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RACCONTI D'AUTORE
 


Adamo Bencivenga
La noia borghese



 


 
Roma, Lido di Ostia. Il mare in burrasca sbatteva sul muro della villa in stile neoclassico e sulle due colonne bianche corrose dal sale. Davanti al grande specchio nella camera da letto al primo piano, Matilde guardava il suo cappello rosso, regalo di chissà quale amante passato.
Completamente nuda ammirava la sua figura intera, certo era ancora una bella donna, nessuna smagliatura, nessuna imperfezione, insomma quarantatre anni ben portati, ma lei non era soddisfatta e riflessa a quel vetro si chiedeva perché mai quel sesso fosse ancora così desiderabile e per quale strano motivo gli uomini lo considerassero così inebriante. Del resto non aveva nulla di particolare, le grandi labbra ciondolavano inesorabilmente, il Monte di Venere non era per nulla pronunciato e quel triangolino di peluria sul pube era troppo rado per considerarlo appetitoso. Nonostante si ammirasse diverse volte al giorno non riusciva proprio a darsi una risposta sensata, convinta che solo quel cappello a falde larghe, poggiato leggermente di sbieco, la facesse sentire ancora una donna desiderata.

Ovvio era solo un suo pensiero perché la realtà era decisamente un’altra cosa e molti uomini nel tempo si erano esibiti in autentici salti mortali mettendo a rischio ruolo e credibilità per il solo gusto di possedere quel sesso oppure soltanto per vedere ciò che lei non considerava affatto un tesoro. Lei ostinatamente era rimasta sempre della sua stessa idea e di certo non era il giudizio degli altri a farla sentire una vera dea o una piccola donna in cerca di emozioni fuori dal letto di casa.

Certo sì, quel taglio di pelle la caratterizzava come donna, ovvio, ma nella sua innata indifferenza non lo considerava per nulla un bene prezioso da preservare e donare solo a qualche sparuto fortunato. Invece quel cappello era davvero un elemento imprescindibile per il suo essere femmina che la rendeva unica e diversa da tante altre donne. Quasi tutte le volte concludeva amaramente quella riflessione pensando che se fosse stato uomo tra figa e cappello non avrebbe avuto dubbi considerando la prima banale, noiosa e prevedibile, posta lì tra le cosce senza alcuna originalità, mentre quel cappello così amabile e sensuale la rendeva eclettica e diversa dalle altre e da se stessa.

Alle volte invece lasciava quel pensiero in sospeso e guardando il mare ricordava le lunghe passeggiate su quella spiaggia quando i suoi seni piccoli da adolescente strappavano tenerezze, baci e passioni, ma ora, quasi rassegnati, aspettavano solo il ritorno di suo marito Jacopo dal lavoro. Non perché verso di lui nutrisse qualche minimo trasporto, o viceversa, ma solo per avere da quegli occhi un metro di giudizio. Purtroppo però lui negli anni si era rivelato un uomo piatto al contrario di lei che faceva dell’irrequietezza il suo motore vitale. Jacopo, ignaro del suo ruolo, più che suo marito, rappresentava nei suoi desideri il suo complice segreto per mezzo del quale nutrire i suoi pensieri scomposti. Certo sì, presentandosi nuda col solo cappello in testa avrebbe voluto scandalizzalo o semplicemente smuoverlo dalla sua apatia, ma lui però come al solito l’avrebbe solo guardata senza alcuna partecipazione emotiva e senza commentare quella stravaganza, ignorando il suo corpo nudo senza smagliature, il suo sesso in bella vista e perfino il cappello.

Praticamente armato solo di una maschera, con la sola espressione dell’indifferenza, l’avrebbe baciata sulla guancia per poi ritirarsi nel suo studio. Beh sì certo, lei lo sapeva, ma col tempo era riuscita a far tesoro anche di quell’indifferenza. Nella sua mente lui non era Jacopo, ma rappresentava solo la figura di un marito che inconsapevolmente l’avrebbe fatta segretamente vibrare alimentando ciò che in quel momento pensava fosse la sua sola medicina vitale, ossia l’antidoto alla sua noia.

