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Cinque minuti e poi?
Adamo Bencivenga
.
Non è ancora tardi, ma mio
marito mi starà già aspettando davanti al ristorante!
Finora mi ha mandato una decina di messaggi, tutti dello
stesso tenore: “Elisa, mi raccomando non fare tardi!”
Anche se non è ancora scattata l’ora X freme, si
preoccupa, perché mi conosce e sa che sono una
ritardataria seriale. Tra venti minuti devo essere lì.
Stasera abbiamo una cena col suo capo, è in odore di
promozione e non vuole fare brutta figura. Cammino,
cerco di sbrigarmi, prendo una stradina laterale,
conosco la zona, non ho paura di perdermi, ma proprio in
quel momento ricevo un messaggio su Whatsapp. È di
Emanuele, il direttore dell’azienda dove lavoro. Col
telefono aziendale riesce ad individuare tutte le
posizioni dei suoi dipendenti: “Elisa, lo sai che in
questo momento stai passando proprio sotto casa mia?”
Oddio non ci credo, per la fretta mi ero dimenticata di
spegnere il telefono, di solito lo faccio non appena
esco dall’ufficio. Rileggo due volte il messaggio, mi
sembra strano che sia lui, il messaggio
è confidenziale ed insolito, e poi non sapevo che abitasse
qui!
Emanuele è un bel tipo, pieno di fascino, un
uomo così attraente che più di una volta ci ho fatto dei
pensierini, lo ammetto, ma non è mai successo nulla.
Seduto alla sua scrivania di solito ha l’aria distaccata
e autoritaria... mai una parola di troppo, mai una
confidenza. Sguardo impenetrabile, deciso nella vita, un
uomo di successo sempre elegante in giacca e cravatta.
Non so perché, ma quando entro nella sua stanza mi
tremano le gambe anche se poi di solito mi chiede
qualche documento o il resoconto dell’ultimo mese! Nulla
più. So che è sposato con una signora brasiliana che
vive la maggior parte dell’anno nel suo paese.
Sto per rispondere con una faccina sorridente e
togliermi dall’imbarazzo, ma lui mi anticipa con un
altro messaggio: “Se vuoi puoi salire su e ci prendiamo
un drink, civico 78, scala B, primo piano, interno 3.”
Mi chiedo a cosa sia dovuto tutto questo interesse, ma
allo stesso tempo non mi sembra vero! Porca misera
proprio adesso doveva materializzarsi l’uomo dei miei
sogni? Non so che rispondere, alzo lo sguardo verso il
civico. Non è possibile! Sono proprio davanti al suo
portone! Col cuore in mano combatto tra il desiderio e
la ragione, faccio per andare, due passi, ma poi come se
avessi una catena attorno al collo mi blocco. Ci
ripenso. Che faccio? Rifaccio a mente il percorso fino
al ristorante, calcolando che mancano ancora cinque
minuti di strada a piedi, mi rimane meno di un quarto
d’ora.
Beh sì un drink potrei anche accettarlo…
Non so che fare, ferma sul marciapiede mi guardo
intorno, ho paura che qualcuno mi stia osservando. Sì lo
so, sono vestita elegante, il vestito è corto. Un
signore col cane passa e mi guarda senza parlare, un
tassista dalla sua auto mi fa un apprezzamento osceno,
allora mi decido e mi infilo dentro il portone per
prendere tempo. Faccio due passi felpati nell’androne,
come fossi una ladra. Mi guardo intorno.
Nella penombra intravvedo una
bacheca con degli avvisi, le cassette della posta, una
guardiola chiusa, la porta metallica di un ascensore e
una scala che sale. Mi illudo che lui mi abbia vista
entrare nel portone e quindi non posso tornare indietro.
Allora salgo. Gradino dopo gradino sento il mio fiato
denso… Ora sono sul pianerottolo leggo: interno 3 Dr.
Emanuele Giunta. Solo una porta di legno ci divide dal
mio desiderio recondito.
Sento dei rumori che
provengono dalla strada, il mondo fuori continua a
girare vorticosamente, ma dentro questo palazzo c'è un
silenzio cupo, quasi surreale. Non suono, non busso, ma
la porta magicamente si apre. Mi stava aspettando!
