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RACCONTI 
Adamo Bencivenga
I giorni della merla
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Erano i giorni della merla, erano gli anni di fanciulla,
con la neve sopra il tetto e il camino sempre acceso, e
fuori un vento gelido che seccava pelle e mani, e tutto
intorno un grigio cupo, come il freddo che faceva.
Lui era solo un uomo adulto, incontrato il giorno
prima, alla festa di mia sorella, che compiva diciotto
anni. Bussò alla mia finestra e mi chiese di uscire, e
muti camminammo senza dire una parola, finché dietro una
siepe fitta prese la mia mano e mi disse che ero bella,
più bella di sua moglie e che ero la prescelta tra le
tante quella sera.
Ci fermammo poco dopo, dietro
i rovi delle more, e per scaldarci ci baciammo al riparo
di quel vento, anche se non ero pronta, anche se non era
amore, ma solo un’occasione per crescere più in fretta.
La sua faccia una corteccia, i suoi guanti tra i miei
seni, tra la patta un ramo caldo, come un bulbo nella
neve, ma era solo una bocca adulta, che sapeva di buon
vino, che ora dietro mi beccava, come i galli nel
cortile.
Lui mi chiamava senza un nome, come
fossi una merla, che ripara sotto il tetto e canta ai
maschi tutt’intorno. Mi ripeteva che ero bella, senza
mai guardarmi in faccia, mi diceva ch’ero donna, ch’ero
fatta su misura, per via del mio seno, grande un
nocciolo di pesca, per via delle mie gambe, come tana
delle talpe.
Erano i giorni della merla, era
l’ultimo dei sogni, mi diceva che era l’ora, senza dire
quale fosse, mi diceva che ero brava senza averlo mai
fatto. Mi accarezzava piano piano, le sue dita
dappertutto, e per sentirmi grande, e per sentirmi
esperta, lo invitai con un sorriso alzandomi la gonna,
come avevo visto fare, accennando ad una smorfia, al
ballo il giorno prima, sul fienile a mia sorella.
Erano i giorni della merla, era l’ultimo dei sogni,
l’amore di fiori colti, il miraggio e l’illusione, e
rose, rose, rose, e viole viola e margherite, come
l’avevo immaginato, come mai sarebbe stato. Tra le
sterpaglie fredde e secche, m’abbandonai senza sapere,
che per essere una donna, sarebbe bastato poco meno. E
poi chiusi gli occhi stretti, e schiusi le mie labbra,
proprio come fa la rosa, sonnacchiosa al primo sole.
Erano i giorni della merla, alla fine di gennaio, e
non mi accorsi dei suoi baci, solo denti tra i capelli,
e non pensai che fosse un giorno, che non avrei più
scordato, che sarebbe poi rimasto indelebile per sempre.
Allargai le mie gambe come avevo visto fare e sentii un
dolore intenso, come un taglio quando è freddo, e sentii
il suo ramo nudo, senza gemme e nodoso, farsi strada in
quel punto, dove il cuore è più distante.
Erano i
giorni della merla, parole mai sentite prima, che ero
fatta per l’amore, che ero già una donna adulta, calda,
umida e bollente, come Lilly nella stalla, come un nido
accogliente, come quello della merla. Poi amore soffiato
appena, come fiato urlato piano, le sue mani strette a
morsa sui miei fianchi e sul mio seno, poi gemiti
veloci, e un grido cavernoso, dentro il vuoto che fa la
neve, nel rimbombo del silenzio.
Erano i giorni
della merla, come oggi tempo prima, lui si rivestì di
fretta senza dirmi una parola, né che fossi bella, né
che fossi brava, ed io aspettai invano, un coro, un
bacio umido di sole, o un bagliore di giallo denso che
sfumasse all’orizzonte, un suono, una carezza, per
poterla ricordare.
Erano i giorni della merla,
era l’ultimo dei sogni, lo vidi poi andare, ma non gli
dissi niente, aveva fatto il suo dovere ed io mi sentii
grande, perché si sa che la vita offre, un caso e
un’occasione, che noi chiamiamo amore, ma è solo un
istinto, in armonia con l’intorno, nella natura delle
cose, come quando gli offrii il mio nido, bocconi sulla
neve, alla ricerca di pagliuzze, proprio come fa la
merla.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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