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RACCONTI D'AUTORE
 


Adamo Bencivenga
La bancaria



Foto Manfred Digruber


 
Abitavo in un piccolo paesino della provincia veneta. Ero sposata e studiavo all’università di Padova, quando a 27 anni mi laureai in Economia e Commercio e mi si offrirono diverse possibilità di lavoro. Tra le tante scelsi per pura comodità la proposta della Cassa Rurale del mio paese, una piccola banca molto operativa nella zona. Il direttore dell’agenzia Alvise Bianco, che conoscevo di vista, era anche uno degli azionisti della banca. Mi accolse scrutandomi da capo a piedi e dicendomi che finalmente avrei portato una ventata di gioventù in quella banca. Data la mia inesperienza lavorativa e le mie incertezze fu subito molto disponibile con me: “Clara lei è una ragazza capace e intelligente cosa vuole di più dalla vita? Sono sicuro che ben presto diventerà più brava di me!”

Aveva ragione! Grazie anche alla sua pazienza dopo tre mesi di tirocinio sul campo fui in grado di andare da sola tanto che a volte mi capitava di rimanere sola in agenzia e sbrigare le richieste dei clienti in completa autonomia. Insomma stavo diventando davvero brava e Alvise, con il quale nel frattempo ci davamo del tu, non mancava occasione per elogiarmi anche davanti a mio marito. In questo piccolo paese di poche anime capitava spesso di incontrarci anche nel week end e per ringraziarlo insieme a mio marito ci sentimmo in obbligo di invitare lui e la moglie a cena. Certo erano molto più anziani di noi, ma nonostante l’età via via nacque un buon rapporto di amicizia anche con sua moglie.

Alla prima semestrale raddoppiammo gli utili anche grazie ai miei studi sugli investimenti esteri. Quel giorno Alvise entrando in agenzia trionfante non smise di sottolineare il mio apporto più che fattivo e per festeggiare l’evento organizzò una cena in un famoso ristorante della zona a cui eravamo invitati la sottoscritta e il mio collega Mauro, unici dipendenti di quell’agenzia.

Ero davvero in un brodo di giuggiole! Tornando a casa mi fermai in una pasticceria per comprare delle paste e appena rientrata abbracciai mio marito. Gli parlai della cena e dei miei grandi dubbi su cosa indossare, e lui, contentissimo dei miei successi, mi disse che in quelle occasioni era d’obbligo un vestito scuro.
Sconsolata davanti all’armadio mi resi conto di avere un solo abito nero ed elegante adatto all’occasione, ma decisamente scollato. Gioco forza lo indossai mettendo sopra un giacchino corto per mascherare la scollatura.

Ero ormai pronta quando ricevetti un messaggio da Alvise con scritto che Mauro, per un improvviso mal di denti era costretto a rinunciare. Tremendamente a disagio avrei voluto rinunciare e chiesi consiglio a mio marito. Lui però mi disse che non sarebbe stato opportuno rinunciare per cui mi ritrovai in quel posto di lusso da sola col mio direttore.

Per tutta la cena Alvise elogiò le mie capacità dicendomi che il successo di quei sei mesi era tutto merito della mia dedizione al lavoro e della mia bellezza. La cosa mi gratificò enormemente anche perché era la prima volta che Alvise faceva riferimento al mio aspetto fisico. Certo sì ero una donna piacente, ma fino ad allora non avevo pensato che il mio modo di fare fosse l’arma in più che serviva a convincere i miei compaesani a stipulare polizze assicurative, aprire conti e investire su fondi esteri.

Alvise durante quella cena non si limitò a quello, parlò anche dei suoi rapporti con sua moglie e della mancanza di entusiasmo. Erano sposati da oltre 25 anni e a suo dire vivevano da anni come sorella e fratello. Sorridendo maliziosamente aggiunse che avrebbe avuto bisogno di una giovane e bella donna come me per provare di nuovo quelle emozioni sopite da tempo. Sarà stata l’atmosfera, il vino buono, la sua galanteria di uomo navigato, insomma mi sentivo bene e senza pensarci mi tolsi il giacchino mettendo in mostra le mie forme generose.

Lui guardandomi non resistette a dirmi che al momento della mia assunzione ci aveva visto giusto congratulandosi con me per aver portato una dose di femminilità non indifferente in quell’agenzia. Naturalmente sorrisi senza rispondere, ma compresi che in quel momento mi trovavo di fronte ad un vero e proprio corteggiamento quando fissando il vestito scollato mi disse che a breve era intenzione della banca aprire una seconda agenzia in paese ed io, se lui avesse messo una buona parola con la Direzione, avrei potuto essere la prescelta.

Conoscendomi aveva toccato i tasti giusti per la mia ambizione indicandomi la strada che più rapidamente mi avrebbe portato al successo personale. Da quella sera le sue attenzioni divennero sempre più pressanti e quando rimanevamo soli in agenzia non perdeva occasione per avvicinarsi alla mia scrivania e poggiare la sua mano sulla mia spalla o farmi i complimenti su come vestivo e cosa secondo lui avrebbe ancor più marcato la mia femminilità.

