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I racconti di LiberaEva
Neanche una stella!
Photo Anna Rawka
Questa notte su Roma neanche una stella, che tace
che brilla e dà misura e sostanza, a questo cielo
che fitto incombe e minaccia, acqua a secchiate su
questo seno che mostro, e sfacciato si offre ai
fantasmi di notte.
Neanche una stella! Che sciama
di luce e rischiara la faccia, coperta di cipria che
truffa ed inganna, ed appiattisce le rughe che
sapone non lava, perché la mia pelle non la vedo da
tempo, perché è essenza che mi regola dentro,
respiri e parole ansia e menzogna, fino a
convincermi di essere giovane e bella, d’essere come
mi guarda lo sguardo voglioso, di questo cliente che
da mezz’ora fa il giro, attorno all’unico posto dove
c’è un po’ di tepore.
Vorrebbe scaldarsi se
avesse almeno il coraggio, di chiedermi quanto ed
offrirmi i suoi spiccioli, rubati magari in questa
chiesa di fronte, che gotica s’innalza fino a bucare
le nuvole. Ma sono io la Madonna! Sono io un’isola
di pace, che vergine negli occhi purifico spiriti,
peni spauriti come bimbi nel grembo, che
s’accovacciano dentro questo paradiso di carne,
questa solitudine appiccicosa che come ombra di
notte, mi precede e m’insegue e non mi lascia mai
sola. Sono io l’ombrello! A questa pioggia
insistente che mi sciupa la tinta, mentre lui gira e
rigira e non sa che l’affitto per poco, che in
multiproprietà è conveniente davvero, rispetto a
quell’altra che chiamano moglie, che è spreco di
soldi sentimento e ragione.
Neanche una
stella! Che illumini la mia parte migliore, quella
che nemmeno il pudore protegge, perché nuda e piatta
sfacciata la mostro, come un secchio bucato sotto la
pioggia, che illude chi passa di poterla riempire.
Come vorrei che l’annusassero, fino ad impregnarsi
del profumo che sento, perché solo l’odore fa
ricordare, non certo i miei seni che pendono al
vento, e non destano rime e non fanno poesia, e
stanno giù molli come pere marcite, come palloni
aggrinziti sgonfiati dal tempo. Si fermano e
ripartono senza nemmeno toccarsi, illudermi che è
solo una questione di prezzo, mentre sola m’ostino a
strascicare i miei tacchi, riempiendo la notte di
travertino e di freddo, di fica ridotta ad un buco
nel muro.
Neanche una stella! Che mi faccia
scovare da chi a quest’ora impaziente, non ha ancora
trovato un ricovero caldo, e gira frenetico alla
ricerca di labbra, di rosso e passione proprio come
le mie, che morbide e vere non aspettano altro, che
schiudersi a forza al desiderio che irrompe, per
farsi sbafare oltre il contorno, di matita e saliva
che penosamente straborda.
Neanche una stella che
mi risucchi e m’inebri, fino a farmi sognare dentro
un bordello, coperta di spacchi sui divani profondi,
e due occhi viziosi mi cercano dentro, il mistero
del nero che allargo composta, per quel desiderio di
salire le scale, per una singola o doppia o
addirittura una notte, esclusiva ed intera per farci
l’amore. Già mi vedo che rido e mi scopro, davanti
ad un uomo col sesso pulito, che mi chiede il
permesso prima d’entrare, di scoparmi davvero di
santa ragione, e poi gentile mi offre una rosa e poi
scuse su un letto di seta, se una spina per caso
m’ha graffiato una mano, se un termosifone bollente
m’ha scottato il sedere.
Neanche una stella!
Che mi porti fortuna se proprio non conosce
bordelli, e mi illumini a giorno mentre mangio le
unghie incollate, perché quelle vere sono diventate
carne da tempo, come membri sfilacciati che stanno
lì lì per venire. Ma a quest’ora qui alle tre del
mattino basterebbe un cliente, che mi inghiottisca
nel buio d’un vicolo cieco, dove in fondo c’è un
muro di rovine romane, e tappeti di scarti delle mie
colleghe al lavoro. E che mi tratti senza nessuna
premura, perché riguardo e deferenza non hanno
ragione, quando ti scelgono perché non hanno trovato
di meglio, quando in piedi ti sbattono nuda, senza
neanche un velo per sentirti più donna. Basterebbe
uno solo che mi chiami mignotta, e che goda o
rifiuti la parte che vendo, infilando il suo sesso
nel buco del muro, perché quello che conta è quel
poco di soldi, che anche domani mi faccia sperare,
che qualcuno non abbia trovato di meglio, guardando
questo cielo che incombe, dove stanotte non c’è
neanche una stella! Che tace che brilla!
