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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Serata di beneficienza
 





Proprio stasera cavolo! Una marea di macchine mi precede e mi segue, sono praticamente bloccata in questo inferno di traffico. Non so cosa fare, fa anche freddo, allora accendo il riscaldamento, i vetri si appannano, penso a come sarebbe stato bello ora stare sotto le coperte… e invece sono qui intrappolata, sbadiglio, ascolto la radio, ma il calore della macchina mi dà sonnolenza…

Alla fine disperata cerco qualche strada alternativa, mi insinuo tra due auto e mi infilo in un vicolo dietro la stazione, ma anche qui c’è un altro ingorgo, allora mi rassegno, trovo un buco per parcheggiare e decido di proseguire a piedi. Guardo la mappa di Google, beh il Teatro Sistina non è molto lontano. Meno male! Spegno il motore e un lampo viola mi illumina a giorno. Cavolo adesso ci si mette anche la pioggia, ma è già tardi! Prendo la borsa, l’ombrello e scendo al volo dalla macchina.

Luca mi sta aspettando! Mi ha già mandato già una decina di messaggi: “Elisa, mi raccomando non fare tardi!” Si preoccupa perché mi conosce e sa che sono una ritardataria seriale, ma stasera non è colpa mia cavolo! È una serata di beneficienza, stasera danno Rugantino al Sistina, e lui non vuole fare brutta figura col suo capo. Già lo vedo che sta guardando impaziente l’orologio! Sento ancora dei messaggi in arrivo, oddio questi bip mi mettono angoscia! Allora silenzio il telefono e cerco di sbrigarmi, prendo una stradina laterale, cammino più in fretta, ma nel buio non vedo un avvallamento del marciapiede e inciampo. Cado come una patata lessa, ma mi rialzo immediatamente. Oddio che vergogna, spero nessuno mi abbia vista. Che frana che sono, ma non mi sono fatta nulla di male, il ginocchio è ancora intero, però ho smagliato la calza… Dio, mi erano costate un occhio della testa! E ora come faccio? Mica mi posso presentare così! Il Sistina, Rugantino, il capo, la moglie… e chi lo sente Luca! Devo rimediare immediatamente e meno male che sono una donna previdente e ho sempre un paio di calze di ricambio. Oddio no, ho cambiato borsa! Controllo, sento il rumore del cellophane… Che bello ci sono! Ma ora devo solo trovare il modo di cambiarmi.

Mi infilo dentro un portone. Faccio due passi nell’androne. Nella penombra intravvedo una bacheca con degli avvisi, le cassette della posta, una guardiola chiusa, la porta metallica di un ascensore e una scala che sale. Mi metto nell’angolo più distante dall’uscita tra la rampa e l’ascensore. Lo sapevo che stasera non era serata da reggicalze, ma anche se Luca non ci fa caso a me piace indossarlo e penso che stasera sia adatto per sentirmi bella dopo il teatro.

Tolgo le calze smagliate e infilo quelle nuove. Combatto con i gancetti, beh non sono esperta, non mi capita spesso di indossare un reggicalze! Penso, ci riprovo, ma tutto a un tratto sento un forte odore di vaniglia e talco, al buio non distinguo, vedo solo un’ombra controluce, muta e inquietante. Penso ad uno stupro. Urlo. Chiedo aiuto. Mi agito, si accavallano nella mia testa le scene di un film che ho visto poco tempo fa. Allora come la protagonista cerco di sferrargli un colpo, ma prendo solo aria. Un altro ancora, ma mi rendo conto che l’ombra è distante.
Lui è in piedi davanti a me, ma non è affatto minaccioso! Anzi con estrema calma mi dice: “Mi scusi non volevo spaventarla!” Ha una voce roca, bassa, profonda. Gli dico di andarsene, che ha già guardato abbastanza, ma lui rimane e per rassicurarmi mi dice: “Sono un inquilino di questo palazzo, non si preoccupi non voglio farle del male. Mi sono permesso di guardarla perché erano anni che non vedevo una donna in reggicalze. Lei è molto bella e soprattutto sensuale.” Ora lo distinguo, è un bell’uomo, avrà circa 55 anni, ha grandi occhi di un azzurro intenso e magnetico e i capelli di un grigio rassicurante. Ha una bellezza imbarazzante, ipnotizzante. Uomini del genere si vedono solo sulle copertine di Vogue, penso.