Condizionata dal suo giudizio e dalle prospettive di carriera cercavo ogni mattina davanti allo specchio di casa di accontentarlo. Mio marito notò questo cambiamento e una sera a cena mi fece capire che essendo il destino molto avaro, alle volte occorreva assecondarlo e sfruttare le occasioni che di solito passavano solo una volta nella vita, aggiungendo che avrei potuto continuare a prendere la pillola e rimandare per il momento il nostro progetto di avere un figlio. Insomma mi stava spronando perché lui mi vedeva già come una donna in carriera, di certo più di quanto al tempo ne pensassi io.

Rinfrancata da quelle parole spinsi decisamente il piede sull’acceleratore scegliendo gonne sempre più corte, camicette trasparenti, scarpe col tacco alto nonché calze sempre più sexy sapendo benissimo che quel posto da direttrice passava necessariamente per la mia disponibilità.

E fu così che un venerdì pomeriggio, seduta alla mia scrivania dopo la chiusura dell’agenzia, Alvise, notando il bordo di pizzo della mia autoreggente nera, mi coprì di complimenti: “Dio mio quanto sei bella, Clara!” Poi avvicinando alla mia scrivania ruppe ogni indugio e mi baciò.
Non fui affatto sorpresa e non voltai il viso quando sentii la sua lingua insinuarsi tra le mie labbra. Fu un bacio interminabile con le sue mani impazzite che non sapevano bene cosa toccare. Dapprima il seno, poi i fianchi fino a quel merletto della calza che era stato la molla scatenante del suo ardire. Lo lasciai fare anche quando senza più remore la sua mano arrivò tra le mie gambe al centro del piacere e soprattutto quando appoggiata alla scrivania sentii il maschio consistente premere attraverso i pantaloni sulle mie grazie.

Mi chiese se fossi pronta, cose se quello fosse un percorso già stabilito e necessario per la mia carriera. Annuii e prendendomi per mano andammo alla toilette e ci chiudemmo dentro a chiave. Ero decisa e non pensai affatto in quel momento di essere troppo avventata. In fin dei conti era un passo necessario e infatti, durante l’amore, per mettere in chiaro la situazione, non gli chiesi frasi stupidamente romantiche o da quanto mi avesse desiderato fino ad allora, ma semplicemente gli feci capire quanto fossi interessata a quel posto. Lui come un bimbo al circo, si lasciò andare a ogni tipo di promessa giurando più volte che avrebbe fatto di tutto per accontentarmi.

Il mio disegno non prevedeva ripensamenti per cui quella non fu l’unica volta, anzi i nostri incontri segreti divennero periodici e sempre più frequenti. Per non dare adito a voci di paese decidemmo di vederci una volta a settimana dopo l’orario di lavoro in un motel distante oltre 30 km dal nostro paese. Determinata sull’obiettivo e consapevoli entrambi sulla natura di quel rapporto non vi fu mai tra noi alcun trasporto sentimentale. Tra l’altro, essendo una donna poco passionale, durante quegli incontri, così come avveniva con mio marito, difficilmente arrivavo all’orgasmo. Alvise si accorse di quella mia freddezza, ma visto che tecnicamente ero ineccepibile non saltò mai un incontro, finché dopo circa quattro mesi arrivò la sospirata nomina.

Lui aveva mantenuto le promesse e dopo l’apertura della nuova agenzia nel primo periodo Alvise mi aiutò mandandomi diversi clienti della vecchia agenzia, ma poi quando dovetti proseguire da sola iniziarono i guai. Ne parlai con lui durante uno dei nostri incontri settimanali e lui senza mezzi termini mi disse che quello era solo l’inizio e che per conquistarmi un posto al sole dovevo dare corpo e anima nel vero senso della parola. “Clara ora comincia il difficile e tu sai benissimo che la sola competenza non sarà affatto sufficiente per arrivare ai vertici.” Beh sì ripensando a come avevo conquistato quel posto non potevo non essere d’accordo con lui, anche se nei primi tempi mi ero illusa di far valere semplicemente la mia professionalità.

Alla fine del primo trimestre avevo stipulato una decina di contratti, aperto una cinquantina di conti correnti, un solo penoso mutuo e niente polizze assicurative. Depressa e sconsolata la mia prima intenzione istintivamente fu quella di buttare la spugna e tornare a fare l’impiegata con Alvise nella vecchia agenzia, ma spinta anche da mio marito: “Clara non ti devi arrendere!” misi in pratica il mio piano B.

Per prima cosa buttai i miei tailleur giacca e pantaloni, molto professionali, ma decisamente inefficaci e ripresi a vestirmi come ai tempi di Alvise con abiti corti e scollati e poi in agenzia cambiai la vecchia scrivania di legno con una col piano di cristallo in modo che i clienti potessero vedermi a figura intera comprese le mie belle gambe.