Più di una volta Matilde si era chiesta se anche suo marito fosse afflitto dalla stessa sua noia. Forse anche lui ne soffriva, ma invece di combatterla si era adagiato nel conforto dell’indifferenza, mentre lei irrequieta e impaziente lottava con tutte le sue forze contro quel senso di inutilità. Cercava in tutti i modi di schiacciare quella monotonia, derivata soprattutto dalla superficialità delle sue giornate che secondo lei erano frutto dell’apparenza e delle regole imposte dalla società a cui apparteneva. La sua smania non era altro che un simbolo di fuga e di rivolta con l’arduo compito di sfidare quei codici non scritti, anche col sacrificio del proprio benessere e della propria dignità.

Certo c’era stata un’epoca lontana in cui si era sentita apprezzata come moglie, quando amata sprigionava fuoco vivo con quella cornice dorata decorata da vestiti, tennis, brige, vacanze nei posti più esotici e prime all’opera. Ma ora non ricordava il motivo di quel cambiamento e neanche esattamente quando il vento fosse cambiato, lo stesso vento che ora a raffiche muoveva quel mare che tanto aveva amato, che tanto aveva desiderato, preferendo quella casa isolata fronte mare ad un attico in centro a Piazza di Spagna.

Ora guardava fuori e i contorni sfumati di quel mare, dipinti come un quadro, non avevano più colori netti, quel grigio celeste opaco smorzava ogni entusiasmo e scavava dentro se stessa un vuoto incolmabile. Tutto le sembrava piatto, il mare, il suo sedere, le sue cosce ben tornite, il suo sesso e quel triangolino di peli che prima o poi avrebbe rasato. Insensibile e fredda, avrebbe perfino voluto sentire un piccolo dolore per sentirsi viva, ma niente, viveva la sua vita da anestetizzata aspettando Jacopo, unico uomo in quanto marito ad avere la chiave della sua testa e delle sue labbra. Senza di lui tutto tornava nel cliché standard di una vita borghese in cui anche un tradimento assumeva l’aspetto di un normale e banale passatempo.

Certo Jacopo non era più giovane, aveva circa venti anni più di lei e quel rapporto che aveva resistito per qualche anno ora si era assopito principalmente per la differenza di età. Certo c’erano stati anche altri periodi in cui avevano tentato di ravvivarlo insieme, ma ora tutto sembrava un ricordo sbiadito e suo marito consapevole si era ritagliato giocoforza un altro ruolo in quel rapporto.

Beh sì, quel sesso negli anni si era evoluto, era cambiato, forse era diventato più maturo, quando all’incirca una volta a settimana si lasciavano andare. Il rito era sempre lo stesso, cena di pesce, terrazza vista mare, musica soft, lei, in tacco 12 con un tubino rosso aderente che fasciava divinamente il suo sedere, lui rigorosamente in giacca e cravatta. Tutto romantico, tutto perfetto, anzi troppo perfetto perché poi il sesso quello vero, maschio e materiale, avveniva molto distante dalla loro camera da letto, rimanendo rigorosamente appiccicato alle fantasie della sua mente. Lei avrebbe voluto ancora volare, urlare ed emozionarsi come una ragazzina tra le braccia di suo marito, ma doveva fare i conti con la sua stessa caparbietà che circa quindici anni prima le aveva suggerito di sposare quell’uomo preferendo quella vita agiata all’entusiasmo di un uomo giovane.

A lungo andare quell’apatia aveva scolorito ogni suo slancio tanto che si era convinta che l’emozione e qualsiasi altro tipo di sentimento non facessero più parte del suo essere. Certo sì, le rimaneva quella figa, quel taglio di pelle tra le cosce che considerava l’unico baluardo che avrebbe potuto movimentare e, perché no, rivoluzionare la sua apatia.