Immediatamente mi copro, ma sono stordita… non capisco niente. C’è qualcosa che mi travolge, è una strana sensazione! Lui mi viene vicino, mi dà la mano e si presenta. Forse intuisce il mio sguardo diverso allora mi dice che inavvertitamente ha visto le mie mutandine di pizzo, che sono incantevoli e che il destino chissà perché mai stasera ha voluto che lui le ammirasse. Lo prendo come un complimento del resto Luca non si è mai sognato di elogiare un pezzo di stoffa! Non capisce, non sa che la femminilità passa anche attraverso dei semplici e stupidi fiocchetti!

A quel punto gli sorrido e quasi mi scuso per la mia reazione. Lui mi dice che di questi tempi è più che logico essere diffidenti, però non molla la mia mano anzi mi avvicina a sé ed io non faccio alcuna resistenza. Ora non parla, sa che ogni parola sarebbe di troppo. Ci guardiamo intensamente, poi abbasso gli occhi quasi per pudore, faccio per prendere la borsa, dico: “È tardi, devo scappare.” Ma poi ritorno su quello sguardo penetrante. È più forte di me, sono frastornata, lui non può notare il mio imbarazzo, sono turbata e dopo qualche istante le nostre labbra si sfiorano.
Non dico nulla, lo lascio fare. Le sue mani mi accarezzano i capelli, il viso, il collo, poi scendono esperte lungo i fianchi e mi sollevano la gonna. È un movimento leggero, quasi impalpabile. Sono davvero rapita. La sua bocca è carnosa, il suo fiato è denso. Scopre il mio seno, lo accarezza appena, delicatamente, come fosse quello di una bimba. Mi sussurra che sono un fiore sbocciato per caso e che sarebbe un peccato non coglierlo. Non sono indifferente a quelle parole perché è una sensazione strana, mai vissuta prima, quasi di sudditanza in cui non è previsto il mio consenso e soprattutto la pur minima resistenza.

Chiudo gli occhi e mi abbandono, ora lo sento, la sua eccitazione sale, mi stringe, quasi come se volesse racchiudermi tutta nelle sue mani. Mi bacia ancora, sugli occhi, sul naso, dietro le orecchie. Poi mi solleva di peso, senza fatica, come fossi una piuma, mi spinge contro la parete e un attimo dopo, senza alcun permesso, si adagia tra le mie gambe. Sbalordita lo aiuto, scosto le mutandine e, cavolo, lo sento. Ora scivola dentro di me, senza alcun sforzo, è un movimento estremante naturale, come se ci conoscessimo da tempo oppure gli fosse tutto dovuto. Per un attimo ripenso allo stupro, mi chiedo se esistano violenze sessuali senza violenza, ma invece di gridare mi abbandono e subito dopo i miei respiri intensi si trasformano in gemiti cadenzati sempre più brevi, veloci, netti fino all’estasi totale. Urlo.

Saranno passati solo pochi secondi, mai mi era successa una cosa del genere, mi sento priva di forze, sento l’affanno del cuore, cerco di prendere aria, sono quasi felice, ma mi rendo conto che lui non ha goduto. Penso che se volesse lo rifarei ancora, almeno per accontentarlo, per ricambiare il piacere, ma lui rimane lì a guardarmi. Sorride, mi accarezza i capelli, mi copre il seno, ma poi si allontana. Sono sorpresa, faccio per avvicinarmi, ma lui è già oltre. Torna ad essere l’ombra muta di prima e sparisce nel buio della rampa di scale.

Rimango lì per un attimo appoggiata a quel muro, mi do della pazza: “Cavolo, ma che è successo?” Ma ora non ho tempo di pensarci, sarà tardissimo, penso a Luca che mi aspetta. Guardo il mio telefono muto. Ventuno messaggi, ma ora non ho tempo per rispondere. Appena fuori, al primo accenno di luce metto il rossetto, mi sistemo i capelli… La mia faccia è impresentabile. Riprendo i miei passi, più mi allontano dal quel posto e più sento un forte vuoto. Sono sconvolta! M’immergo nel caos di questa città. Cammino senza distinguere la realtà da quello che ho appena vissuto…. Mi sento leggera, come se da un momento all’altro spiccassi il volo. Spero che Luca non si accorga di nulla. Cazzo ma mi sento davvero leggera! Cammino o volo?

