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RACCONTI D'AUTORE
Adamo Bencivenga
La noia borghese
Roma, Lido di Ostia, una
villa sul mare in stile neoclassico, due colonne bianche
corrose dal sale. Il mare in burrasca, la pioggia
intensa sbatteva sui vetri. Davanti al suo grande
specchio nella camera da letto al primo piano, Matilde
guardava il suo cappello nuovo, regalo di chissà quale
amante passato. Completamente nuda ammirava la sua
figura intera, certo era ancora una bella donna,
quaranta tre anni ben portati, ma riflessa a quel vetro
si chiedeva quanto quel sesso fosse insignificante e per
quale strano motivo gli uomini lo considerassero così
appetitoso. Non aveva nulla di particolare tranne quel
grazioso triangolino di peluria sul pube, insomma non
riusciva a darsi una risposta sensata, convinta che solo
quel cappello la facesse sentire ancora una donna
desiderata.
Eppure molti uomini nel tempo si
erano esibiti in autentici salti mortali mettendo a
rischio ruolo e credibilità per il solo gusto di
possedere oppure soltanto vedere ciò che lei non
considerava affatto un tesoro. Certo sì la
caratterizzava come donna, ovvio, ma nella sua innata
indifferenza non lo considerava affatto un bene prezioso
da preservare e donarlo solo a qualche sparuto
fortunato. Invece quel cappello era davvero un elemento
imprescindibile per il suo essere femmina, il solo a
renderla di buon umore.
Alle volte lasciava quel
pensiero in sospeso altre invece guardava il mare e
ricordava le lunghe passeggiate su quella spiaggia
quando i suoi seni piccoli strappavano tenerezze, baci e
passioni, ma ora aspettavano solo il ritorno di suo
marito Jacopo dal lavoro. Non perché verso di lui
nutrisse qualche minimo trasporto, o viceversa, ma solo
per avere da quegli occhi un metro di giudizio. Lui,
negli anni si era rivelato un uomo piatto e noioso al
contrario di lei che faceva dell’irrequietezza il suo
motore vitale. Jacopo, ignaro del suo ruolo, più che suo
marito, rappresentava nei suoi desideri il suo complice
segreto per mezzo del quale nutrire i suoi pensieri
scomposti. Ma lui però come al solito l’avrebbe solo
guardata senza alcuna partecipazione emotiva e senza
commentare quella stravaganza, ignorando il suo corpo
nudo, il suo sesso in bella vista e perfino il cappello.
Praticamente armato solo di una maschera, con la
sola espressione dell’indifferenza, inconsapevolmente
l’avrebbe fatta segretamente vibrare e alimentato ciò
che in quel momento pensava fosse la sola medicina
vitale, ossia il tradimento consenziente. Certo c’era
stata un’epoca lontana in cui si era sentita apprezzata
come moglie, quando amata sprigionava fuoco vivo con
quella cornice dorata decorata da vestiti, tennis,
brige, vacanze nei posti più esotici e prime all’opera.
Ma ora non ricordava il motivo di quel cambiamento e
neanche esattamente quando il vento fosse cambiato, lo
stesso vento che ora a raffiche muoveva quel mare che
tanto aveva amato, che tanto aveva desiderato,
preferendo quella casa isolata fronte mare ad un attico
in centro a Piazza di Spagna.
Ora guardava fuori
e i contorni di quel mare, dipinto come un quadro, non
avevano più colori, quel grigio smorzava ogni entusiasmo
e scavava dentro se stessa un vuoto incolmabile. Tutto
le sembrava piatto, il mare, il cappello, il suo sedere,
il suo sesso e quel triangolino di peli che prima o poi
avrebbe rasato. Insensibile e fredda, avrebbe perfino
voluto sentire un piccolo dolore per sentirsi viva, ma
niente, viveva la sua vita da anestetizzata aspettando
Jacopo, unico uomo ad avere la chiave della sua testa e
delle sue labbra. Senza di lui tutto tornava nel cliché
standard di una vita borghese in cui anche un tradimento
aveva l’aspetto di un normale e banale passatempo.
Certo Jacopo non era più giovane, aveva circa venti
anni più di lei e quel rapporto aveva resistito per
qualche anno e si era assopito principalmente per la
differenza di età. Certo c’erano stati anche altri
periodi in cui avevano tentato di ravvivarlo insieme, ma
ora tutto sembrava un ricordo sbiadito e suo marito
consapevole si era ritagliato giocoforza un altro ruolo
in quel rapporto.