Si era rassegnata a vivere nella sua prigione dorata con i suoi vestiti di seta e l’illusione di sentirsi sola, ma fortunata, quando come in un film già visto, il postino di zona aveva bussato una sola volta alla sua porta. Doveva recapitarle un telegramma molto triste, ossia la scomparsa di una sua zia malata da tempo, ma in poco meno di qualche minuto quella presenza, così terribilmente innocua e banale, aveva completamente cambiato la sua vita.

Vuoi che senza accorgersene e pigramente svogliata aveva aperto la porta di casa in camicia da notte nera trasparente, vuoi che il ragazzo le aveva fatto sin da subito così tanti complimenti da smuovere perfino l’inerzia dei suoi giorni, vuoi che c’era un sole a picco e il postino aveva fatto tanta strada a piedi per raggiungere quella villa isolata, insomma lei si era offerta di farlo entrare in casa e proporgli una bevanda fresca.

Nella grande sala con l’orologio a pendolo che batteva i quarti d’ora, lei aveva aperto il telegramma e letto la triste notizia. Aveva anche provato a commuoversi per la perdita di sua zia, ma non ci era riuscita. In quel momento pensava ad altro e, gustando la bevanda fresca aveva fatto accomodare il postino sul suo morbido divano d’alcantara rosso pompeiano. Comodamente seduti avevano parlato del lavoro di lui e della noia di lei, di quella casa troppo grande e troppo isolata fronte mare, ma poi magicamente, forse per il destino o forse perché fosse giusto così, la stoffa leggerissima della sua camicia di seta si era aperta involontariamente come un sipario di scena. Immediatamente la faccia del ragazzo aveva assunto un’espressione quasi infantile come se stesse osservando lo spettacolo di un circo con i clown, gli acrobati nani e mangiando zucchero filato. Lei invece immedesimandosi in un quadro d’autore era rimasta impassibile e muta sapendo benissimo che quella passività era tutt’altro che silente.

Insomma lontano mille miglia dal viso inespressivo di suo marito, Matilde, senza muovere un muscolo del suo bel viso, si era fatta semplicemente guardare mettendo così ancora più in mostra il suo bisogno d’attenzione al punto che non ricordava quanti minuti fossero passati da quella vista di pizzi e merletti alla mano sudata del postino che non si era fatta pregare.

Stringendo quei seni e poi ogni centimetro di quel corpo lui si era avvinghiato a quella passione. Beh sì, non era la prima volta che gli capitava una situazione simile e conoscendo quasi tutte le casalinghe di quella zona sapeva benissimo cosa fare, cosa non fare e come sconfiggere quel senso di solitudine che le rendeva simili.

Infatti, come in un copione già scritto, poco dopo, per la paura che la sua apatia avesse di nuovo preso il sopravvento, Matilde lo aveva condotto per mano nella sua camera da letto e preteso che quel rapporto si consumasse tra le lenzuola candide e finora incontaminate del suo letto matrimoniale.

Nonostante la giovane età lui si era dimostrato un amante strepitoso e sopra di lei aveva elogiato il suo corpo, il velluto della sua pelle e la sensualità del suo seno pregandola, ormai eccitato, di allargare il suo paradiso umido. Lei, confusa, aveva preso per oro colato quelle parole sapendo benissimo che la passione del suo giovane amante derivava soprattutto dalla sua voglia di farsi l’ennesima casalinga disperata attanagliata dalla sua noia. Decisa, aveva ringraziato più volte Dio di aver ceduto, mentre lui, mai sazio, altruista, maschio e stupendamente rigido, l’aveva rivoltava continuamente portandola ogni volta all’orgasmo. Quando lui alla fine aveva raggiunto l’estasi lei lo aveva reclamato ancora chiedendogli di consumare l’ultima goccia del suo corpo che non era propriamente piacere, ma il flusso bollente e denso del proprio malessere.