Ecco sono arrivata. È lì davanti al Sistina con il grande capo e consorte. Ha la faccia tesa e mi guarda allibito. Per giustificarmi accenno al traffico, alla pioggia, al parcheggio, ovvio non vado oltre… ma non c’è tempo per le spiegazioni. Entriamo in teatro. Stampo sulla mia faccia un’espressione da oca giuliva, parlo del più e del meno con la moglie del capo, ma in realtà mi sento imbarazzata. Dio se sapesse cosa ho fatto solo poco tempo fa! Non posso pensarci… Sarà passata più di mezz’ora ed io sento intorno a me ancora quel profumo di talco, forse di vaniglia, comunque di buono. Finalmente ci sediamo. La luce si spegne, ma io mi volto continuamente perché l’odore è forte e persistente come se lui fosse seduto dietro di me.

Mi volto ancora, il profumo persiste. Credo che si sia impregnato sulla mia pelle. Sono su un altro pianeta. Luca prende la mia mano, la stringe, ho un brivido, ma non è per la sua mano. Non riesco a concentrarmi, ho altro per la testa. Mi volto ancora, un signore mi sorride, ma non è lui, allora mi alzo e vado in bagno. Percorro barcollando il lungo corridoio di velluto rosso che porta alla toilette. Entro, mi chiudo, resto in silenzio. Appoggio le mani sul lavandino, respiro profondamente. Da fuori si sente la musica ovattata. “…Ciumachella ciumachella de Trestevere”, ma i miei pensieri sono altrove. Ripasso i momenti, i dettagli. Mi rammarico di non averlo fatto godere. “Che penserà di me? Che non sono capace nemmeno di far godere un uomo?”

Esco dal bagno, ripercorro il lungo corridoio, sono sola, di colpo la luce si spegne. Sento dei passi sempre più vicini e di nuovo quel profumo. Mi blocco, sento le sue mani su di me. Sento il suo respiro. La sua bocca mi sfiora, la lingua si insinua e mi bacia. Ricambio estasiata. Mi trascina, apre una porta, entriamo… Di nuovo mi solleva, mi spinge contro il muro, le mie gambe sono sui suoi fianchi, sento il suo sesso rigoglioso dentro di me, ma questa volta non scivola, mi penetra con forza, da maschio. Non gli resisto, mi lascio andare e godo dopo qualche secondo. Ma ora non voglio che finisca tutto così, non voglio un’ombra che svanisca, lo voglio reale e allora m’inginocchio. Avida lo afferro e cerco di provocargli piacere. Sento il suo sesso reagire, ci metto impegno, la mia bocca scivola al suo ritmo… Sento la sua mano sulla mia testa che mi dà il giusto ritmo. Chissà se è abbondante la saliva, chissà se sono vellutate le mie labbra? M’impegno, desidero con tutta me stessa il suo piacere. Sento che sta crollando, le sue mani ora sono appoggiate alla parete, come per non cadere, vado da sola, aumento il ritmo, ci sono… Oddio lo sento, sento i suoi nervi, le fibre che si tendono, il suo piacere imminente. “Sì ora sì, lo sento!” È la mia lingua che lo sta facendo godere, sono le mie labbra che si avvolgono a ventosa, la mia bocca che chiede… Eccolo… Sono esausta e contenta, sento il suo sapore in bocca, in ginocchio cerco di guardarlo, ma non distinguo la sua faccia, anzi ora vedo la solita ombra di spalle che scompare e proprio in quel momento sento un forte frastuono…

Mi trovo nella mia auto immersa nel traffico. C’è ancora quell’ingorgo pazzesco e tutti suonano. Cavolo mi sono addormentata! Guardo l’ora, mi accorgo di essermi addormentata per un solo minuto. La radio manda una canzone che conosco “Roma non fa la stupida stasera…” Ah già Rugantino! Non ci posso credere! Tutto un sogno. Tutto in meno di sessanta secondi… Nooo! Sono delusa, ma mi chiedo: “E se fosse stato vero?” Ma non ho tempo di pensare. Guardo di nuovo l’orologio mamma mia! È tardissimo e Luca sarà davvero infuriato. Ora si sta pure mettendo a piovere. Sono quasi arrivata. Vabbè, sai che ti dico? Entro in questa stradina e cerco un parcheggio…






Grazie Eli




 








Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Photo Fabrizio Romagnoli







 
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