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Adamo Bencivenga
Samba Latino
Ecco sto pensando cosa mi metto stasera, per non dare
nell’occhio e non sfigurare, perché sono bella, perché
oggi è il mio compleanno, quarant’anni portati da Dio,
perché sono bella col vestito aderente che fascia le
forme, e uno spacco che lascia intravedere il pizzo
della calza di seta.
Chiamo il catering e
confermo due primi e un secondo, una torta alla frutta,
gli domando se hanno un pianista. Stasera in terrazza
voglio ballare, scrollarmi di dosso quest’angoscia. Sì
ho fatto una cazzata ed ora mi pento! Ho invitato anche
Claudio, il mio amante, sicura che tra i cento e più
ospiti nessuno lo noti. Mi chiedo perché l’abbia fatto,
forse perché tra noi qualcosa si è rotto anche se sono
anni che stiamo insieme. Forse mi tradisce, forse ha
un’altra ovviamente oltre sua moglie.
Ormai è
andata, stasera voglio ballare in faccia alla luna che
mi rischiara i capelli, passo per passo mi faccio
portare, mostrando agli altri che non sono in cerca di
altro, che mio marito mi basta e come nel ballo mi
stringe, e come nel letto la sera riempie di carne i
miei seni distanti. Ma sì che vada come vada! Tanto
nessuno sa che ho un amante, neanche Cecilia lo sa, la
mia amica del cuore a cui racconto tutto.
Oddio
mia suocera, non l’avevo prevista! Stasera ci sarà anche
lei e mi scruterà con gli occhi da esperta. Ha
sessant’anni, ma li porta da Dio, da vedova ha trovato
la forza di ridere al mondo, di capire gli uomini e
servirsene a pillole, dimenticando il blister per casa
quando sta meglio. Sorrido, come se davvero occorresse
diventare vedova per ritrovare il coraggio e servirsi
degli uomini come pasticche che stroncano sul nascere il
male di testa, che mi dia quella forza interiore che ora
mi manca e mi fa rendere conto che sola mi basto, senza
questa ricerca sfrenata di passioni notturne, che è
destinata a fallire se solo ci penso, perché nessuno nel
mondo somiglia a me stessa.
Sono a casa, stanca
ed esausta, mi distendo sul letto, ho bisogno di
recuperare almeno tre ore. Crollo e mi addormento. Poi
sento una voce, mi sembra che sia passata poco meno di
mezz’ora. Sento una voce, mi sveglio. È mio marito Marco
che mi sussurra che è tardi. Che ore sono? Quanto ho
dormito? Sono le sette ed ho ancora tutto da fare! Sento
dei suoni in terrazza, c’è un tecnico che sta provando
l’impianto. Ah già dimenticavo la musica! Mi alzo di
fretta. In sala sul tavolo c’è un enorme mazzo di rose
lilla. “L’ha portate il fioraio dieci minuti fa.” Mi
dice Marco senza cura. Mi precipito e cerco il
biglietto. Dio non sarà mica pazzo! Ma allora forse non
viene? Sì è lui, ma mi lascia in sospeso, c’è solo
scritto PER CLAUDIA, CLAUDIO. Sorrido e m’accorgo che
devo dare spiegazioni. “E’ l’amico di Cecilia.” Ma mio
marito ha altro da fare. Sta discutendo col cameriere
del catering dove mettere il tavolo degli antipasti. Gli
vado vicino. “Ed io cosa devo fare?” Mi sfiora la
guancia “Nulla cara.” “Allora vado a prepararmi.”
Chissà se un’ora mi basta. Sì, voglio essere bella e
ballare in faccia alla luna, non conosco le mogli degli
amici di Marco. Ma sarò più bella di loro perché stasera
è la mia festa! Perché stasera davvero sono
inavvicinabile, e la bellezza più vera è quella non
colta. Mentre l’altra che accarezzi e tocchi, passa e va
via alla prima lavata di mani. Ecco cosa voglio!
Stampare negli occhi di Claudio quella che sono,
dimostrargli che nessuna vale quanto me, che non allargo
le cosce per mancanza di affetto, che la fica ha un
valore oltre la carne e non si lascia scopare perché
teme di essere tradita.
Ora sono nel bagno e mi
guardo allo specchio, ma stavolta non devo uscire, non
devo ingannare nessuno. Stavolta devo essere bella per
me stessa e gridare al mondo che la femmina è femmina
quando si nega, ma è ancora più femmina quando si sente
inviolata e padrona d’ogni maschio che balla, che la
porta e le struscia il vestito, di seta da sera che
stasera ho deciso.