Beh sì, quella era stata la sua prima volta, il suo primo tradimento, il suo primo senso di colpa durato il tempo di una doccia purificatrice. Per giorni si era sentita diversa, come se l’interesse e le attenzioni di quel postino fossero in qualche modo il rimedio e il conforto alla sua noia borghese. Nei giorni successivi erano saltati fuori altri improbabili telegrammi, altre vestaglie lasciate aperte, altre labbra umide in bella vista, altre mani tra le sue cosce che l’accarezzavano come fosse una raccomandata e altri baci interminabili tramite i quali metteva alla prova tutta la sua femminilità ignorata da suo marito e da se stessa.

Non aveva alcuna importanza se si sentisse solo un mero oggetto di piacere, perché in effetti lei era anche seno da offrire, sedere da ammirare, bocca da provare, fianchi larghi da accarezzare e figa umida da leccare, lei era la femmina in calore, sconsolata e inconsolabile, ma desiderosa di lasciarsi andare per abbattere il muro delle convenzioni ed alle volte vergognarsi oppure vantarsi di essere diversa da tutte le altre donne.
Lei la dava, non importava a chi, ma la dava, umida e nature, per il gusto di darla scoprendo così la funzione terapeutica e il valore inestimabile di quel tesoro tra le sue cosce. Certo sì, si era spesso domandata perché mai la facesse sentire unica, visto che nel suo ambiente, le altre mogli, tutte accomunate dalla stessa indifferenza, utilizzavano la sua stessa terapia per sentirsi vive.

Così Matilde, come tutte le donne della sua età, condizione, classe sociale e stato d’animo, grazie al postino di turno, aveva scoperto quel piccolo antidoto alla sua noia, ossia la seduzione, rendendosi conto ben presto, dopo ripetuti telegrammi, come non fossero le attenzioni di quel postino in particolare a farla sentire viva, ma piuttosto il sentirsi lei stessa unica protagonista e oggetto imprescindibile di quella passione.

Certo sì, guardando la sera suo marito, si rendeva conto che non vi era nulla di originale in un tradimento, ma pian piano i suoi pensieri avevano preso la piega appagante della lussuria e, convinta che per essere unica avrebbe dovuto sentirsi più preda che cacciatrice, aveva fatto in modo di allargare la sua platea al punto che nella sua idea di donna non ci fosse occasione inadatta per costatare il suo fascino.

Insomma una specie di gioco dove i punti conquistati erano quegli sguardi ficcanti, i sorrisi maliziosi, quelle mani delicate che si poggiavano sui suoi fianchi per cavalleria. E in quei momenti avrebbe voluto che quella mani scivolassero lungo il suo vestito fino a toccare le sue parti intime o per lo meno ad apprezzare le stringhe dei suoi reggicalze da sogno. E lei adorava giocare col suo corpo, catturare le attenzioni indiscrete degli uomini, vogliosi solo di portarla a letto, di scoprire cosa indossasse sotto i suoi vestiti firmati o quanto meno di conquistarla perché l’essenza dell’intrigo non era altro che subire quel potere che lei aveva imparato a riconoscere e volentieri assecondava.

Adorava quei timidi approcci come i corteggiamenti pressanti quando la passione prendeva il sopravvento e sbaragliava senza più freni i limiti del buon vivere che poi non erano altro i ruoli ipocriti di moglie e marito. Lei ovviamente faceva finta di non capire sfruttando a suo modo i tempi dell’attesa e del timore di scoprire troppo in fretta le carte per poi concedersi in qualche hotel di lusso donando e pretendendo piacere con qualche ora di sesso infuocato.