L’effetto fu immediato, in poco tempo riempii la mia agenda di appuntamenti anche se dovevo combattere con le resistenze dei clienti sempre timorosi di investire grandi somme nella nostra piccola banca. Beh sì, il mio aspetto seppur provocante non era ancora sufficiente per cui, come mi aveva detto Alvise, dovevo dare anima e corpo nel vero senso della parola.

A quel punto stilai una lista di soli imprenditori tra i più facoltosi che operavano con banche concorrenti e il primo cliente che sottoscrisse la prima polizza assicurativa e un investimento da oltre duecentomila euro fu Giovanni, un imprenditore agricolo della zona. Cugino di secondo grado di mio marito, sposato con una mia amica, era una vecchia conoscenza e tra l’altro avevamo pranzato alla stessa tavola in diverse feste di battesimi e comunioni.

Quella mattina mi preparai di tutto punto studiando anche la posa su come sedere e lui quando si mise seduto notò immediatamente le mie gambe e il pizzo malizioso della calza che spuntava dall’orlo della gonna. Lo vidi deglutire ed arrossire e dopo la mia proposta di sottoscrizione invece di alzarsi e rifiutare cortesemente l’investimento come aveva fatto altri nei giorni precedenti, rimase incollato a quella sedia. Ovviamente accavallai più volte le gambe in modo che la gonna si alzasse quel poco da non lasciare dubbi sulla mia lingerie.

Ancora titubante mi chiese ulteriori spiegazioni sull’investimento, ma quando gli dissi che l’interesse e la priorità della nostra banca era quella di accontentare in tutto e per tutto il cliente e offrire un servizio adeguato all’investimento in modo che potessero uscire soddisfatti dall’agenzia lui, rapito dalla mia scollatura e imbarazzatissimo mi disse: “Non mi dire che è il servizio a cui sto pensando…” Beh non ci fu bisogno di tante parole quando sbottonai il primo bottone della mia camicetta.
Avevo tutto previsto, mi alzai chiusi la porta della vetrata a chiave e con la documentazione in mano lo pregai di seguirmi nel comodo salottino che nei giorni precedenti avevo reso più che accogliente.

Una volta lì dentro slacciai un altro bottone e gli chiesi: “Immagino che tu voglia apprezzare la mia lingerie…” Lui ancora più confuso balbettò: “Clara sei la moglie di mio cugino!” Risposi senza pensarci: “Ora sono solo il direttore di questa agenzia!” Aggiungendo che tutto quello che sarebbe accaduto non avrebbe oltrepassato quelle mura. Tremante mi venne vicino e fui certa di averlo in pugno quando mi sussurrò: “Impazzisco per le autoreggenti.”

A quel punto lo pregai di firmare i contratti spiegandogli che la polizza assicurativa con scadenza triennale prevedeva un premio ogni tre mesi a partire da subito. Lui firmando senza battere ciglio mi disse: “Immagino quale sia il premio.” Ero in estasi! Con quelle firme avevo raggiunto in un colpo solo il budget del mese e a quel punto senza indugio sollevai la gonna e mi sedetti sul tavolo dicendogli che poteva usufruire del primo premio. Lui non perse tempo, si accomodò tra le mie gambe disponibili e quando si accorse che non doveva scostare le mutandine perché ne ero priva mi disse che non aveva mai visto una bancaria così sensuale.

L’atmosfera si fece subito bollente e lui, carico di adrenalina, mi prese all’istante. Incredulo mi chiese se stesse vivendo un sogno ed io risposi tranquillamente che prendevo la pillola per cui poteva abbandonarsi senza alcun problema. Come con Alvise non ebbi alcun orgasmo, ma rimasi ugualmente soddisfatta, pensando che, avendo tutte le carte in regola, in poco tempo avrei bruciato le tappe e fatto una carriera strepitosa.

Giovanni all’apice del desiderio non mancò di apostrofarmi con parole sempre più piccanti e addirittura quando venne fu lui a ringraziarmi per avergli fatto sottoscrivere quei contratti. Per tutta risposta gli diedi appuntamento per la prima scadenza trimestrale per la riscossione del secondo premio.

In quell’istante sentii bussare, guardai l’orologio, non mi ero accorta del tempo trascorso e mi rivestii in fretta pensando che quello fosse il mio giorno fortunato e magari un altro cliente reclamava i miei servizi.

Accompagnai Giovanni alla porta e lui uscendo mi chiese: “Sai conosco molti imprenditori che potrebbero sottoscrivere contratti con la vostra banca. Posso farti pubblicità?” Annuii maliziosamente sistemandomi la calza e lui: “Posso elencare anche i servizi extra? Insomma posso dire proprio tutto tutto?”
Lo fissai negli occhi e senza indugio risposi: “Tutto, tutto!”









Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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