Davanti a me si materializza un contorno di uomo quasi
al buio, si sposta per farmi entrare! Sorride e con
estrema calma mi dice: “Scusami se sono stato troppo
invadente!” Ha la voce roca, bassa, profonda. Ora si
scosta dal cono d’ombra e lo distinguo, è sempre un
bell’uomo, 55 anni portati alla grande, due occhi di un
azzurro intenso e magnetico, i capelli di un grigio
rassicurante. Ha una bellezza imbarazzante,
ipnotizzante. Uomini del genere si vedono solo sulle
copertine di Vogue, penso.
Chiude la porta alle
mie spalle e mi fa accomodare in una grande sala da
pranzo, obbedisco immediatamente, le gambe mi tremano.
Lui senza chiedermelo prepara un drink e poi mi dice:
“Chi lo avrebbe mai detto! Elisa è strano vederti qui.”
Già chi lo avrebbe mai detto… io e lui, praticamente due
mondi opposti, due vite a distanza siderale… Lo guardo,
eppure, penso, qualcosa ci unisce, la mia passione
recondita che si incastra perfettamente col suo
desiderio. Perché non c’è dubbio che mi abbia fatta
salire per quel motivo e in un certo senso mi fa
piacere.
Comunque lascio cadere il discorso,
qualunque cosa dicessi rischierei di compromettermi,
questo è solo un approccio, penso, ma metto comunque le
mani avanti e gli dico che sono salita solo per un
saluto al volo, che sono in estremo ritardo e che ho
fretta perché tra quindici minuti mio marito mi aspetta
in un ristorante qui vicino. La mia voce ha un leggero
affanno, spero non si accorga dell’emozione. Per fortuna
non mi sta ascoltando: “Sei diversa dal solito, non so
saranno i capelli sciolti, il vestito nero, ma sei
decisamente sensuale.” Abbasso lo sguardo, ma lui
insiste: “Tuo marito è molto fortunato… se avessi una
donna così la chiuderei sotto chiave come un gioiello di
inestimabile valore.”
Ecco mi sta corteggiando,
ci sta provando… in un altro momento avrei toccato il
cielo con un dito, ma ora è tardi, guardo l’orologio.
Rimangono solo una manciata di minuti, la mia ansia è
più che evidente, lui se ne accorge e
dice: “Beh dai rilassati, ti prometto che
non ti farò fare tardi…” Penso che comunque vada è
decisamente un approccio da sfruttare in un altro
momento, magari un invito a cena, un dopo cena, ma lui è
di un altro parere. Infatti non perde tempo, si siede
accanto a me sul divano: "Sei bellissima
sai..." E nel contempo le sue mani mi accarezzano i
capelli, il viso, il collo. È un movimento leggero,
quasi impalpabile. Nulla di erotico, ma estremamente
confidenziale. Sono davvero rapita. Si avvicina, la
distanza è quella che non ammette dubbi. Penso sia
questo il momento, che potrei ancora alzarmi e andare
via, ma quella mano esperta scene lungo i miei fianchi.
Mi dice che adora la mia calza nera e le mie gambe piene
di imbarazzo si aprono automaticamente al tocco leggero
del suo pollice destro.
Non ci posso credere di
essere al centro del suo desiderio, chissà quante volte
avevo sognato questo momento, di essere la prescelta tra
le tante in ufficio che gli fanno il filo ed ora mi
ritrovo a fare i conti col tempo
e con la fretta. Lui intanto mi bacia, la sua bocca è
carnosa, il suo fiato è denso, mi piace da impazzire
sentire le sue labbra sulle mie, la sua lingua calda e
fresca che cerca la mia. Sento le sue mani ovunque,
fianchi, viso, gambe, seno... Mani sconosciute che mi
fanno sobbalzare ad ogni minimo spostamento. Tesa e
desiderosa non parlo, i miei dubbi svaniscono ad ogni
suo bacio, non importa se sono sposata, non importa se
tra cinque minuti devo essere al ristorante, in questo
momento non desidero altro che i suoi baci. Qui non c’è
altro, solo io e lui e il mondo fuori, ancora per
qualche minuto, non si accorgerà della mia assenza.