Beh sì, quel sesso si era
evoluto, era cambiato, forse era diventato più maturo,
quando all’incirca una volta a settimana si lasciavano
andare. Il rito era sempre lo stesso, cena di pesce,
terrazza vista mare, musica soft, lei con un tubino
rosso aderente che fasciava divinamente il suo sedere,
lui rigorosamente in giacca e cravatta. Tutto romantico,
tutto perfetto, ma poi però il sesso quello vero,
maschio e materiale avveniva molto distante dalla loro
camera da letto, ossia nella sua mente. Chissà forse lo
avrebbe ancora voluto tra le sue braccia, volare, urlare
ed emozionarsi come una ragazzina, ma doveva fare i
conti con la sua stessa caparbietà che circa quindici
anni prima le aveva suggerito di sposare quell’uomo e
avendo preferito all’entusiasmo di un uomo giovane
quella vita agiata.
A lungo andare quell’apatia
aveva scolorito ogni suo slancio tanto che si era
convinta che l’emozione e qualsiasi altro tipo di
sentimento non facessero più parte del proprio essere.
Si era rassegnata a vivere nella sua prigione dorata con
le sue camicie di seta e l’illusione di sentirsi sola,
ma fortunata, quando come in un film già visto, il
postino di zona aveva bussato una sola volta alla sua
porta. Doveva recapitarle un telegramma molto triste,
ossia la scomparsa di una sua zia malata da tempo, ma in
poco meno di qualche minuto quella presenza così
terribilmente innocua e banale aveva completamente
cambiato la sua vita.
Vuoi che senza
accorgersene e pigramente svogliata aveva aperto la
porta di casa in camicia da notte nera trasparente, vuoi
che il ragazzo le aveva fatto sin da subito così tanti
complimenti da smuovere perfino la sua indifferenza,
vuoi che c’era un sole a picco e lei si era offerta di
proporgli una bevanda fresca. Insomma seduti nella
grande sala sul suo divano d’alcantara rosso pompeiano
avevano parlato del lavoro di lui e della noia di lei,
di quella casa troppo isolata fronte mare, ma poi
magicamente quella stoffa leggerissima si era aperta
involontariamente come un sipario di scena mostrando il
suo circo di clown, acrobati nani e zucchero filato. Non
ricordava Matilde quanti minuti fossero passati da
quella vista di pizzi e merletti alla mano sudata del
postino che non si era fatta pregare, stringendo i suoi
seni e poi ogni centimetro del suo corpo di nuovo vivo,
stretto e avvinghiato alla sua passione. Poco dopo, per
la paura che la sua apatia avesse di nuovo preso il
sopravvento, lo aveva condotto per mano nella sua camera
da letto e preteso che quel rapporto così focoso si
consumasse tra le lenzuola candide del suo letto
matrimoniale.
Beh sì quella era stata la sua
prima volta, il suo primo tradimento, il suo primo senso
di colpa durato il tempo di una doccia rinfrescante. Per
giorni si era sentita diversa, come se l’interesse e le
attenzioni di quel postino fossero in qualche modo il
rimedio e il conforto alla sua indifferenza. Nei giorni
successivi ci erano stati altri telegrammi, altre
vestaglie lasciate aperte, altre labbra umide in bella
vista, altre mani tra le sue cosce che l’accarezzavano
come fosse una raccomandata e altri baci interminabili
tramite i quali metteva alla prova tutta la sua
femminilità ignorata da suo marito. Beh sì certo lei era
anche seno da offrire, sedere da ammirare, bocca da
provare, fianchi larghi da accarezzare e figa umida da
leccare, lei era femmina in calore desiderosa di
lasciarsi andare per abbattere il muro delle convenzioni
ed alle volte vergognarsi oppure vantarsi di essere
diversa da tutte le altre donne. Lei la dava, non
importava a chi, lei la dava, umida e nature, per il
gusto di darla scoprendo così il valore inestimabile di
quella cosa tra le sue cosce. Certo sì, si era spesso
domandata cosa mai la facesse sentire unica, visto che
nel suo ambiente, le altre mogli, tutte accomunate dalla
stessa indifferenza, utilizzavano la sua stessa terapia
per sentirsi vive.
Così Matilde, come tutte le
donne della sua età, condizione e stato d’animo, aveva
scoperto l’antidoto vitale alla sua noia, ossia la
seduzione, rendendosi conto ben presto, dopo ripetuti
telegrammi, come non fossero le attenzioni di quel
postino in particolare a farla sentire viva, ma
piuttosto il sentirsi lei stessa unica protagonista.
Pian piano la sua platea si era allargata e non
c’era occasione inadatta per costatare il suo fascino,
insomma una specie di gioco dove i punti conquistati
erano quegli sguardi ficcanti, i sorrisi maliziosi,
quelle mani delicate che si poggiavano sui fianchi per
cavalleria. E lei adorava giocare col suo corpo,
catturare le attenzioni indiscrete degli uomini vogliosi
solo di portarla a letto, di scoprire cosa indossasse
sotto i suoi vestiti firmati o quanto meno di
conquistarla perché l’essenza dell’intrigo non era altro
che esercitare il proprio potere che lei aveva imparato
a riconoscere e volentieri assecondava.
