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MUSICA PASSIONE
Storia e significato delle Canzoni
Un Giudice
Fabrizio De André
1971
“Giudice finalmente, arbitro in
terra del bene e del male! E allora la mia statura non dispensò
più buonumore a chi alla sbarra in piedi mi diceva "Vostro Onore.
E di affidarli al boia. Fu un piacere del tutto mio…”
Adamo mi parli del brano “Un giudice”? È un brano di
Fabrizio De André inserito nel quinto album in studio
del cantautore genovese e pubblicato nel 1971.
L’ispirazione dei brani proviene da alcune poesie tratte
dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters,
tradotta in italiano da Fernanda Pivano. Quest’opera,
che racconta la vita di alcuni personaggi sepolti nel
cimitero di Spoon River, è composta di 244 poesie e
parla di 212 personaggi diversi. Alcune di queste, otto
per la precisione, vennero lavorate e adattate alle
musiche e, in alcuni casi, modificate o ampliate.
Un progetto interessante… Quando uscì “Non al
denaro non all'amore né al cielo”, De André aveva 31
anni ed aveva già pubblicato quattro album: l'ultimo era
stato “La buona novella”, che raccontava la figura di
Gesù Cristo, basandosi anche sui vangeli apocrifi.
Questa volta però le canzoni erano destinate al cantante
Michele, come era successo tempo prima con l’album
“Senza orario senza bandiera” affidate al gruppo dei New
Trolls, ma vista la riuscita fu lo stesso De André a
portare avanti il progetto con la collaborazione di
Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani. Il disco fu
registrato negli studi Music Village di Roma.
Chi
sono i personaggi scelti da De André? Frank Drummer
(Un matto), il nano Selah Lively (Un giudice), Wendell
P. Bloyd (Un blasfemo), Francis Turner (Un malato di
cuore), Siegfried Iseman (Un medico), Trainor il
farmacista (Un chimico), Dippold (Un ottico) e infine Il
suonatore Jones.
Parliamo del giudice nano? Il
brano è tratto dalla storia di Selah Lively, un uomo da
sempre deriso e vittima di malelingue a causa della sua
bassa statura. Edgar Lee Masters lo misura in 5 piedi e
2 pollici, ossia 157,48 cm, mentre De André lo
semplifica in un metro e mezzo: “Cosa vuol dire
avere. Un metro e mezzo di statura. Ve lo rivelan gli
occhi. E le battute della gente. O la curiosità. D'una
ragazza irriverente. Che vi avvicina solo. Per un suo
dubbio impertinente. Vuole scoprir se è vero. Quanto si
dice intorno ai nani. Che siano i più forniti. Della
virtù meno apparente. Fra tutte le virtù. La più
indecente…”
Immagino il disagio… Direi non
poco, preso in giro e sbeffeggiato da tutti, nel suo
animo cova solo rancore e risentimento verso gli uomini
e le malignità: “Passano gli anni, i mesi. E se li conti
anche i minuti. È triste trovarsi adulti. Senza essere
cresciuti. La maldicenza insiste. Batte la lingua sul
tamburo. Fino a dire che un nano. È una carogna di
sicuro. Perché ha il cuore troppo. Troppo vicino al buco
del culo…”
Allora cosa fa? Semplicemente
studia, si laurea in giurisprudenza e alla fine diventa
giudice e, in questo modo, si vendica della sua
infelicità attraverso il potere di giudicare e
condannare: “Fu nelle notti insonni. Vegliate al lume
del rancore. Che preparai gli esami. Diventai
procuratore. Per imboccar la strada. Che dalle panche
d'una cattedrale. Porta alla sacrestia. Quindi alla
cattedra d'un tribunale. Giudice finalmente. Arbitro in
terra del bene e del male…”
Quindi si vendica
incutendo timore a coloro che prima lo avevano deriso:
Esatto, gode nel vedere alla sbarra coloro che lo
prendevano in giro, gode sentirsi chiamare "Vostro
Onore", gode nel sapere di essere la persona più
importante dopo Dio, gode nel mandare dal boia il
disgraziato di turno, e cosciente del suo potere dispone
a suo piacimento pene e condanne: “E allora la mia
statura. Non dispensò più buonumore. A chi alla sbarra
in piedi. Mi diceva "Vostro Onore". E di affidarli al
boia. Fu un piacere del tutto mio…”
Come si
conclude la storia? Forse si rende conto di aver
esagerato in vita e in punto di morte inizia ad avere
paura temendo il giudizio del Sommo Giudice. Allora si
inginocchia perché, sembra dirci De André, sono proprio
le persone più potenti e arroganti ad essere forti con i
deboli e zerbini con chi sta sopra di loro: “Prima di
genuflettermi. Nell'ora dell'addio. Non conoscendo
affatto. La statura di Dio…”
Qual è il
significato? Come in “Un matto”, anche in questa
canzone il tema principale riguarda l'invidia come
motore dell'agire dell’uomo al punto che ritiene la
vendetta unico sfogo possibile. Quindi converte la
rabbia in forza in modo da portare avanti la sua
vendetta. Se ci pensi bene non è poi tanto dissimile da
un sociopatico moderno, De André in effetti non fa altro
che descrivere i processi mentali che attraverso
l’umiliazione e la frustrazione portano alla nascita del
mostro.
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