Sento la sua eccitazione, mi alza il vestito, vuole
ammirarmi e conoscere ciò che già crede suo.
Immediatamente mi copro, ma sono stordita… non capisco
niente. C’è qualcosa in lui che mi ha sempre stravolto,
è una strana sensazione. Se qualcuno
dovesse chiedermi quale sia il mio tipo ideale
sceglierei senz'altro lui, uomo forte e deciso, che non
chiede e non aspetta. Ora sento il suo odore, non riesco
a resistergli. Allora lo aiuto alzo il vestito fino ai
fianchi, non smette di dirmi che sono stupenda, che sono anni che
non vedeva una donna in reggicalze, che le mie mutandine
di pizzo sono incantevoli e che il destino chissà perché
mai stasera ha voluto che io le mettessi e lui le
ammirasse. Lo prendo come un complimento del resto mio
marito non si è mai sognato di elogiare un pezzo di
stoffa! Non capisce, non sa che la femminilità passa
anche attraverso dei semplici e stupidi fiocchetti!
Ci guardiamo intensamente senza parlare, forse
entrambi sappiamo che in questo momento ogni parola
sarebbe di troppo, poi abbasso gli occhi quasi per
pudore, ma non faccio alcuna resistenza perché lui non
molla. Mi dice che ha bisogno di sentire il mio sapore e
in un lampo si inginocchia davanti a me e il suo viso
ora è
tra le mie gambe, mi scosta le mutandine
e la sua bocca gioca delicatamente con
le mie intimità, sento la sua lingua penetrarmi, lo
lascio fare. Sento le sue dita, mi accarezza appena,
delicatamente, come fosse il sesso di una bimba. Mi
sussurra che sono un fiore sbocciato per caso e che
sarebbe un peccato non coglierlo.
Lo guardo, mi
eccito, mi dico: "Elisa, ma ti rendi conto che il viso
sempre austero del tuo direttore ora si sta impregnando
dei tuoi umori?" I miei gemiti
gli danno la forza di continuare, di sentirsi maschio ed
ora più deciso preme, lecca, succhia, mi paragona allo
zucchero filato davanti ad una giostra, ed io non sono
indifferente, il mio respiro si fa più pesante. Chiudo
gli occhi e mi abbandono, la sua eccitazione è al
limite, mi stringe, quasi come se volesse racchiudermi
tutta nelle sue mani, come fosse lui il padrone del mio
tesoro. Avverto una sensazione strana, mai vissuta
prima, quasi di sudditanza in cui non è previsto il mio
consenso e soprattutto la pur minima resistenza.
Mi porta al limite e poi smette, poi si alza e mi
solleva di peso, senza fatica, come fossi una piuma, mi
spinge contro la parete e un attimo dopo, senza alcun
permesso, si adagia tra le mie gambe. Lo sento esperto,
ordinato, ogni suo movimento non è lasciato al caso,
chissà quante donne avrà fatto godere proprio contro
questa parete con la scusa del GPS. Si sbottona i
pantaloni, per un solo attimo cerca di giustificarsi
dice che proprio stamattina si è fermato in farmacia.
Non gli credo, ma non mi importa, anzi sono felice, lo
voglio dentro e sentirmi libera!
Sbalordita lo
aiuto, scosto le mutandine e, cavolo, lo sento. Ora
scivola dentro di me, senza alcuno sforzo, si muove
avanti e indietro, è un movimento estremante naturale,
come se avessimo fatto da sempre l’amore oppure gli
fosse tutto dovuto. Lo sento, Dio che bello! Mi perdo
nel piacere, mi prendo quel piacere, sto ansimando,
sento i suoi fianchi possenti, la sua forza vitale.
Colpi decisi, netti dentro il mio piacere in fiamme.
Incollata alla parete vorrei gridargli che per me è
sempre stato l’uomo irraggiungibile, l’uomo dei miei
sogni ricorrenti, l’uomo con cui faccio l’amore quando
sto con mio marito, ed ora invece è qui, dentro di me,
col suo sesso caldo, maschio, duro, mio. Ma lui mi anticipa,
mi dice che più di una volta mi ha immaginata nuda nel
suo ufficio oppure in ginocchio sotto la sua scrivania.