Adorava
quei timidi approcci come i corteggiamenti pressanti
quando la passione prendeva il sopravvento e sbaragliava
senza più freni i limiti del buon vivere che poi non
erano altro i ruoli ipocriti di moglie e marito. Lei
ovviamente faceva finta di non capire sfruttando a suo
modo i tempi dell’attesa e del timore di scoprire troppo
in fretta le carte per poi concedersi in qualche hotel
di periferia donando e pretendendo piacere con qualche
ora di sesso infuocato.
Erano perlopiù colleghi
di suo marito, conosciuti durante quelle noiose cene
aziendali, compagni di doppio a tennis, amici di brige,
semplici avventori del circolo che frequentava e
soprattutto mariti insoddisfatti delle sue amiche.
Quelli erano i più eccitanti perché mettevano pepe alla
sua voglia di trasgressione che considerava
infinitamente più stuzzicante del sesso stesso. Sentiva
un piacere immenso quando esercitava il suo potere,
quando sfilava lentamente da vera femmina le sue calze
velate o il reggiseno di pizzo nero concedendo le sue
lunghe gambe, i suoi fianchi vellutati e i suoi seni
ancora sodi. Un piacere immenso vedere nei loro occhi il
desiderio, ma più del sesso la eccitava tremendamente
quando loro si lasciavano andare alle confessioni più
intime, di come facevano l’amore con le proprie mogli,
la durata, la posizione, il posto che non era
necessariamente la camera da letto. Ed era quello il
momento sublime ossia quando dentro di sé sentiva
l’effetto che lo stesso maschio procurava dentro le
cosce delle sue amiche.
Alla fine ringraziava il
maschio di turno, non tanto per averle procurato
l’orgasmo, ma per averla fatta sentire una donna
disonesta capace di passare sopra ad ogni regola morale.
Il tutto però durava il tempo di un incontro
clandestino, nulla di più. Venti secondi di orgasmo, del
resto, non erano sufficienti per dare colore ai suoi
giorni, anche perché mai si sarebbe legata ad uno di
loro perché in fondo in fondo sapeva benissimo che
quegli amanti di un pomeriggio con le loro pochezze non
sarebbero stati in grado di capire in fondo il suo
effettivo desiderio di trasgressione.
E così
Matilde tornava a casa sapendo benissimo che quel
segreto era solo un piccolo antidoto alla sua noia di
signora borghese. Sapeva benissimo che quella ricerca
del piacere e dell’eros non era figlia della passione,
ma solo dell’insoddisfazione come fuga da una routine
opprimente, figlia a sua volta di una vita all’apparenza
troppo perfetta, agiata e ipocritamente perbenista. In
quel periodo aveva riletto Madame Bovary sentendosi
molto partecipe nelle vicende di Emma che aveva sposato
un uomo mediocre, ma che le evocava sicurezza e
protezione. Ma Emma ben presto intrappolata in una
routine provinciale non si era rassegnata e per nulla al
mondo aveva represso quelle esigenze che il marito non
riusciva a soddisfare. Allora aveva deciso di evadere da
quella prigione alla ricerca delle vie dell’eros come
del resto stava facendo lei, Matilde, che come Emma
aveva scoperto un mondo proibito fatto di relazioni
clandestine, finzioni, scuse, promesse, segreti e bugie
che riaccendevano in lei la voglia di vivere.
E
quindi si dava per noia, continuamente, riuscendo anche
ad avere tre incontri a settimana con uomini diversi
traendo da quella vita segreta e dal tradimento verso
l’inconsapevole marito la maggiore soddisfazione per se
stessa. Nei momenti intimi pretendeva che i suoi amici e
colleghi chiamassero suo marito “cornuto”, un po’ per
disprezzo e un po’ per piacere traendo da quella magica
parola l’orgasmo che saliva e scendeva copioso e
bollente su quelle lenzuola anonime. Immaginava il
passaparola nella cerchia dei loro amici e quei loro
commenti maligni in cui il gusto sublime non era affatto
essere stati a letto con lei, ma di essersi scopati la
moglie di un loro amico. Solo a quel punto si sentiva
appagata, come se la sua giornata avesse avuto un senso
denigrando suo marito che lei riteneva unico
responsabile della sua noia. Perché in verità le sue
sperimentazioni erotiche non nascevano da un vero e
proprio desiderio carnale, ma dall’adrenalina del
tradimento stesso, come fosse una punizione, una
vendetta verso colui che non aveva saputo esplorare ogni
limite della sua mente.
Non aveva altri scopi
nella vita, ma solo un pensiero fisso che la occupava
per tutta la giornata. Sapeva benissimo che il mestiere
di femmina non nasceva e finiva nelle ore calde dei
motel o in quei venti secondi di orgasmo, perché il suo
tradimento iniziava sin dal mattino quando insonnolita
apriva gli occhi e sceglieva tra la lista dei tanti
messaggi del suo secondo telefono l’interlocutore
segreto con cui passare il pomeriggio. E spesso i motivi
della scelta non erano legati alle qualità amatoriali
dell’uomo, bensì a colui che per parentela, posizione o
amicizia avrebbe moltiplicato il rischio e quindi
rendendo suo marito protagonista inconsapevole di quel
tradimento.