Erano perlopiù colleghi di suo marito, conosciuti durante quelle noiose cene aziendali, compagni di doppio a tennis, amici di brige, semplici avventori del circolo che frequentava e tutti però con una sola caratteristica ossia mariti insoddisfatti delle sue amiche. A dir poco eccitanti mettevano pepe alla sua voglia di trasgressione che considerava infinitamente più stuzzicante del sesso stesso. Sentiva un piacere immenso quando esercitava il suo fascino, quando sfilava o arrotolava lentamente da vera femmina le sue calze velate o toglieva i suoi reggiseni di pizzo nero concedendo così alla vista e al sesso le sue lunghe gambe, i suoi fianchi vellutati e i suoi seni ancora sodi.

Era un piacere immenso vedere nei loro occhi il desiderio, ma più del sesso la eccitava tremendamente quando loro si lasciavano andare alle confessioni più intime, di come facevano l’amore con le proprie mogli, la durata, la posizione, il posto che non era necessariamente la camera da letto. Ascoltava con brama quei particolari di carnalità immaginando nell’intimità quelle donne bisognose di attenzioni che si concedevano oscenamente al potere del maschio, ma sapendo benissimo che nessuna lunghezza e consistenza avrebbe potuto colmare quel vuoto siderale.

Ed erano quelli gli attimi più sublimi ossia quando dentro di sé sentiva l’effetto che lo stesso maschio procurava dentro le cosce delle sue amiche. Ed andava letteralmente in paradiso quando gli stessi uomini le raccontavano le difficoltà, i fallimenti, la svogliatezza, la consistenza molle dei loro peni costretti dal dovere a soddisfare in ogni modo le proprie mogli, nel momento in cui constatava nelle sue cosce la durezza che lei stessa aveva provocato.

Alla fine benediva il maschio di turno, non tanto per averle procurato l’orgasmo, ma per aver goduto sulle disgrazie intime delle altre e quindi lo ringraziava per averla fatta sentire una donna disonesta capace di passare sopra ad ogni regola morale. Il tutto però durava il tempo di un incontro clandestino, nulla di più. Venti secondi di orgasmo, del resto, non erano sufficienti per dare colore ai suoi giorni, anche perché mai si sarebbe legata ad uno di loro perché in fondo in fondo sapeva benissimo che quegli amanti di un pomeriggio con le loro pochezze non sarebbero stati in grado di capire in fondo il suo tenebroso desiderio di disubbidienza del resto incomprensibile a lei stessa.

E così Matilde tornava a casa consapevole che quel segreto era solo un piccolo antidoto alla sua noia di signora borghese. Sapeva benissimo che quella ricerca del piacere e dell’eros non era figlia della passione, ma solo dell’insoddisfazione come fuga da una routine opprimente, figlia a sua volta di una vita all’apparenza troppo perfetta, agiata e ipocritamente perbenista. In quel periodo aveva riletto Madame Bovary sentendosi molto partecipe nelle vicende di Emma che aveva sposato un uomo mediocre, ma che le evocava sicurezza e protezione. Ma Emma ben presto intrappolata nella sua noia provinciale non si era rassegnata e per nulla al mondo aveva represso quelle esigenze che il marito non riusciva a soddisfare. Allora aveva deciso di evadere da quella prigione alla ricerca delle vie dell’eros come del resto stava facendo lei, Matilde, che come Emma aveva scoperto un mondo proibito fatto di relazioni clandestine, finzioni, scuse, promesse, segreti e bugie che riaprivano in lei un piccolo spiraglio di voglia di vivere. Più volte in quelle intimità clandestine si era fatta chiamare Emma per il solo gusto di sentirsi un’eroina letteraria passata alla storia come una donna ribelle e spregiudicata.

Forte di quell’emulazione aveva fatto della noia il suo stimolo principale incensandolo di una causa più nobile che riteneva non fosse affatto il puro istinto sessuale. Quindi, messe a tacere le sue riserve morali, si dava continuamente, riuscendo anche ad avere tre incontri a settimana con uomini diversi traendo da quella vita segreta e dal tradimento verso l’inconsapevole marito la maggiore soddisfazione per se stessa.

