potuto ottenere un forte lascito, ma io non pretesi nulla tranne ovviamente quello che avevo già intestato. Sulla porta di casa però ci ripensai e dissi a sua figlia che per andare via avevo bisogno della Maserati nera che sostava da anni in garage. La presi in prestito certo, ma non gliela restituii mai più.

Ormai ero una donna ricca e gli uomini mi facevano la corte non solo per il mio aspetto fisico. Decisi di prendermi una vacanza di almeno un anno, mi licenziai definitivamente dal lavoro, rimasi a vivere in paese ed andai ad abitare in uno degli appartamenti sfitti del palazzetto di mia proprietà. Portai il lutto per sei mesi, ma non solo per riguardo alla memoria del mio ex marito, ma anche perché quel colore mi dava prestigio e sensualità. Ritirai fuori il mio vecchio guardaroba, la lingerie che tanto avevo amato, ma che negli ultimi tempi non indossavo per evitare che Augusto si facesse venire strane idee.
Ormai non ero più la moglie del rispettabilissimo notaio per cui durante le mie passeggiate pomeridiane ostentavo tutto il mio fascino. Seduta al tavolino del bar più elegante del paese facevo scivolare le mie gonne corte puntando tutta la mia sensualità sul vedo e non vedo. Ebbi vari rapporti più o meno di lunga durata e per abbassare la media in quel periodo preferii solo ragazzi giovani, passionali e pieni di entusiasmo. Così scoprii in quel frangente che i ragazzi impazziscono per le donne di mezza età, sicuramente più disponibili e meno complessate rispetto alle loro fidanzatine, sempre pronte a dire di no o fargliela sudare!

Con Giulio mi risposai circa un anno dopo e fu una cerimonia castigata senza parenti ed amici. Giacomo quando lo seppe mi lasciò con un laconico biglietto d’addio. Tra l’altro aveva conosciuto un’altra donna ed io gli augurai tutta la felicità del mondo. Gli anni passarono inesorabilmente e tra alti e bassi ebbi altre relazioni, ma a questo punto credo caro Corrado che tu mi conosca abbastanza e non avrebbe senso raccontare ancora.
Non so se mai ti vedrò davvero, ma se succederà sono certa che sarai davvero l’uomo che ho sempre immaginato e per cui ho scritto queste mie memorie. Ti confesso che mi sono affezionata così tanto a te che, forse perché pazientemente mi ha ascoltata, forse perché non esisti, non esagero nel dire che sei stato tra tutte le persone che ho conosciuto nella mia vita il compagno che avrei sempre desiderato avere.

Tu sei ancora sicuro di volermi vedere? Vuoi davvero incontrarmi come due romantici amanti in un motel sulla strada provinciale? Non chiedermelo perché ti direi di sì. Vestita come nei miei tanti incontri non rinuncerei mai alla mia immagine. Certo sì, osa, dimmelo che mi vorresti vestita da troia, con la gonna cortissima, i tacchi alti e senza mutande. Esibita come un piacere e poi soddisfarti in auto o in una delle tante toilette come una brava prostituta. Dove mi porti? Dove andiamo? Me la metti una mano sul sedere davanti agli altri? Mi dici puttana davanti al cameriere che ci serve la cena? Mi dici di scoprirmi le gambe per il primo che ci guarda? E poi mi imbratti tutta vero? Insomma tesoro alla fine dei giochi forse lo avrai capito che, nonostante tutto, sono una donna fragile e che quel vuoto che ancora sento ha bisogno ancora di essere riempito da certezze oltre che dal tuo bellissimo sesso che purtroppo per ora ho solo sognato.
Ti prego scrivimi, ho bisogno di te. Dimmi che tra noi nascerà una storia fantastica, io voglio emozionarmi ancora. E tu la vuoi ancora un'amante, ne sei convinto? E tua moglie? Riuscirai ad avere due donne contemporaneamente e a soddisfarle entrambe? Sì lo so che corro troppo, forse ho solo bisogno di immaginarmi ancora come un tempo e immaginare te. Ma se davvero esisti fatti avanti, non te ne pentirai, perché il mio nettare infinito non smetterà mai di sgorgare, nonostante gli anni, nonostante le mie storie.
Ti aspetto anche stanotte nel mio sogno, ti prego non bussare perché lascerò la porta socchiusa.
Grazie di tutto
Tua Gilda...



 
  FINE   













Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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