Poi però un bel giorno era arrivato
Davide e la sua sicurezza aveva iniziato a
scricchiolare. Lui era un giornalista e scrittore e ci
sapeva fare con le parole e soprattutto con i
sentimenti. A lui, unico fino a quel momento, aveva
concesso un secondo incontro e poi, maledicendo la sua
fragilità, un terzo e un quarto. Matilde si illudeva che
fosse solo un diversivo alla sua regola ferrea, ma la
sera quando tornava a casa il pensiero per lui si faceva
martellante. Davide non era sposato, Davide aveva tutto
il tempo necessario per farla sentire femmina, ma anche
coccolata e lui aveva iniziato a viziarla accarezzandole
anima e seta e comprandole regali costosi. In cuor suo
Matilde ben presto si era resa conto che quel rapporto
sarebbe stato l’inizio della fine e che avere un amante
fisso non rappresentava affatto un atto di ribellione,
ma una naturale conseguenza alla sua condizione sociale.
Del resto tutte le sue amiche, chi più chi meno, avevano
avuto un’esperienza simile e lei non voleva affatto
ricalcare quegli standard. Quindi aveva cercato di
diradare gli incontri, ma poi alla fine era sempre lei a
cercarlo e la sua lista di pretendenti pian piano si era
miseramente assottigliata.
Beh sì, era ad un
bivio, del resto quegli incontri non li viveva più come
un tradimento verso suo marito, insomma Davide non la
faceva sentire una donna infedele, non la faceva vivere
nel vizio e nel peccato, ma una moglie alla ricerca di
una nuova vita, in procinto di separarsi, e
ineluttabilmente tutto questo non era affatto un
antidoto alla sua noia borghese. A quel punto aveva
deciso di fuggire da quella colla appiccicosa col
risultato però di trovarsi di nuovo sola, davanti a
quello specchio e quel mare ormai sempre più grigio.
Ma non si era persa d’animo, del resto era sempre
stata una donna dalle mille risorse e quel cedimento
verso una relazione sentimentale l’aveva resa più
intraprendente. Per timore che quella maledetta noia
prendesse di nuovo il sopravvento aveva deciso di fare
un passo in avanti. E per quel passo aveva bisogno di un
uomo, per cui si chiese tra i tanti chi fosse il più
adatto a farla camminare lungo la strada di
quell’immoralità più viziosa di un tradimento.
Così una sera aveva trovato tempo e coraggio per
parlarne con suo marito. Bella, affascinante, una
cascata di capelli neri, occhi truccati, rossetto
appariscente, tubino nero e stivali in pelle con il
divano rosso che le faceva da cornice e la rendeva
regina aveva iniziato con spavalderia a recitare il
primo atto della sua confessione. Beh sì, per nulla
pentita non aveva detto niente o quanto meno quel poco e
quel tanto che secondo i suoi piani avrebbe dovuto
spronare suo marito. Non gli aveva detto a chiare
lettere che da un po’ di tempo era semplicemente
cornuto, non gli aveva confessato che in quel motel
dalla facciata romantica sulla via del Mare era
praticamente la sua seconda casa, ma gli aveva detto,
questo sì, che quell’astinenza forzata aveva reso le sue
fantasie fertili e che le poche volte in cui si
abbandonava la sua immaginazione più ricorrente era
quella di fare sesso con un altro uomo.
A quel
punto, per dare un po’ di sale al loro menage avrebbe
voluto che suo marito approfondisse l’argomento o quanto
meno si insospettisse chiedendole se avesse già messo in
pratica la sua fantasia e con quanti uomini. Si era
chiesta anche quale fosse il numero adatto da confessare
a suo marito, e quale fosse il limite oltre quale
sarebbe stata considerata ineluttabilmente una puttana.
Ma non era servito perché lui non aveva chiesto e lei si
era guardata bene di andare oltre, anche perché lui
aveva avuto una reazione non prevista dicendole che nel
loro rapporto stanco e pigro era del tutto normale
pensare di ravvivare il loro sesso.
Afflitto
dalla sua stessa malattia, Matilde aveva capito che suo
marito non era affatto vecchio e che semmai avesse avuto
un problema lei ne era la causa. Aveva avvertito anche
un pizzico di gelosia quando lui, forse solo per rendere
più reale quella trasgressione, aveva paventato che
quella terza persona non dovesse essere necessariamente
un uomo. Certo suo marito non era del tutto persuaso da
quella bizzarra proposta, ma lei era riuscita a
convincerlo dicendogli che ormai il loro rapporto,
seppur pigro, era più che consolidato e che quindi
quella eventuale pratica non avrebbe in alcun modo
scalfito la nostra relazione.