Nei momenti intimi pretendeva che i suoi amici e colleghi dell’ignaro consorte chiamassero suo marito “cornuto”, un po’ per disprezzo e un po’ per piacere traendo da quella magica parola l’orgasmo che saliva e scendeva copioso e caldo su quelle lenzuola anonime. Deliziata, ma non appagata, andava oltre immaginando il passaparola nella cerchia dei loro amici e quei loro commenti maligni in cui il gusto sublime non era affatto essere stati a letto con lei, ma di essersi scopati la moglie di un loro amico.

Solo a quel punto riusciva a trarne beneficio, come se la sua giornata avesse avuto finalmente un senso denigrando suo marito che lei riteneva unico responsabile del suo tedioso vivere. Giorno dopo giorno si convinceva che le sue sperimentazioni erotiche non nascessero da un vero e proprio desiderio carnale, ma dall’adrenalina del tradimento stesso, come fosse una punizione e un castigo verso se stessa e nel contempo una vendetta verso colui che non aveva saputo esplorare ogni limite della sua mente.

Nel vortice di quella lussuria e affascinata dai risvolti più licenziosi e corrotti si era convinta di non avere altri scopi nella vita, ma solo un pensiero fisso che la occupava per tutta la giornata. Del resto il mestiere di femmina non nasceva e finiva nelle ore calde dei motel o in quei venti secondi di orgasmo, perché il suo tradimento mentale iniziava sin dal mattino quando insonnolita apriva gli occhi e sceglieva tra la lista dei tanti messaggi del suo secondo telefono l’interlocutore segreto con cui passare un caldo pomeriggio. E spesso i motivi della scelta non erano legati alle qualità amatoriali dell’uomo o all’aspetto fisico, bensì a colui che per parentela, posizione o amicizia avrebbe moltiplicato il rischio, rendendo così suo marito ancora più protagonista e interprete inconsapevole di quell’incontro.

Ma la sua voglia di trasgressione non si era limitata a quei pomeriggi segreti e piano piano quei motel divennero toilette di ristoranti dove, durante le cene e i ricevimenti, consumava tutta la sua passione concedendosi in piedi o in ginocchio al primo che aveva osato. Sbottonare quelle patte come tirarsi su la gonna per farla vedere impreziosita da pizzi e merletti le dava un piacere assurdo non equiparabile per nulla alla segretezza di un motel. Oh sì erano pochi sparuti secondi, ma pensando al marito e alle altre moglie a festeggiare a pochi metri di distanza, aumentavano a dismisura il rischio e quindi la voglia di concedersi.

Poi però un bel giorno era arrivato Davide e la sua sicurezza aveva iniziato a scricchiolare così come la sua voglia di giocare. Lui era un giornalista e scrittore famoso e ci sapeva fare con le parole, le donne, le gonne e soprattutto con i sentimenti. A lui, unico fino a quel momento, aveva concesso un secondo incontro e poi, maledicendo la sua fragilità, un terzo e un quarto.
Matilde si illudeva che fosse solo un diversivo alla sua regola ferrea, ma la sera quando tornava a casa il pensiero di lui si faceva martellante. Davide non era sposato ed aveva tutto il tempo necessario per essere presente, ascoltarla, scavare nella sua anima e farla sentire femmina e coccolata. La viziava accarezzandole pelle e seta e coprendola di attenzioni e regali costosi.

In cuor suo Matilde ben presto si era resa conto che quel rapporto sarebbe stato l’inizio della sua fine, ben peggiore della sua stessa noia. Del resto avere un amante fisso non rappresentava affatto un atto di ribellione o peggio di trasgressione, ma semplicemente una naturale conseguenza alla sua condizione sociale. D’altronde tutte le sue amiche, chi più chi meno, avevano avuto un’esperienza simile e lei non voleva per nulla ricalcare quegli standard. Osservandole non le sembravano affatto felici o spensierate per cui aveva cercato di diradare gli incontri, ma poi alla fine era sempre lei a cercarlo e la sua lista di pretendenti pian piano si era miseramente assottigliata.

