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RACCONTI D'AUTORE
Adamo Bencivenga
San
Valentino
A
TUTTI GLI INNAMORATI
Sai che sono bravo a cucire
parole, ad imbastirle ogni sera coi fili di luna,
incontrata per caso su un marciapiede di notte, che
sfilacciata si mostra come amante leziosa, che
sfrangiata si spicchia tra i tombini e le scarpe, e si
fa la coda e la treccia per essere bella, e si fa il
trucco per essere vera, sotto una pioggia fitta di
foglie, che leggera si posa sul cappello di raso, ed io
col mio ago ci attacco l’amore.
Sai che sono
bravo a ricamare parole, a cucirle appaiate, singole e
mezze, orditi a catena di tramata tessuta, sopra un
telaio al subbio legate, ed ogni volta mi chiedo come
sarebbe un incontro, se quello che scrivo è solo
mestiere, se quello che penso sono virgole e punti e
fuori di qui non c’è altra poesia, non c’è quell’amore
che dico e descrivo, non ci sono quei tetti, le antenne
ed i gatti, le chiome dei pini che scorrono storti lungo
le strade che portano altrove, sulla riva di un lago
dove pianto le rose, ed io col mio ago ci attacco
l’amore.
Sai che sono bravo a cucire parole, ad
imbastirle di notte coi fili di lana, che aggroviglio ed
intreccio per scaldarmici dentro, che cardo e che
spiccio con le mani e la bocca, perché sottili
obbediscano al vento, perché docili prendano almeno una
forma. Perché tu sai che le scrivo per colorare il
momento, sai che le scorro perché abbiano un suono, come
tasti di un piano che a coda t’avvolge, come un bemolle
di arpa ad ottave, in una terrazza dove sotto t’appare,
una falce di luna che trema sull’acqua, lungo il fiume
che corre e ti fa da contorno, e tutto intorno le
cupole, il parco, gli aranci, le croci ed i tetti di una
Roma dall’alto, quel vento che soffia e fa la ruota alla
gonna, ed io col mio ago ci attacco l’amore.
Sai
che ora è notte ed è un sogno soltanto, e tu sola in
penombra ti fai trasportare, da un controcanto di
diesis, da una coda di struzzo, convinta che il mondo
sia come t’appare, perché tu ci vedi le gocce, di
lampadari e cristalli che tintinnano al valzer, d’un
violino tzigano, di una polka viennese, dame e monsieurs
che si sfiorano appena e si danno del voi senza
guardarsi negli occhi ed io col mio ago ci attacco
l’amore.
Abbiamo amato l’attesa più del bacio,
ricordi? Le sere passate a scriverci fitti, a dipingere
il giorno col giallo di grano, a colorare di lilla i
lampi ed i tuoni, per inventarci la pioggia ed
inzupparci i capelli, e ripararci dall’acqua senza
aprire gli ombrelli. Abbiamo amato l’attesa e il resto
non conta, i tanti dettagli che non fanno un incontro,
le parole a tre a tre per farci capire, e quelle non
dette per non farci del male, a dirci “ho bisogno” senza
esserci visti ed io col mio ago ci attacco l’amore.
Sai che sono bravo a cucire parole, adornarle con i
tacchi di sandali aperti, ad imbastirle ogni giorno coi
fili del sole e coloro le gonne con una punta di giallo,
e le faccio danzare aiutate dal vento, come uno sciame
di api, un ballo all’aperto, perché tu ti lasci cullare
dal sogno, che ora è ocra poi oro arrossato al tramonto,
la luce che sfuma sul tuo viso perfetto, come amante che
bacia e ti fa femmina bella, ed io col mio ago ci
attacco l’amore.
Sai che sono bravo a cucirne
altrettante, a dedicarti una sera di un San Valentino
ogni giorno, a ricamare una cena con un vino importante,
una cena di funghi, una tagliata di carne, e tu vestita
di nero e di classe, una riga che corre lungo la calza,
e d’incanto scompare sotto la gonna, ed io che ti guardo
e noto il dettaglio, il merletto che esce, il seno che
ammicca, e tu nell’attesa schiudi la bocca, per
dissetarti al vapore delle stesse parole, che cucio e
ricamo e faccio l’orlo all’amore, convinto che nulla
avrebbe più senso, e queste parole un vuoto soltanto, se
distante ti scrivo e lontana mi leggi, ed io col mio ago
ci attacco l’amore.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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