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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Numero Privato
 





È sera, sono sola in casa, mi distendo sul divano. Sul tavolino i resti di una cena rimediata e un mezzo bicchiere di Malvasia.
Ho fatto da poco la doccia, sono in accappatoio, adoro la leggerezza di questa spugna bianca e morbida sulla mia pelle nuda e umida. Come tutte le sere, dopo una giornata di lavoro, prima di andare a dormire, ho voglia di raccogliermi e dedicarmi un po’ a me stessa. Mi accarezzo, penso alla mia ultima volta, ormai sono passati dei mesi, ma mi aggrappo alle sensazioni, agli odori, frammenti di immagini di una villa a bordo lago dalle parti di Como.
Sono stanca, non riesco a concentrarmi, il ricordo si allontana e allora accendo la tv. Tra i tanti canali scorrono delle immagini mute di un film degli anni settanta. Un ragazzo e una ragazza stanno facendo l’amore su una spiaggia deserta da sogno. Decido di fermarmi lì. Guardo e partecipo, o meglio riprovo cercando un ultimo brivido, ma tutto ad un tratto squilla il telefono, guardo il display: NUMERO PRIVATO.

“Chi sarà mai? Non aspetto telefonate stasera, sicuramente sarà uno sbaglio.” Penso. Lo lascio squillare, ma poi, dopo una decina di squilli, curiosa rispondo.
LA VOCE: “Ciao, ti ho disturbata?”
Non conosco quella voce, ha un timbro profondo e maschile, ma ugualmente rispondo mentendo: “No, figurati, ero in cucina.”
LA VOCE: “Scusami, ma oggi ho avuto una giornata piena e stressante e non sono riuscito a chiamarti prima, come ti avevo promesso.”
Sorrido, sto per dire che non lo conosco, che sicuramente sarà uno sbaglio, ma quella voce ha qualcosa di maledettamente erotico e incuriosita lo lascio parlare.
LA VOCE: “Ti ho pensata per tutto il giorno. Mi sei mancata, sai.”
La conversazione si fa interessante, allora sto al gioco, quella voce sta dando un calcio alla mia monotonia serale e non ho alcuna intenzione che quell’uomo riattacchi. Allora dico: “Anche io ti ho pensato.”
LA VOCE: “Davvero?”
Annuisco, ma non aggiungo altro, non voglio assolutamente che il mio interlocutore si accorga che non sono la donna con cui crede di parlare. Intanto lascio andare la mia mano libera tra la spugna morbida.
LA VOCE: “Come sei vestita?”
La domanda è molto diretta e intima forse i due si conoscono da tempo, ma questa volta rispondo con disinvoltura: “Sono appena rientrata a casa e non mi sono ancora spogliata. Ho una gonna nera di pelle sopra al ginocchio e una camicetta rosa antico.” Sto per dire che è lo stesso abbigliamento che portavo oggi in ufficio, ma chissà se quella donna lavora allora per non compromettermi non aggiungo altro.
LA VOCE: “Trasparente la camicetta?” Ma non mi dà modo di rispondere. “Sei senza reggiseno?”
Ovvio, del resto è la verità, ma anche se non lo fosse non potrei mai deluderlo, quindi decido di assecondarlo: “Sì, sono senza.”
LA VOCE: “E le calze?”
“Quelle nere a rete.” Dico fingendo, immaginando che siano di suo gradimento e quindi di fare colpo.
LA VOCE: “Direi perfetta, vorrei essere lì con te ora. Le calze a rete mi fanno letteralmente impazzire.”
Bene, un punto a mio favore! Stringo il pugno della mia mano libera in segno di vittoria, a quel punto oso: “Mi desideri?”
LA VOCE: “Non sai quanto…”
La mia mano scivola ed io sento i brividi sulla mia pelle. Stasera davvero non poteva accadermi di meglio! Altro che film anni settanta!
Lui riprende il concetto, casomai non lo avessi recepito.
LA VOCE: “Davvero sai, ora vorrei essere lì con te.”
Non dico nulla. Lo lascio fantasticare, immagino di essere lei, bella, sexy e provocante, anche se non so come sia quella donna e se è sposata, che rapporto ci sia tra i due, come si siano conosciuti e se davvero ci sia la possibilità di acconsentire alla sua richiesta. Per ora so soltanto che questa voce è qualcosa di magico e inaspettato e si insinua ed invade prepotentemente i miei cinque sensi. Starei qui ad ascoltarlo per ore, spero non si stanchi perché stasera mi sento molto predisposta.
LA VOCE: “Sai ripenso a ieri notte…”
Ecco ora saprò qualcosa di più. Chissà cosa sarà successo? Sto zitta, voglio solo che lui mi racconti almeno qualche dettaglio, ma devo essere brava e non farmi scoprire che ignoro totalmente quello che è successo tra loro... tra noi.
LA VOCE: “Eri magnifica in quel locale con quel tubino nero corto e la calza a rete, quelle gambe accavallate, e quel tacco poi…”
Praticamente una mignotta, una che se ne va in giro di notte in quel modo per locali. Ecco chi sono! Mi dovrò calare nella parte, ma non faccio difficoltà, in fondo è estremamente eccitante.
LA VOCE: “Appena ti ho vista ho pensato che saresti stata inarrivabile… e mai avrei pensato che…”
La voce si ferma sul più bello, ancora più curiosa inizio ad accarezzarmi il seno sperando che quella voce non smetta di raccontare.
LA VOCE: “…Ma poi quando mi ha detto che eri lì perché ti sentivi triste e sola ho capito subito che eri in cerca di un uomo. Ci sono passato anche io sai e lo so che i primi tempi dopo la separazione non sono per nulla facili.”

