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RACCONTI D'AUTORE
 


La donna proibita



 


 
Vabbè sì, faccio l’amore con mia suocera! Lei ha 54 anni e si chiama Eva, Eva Grimaldi come l’attrice, e devo dire che anche il nome ha avuto la sua importanza, oltre l’aspetto giovanile e il suo desiderio di non arrendersi al tempo che passa. Bionda, l’aria sbarazzina con una testa piena di riccioli, maniacalmente curata e sempre gioiosa e sorridente posso dire senza ombra di dubbio di non averla mai vista imbronciata, anche nelle situazioni più dure ha sempre preso tutto con la giusta leggerezza, anche un tradimento!
Mio suocero l’aveva sposata in seconde nozze, era la sua segretaria ed amante e quando la prima moglie se ne è andata per un brutto male, unirsi in matrimonio per loro è stata solo una semplice formalità. Mia moglie Claudia, figlia unica, vedendola come una mangiatrice di uomini l’ha sempre percepita come un’antagonista, ma a me quella donna, sempre un filo sopra le righe, metteva allegria e spensieratezza.
Lei e mio suocero abitavano ad un centinaio di metri da casa nostra, un meraviglioso attico vista mare, e spesso capitava di incontrarci per le strade del quartiere. All’apparenza era una coppia felice, viaggiavano molto ed avevano molti amici, ma lui aveva quasi venti anni più di lei. Certo sì, un uomo affascinante, intenditore di vini e di antiquariato, ma con vari acciacchi relativi all’età.

Ah dimenticavo, io mi chiamo Matteo e sono sposato con Claudia da quasi dieci anni. Abbiamo due bei bambini e il nostro quotidiano è tutto concentrato sulla loro crescita. Mia moglie si barcamena tra il mestiere di madre che adora e quello di insegnante part-time in una scuola media ed io, laureato in informatica, arrotondo lo stipendio da impiegato alle Poste con lavoretti come tecnico di computer.
La nostra vita di coppia al tempo proseguiva serena e senza grilli per la testa e la fedeltà coniugale giurata sull’altare era ancora un valore di cui potevo vantarmi. Il mio unico svago erano tre set a tennis col mio amico Gianni che mi concedevo la domenica mattina. Alle volte mi capitava di aiutare mio suocero, il quale, essendo anziano e non avendo dimestichezza col pc, mi chiamava spesso per un pronto intervento a domicilio ed io da genero modello ero ben contento di risolvere i suoi grandi piccoli problemi informatici.

Ma veniamo al dunque… Fu in una di quelle occasioni, in un tardo pomeriggio invernale, che un pensiero molesto iniziò ad intrufolarsi nella mia mente, quando, intento a togliere dei virus dal suo computer, intravidi dallo schermo del pc mia suocera in tutto il suo splendore di donna con un leggerissimo vestito nero più che trasparente e un seno bianco che faceva capolino dalla spallina calata. Appoggiata allo stipite della porta e sicura di non essere vista da me, ero di spalle alla porta, si lasciò andare a qualche movenza da femme fatale. Sorpreso e confuso ipotizzai che molto probabilmente si stesse facendo bella per il marito per chissà quale cenetta romantica.

La cosa finì lì, ma alcuni giorni dopo assistetti, sempre voltato di spalle, alla stessa scena con Eva vestita allo stesso modo, nella stessa posa sensuale e con il suo seno che faceva fatica a rimanere nel vestito. Aiutato da mio suocero che smise improvvisamente di parlare mi voltai istintivamente di scatto, ma lei fece in tempo a tirare su la spallina e coprire il suo meraviglioso seno.

Quella volta immaginai la loro complicità di coppia e mi sorpresi a pensare quanto quella donna più che cinquantenne fosse ancora così sensuale e soprattutto desiderabile. Nella mia poca esperienza in fatto di donne, finora avevo avuto oltre Claudia solo una breve relazione ai tempi di scuola, mai avevo pensato che a quell’età si potesse ancora avere la voglia di giocare e che il sesso fosse ancora un fattore determinante.
Comunque repressi quel pensiero e continuai a parlare con mio suocero. Lui mi adorava e dopo la riparazione del pc mi offriva sempre un drink, si informava sul mio lavoro e mi chiedeva spesso come andasse con sua figlia, insomma era sempre molto gentile ed allegro finché un ictus fulminante lo debilitò parzialmente costringendolo sulla sedia a rotelle. Furono giorni drammatici, ma Eva, con immensa sorpresa di mia moglie, non si perse d’animo, adorava così tanto suo marito da coprirlo di tenerezza e attenzioni facendogli da infermiera ventiquattro ore su ventiquattro.