Oddio quanto è tardi! Sento
già Cecilia che ride in terrazza, sento altre voci che
non conosco, ma non sento quella di Claudio, forse non
sarà venuto, forse la moglie o l’altra hanno avuto
qualcosa di meglio da offrirgli. Di là tutto è pronto ed
io sono ancora qui chiusa, non è carino fare aspettare
gli ospiti, ma mi sono persa dentro lo specchio, perché
voglio assomigliare alla donna del sogno, che sciama e
cammina lungo una fila di maschi, che si sente padrona,
regina e non pensa che il vuoto che sente, possa essere
riempito da uno qualunque che stende le mani. Mi giro
tre volte mi guardo e mi scruto, il vestito mi fascia
senza una piega.
Oddio quanta gente! La terrazza
è piena di urla, di garbo e discorsi, di uomini in nero
e vestiti eleganti, una musica bassa, un soffio di vento
che alza le gonne, e tintinna i bicchieri e colora i
piatti, e le giacche di due camerieri pazienti e
cortesi. È samba latino, è una cena all’in piedi, è
Cecilia che appena mi vede, grida al mondo che non c’è
donna più bella. Oddio che figura. Eppure lo sono, porto
un vestito rosso che si svasa leggero sopra il
ginocchio, che si spacca tra il seno mostrando un
collier che da anni non porto.
È samba latino
passetti di nani, è gioia di dire che stasera ci sono,
che è la mia festa e non potevo sottrarmi a questi
quarant’anni passati. Marco fa capannello con tre
signore avvenenti, mogli di amici che io non conosco.
Sicura che sta raccontando una storiella un po’ spinta,
magari quella del genio che dice ogni volta. È felice lo
vedo, ci teneva stasera, di farmi vedere bella e che
donna! Che di questi anni non cambierebbe un giorno, che
dico un istante convinto che nessun’altra nel mondo
potrebbe amarlo come lo amo.
È samba latino, una
coppia che balla, due amici di scuola che non vedevo da
tempo. E poi Claudio … Oddio mi ero scordata! È seduto
in disparte e guarda i tasti del piano, ha l’aria
trasognata e ripete sottovoce parole spagnole. Mi
tremano i tacchi, le gambe, il bacino, ma faccio la
vaga, gli vado incontro e gli chiedo se vuole bere
qualcosa, gli vado vicino e ci fissiamo negli occhi. Ci
diamo del lei, come se fosse davvero il mio capo, e mi
sento sicura, in fin dei conti non avevo dubbi che si
sarebbe comportato da persona discreta, gli domando se
gli piace la casa e questa terrazza che s’affaccia sui
tetti di Roma. Lui non risponde e fissa il mio seno,
come un bimbo all’ora della pappa, come null’altro ora
potesse distrarlo. Cecilia è lontana e come sempre a
suo agio, immersa in discorsi d’arte e pittura, a
sbracciarsi d’elogi su un quadro sul muro che nemmeno
sapevo che avesse valore. Claudio si alza e mi prende da
bere, mi viene vicino e mi parla all’orecchio, “E’
incantevole mia splendida signora! Cosa darei per
scoparla stasera.” Oddio sono in difficoltà, arrossisco
e d’istinto indietreggio cercando con gli occhi mio
marito che balla.
È samba latino è un brivido
forte che si irradia a rami dal seno e ci torna
insolente come punta di spillo. Vedo mia suocera e
m’allontano stordita, le vado incontro e la bacio in uno
slancio che lei non capisce. Mi dice che è ora di far
servire la cena, che sono troppo distratta per gli onori
di casa, che la musica è troppo alta, i rustici al miele
sono davvero immangiabili e le bottiglie di prosecco
penosamente vuote. Mi parla la sento, ma il brivido
caldo mi fa vortice dentro, e tremare le gambe e
maledire le scarpe, troppo alte per non desiderare un
appoggio. Mi siedo su un vimini a dondolo e mi faccio
portare una grappa, mio marito mi vede e mi viene
vicino. “Sei splendida, ti amo!” Ma non aggiunge
nient’altro. Eccola la differenza tra marito ed amante,
la differenza tra la trasgressione e l’amore, il suo “ti
amo” non fa effetto, non mi penetra in pancia, rimane un
complimento sospeso nell’aria, che mi serve e m’aiuta
quando sono depressa, quando fa buio la sera e mi sento
da sola, ma ora non serve, è samba latino, è sangue
bollente nelle vene che scorre e irradia violento quel
“Ti voglio scopare!”
Due primi ed un secondo e
fiumi di vino, ogni tanto qualcuno s’avvicina, mi fa gli
auguri e mi bacia, fa battute e non crede ai miei anni,
che ne dimostro al massimo trenta, ma sono 40, quaranta
candele, mezzanotte passata, la torta, i regali e cori
d’auguri, tra poco il suggello di un bacio richiesto,
mentre la musica intona un samba latino.