Beh sì, era ad un bivio e quel rapporto con Davide, così ordinario, non lo percepiva appieno come una cura alla sua noia e addirittura non lo viveva come tradimento verso suo marito. Più volte lo aveva invitato a casa e suo marito ignaro di quella relazione lo aveva pregato di rimanere a cena disquisendo di arte e letteratura e bevendo ottimo whiskey. Insomma quelle serate e Davide stesso non la facevano sentire una donna infedele, non la facevano vivere nel vizio e nel peccato, ma soltanto la classica moglie alla ricerca di una nuova vita, in procinto di separarsi, e ineluttabilmente tutto questo non era affatto un antidoto alla sua insoddisfazione.

A quel punto aveva deciso di fuggire da quella colla appiccicosa col risultato però di trovarsi di nuovo sola, davanti a quello specchio e quel mare ormai sempre più grigio. Aveva così ripreso a spogliarsi completamente ed a osservarsi allo specchio con indosso il solo cappello pensando a quale fosse la prossima medicina per il suo mal di vivere.

Davide aveva continuato a cercarla, addirittura a scrivere che senza di lei la sua vita sarebbe stata piatta e che l’avrebbe amata per sempre. Ma lei non desiderava l’amore, anzi considerava il sentimento qualcosa di inafferrabile che gioco forza purificava l’anima, mentre lei era alla ricerca esattamente del suo contrario, consapevole che solo la disubbidienza e la corruzione dei suoi affetti sarebbero stati la sua medicina salvavita.

Quindi non si era persa d’animo, del resto era sempre stata una donna dalle mille risorse e quel cedimento verso una relazione sentimentale l’aveva resa più intraprendente. Per timore che quella maledetta noia prendesse di nuovo il sopravvento aveva deciso di fare un passo in avanti. E per quel passo aveva bisogno necessariamente di un uomo, per cui si chiese tra i tanti chi fosse il più adatto a farla camminare lungo la strada di quell’immoralità più viziosa di un tradimento.

Così una sera aveva trovato tempo e coraggio per parlarne con suo marito. Bella, affascinante, una cascata di capelli neri, occhi truccati, rossetto appariscente, tubino nero e stivali in pelle con il divano rosso che le faceva da cornice e la rendeva regina aveva iniziato con spavalderia a recitare il primo atto della sua confessione.

Beh sì, per nulla pentita non aveva detto niente o quanto meno quel poco e quel tanto che secondo i suoi piani avrebbe dovuto spronare suo marito. Non gli aveva detto a chiare lettere che da un po’ di tempo era semplicemente cornuto e chissà quante volte si era eccitata sentendolo chiamare in quel modo. Non gli aveva confessato che quel motel dalla facciata romantica sulla via del Mare era praticamente la sua seconda casa, ma gli aveva detto, questo sì, che quel loro sesso noioso, banale e metodico, aveva reso le sue fantasie fertili e che le poche volte in cui si abbandonava da sola, la sua immaginazione più ricorrente era quella di fare sesso con un altro uomo.

Insomma ormai si era convinta di avere bisogno di qualcosa di più complice, di mentalmente più appagante, di più sofisticato e, perché no, di qualcosa che lei stessa avrebbe giudicato corrotto e questo non sarebbe potuto avvenire senza la complicità di suo marito. Jacopo del resto aveva già avuto un’esperienza di matrimonio e sapeva benissimo a cosa sarebbero andati incontro se avesse perseverato ostinatamente a stare a galla nella sua misera e squallida area di conforto.