Ma
l’alba è vicina e timida s’adagia sul tetto di
fronte, rischiarando i contorni e l’illusione di
sempre, che se ci fosse una stella ci sarebbe una
fila, di uomini a frotte e mandrie di voglie. E nel
mentre mi rassegno a recuperare i vestiti, lasciati
ciancicare dentro un sacchetto, passa una coppia che
si bacia e si stringe, fino ad entrare nella pelle
dell’altro, fino a farmi una sola richiesta,
improvvisa e allettante che quantifica un prezzo,
che per nessuna ragione potrei rifiutare. Lei ha il
viso di una donna che timido tace, coperta da sete
fuma e si volta. Lui ha gli occhi che mi mozzano il
fiato, e m’ingrossano queste tette cadenti, e mi
fanno pensare come mai m’abbia scelta, come se in un
sogno già mi fosse di dentro, come se gratis già lo
stessi cullando.
Si guardano e ridono e poi
annuiscono, fino ad aprire la porta lì a pochi
passi, salire le scale e ritrovarci in un salone di
marmo, dove riflettono le mie premure di non essere
brava, di non essere quella che fa il mestiere da
tempo. Mi sussurrano impazienti che si conoscono da
poco, stasera in un ristorante mentre mangiavano
soli, ed ora hanno voglia di svuotare l’attesa,
davanti a due occhi per condire l’effetto, davanti a
due seni che non sanno che farci, perché non m’hanno
invitata per questo! Non m’hanno invitata per le mie
cosce, livide di freddo sotto una smagliatura che
corre, e mentre mi guardo riflessa ad un vetro, non
posso che dargli ragione, di non essere qui per
destargli la voglia, di non essere qui per le forme
che vedo.
Hanno bisogno dei soli miei occhi! Che
guardino senza sbattere ciglia, perché troppo felici
e sorpresi di esserlo, non vorrebbero che di questa
notte domani, ne rimanesse soltanto un ricordo, in
un velo di dubbio d’averla vissuta. Una testimone
che muta assista e li guardi, che immobile ne misuri
la gioia, un segnalibro incollato su uno stupendo
ricordo. In piedi, in disparte mi faccio più
piccola, rallento i respiri ed assisto in silenzio,
mentre provano piacere soltanto a sfiorarsi, ad
accarezzarsi gentili i vestiti e le stoffe, proprio
come il mio cliente dentro il bordello! Ma il mio
cliente non ci avrebbe messo altro tempo, per
decidere di passare all’attacco, e sbattermi addosso
a quel termosifone, che ancora mi brucia dietro e di
fianco.
E non capisco perché rimangono
vestiti, perché lui non l’abbia già spogliata del
tutto, perché lei non gli offra la parte più calda.
Continuano a guardarsi negli occhi, a parlare frasi
spezzate e dirsi parole che sanno di niente, senza
che nessuno dei due si faccia più avanti, ad offrire
il piacere il sesso la voglia, che da oltre mezz’ora
si sono promessi. Ora lui s’avvicina la cerca la
chiama, ma lei stringe le cosce e poi scappa
ridendo, poi torna sul divano e schiude le gambe,
come se avesse dei petali invece di carne. Lui
continua a guardarla estasiato, dicendole che mai
donna più bella gli ha gonfiato le voglie, come se
non potesse pretendere altro, e quell’attesa d’amore
non avesse mai fine, e non prevedesse davvero altre
soglie. E lei seduta si compiace solo a farsi
ammirare, a ricomporsi i capelli e mostrare le
labbra, a farsi sfiorare la stringa di un lilla
sbiadito, come se il seno stesse comodo al suo
posto, e la sua bocca non potesse far altro che
dire.
Li guardo di nuovo e impaziente sospiro,
pensando che mai nessuno m’ha fatto attendere tanto,
che m’hai nessuno m’ha aspettato più del tempo, che
c’impiego ad aprire una lampo, a sfilarmi mutande
quando ci sono. Lì guardo ancora delusa, pensando
che il tempo ormai è scaduto, sia pure per quella
parte del corpo, che nessuno finora m’aveva
richiesto. E scuoto la testa ripensando a quanto
quest’uomo, nelle mie braccia sarebbe stato
contento, a quanto l’avrei assecondato senza farlo
aspettare, fino ad accoglierlo nuda e capiente, nel
posto che la voglia di maschio decide, nel momento
che una donna capisce che è giunto.
Ho visto come
m’ha guardata, come il suo sguardo m’ha penetrata
gli occhi e la pelle! Se solo m’avesse incontrata
prima! Se solo fosse passato di lì qualche ora
prima! Addosso a quel muro una stella, gli avrebbe
fatto cambiare ristorante e percorso! Già nuda già
pronta senza quel ridicolo lilla, di reggicalze e
mutande che fanno perdere tempo!
E mentre il
giorno di fuori ha raffreddato voglie, mi rimetto
alla rinfusa i miei cenci bagnati, e mi sale la
rabbia guardando quell’uomo, che s’affatica su chi
ancora vestita ne fugge, lo invita lo chiama ma non
s’è tolta nemmeno le calze! E chiudo la porta e
scendo le scale, pensando che ancora un momento
m’avrebbe scelta davvero, mentre ora s’affanna per
una donna, che ancora seduta accavalla le gambe,
soffia il fumo al soffitto e dondola il tacco. Solo
perché non m’ha incontrata prima! Solo perché non
m’ha intravista addosso a quel muro! Se solo ci
fosse stata una stella!
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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