Comunque nessuno
dei due aveva accennato a qualche relazione extra, ma
insieme, dopo che quella sera si erano lasciati andare
su quel divano ed entrambi avevano sciorinato a voce
alta e senza pudore le proprie fantasie, promettendosi,
se non di metterle in pratica, almeno di scandagliare
quelle fantasie comuni. Al culmine del piacere aveva
immaginato ad alta voce che l’uomo che in quel momento
la stava pigramente scopando non fosse suo marito, ma un
altro e per rendere ancora più intenso quel rapporto
aveva iniziato a chiamarlo con nomi diversi.
Comunque dopo quella volta durante i loro rapporti
avevano cominciato a costruire storie più reali ed ecco
lì che nel bel mezzo del loro rapporto interveniva un
uomo alle volte biondo, altre moro, muscoloso o meno,
giovane o uomo fatto, ma comunque sempre con un fisico
ben definito che si metteva tra di loro e completava
magnificamente il desiderio di lei, esaltando i suoi
orgasmi ben più intensi di quelli lasciati sulle
lenzuola del Motel sulla via del Mare.
Quelle
furono le prime volte che aveva visto suo marito
discretamente coinvolto, tanto che tra loro si era
sviluppata una sintonia perfetta anche se lei era
rimasta la parte trainante preoccupandosi ogni volta di
oliare quei delicati meccanismi di dettagli e sensazioni
sempre più profonde.
Beh sì, Matilde era
cosciente che in certe circostanze serviva fiducia e
disponibilità da entrambi le parti, aveva anche cercato
di razionalizzare quel desiderio, ma ogni qualvolta che
si concentrava avvertiva solo una forte tensione mista a
curiosità e piacere. Pensando che fosse un modo per
uscire dalle consuetudini delle loro regole intime si
era convinta che mettendo al corrente il proprio partner
fosse ancora più eccitante della trasgressione del
tradimento.
Tuttavia in quel momento ancora non
vi era nulla di razionale, i personaggi che affollavano
il loro letto non erano mai reali finché il piacere
aveva preso il sopravvento e senza dire nulla a suo
marito Matilde era andata oltre e mentre facevano
l’amore i nomi che urlava erano diventati
improvvisamente personaggi reali, tutti rigorosamente
suoi ex amanti. Ovvio lui non poteva sapere, ma in
quell’istante erano tutti lì già pronti ed eretti sulla
soglia della sua figa. Poi al culmine del piacere
immaginava di essere scopata a turno ed ogni volta
lanciava urli disumani giurando che in quel momento non
fosse un unico pene e per giunta quello di suo marito.
Nei giorni seguenti aveva fatto in modo che quelle
serate non rimanessero inconcludenti, del resto era
stata lei ad accendere la miccia e lui si era guardato
bene di spegnerla. E ciliegina sulla torta aveva notato
in suo marito un vigore nuovo e un interesse diverso nei
suoi confronti. Si era chiesta se anche lui non fosse
attanagliato da quella tenia borghese che corrode da
dentro e consuma le viscere della mente.
Il
primo passo era stato quello di silenziare per sempre il
suo secondo telefono e cercare internet informazioni su
come muoversi. Subito si era posta la domanda se per
iniziare fosse stata meglio una coppia o un uomo
singolo. Ne aveva parlato col marito e seppure
nell’imbarazzo della loro prima volta avevano deciso
insieme che sarebbe stata meglio una coppia, ovvero una
situazione paritaria con cena e dopocena, come due
normali coppie di amici, in modo da stabilire una minima
sintonia, una forte complicità e nel contempo
armonizzare la parte più imbarazzante ovvero la voglia
di sesso.
A quel punto aveva coinvolto suo marito
e lui, più incuriosito che effettivamente intrigato, si
era fatto trascinare una sera davanti al computer
curiosando sui tanti siti d’incontri, con Matilde sempre
più convinta che il sesso con partner diversi sarebbe
stato il toccasana e avrebbe schiuso inimmaginabili
orizzonti di piacere infinito e soprattutto la sua
ritrovata fedeltà verso suo marito.
Tramite una
chat le si era aperto un nuovo mondo di gente che
cercava come loro di abbattere la noia del sesso di
coppia. Alla fine aveva conosciuto una coppia di Latina,
inesperta quanto loro, ed era stata quella la fortuna
che dopo alcuni giorni l’aveva convinta a parlare con
Jacopo. Certo rimanevano i forti dubbi perché sapeva
benissimo che una situazione eccitante, prodotta dalla
fantasia, non sempre manteneva intatte la sua
potenzialità erotica quando veniva resa reale. Ma era
rimasto solo un piccolo dubbio perché pensare di fare
l’amore con un altro uomo fondendosi negli occhi di suo
marito la faceva letteralmente esplodere. Col solo
pensiero approdava in un’altra dimensione difficilmente
spiegabile, nel senso che oltre al piacere del sesso si
era coinvolti cerebralmente e totalmente. Secondo la sua
perversione fare la puttana davanti a suo marito avrebbe
di certo raddoppiato il suo piacere. Nulla a che
vedere con le sue scappatelle da signora annoiata in
quel motel sulla Via del Mare, nulla a che vedere con
gli sguardi dei potenziali amanti alle cene aziendali.