Poi di
nuovo si balla in un gioco di specchi, vedo Claudio
rimasto fuori dal gruppo, mi fa cenno col capo e gli
vado vicino, ormai sollevata da ogni tipo di rito. Lo
invito a ballare e subito accetta, sopra le parole di un
samba latino. Che mi dicesse pure che mi vuole scopare!
Mi sento tranquilla perché la festa è piaciuta e sta per
finire, mi striscia e mi struscia il vestito da sera, ma
è un normale ballare tra la padrona di casa e un ospite
che per tutta la sera è rimasto in disparte. Pronuncia
il mio nome come se contenesse magia, voluttà inappagata
di una donna che finge che se volesse all’istante si
ritroverebbe distesa, dentro un motel oltre il Raccordo,
dentro l’auto di un parcheggio di notte, a sbattere le
gambe su un cruscotto di legno, a mostrargli la calza
per farlo eccitare ed arrotolarsi la gonna per farlo
godere. Ma non è così e lui non capisce che stasera
voglio essere inavvicinabile, che mi sento solo sposa e
fedele tra i calici alzati ed un coro di baci. Mi
stringe e mi costringe a tenermi distante, quella
distanza di niente che salva la faccia, che non fa le
pieghe al vestito e tiene da parte gli sguardi. Mi
ripete che m’ama che ha bisogno di pochi minuti dove
nessuno possa interpretare le labbra e guardarmi negli
occhi e sentirmi l’odore del seno che mostro e fa fatica
a guardare, delle gambe gemelle che mi vorrebbe
spartire. Vorrei dirgli che questa quarantenne non se la
merita e poi chiedergli perché m’ha tradita, ma le mie
parole rimangono in gola perché lui si struscia e mi
tocca. Ora è più forte il vapore, di parole pungenti che
fanno la breccia, vuole che taccia perché non crede a
quest’aria di moglie appagata, di padrona di casa
elogiata da tutti. Gli chiedo di sua moglie per farlo
freddare, ma niente, ora sento il suo sesso voglioso che
sfiora d’incanto il vestito.
Benedico la pianta
di benjamin che a stento ripara, mi dico che appena
posso lo mollo, mi sento che cedo, che cede la carne, ma
la musica gira e mi lascio rapire, poi di colpo urli e
frastuono. Cecilia è svenuta, qualche bicchiere di
troppo, c’è confusione, Claudio nel caos mi prende e mi
sento rapire, mi trascina dentro casa, nessuno ci guarda
e lui ne approfitta, avanza sicuro come se conoscesse il
tragitto, sicura che ha fatto le prove! Con una mano mi
tiene la spalla con l’altra il sedere, ora siamo nel
bagno, chiude a chiave e non molla la presa, mi conosce
e sa che deve sbaragliare la mente, perché la carne tifa
per lui, il seno, le gambe, la bocca, le calze, il
vestito sono dalla sua parte.
È samba latino,
vino che picchia, mani asincrone che vanno da sole, si
appoggia alla porta e m’abbassa la testa, con forza e
violenza, ma non servirebbe davvero, la paura che sale,
il fiato più grosso… Se qualcuno ci ha visto? È samba
latino, il suo sesso che esce, maschio che fa tremare le
gambe, parole che chiedono la bocca, le labbra. Mi
piego, abbondo saliva, lo prendo con forza, lo afferro
decisa, ma l’amore non scorre, abbiamo poco tempo non
possiamo aspettare, qualcuno che bussa e poi chiede
scusa, ma lui non demorde, mi tira su e mi appoggia al
muro, mi volta mi gira e mi tira i capelli, mi solleva
il vestito e non crede ai suoi occhi. Mi dice puttana,
mi chiede per chi mi ero conciata, lo eccita sentirmelo
dire che fiocchi e merletti hanno ancora un padrone, un
marito che ora sta accudendo Cecilia, che ora mi cerca
mentre sale un sospetto, che sua moglie è con un uomo
per caso, incontrato alla festa ed ora la fotte.
È samba latino, musica sporca, un sesso che entra,
mutandine strappate e morsi sul seno. È amore, ma che
dico? Passione neanche, è solo la rabbia di zittirmi la
voglia, l’orgoglio di un maschio che preme e riempie,
l’attesa che a breve esploderà in un fragore, la boria
di sostituirsi ad un marito. “Tappami la bocca, se ti è
rimasta una mano. Perché tra poco io urlo e nient’altro
più conta. Perché mi fai sentire puttana di un sogno,
d’essere presa a due metri dall’onta.” Ad un passo da
amici e parenti che adesso di certo avranno capito! Esce
e rientra, rallenta e rimane, spinge e mi nutre, i suoi
baci più caldi mi mordono dentro, mi fiaccano l’anima ed
io ruoto sul perno.