Da quel giorno non ci fu più bisogno della mia esperienza da informatico, ma quel pensiero continuò a girare nella mia testa. Con Claudia per quanto possibile facevamo sesso una volta a settimana, ma era un sesso gentile ed educato senza picchi di passione. Una volta, per movimentare una delle nostre serate, le chiesi di vestirsi con un abito trasparente, ma lei si rifiutò mettendo la scusa dei bambini per casa. Certo sì, avevo ancora in mente quella complicità di coppia tra Eva e suo padre, e in un certo senso lo invidiavo in quanto, al contrario di me, aveva avuto la fortuna di incontrare una donna eternamente giovane e pronta al gioco con un pizzico di trasgressione. Insomma, al rifiuto di mia moglie, rimasi piuttosto deluso anche perché nella mia testa mi ripetevo spesso quanto non ci fosse nulla di male desiderare la mia donna vestita provocante.

Morale della favola, quel sesso gentile ed educato con mia moglie a lungo andare iniziò ad annoiarmi, ma lei, presa dall’essere madre, non ci pensò minimamente ad essere più desiderabile, anzi fu ben contenta di passare incolume la nostra scopata settimanale. Dopo alcune settimane l’astinenza iniziò a farsi sentire per cui la mia prima scappatella me la concessi in un centro massaggi cinese sotto l’ufficio consigliatomi da un collega. Già, avevo un forte bisogno di abbandonarmi, per cui presi tutto il mio coraggio ed entrai per il mio primo happy end, ma fu così squallido che sul più bello scappai in accappatoio e mutande dalla stanza prima della fine della seduta. Del resto il mio pensiero, anche se non lo volevo ammettere, era sempre quella visione erotica della splendida suocera nel riflesso dello schermo del pc. Certo ero ben cosciente di quanto quel pensiero fosse scomodo e impossibile, anche se la nuova situazione, con mio suocero debilitato, rinvigoriva la mia fantasia rendendola almeno nella mia mente realizzabile.

Nei giorni seguenti però di fatto non feci nulla tranne che affidarmi al destino. Con l’intento di incontrarla dopo l’orario di lavoro percorrevo in lungo e in largo il viale che portava a casa dei miei suoceri, ma arrivando sotto la loro casa mi guardavo bene dal suonare il citofono. Sì in effetti ero ben consapevole dell’assurdità della cosa e pian piano mi convinsi che qualsiasi donna avrebbe aiutato il mio desiderio di distrazione. Mi sentii immediatamente più leggero, uscii per due pomeriggi di seguito con una mia collega separata, accompagnandola nelle sue incombenze quotidiane e nulla di più. Dopo quella esperienza non certo felice tornai alle mie passeggiate solitarie e un pomeriggio di marzo il destino volle aiutarmi quando, in coda alle casse del supermercato, sentii la voce di Eva chiamarmi. Mi voltai e vedendola in tutto il suo splendore ebbi la certezza inequivocabile che quel mio desiderio di evasione non riguardasse un tipo generico di donna, ma avesse un nome e un cognome.

Vestita di tutto punto con un cappellino rosa e guanti a rete si avvicinò pregandomi di aiutarla con i sacchetti della spesa per poi invitarmi per un caffè al bar vicino. Seduti nella saletta riservata, fuori faceva ancora freddo, per quasi tutto il tempo parlammo di suo marito e quanto quella situazione iniziava a pesarle al punto che avrebbe desiderato essere in un’isola deserta a mille miglia di distanza. Colsi al volo l’occasione e cercai di approfondire quel concetto al punto che, sentendosi mentalmente esausta, andò oltre parlandomi dei suoi bisogni di donna che andavano necessariamente in conflitto con i suoi sensi di colpa. Da quelle parole compresi che se il destino le avesse dato una mano, creando l’occasione giusta, sarebbe stata ben contenta di risolvere i suoi tormenti di coscienza. Comunque nel mio orgoglio di maschio percepii quel suo sfogo come un invito. Quando arrivammo sotto il portone la vidi sollevata e mi confidò che quella chiacchierata le aveva fatto enormemente bene e che se avessi voluto avremmo potuto riprenderla il giorno dopo a casa sua.

La mattina seguente le mandai un messaggio e lei mi rispose immediatamente con una faccina sorridente. Poi dopo un’ora mi scrisse che ci aveva ripensato e che non le sembrava il caso di vederci. Chiesi spiegazioni accompagnate da una faccina triste e lei rispose semplicemente con un laconico: “Lo sai.” Certo sì sapevo benissimo che se ci fosse stata l’occasione entrambi per motivi diversi saremmo stati più che disponibili, per cui comprendevo la fragilità del suo stato d’animo e i suoi scrupoli evidentemente più molesti dei miei.