Qui era tutto alla luce del sole, ma allo stesso tempo
tremendamente eversivo rispetto alla morale comune.
Forse era proprio questo l’antidoto che Matilde aveva
ricercato per anni!
La cosa era andata avanti per
alcune settimane, ma entrambi si erano resi
immediatamente conto che il primo grande problema per un
eventuale incontro sarebbe stata l’affidabilità e la
serietà dell’altra coppia. Tutte le persone che avevano
contattato avevano in comune, in quanto coppie,
l’esuberanza, la tracotanza e la leggerezza,
nell’affrontare quell’argomento. Del resto in quattro,
sarebbe stato ancora più difficile ricercare la totale
armonia, ma quando l’altra coppia aveva stragiurato di
aver avuto una sola esperienza e per giunta non
conclusa, Matilde non ci aveva pensato due volte, decisa
ormai a fare il primo passo.
Si erano incontrati
in un casello dell’autostrada e poi proseguito insieme
verso il ristorante prenotato. Lei era mora, formosa,
più o meno della stessa sua età, molto appariscente e
piena di vita. Si era presentata con un tubino rosso
corto e attillatissimo, due tacchi meravigliosi, un paio
di calze a rete nere e una secchiata di rossetto rosso
fuoco sulle labbra. Lui invece da subito si era
dimostrato un tipo simpatico e socievole, capelli
biondi, occhi celesti e lineamenti delicati, ma niente a
che vedere con i maschi che frequentavano le sue
fantasie. Durante la cena avevano parlato di viaggi,
di cinema, moda insomma di tutto tranne che di sesso, ma
si sentiva nell’aria che tutti e quattro non aspettavamo
altro che quel famoso dunque. Avevano parlato anche dei
loro rispettivi rapporti di coppia e tutti e quattro
erano stati concordi che quegli incontri rappresentavano
il loro ultimo tentativo per rinvigorire i loro legami
ormai spenti. Dopo cena, per non dare nell’occhio
avevano preso due stanze in un albergo vicino al
ristorante. Ovviamente una era rimasta vuota, mentre
nell’altra, senza rendersi conto del tempo che passava,
avevamo visto l’alba insieme.
Il tizio non aveva
perso tempo, entrati in stanza le aveva appoggiato una
mano sul sedere dicendole che le aveva fatto sangue sin
dal primo momento, quindi aveva iniziato a baciarla e a
spogliarla. La moglie invece si era lanciata in un
sensualissimo defilé facendosi apprezzare per il suo
guardaroba di lingerie francese. Beh sì, data la loro
intraprendenza, avevano mentito e non erano certo alla
prima esperienza. Ma ormai quella bugia era solo un
dettaglio trascurabile quando l’uomo ormai nudo e in
evidente stato di eccitazione si era disteso sul letto e
Matilde era sempre più convinta che fare l’amore con un
altro uomo, fondendosi negli occhi di suo marito,
l’avrebbe fatta letteralmente esplodere senza alcuna
inibizione. Durante l’atto però il suo pensiero
fisso era rimasto per tutto il tempo sulla reazione di
suo marito, perché solo la sua totale partecipazione e
il suo implicito assenso le avrebbe dato la sensazione
di essere libera e godersi ogni affondo dell’altro che
intanto aveva guadagnato senza troppi preamboli le sue
parti più intime. E in effetti era stato tutto
meraviglioso tranne la nota dolente di suo marito.
Al ritorno ne avevano parlato in auto e lui le aveva
confessato che all’apice del suo piacere l’altra donna
era stata di troppo. Insomma si era eccitato unicamente
nel vedere sua moglie posseduta perché, secondo lui, il
sesso con un'altra donna spegneva le potenzialità
trasgressive di quell'atto unilaterale. Di fatto lui
aveva superato alla grande la gelosia convenendo che in
quelle situazioni non esiste il tradizionale concetto di
tradimento, ammettendo che per la prossima volta sarebbe
stato più opportuno cercare la sintonia con una sola
persona, ovviamente un uomo.
Sì certo Matilde
aveva goduto, si era persa nel momento del piacere negli
occhi del marito, ma sostanzialmente era stato un
tentativo fallito anche perché da quella sera moglie e
marito non si erano più avvicinati. Lei si era addossata
tutte le colpe ripetendosi ogni volta che il ristorante,
l’albergo e la coppia stessa erano state delle scelte
sbagliate. Occorreva qualcosa di forte, di un certo
impatto, qualcosa da consumare in fretta sentendosi
usata anche mentalmente e con il bene placido di suo
marito.