Quindi i due si sono conosciuti la sera stessa. Bene. Memorizzo il mio stato di donna sola e separata. Praticamente una fotocopia. Anch’io mi sono lasciata da poco col mio compagno e passo le serate così in solitudine che stasera ho accettato per pura casualità questo gioco intrigante. A quel punto dico: “Avevo voglia di compagnia, di fare due chiacchiere e sei spuntato tu…” Lui preso dal racconto procede.
LA VOCE: “In quel momento mi chiedevo come fosse possibile che una donna così bella in quel locale pieno di gente non avesse ancora trovato compagnia.”
Sì infatti, come mai non si era avvicinato nessuno? Non lo so! Ma lui immediatamente mi toglie dall’imbarazzo.
LA VOCE: “Sei meravigliosa Giovanna.”
Ecco ho saputo qualcosa in più, mi chiamo Giovanna.
LA VOCE: “… Ma penso che tu sappia quanto sei bella.”
Mi guardo nel riflesso della vetrina di fronte a me, so di non essere particolarmente bella, ma ora accetto volentieri quei complimenti che nutrono la mia autostima e il mio desiderio che sta lievitando: “Grazie adoro il corteggiamento, tu sei molto caro, ma mi reputo una donna normalissima.”
LA VOCE: “Non essere modesta, sei un angelo con quegli occhi celesti e quella cascata di capelli biondi.”
Bene, sono bionda… chissà davvero come starei se mi tingessi i capelli…
LA VOCE: “Quando mi sono avvicinato mi batteva il cuore, di natura sono un po’ timido sai, non sapevo cosa dirti, mi tremavano le gambe, ma poi tu mi hai sorriso e mi sono sciolto.”
“Ti ho fatto questo effetto?” Prendo tempo, ora vorrei tanto sapere, a parte il sorriso, come mi sono comportata in quella situazione.
LA VOCE: “Sai tesoro, non ti offendere, ma quando ci siamo salutati credevo di essere stato solo una dolce compagnia per te.”
Quindi è successo qualcosa nel mentre… vorrei tanto saperlo…
LA VOCE: “Ma alla fine quando mi hai dato il numero di telefono non ci volevo credere. Ho pensato, ma davvero questa stupenda creatura vuole incontrarmi di nuovo?”
Azzardo: “Sei un bell’uomo e sei stato molto affettuoso perché mai non avrei dovuto?”
LA VOCE: “Non sai quanto mi abbia fatto piacere!”
È evidente che quella donna prima ha accettato e poi ci ha ripensato. Forse si sarà pentita e quindi gli ha dato un numero sbagliato.
LA VOCE: “Mentre tornavo a casa pensavo al destino… io ero entrato in quel locale perché stavo cercando un amico. Invece ho incontrato te. Se fossi entrato cinque minuti prima o dopo non ti avrei mai incontrato! Mi considero un uomo fortunato.”