Passarono ancora alcune settimane e nonostante i miei tentativi di farmi aiutare dal caso non la rividi. Poi un giorno, durante la pausa caffè in ufficio, mi inviò un vocale: “Matteo, per paura di incontrarti dall’ultima volta che ci siamo visti non sono più uscita di casa. Ti prego non giudicarmi male, sto facendo enormi sforzi, anche se mi rendo conto che sto solo mettendo la polvere sotto il tappeto!” Lessi e rilessi quelle poche righe e nonostante non mi avesse dato speranze, in quelle parole capii, nonostante fosse combattuta, di essere irrimediabilmente l’oggetto del suo desiderio. Risposi affidandomi alla sorte ossia che se il destino avesse già deciso la sua lotta sarebbe stata vana e inutile. Del resto quella polvere sotto il tappeto non significava altro che rimandare ciò che inevitabilmente sarebbe accaduto.

Così fu. Dopo due giorni mi inviò un altro messaggio: “Ieri sono uscita, ho fatto due giri dell’isolato, ma non ti ho incontrato. Come vedi ho seguito il tuo consiglio affidandomi al caso, ma è stato inutile.” Stava giocando, gioco e malizia andavano di pari passo per cui capii che l’arma del destino non ci avrebbe portato in nessun posto quindi risposi netto: “Sei libera oggi?” Dopo appena cinque secondi mi rispose che quel giorno non sarebbe uscita per cui se avessi voluto mi avrebbe aspettato comodamente sul suo divano alle quattro in punto, ora in cui, dedussi conoscendo le abitudini di quella casa, mio suocero si concedeva il suo riposino giornaliero.

A pranzo dissi a Claudia che il pc di suo padre, data l’inattività, aveva bisogno di una spinta per ripartire ed uscii di casa mezzora prima dell’appuntamento. Ormai eravamo arrivati al dunque e immaginando cosa sarebbe successo avevo bisogno di concedermi una lenta passeggiata per riflettere. Così feci e come previsto, quando arrivai da Eva, mio suocero dormiva e la porta di casa era socchiusa. Quando entrai la sorpresa più gradita fu vedere mia suocera con lo stesso vestito che avevo ammirato quella volta nel riflesso dello schermo del pc. Notai immediatamente che i suoi complessi di colpa erano tutti allineati sotto il tappeto e prendendo come scusa il destino le confessai la strana circostanza del vestito, ma lei sorridendo mi disse: “Credi che non me ne sia accorta del riflesso sullo schermo?” Rimasi sbalordito e quando mi accomodai accanto a lei sul divano in sala da pranzo, mi disse che la seconda volta non era stata casuale, ma che per ovvi motivi, aveva dovuto ricomporsi. Poi per avere conferme sulle mie intenzioni con fare malizioso aggiunse che da quel giorno, secondo lei, il mio atteggiamento era cambiato al punto che avevo iniziato a guardarla in modo diverso, insomma non più come suocera, ma come donna da conquistare. E che la circostanza, vista la differenza di età, le aveva fatto enormemente piacere.

Le risposi che in effetti quella visione non mi aveva lasciato indifferente, ma dapprima tutte le mie attenzioni si erano concentrate su Claudia, immaginando la nostra vita di coppia più appagante, solo in seguito avevo iniziato a fantasticare su di lei cercando comunque di allontanare quel pensiero.
Da femmina navigata mi chiese con finta incredulità il motivo: “Forse non ti piaccio?” Poi senza aspettare risposta si alzò e sapendo di non essere indifferente ai miei occhi si voltò mostrando tutto il suo splendore. Poi con la scusa di offrirmi del tè ancheggiò sui suoi tacchi alti andando verso la cucina.
Fu in quell’istante che mi resi conto quanto tra quelle trasparenze si muovesse un corpo ancora ben fatto e soprattutto voglioso di attenzioni maschili. Ancora seduto mi gustai l’attesa, pensai a Claudia ed ai suoi rifiuti, alla situazione penosa con la cinese, alla collega che mi aveva preso come suo autista personale e soprattutto a quanti uomini dell’intera umanità mi avrebbero invidiato in quel momento.
Quando tornò con le due tazze di tè fumanti fece in modo, poggiando con estrema lentezza il vassoio sul tavolino, che apprezzassi quel suo decolleté generoso, poi si sedette di fronte a me, accavallò le gambe e i lembi leggerissimi del vestito si adagiarono delicatamente come seta sulla poltrona scoprendo una lingerie nera di alta classe.