Per giorni e giorni aveva pensato alla
soluzione poi tramite internet era venuta a conoscenza
di posti a Roma dove era possibile incontrare di notte
sconosciuti disposti a fare sesso in auto. Ne aveva
parlato col marito e la sera stessa aveva soddisfatto la
sua curiosità. Prima di andare si era vestita con la
dovuta cura, esagerando con una gonna corta, le labbra
cariche di rossetto e dei tacchi impossibili. Appena
arrivati sul posto avevano notato un’auto bianca di
grossa cilindrata parcheggiata lungo il viale. Jacopo
aveva fermato l’auto a distanza di sicurezza in attesa
di qualche improbabile segnale. Del resto non avevano
certezza se quell’auto stesse lì per i fatti propri o
per lo stesso loro motivo. Sembrava tutto così oscuro e
misterioso, ma per la curiosità di essere capitati in un
posto insolito i loro fiati avevano appannato
immediatamente i vetri dei finestrini.
Poi per
non dare sospetti avevano iniziato a baciarsi cercando
di apparire come una normale coppia in cerca di intimità
e da quella posizione avevano notato che nella Mercedes
bianca c’era un solo occupante. Col fiato sospeso
avevano continuato a baciarsi quando, dopo alcuni minuti
l’uomo della Mercedes bianca, un signore in giacca e
cravatta, aveva iniziato a lampeggiare discretamente
accendendo la luce nell’abitacolo. Incuriositi e
turbati piacevolmente da quella situazione insolita
erano scesi dalla macchina avvicinandosi lentamente alla
Mercedes. Si erano salutati e il tizio aveva rotto il
ghiaccio confidando loro che alle volte preferiva
passare la notte in luoghi dove nulla fosse scontato
accettando l’imprevisto e il rischio di un nulla di
fatto. Era uno scrittore e adorava osservare
attentamente le persone, le loro anime e i loro istinti
più veri. Aveva poi aggiunto che spesso si accontentava
di rimanere un effimero spettatore, ma il fatto di
vedere un uomo che offriva la propria donna ad uno
sconosciuto era pur sempre un piacere incommensurabile,
più eccitante di qualsiasi amore a pagamento o di
qualche film porno visto in tv. E dopo aver squadrato
Matilde da capo a piedi, aveva fatto i complimenti a
Jacopo dicendogli che aveva un bel coraggio ad offrire
al piacere degli altri una bellezza simile. Subito
dopo aveva acceso il motore dell’auto invitando la
coppia a salire. Matilde, come da richiesta dell’uomo si
era accomodata sul sedile anteriore. Dopo circa un
centinaio di metri, attraversato un grosso cancello di
una rimessa di grossi camion l’uomo aveva fermato
l’auto.
Chiedendo il permesso a Jacopo seduto
dietro l’uomo non aveva perso tempo togliendo le
mutandine a Matilde e sfiorandola delicatamente tra le
cosce, ma senza alcun trasporto. Lei aveva avuto un
sussulto e istintivamente aperto le gambe, ma l’uomo
invece di proseguire si era ritratto e voltandosi verso
Jacopo gli aveva detto: “Vede, la donna va lasciata
decantare come il vino rosso, ma la sua dolce
mogliettina è così vogliosa che vorrebbe consumare
all’istante, trascurando questi momenti di attesa ossia
la pura essenza della trasgressione.” Quindi aveva
pregato Jacopo di baciarla in bocca perché la prima
regola da rispettare prevedeva il consenso attivo del
marito.
Era stato meraviglioso soprattutto per
la dose di trasgressione che accompagnava quell’atto.
Matilde aveva compreso in quel momento quanto il
consenso di suo marito fosse per l’uomo e per se stessa
più eccitante del piacere del sesso. A quel punto aveva
cominciato a baciare l’uomo, ma dopo alcuni minuti si
era resa conto che nonostante il suo ardore, l’uomo non
fosse poi così interessato a raggiungere l’orgasmo, ma
solo a dimostrarle quanta violazione morale ci fosse in
quell’atto inoltrando entrambi nei meandri più scuri
della trasgressione mentale.
E mentre si
perdevano in quel lungo bacio appassionato, l’uomo, con
fare da esperto e tecnicamente ineccepibile le aveva
sollevato il vestito e ammirando la sua lingerie aveva
schiuso delicatamente le gambe di lei. Solo allora aveva
iniziato a baciarla ed a penetrarla alternativamente con
le dita, ma fu solo un attimo perché immediatamente dopo
urlando e dimenandosi dal forte piacere, Matilde aveva
raggiunto il sublime e paradisiaco orgasmo così
dirompente che quando l’uomo le aveva chiesto se avesse
ancora intenzione di proseguire la serata al caldo del
suo appartamento in centro, lei aveva guardato suo
marito e insieme avevano declinato gentilmente l’invito.