Per un secondo mi chiedo cosa mai penserà di me,
che sono salita apposta con l’intenzione di scopare, che
la do a chiunque mi manda un messaggino malizioso,
oppure pensa che sia la classica moglie insoddisfatta
che si accontenta di cinque minuti di sesso. No, non è
così, il mio è solo uno sfizio che volevo togliermi da
tempo, un capriccio non alla portata di tutte. Perché lo
guardo e quasi non ci credo. Lui spinge, mi sussurra
qualcosa, forse mi sta dicendo che sono una porca, forse
non me lo sta dicendo, ma io mi sento così e non fa
nessuna differenza se lo pensa o lo dice. Spinge ancora
senza trattenersi, mi stringe forte i fianchi, mi
abbandono, mi faccio più capiente, alzo una gamba per
sentirlo meglio, tra l’anima e le ossa, penso sia questo
il momento, gli grido di non smettere di scoparmi
ancora, i miei respiri si fanno sempre più veloci,
brevi, rapidi, netti fino all’estasi totale. Urlo.
Apro gli occhi, lui è immobile davanti a me,
stremato non ha neanche la forza di sorridere. Mi chiedo
se gli sia piaciuto, il mio cuore batte all'impazzata,
le gambe mi tremano, la testa mi gira, abbasso il
vestito, cerco uno specchio. Il pensiero torna a mio
marito, cavolo devo ricompormi. Mi guardo intorno, i
mobili, i quadri, un tappeto, una grande pianta, le
tende alla finestra, tutto ciò che non avevo notato
prima, tutto miseramente anonimo. Non ci capisco nulla,
mi chiedo se davvero ho fatto l’amore. So solo che devo
andare, anche se starei qui in eterno. Penso che se
volesse lo rifarei ancora, ma lui rimane lì a guardarmi.
Sorride, mi accarezza svogliatamente i capelli, con un
gesto paterno mi copre il seno e poi si allontana.
Faccio per avvicinarmi, vorrei comunicargli
ufficialmente che è stato il primo. Il mio primo amante!
Oh amante! Che parola impegnativa! Forse per lui sono
stata solo una scopata! Lo guardo, è di nuovo il mio
direttore, ma un attimo dopo mi sorprende, mi dice che
vuole dare un senso a questo incontro, in modo che non
rimangano solo cinque minuti. Si avvicina, mi alza il
vestito e con fare da esperto fa
scivolare le mutandine lungo le mie gambe e dopo averle
annusate, le poggia delicatamente nella mia borsa:
"Durante la cena con tuo marito mi penserai vero?" Non
rispondo, sono piacevolmente sbalordita,
dico soltanto: "È tardi, devo andare!" Lui sorride e mi
bacia.
Chiudo la porta e
scendo le scale, guardo l’orologio, già cinque minuti!
Mai mi era successa una cosa del genere, mi sento priva
di forze, sento l’affanno del cuore,
sento l'aria che asciuga le mie
intimità, sono quasi felice. Cinque minuti sono bastati,
anche se non mi cambieranno la vita, perché è tardi, più
tardi di prima, penso a mio marito che mi aspetta.
Guardo il mio telefono muto. Ventuno messaggi, ma ora
non ho tempo per rispondere. Appena fuori, al primo
accenno di luce metto il rossetto, mi sistemo i capelli…
La mia faccia è impresentabile. Riprendo i miei passi,
più mi allontano dal quel posto e più sento un forte
vuoto. Sono sconvolta! M’immergo nel caos di questa
città. Cammino senza distinguere la realtà da quello che
ho appena vissuto…. Apro la borsa e
ringrazio il mio meraviglioso direttore, se non fosse
per queste mutandine direi che è stata solo una
parentesi da dimenticare in fretta! Mi sento leggera, come se da un
momento all’altro spiccassi il volo.
Chissà cosa succederà domani? Per ora cammino e da un’auto in sosta
escono le parole di una vecchia canzone degli anni
sessanta: “Cinque minuti e poi?”
|
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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