Ma quel destino è stato ancora più bizzarro, dato che lei gli ha dato un numero sbagliato, lui ha telefonato a quel numero ed ha risposto una donna ossia io che in questo momento sto prendendo il posto di un’altra. Lui crede di parlare con quella donna e invece sta amoreggiando con una sconosciuta che accetta di essere quello che non è. Poi dico: “Non dire così, forse sono io la fortunata.” Intendendo al fatto che ha sbagliato numero, ma ovviamente lui non lo può sapere.

LA VOCE: “Mi spiace solo che stavi andando via e non hai potuto passare tutta la serata insieme.”
Ah ecco, sono andata via, ma mi mantengo sul vago dato che non so quale scusa abbia messo quella donna: “Non potevo restare…”
LA VOCE: “Sì, sì lo so tesoro. Anzi, come sta tua figlia?”
Oddio ho anche una figlia! Memorizzo. “Bene dai, un malanno passeggero.”
LA VOCE: “Ma io non volevo lasciarti andare. Non volevo che la fortuna mi girasse immediatamente le spalle… Scusa se ho insistito… un fiore come te non si incontra tutte le sere.”
Nessuno mai mi aveva dato del fiore… Penso. Ci voleva uno sconosciuto che ha sbagliato numero: “Ma no, non scusarti, anzi hai fatto bene.”
LA VOCE: “Ti ringrazio che sei rimasta ancora dieci minuti nonostante tua figlia ti chiamasse al telefono…”
Chissà chi era al telefono. Il marito? L’amante? Un cliente? Comunque è ottima la scusa della figlia malata.
LA VOCE: “Beh dai ci ho provato e mi è andata bene. Seduti su quelle poltroncine dentro quel separé non potevo sperare di più…”
Quindi si sono appartati… Allora è successo qualcosa! Un bacio? Qualche carezza? La mia mano scivola tra le mie gambe e sono sempre più curiosa di sapere.
LA VOCE: “Hai delle labbra morbide sai… Praticamente un velluto. Poi con quel rossetto mi hai fatto impazzire.”
Stiamo andando sul confidenziale e devo stare al gioco. Non posso tradirmi proprio ora: “Il tuo bacio è stato favoloso, è arrivato al momento giusto, ma sinceramente me lo aspettavo…”
Forse mi sono spinta troppo, mi sto mordendo le labbra, ora più che mai vorrei tanto che lui continuasse...
LA VOCE: “Ne avevi bisogno vero? Ti ho sentita calda e mia in quel momento. Ero attratto dal tuo magnetismo, come se fossi tu a chiedermi di abbracciarti, di stringerti e le mie mani erano fuori controllo.”
Mi chiedo dove fossero quelle mani e lui mi accontenta immediatamente.
LA VOCE: “Scusa, ma non ho resistito, le tue gambe erano invitanti.”
Ecco. Ora ho capito, lui le ha messo le mani tra le cosce, come vorrei io ora! Dico: “Avevo bisogno di calore in quel momento, di sentirmi protetta. Sei stato un angelo.”
LA VOCE: “Peccato che avevamo poco tempo!”
Ti prego ora non fermarti! Lo imploro muta.
LA VOCE: “Non credevo, mi hai fatto un regalo immenso, nonostante ci fosse il rischio che qualcuno potesse vederci. Quando ho sentito le tue belle mani morbide non ci ho capito più nulla.”
Il racconto è confuso, ma non posso chiedere spiegazioni… Quindi è lei che lo ha toccato! Metto in ordine i miei pensieri: Praticamente si sono incontrati in quel locale per la prima volta, lui l’ha invitata a sedersi in un privé e nonostante lei avesse solo dieci minuti si è fatta baciare, toccare tra le cosce e come ciliegina sulla torta gli ha anche aperto la chiusura lampo e la sua mano è scivolata dentro i pantaloni di lui.
Mi rilasso e penso alla scena. Sicuramente meglio di qualsiasi film stasera! Immagino quella passione, quel desiderio che si consumava su quel divanetto di quel locale. Poi dico: “Ti è piaciuto?”