L’uomo senza rispondere aveva sorriso facendo scivolare
nella borsa di Matilde il suo biglietto da visita.
Lungo la strada del ritorno moglie e marito erano
rimasti muti tenendosi per mano. Per lei era stato un
sogno avverato, ma per suo marito quella serata era
stata solo una variazione piacevole al tema del sesso,
ma unica. Lei lo aveva considerato invece un vero e
proprio atto di sopravvivenza e un calcio alla sua noia
borghese. Qualche giorno dopo lei aveva ricontattato
quell’uomo, si erano incontrati nello stesso posto, ma
lei questa volta non accompagnata da suo marito. Anche
questa volta aveva obbedito ai voleri dell’uomo, ma il
risultato non era stato lo stesso. Solo a quel punto
Matilde si era resa conto che per combattere la sua
apatia era indispensabile suo marito, ossia l’unica
persona che aveva il ruolo adatto, convinta ormai che il
piacere non era nel sesso sia pure clandestino e
all’insaputa di Jacopo, ma l’atto fortemente
trasgressivo di essere ceduta.
Da quel giorno le
cose erano cambiate, ormai consapevole che la noia di
suo marito non era la sua stessa noia, ma allo stesso
tempo, non potendo pretendere la sua complicità fattiva
e diretta, Matilde aveva cercato almeno il suo consenso.
Jacopo nella sua atavica pigrizia aveva accettato di
recitare quel ruolo tanto che ogni giorno la riempiva di
complimenti e di attenzioni dicendole quanto fosse bella
e quanto il fortunato di turno avrebbe toccato il cielo
con un dito.
Quindi alla fine si era decisa
scegliendo tra le varie figure un conoscente 35enne,
bello come il sole, di nome Livio che abitava da solo in
un piccolo villino a un centinaio di metri da loro. Così
si era fatta bella, tacchi, calza velata, minigonna da
urlo... Sotto l’attenta ammirazione di suo marito si era
truccata, scelto la lingerie più sensuale e quel tocco
di trasparenza che faceva impazzire gli uomini. Era
davvero una Dea. Dopo l’ennesimo colpo di spazzola aveva
salutato suo marito ed era corsa da Livio. Lui l’aveva
accolta in casa facendole una miriade di complimenti.
Lei seduta comodamente nel suo salotto aveva pensato
quanto quella situazione fosse fuori dal comune e che
forse solo a poche donne nella vita era capitato di
fare, ovvero tradire un marito col proprio consenso.
Sicura del suo fascino, dopo circa una mezzora di
convenevoli era andata in bagno ed aveva mandato un
ultimo messaggio a suo marito e lui per tutta risposta
le aveva mandato una decina di faccine sorridenti. A
quel punto non c’erano più dubbi, calda ed eccitata si
era data a quei baci seguendo l’uomo nella sua camera da
letto, consapevole quanto suo marito fosse complice di
quella scopata, consumata a pochi metri da lui. Presa da
quella nuova trasgressione aveva sentito la sua anima
vibrare pregando l’uomo di non smettere e sperando che
quei gemiti d’amore arrivassero all’orecchio di suo
marito perfettamente consapevole.
Grazie a Livio
la serata si era protratta fino all’alba, quando verso
le cinque era tornata a casa completamente esausta. Suo
marito l’aveva aspettata in piedi ed era letteralmente
fuori di sé, euforico ed eccitato per la contentezza
sembrava avesse vinto alla lotteria. L’aveva abbracciata
stretta e baciata su tutto il corpo continuando a
ripeterle che l’amava e che solo ora la considerava
davvero la donna della sua vita... Nel contempo aveva
annusato le parti intime alla ricerca di quel sapore
dolciastro chiamato tradimento. Ovviamente aveva voluto
sapere ogni minimo particolare e lei disponibilissima
gli aveva raccontato per filo e per segno tutto quello
che era successo senza tralasciare nulla, anche le
parole più scabrose che Livio le aveva rivolto al
culmine del piacere. Dopo avevano fatto l’amore e per
lei era stato molto appagante avendo avuto infiniti
orgasmi con due uomini diversi a poche ore di distanza.
Da quella sera il loro rapporto era completamente
cambiato, la pesantezza dell’indifferenza aveva lasciato
il posto ad una estrema leggerezza. Lo stesso Jacopo
aveva creato a nome di Matilde un profilo Tinder con
tanto di foto provocanti, aiutando sua moglie nella
ricerca di uomini interessanti, sempre diversi, che le
facessero girare letteralmente la testa, sempre
nell’assoluta convinzione di entrambi, di aver trovato
l’antidoto giusto per combattere quella tenia vagante
sottotraccia, divoratrice di ogni colore, chiamata noia
borghese.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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