Davanti a me si materializzò una magnifica donna sensuale che senza alcun pudore sussurrò: “Sono mesi che non faccio l’amore, sai?” Il concetto era lo stesso espresso nella saletta del bar, ma questa volta lo pronunciò con una carica erotica non indifferente. Non contenta dell’effetto che la sola sua voce stava procurando nel mio sangue calò la spallina ed iniziò ad accarezzarsi il seno da sopra il vestito rivolgendo il suo sguardo verso il soffitto come fosse in estasi.
Non ci potevo credere, stavo vivendo una situazione da film con la classica figura della suocera incredibilmente vogliosa e disponibile. L’ammirai come fosse un’opera d’arte fino a quando lei, senza parlare, mi fece cenno di andarle vicino. Sostituii la sua mano con la mia su quel seno e mi resi conto immediatamente quanto fosse morbido e sensibile. Lei mi porse le labbra e ci lasciammo andare ad un bacio interminabile mentre con l’altra mano scivolai tra i fremiti del suo corpo caldo fino al centro del suo piacere rendendomi conto di quanto fosse durata quell’attesa. Lei, da signora pratica, senza perdere tempo, si occupò della fila di bottoni dei miei pantaloni e dopo alcuni secondi sentii il caldo della sua bocca.
Pieni di desiderio sprofondammo su quella poltrona e curioso di ammirare la femminilità di una donna matura le alzai il vestito e la visione del suo sesso senza mutandine mi diede una scossa enorme di adrenalina. La feci distendere senza distoglierla da cosa stava facendo e riuscii a portare la mia bocca verso il suo nido bagnato. Con la lingua aprii il suo bisogno arrossato e voglioso. Sapeva di donna e di miele, di bosco umido e di voglia e sentivo i suoi umori impastarsi con la mia saliva. Vedendola che si dimenava dal piacere accompagnandolo con sussulti e tremori dei suoi fianchi, avvertii una sensazione unica che mi faceva desiderare ancora di più la donna proibita che rappresentava.

Eravamo al dunque, nulla oramai avrebbe ostacolato la nostra passione, ma chiesi ugualmente permesso. Lei mi rispose aprendo ancor più le gambe e facilitandomi il compito mi invitò a galleggiare nel suo paradiso. Durante l’amore mi disse quanto da mesi avesse desiderato quel momento e mi ringraziava per aver letto i suoi pensieri senza bisogno di alcuna spiegazione. “Sono pazza vero?” Mi sussurrò tra i gemiti della passione, ma poi, presa dall’imminente orgasmo, insaziabile mi disse di non smettere, di rimanere vivo per tutto il tempo necessario, che ero un vero maschio e che sarei dovuto correre da lei ogni qualvolta avrebbe avuto bisogno di aiuto, come del resto facevo quando il pc di suo marito aveva necessità di un intervento.
Andammo entrambi in estasi in perfetta sincronia, ma le nostre bocche continuarono a fondersi e dieci minuti dopo, evitando qualunque rischio, ci trasferimmo nello studio chiudendo la porta a chiave. Le sfilai il vestito lasciandola completamente nuda e mentre appoggiata alla scrivania la penetravo di nuovo pensai che quel corpo che si dimenava dal piacere non aveva nulla da invidiare a quello di Claudia più giovane di venti anni. Fu a quel punto che mi disse per tre volte che tutta quell’eccitazione non era solo un misto di voglia e astinenza, ma anche un fatto mentale: “Io sono tua suocera, ti rendi conto?” Certo che mi rendevo conto, ma a quella domanda era prevista un’unica risposta per cui all’unisono aumentammo il ritmo, lei si fece più capiente elogiando il mio vigore di maschio e ci lasciammo andare a parole d’amore via via sempre più calde, finché insieme esplodemmo per la seconda volta.

Stravolta si sedette sulla sedia ed abbassò lo sguardo, disse con un filo di voce: “Siamo dei pazzi! Ora come mi comporterò con mio marito? E tu con Claudia?” Sinceramente in quel momento pensavo a tutto tranne che ai sensi di colpa, per cui sorrisi senza rispondere, ma lei mi incalzò di nuovo: “Ti sei scopato tua suocera! Non puoi far finta di niente!” Ma l’unica cosa a cui pensavo era quando avrei potuto rivederla. Era stata fantastica e non avevo alcuna intenzione di vivere di ricordi. Lei intuì e sorridendo mi disse: “Se domani sei libero, vieni sempre a quest’ora.” La baciai sulla guancia, poi presi il mio soprabito ed uscii da quella casa.

Da quella volta sono passati quattro anni e non solo andai a trovarla il giorno dopo alle 4, ma anche il giorno dopo ancora e per tutta la settimana e ancora oggi il nostro sesso va a gonfie vele e in qualsiasi ora del giorno, grazie anche all’assenso tacito di mio suocero, il quale, quando Eva, dilaniata dai sensi di colpa, gli confidò i continui tradimenti con il sottoscritto, lui si preoccupò unicamente di non far sapere nulla a sua figlia. E in effetti Claudia, vedendomi sereno e soddisfatto, dorme ancora oggi sonni tranquilli credendo che quel sesso gentile ed educato ormai a cadenza trimestrale, sia la giusta dose che serve ad un uomo per vivere un’esistenza tranquilla e felice.










Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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