LA VOCE: “Da morire, non sarà passato neanche un minuto! Ho fatto la figura dell’adolescente vero?”
Ecco allora è anche venuto! “Ma no, è stato bello così. Forse ti piacevo troppo oppure avevi tanta voglia. In entrambi i casi mi sono sentita gratificata.”
Ma cosa ho detto… Gratificata? Oddio anche io sono confusa.
LA VOCE: “È stato un attimo. Peccato che non ho potuto fare altrettanto, eri agitata per tua figlia… Beh sì me lo hai anche chiesto di accarezzarti, ma non me la sono sentita… Dovevi andare via… e mi dispiaceva immensamente che fossi io la causa del tuo ritardo.”
Insomma lei voleva che ricambiasse il favore e lui ha detto di no.
LA VOCE: “Non volevo prevaricarti, ho guardato l’orologio e di minuti ne erano passati quasi venti.”
Ah ecco ora capisco perché alla fine lei gli ha dato il numero sbagliato! Si sarà incazzata come una belva!
LA VOCE: “Ma dimmi ti è piaciuto?”
Ma come fa a chiedermelo? Praticamente lui ha goduto e lei no, come è possibile che mi sia piaciuto? Ma rispondo: “È stato bello così… Dai dimmi cosa mi avresti fatto?” Mi chiedo quante dita abbia la mia mano libera in questo momento.
LA VOCE: “Tesoro io vivo solo, ti avrei chiesto di venire da me.”
Sento i brividi sulla pelle, sento che manca poco e allora gli chiedo: “Dai dimmi cosa mi avresti fatto!”
LA VOCE: “Ti avrei posseduta all’istante, appena entrati in casa ti avrei sbattuta contro il muro, in piedi sul corridoio senza toglierti nulla.”
Ci sono quasi, mi piace l’idea della parete, la mia voce trema: “Ed io mi sarei abbandonata a te!”
LA VOCE: “Tesoro sei vogliosa?”
Oh cavolo. Sono in imbarazzo, spero che non abbia capito che mi sto toccando.
LA VOCE: “Se non hai nulla in contrario vorrei raggiungerti ora…”
Oh no! Che dico? Sai che figura se sapesse che non sono io quella donna! Non sono neanche bionda, pensa che faccia farebbe! Praticamente mi sto prendendo gioco di lui, ma mi piace maledettamente, ora penso solo a godere. Allora dico: “Non sono indifferente alla tua voce calda.”
LA VOCE: “Mi piacerebbe tanto vederti stasera.”
Beh sì, me lo dovevo aspettare… Ora che dico?
LA VOCE: “Non puoi vero? C’è tua figlia?”
Ringrazio per l’imbeccata e annuisco: “Piacerebbe anche a me, dimmi che sarò tua. Che lo facciamo addosso alla parete.”
LA VOCE: “Lo facciamo dove vuoi!”
Ecco ci sono. “Mi baci vero?”
Ancora una parola ed esplodo.
LA VOCE: “Ti scopo, ti faccio godere come non hai mai goduto!”
Ecco si, il mio corpo si scioglie, chiudo gli occhi e godo in silenzio!

Tutto tace ora. Per assolvermi penso che anche lui si stia toccando.
LA VOCE: “Che peccato non poter venire…”
Sorrido. In realtà io sono venuta, ora mi sento leggera e sollevata, come se mi fossi calata nella parte ed avessi vendicato quella povera donna che ieri sera è andata via da quel locale senza avere uno straccio d’orgasmo: “Sì è un peccato, davvero.” Dico con un filo di voce, ma sono contenta di aver goduto anche per lei.
LA VOCE: “Ti chiamo domani sera, vuoi?”
“Ok a domani allora.” È stato bello così e stasera davvero non avrei chiesto altro. Lui non sa di essere stato il mio amante involontario per qualche decina di minuti. E mentre le auguro la buona notte, penso che domattina passerò alla Wind per sapere se sia possibile bloccare un numero privato.










 








Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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