Di colpo qualcuno bussa, è
Marco che chiede cosa sia successo, rispondo che non ci
sono problemi, ma la mia voce è debole, mi manca la
forza. M’avrà cercata in ogni angolo di casa e non
potevo che essere in bagno, naturalmente sola, visto
Claudio non se lo ricorda nessuno. Mi chiede se ci sono
problemi, ma quale problema potrei mai avere in questo
momento, col seno schiacciato contro le piastrelle del
bagno, col vestito sgualcito arrotolato sui fianchi,
fusa al mio amante che colo olio bollente. Quali
problemi potrei avere con quest’ossesso che mi sbatte
per bene, che se ora potesse ripartirebbe all’istante.
“Tutto bene?” La voce di mio marito è più calma. Ci
divide soltanto una porta di legno, se fosse un pensiero
lieviterebbe la voglia, perché sto facendo l’amore con
l’amante in silenzio e il marito preoccupato che parla.
Ma è realtà cavolo!
Rimango immobile, ho paura
che abbia capito qualcosa, la paura prendere il
sopravvento e con il respiro strozzato maledico la sua
premura. Sarebbe bastato un secondo, un attimo dopo per
sentire l’orgasmo. Sono gonfia di voglia come una diga
che sale, senza uno sbocco per inondare la terra, la
casa, il bagno mio marito che chiede. Sento il cuore di
Claudio che batte, quasi mi sposta, muta gli faccio
cenno di uscire, da me e dalla finestra che dà sulle
scale. Intanto mi riaggiusto il vestito, tiro l’acqua
del bagno, prego sperando che anche stavolta Dio mi
abbia dato una mano. Mio marito ribussa ed io ora sono
tranquilla, speriamo che di questo trambusto non se ne
sia accorto nessuno, in fin dei conti come Cecilia ho
avuto soltanto un leggero malore, ma ora sto meglio e
apro la porta. Marco mi guarda, ma è soltanto un gran
bene di affetto, non sospetta e perché mai dovrebbe
pensare, che sua moglie s’è fatta scopare, durante la
festa dei suoi quarant’anni?
Ora mi sorregge, mi
chiama amore e mi bacia sul viso. Chissà se si accorge
che non porto più il rossetto e le mie mutandine
giacciono strappate sul pavimento? Ora ride, sollevato
ride e mi accomuna a Cecilia, solo che lei è svenuta
davvero, mentre sua moglie ha aperto le gambe come una
vacca da monta, e tornerebbe decisa a chiudersi a chiave
e godere ed urlare. Chissà se Claudio mi aspetta giù in
macchina? Chissà che darei per uscire un secondo! In
terrazza ancora si balla, mia suocera è alle prese con
un bambino trentenne, le due amiche di Marco ballano
assieme per mancanza di maschi.
È vero c’è
carenza di uomini, magari di uno che ti trascina di peso
nel bagno di casa nonostante il marito, che se ne fotte
del finto rispetto che una donna non va toccata nemmeno
con un fiore! E prende coraggio se la voglia gli sale, e
prende il suo membro per puntarlo deciso, per centrarlo
laddove si schiude e si apre, un fiore di donna come
conchiglia di mare, che fiacca e si nutre della forza
del maschio.
È samba latino sono pensieri
indolenti, di una donna che ora farebbe di tutto, quando
la festa è finita e c’è un letto che aspetta. A questo
punto davvero sono arrivata? Così mi sono ridotta?
Chiedere a mio marito di finirmi la voglia, che un altro
stasera ha portato su in alto, senza che un deltaplano
mi facesse planare. Quasi lo pretendo, in fin dei conti
è lui il colpevole, quello che ha interrotto lo tsunami
dal mare.
Lo vedo non ci pensa nemmeno, saluta
gli amici e sbadiglia dal sonno, sono sua moglie e
potrebbe farlo domani. In fin dei conti non c’è ragione
di farlo stasera, non c’è motivo che io sia attratta, e
stringo le cosce per non sentire la brama, e mi premo
sul ventre per farlo tacere. Sono punti di spilli tra le
mie gambe infuocate, è lava che scotta, rose piene di
spine che sembrano gigli, che urlano e gridano in sala
da pranzo.
Lentamente mi spoglio e spremo la
carne come arance e limoni in un succo di voglia, la
sento che cola che tracima lenta, nel solo bisogno di
sentirmi leggera, perché della passione che sbatte e ti
sbatte ne è rimasto soltanto l’odore, un uomo che scappa
dalla finestra del bagno e l’altro che russa disteso nel
letto.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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