Dopo quella confessione Matilde si era sentita più leggera arrivando a pensare che entrambi fossero teoricamente convinti che la noia, l’abitudine, ma soprattutto la sicurezza di avere il piatto pronto quando ti siedi a tavola, non ti fa apprezzare come si deve quello che stai per consumare. Per cui se questa fosse stata la base occorreva semplicemente spronarlo e far leva sulla gelosia di lui, unico stimolo per renderlo attivo e complice. E in quegli attimi non ci fu bisogno di tante parole, tanto che lei non dovette spiegare il motivo per cui fosse arrivata a quella conclusione. Accennò ad un film drammatico visto qualche sera prima in tv e la trama, tra gelosie e forti passioni, si snodava nel classico rapporto a tre. Certo nessuno dei due pensava a quel tipo di menage, ma semplicemente ad un pizzico di piccante che di sicuro avrebbe movimentato le loro serate intime.

A quel punto, per dare un po’ più di sale avrebbe voluto che suo marito approfondisse l’argomento o quanto meno si insospettisse chiedendole se avesse già messo in pratica la sua fantasia e con quanti uomini. Si era chiesta anche quale fosse il numero adatto da confessare a suo marito, e quale fosse il limite oltre quale sarebbe stata considerata ineluttabilmente una puttana. Ma non era servito perché lui non aveva chiesto e lei si era guardata bene ad andare oltre, anche perché lui aveva avuto una reazione non prevista dicendole che nel loro rapporto stanco e pigro era del tutto normale pensare di ravvivare il loro sesso.

Quindi la capiva? Matilde aveva avuto un sussulto pensando che suo marito non fosse affatto vecchio e che semmai avesse avuto un problema lei ne era la causa. Aveva avvertito anche un pizzico di gelosia quando lui, forse solo per rendere più reale quella trasgressione oppure per non essere da meno, aveva timidamente paventato che quella terza persona non dovesse essere necessariamente un uomo. Certo suo marito non era del tutto persuaso da quella bizzarra proposta, ma lei era riuscita a convincerlo dicendogli che ormai il loro rapporto, seppur pigro, era più che consolidato e che quindi quella eventuale pratica non avrebbe in alcun modo scalfito la loro relazione.

Comunque nessuno dei due aveva accennato a qualche relazione extra, ma insieme, dopo che quella sera si erano lasciati andare su quel divano ed entrambi avevano sciorinato a voce alta e senza pudore le proprie fantasie, promettendosi, se non di metterle in pratica, almeno di scandagliare e confrontare quelle fantasie comuni. Al culmine del piacere aveva immaginato ad alta voce che l’uomo che in quel momento la stava scopando non fosse suo marito, ma un altro e per rendere ancora più intenso quel rapporto aveva iniziato a chiamarlo con nomi diversi.

Comunque dopo quella volta durante i loro rapporti avevano cominciato a costruire storie più reali ed ecco lì che nel bel mezzo del loro rapporto interveniva un uomo alle volte biondo, altre moro, muscoloso o meno, giovane o uomo fatto, ma comunque sempre con un fisico ben definito che si metteva tra di loro e completava magnificamente il desiderio di lei, esaltando i suoi orgasmi ben più intensi di quelli lasciati sulle lenzuola del Motel sulla via del Mare. Beh sì, era andata oltre, il gioco si era fatto più intrigato e decisamente soddisfacente perché reclamandolo e desiderando di fare l’amore con lui, di fatto lo stava inesorabilmente tradendo due volte.

Quelle furono le prime volte che aveva visto suo marito discretamente coinvolto, tanto che tra loro si era sviluppata una sintonia perfetta anche se lei era comunque la parte trainante preoccupandosi ogni volta di oliare quei delicati meccanismi di dettagli e sensazioni sempre più profonde.

Beh sì, Matilde era cosciente che in certe circostanze serviva fiducia e disponibilità da parte di entrambi, e quindi aveva cercato di razionalizzare quel desiderio, ma ogni qualvolta che si concentrava avvertiva solo una forte tensione mista a curiosità e piacere. Pensando che fosse un modo per uscire dalle consuetudini delle loro regole intime si era convinta che mettendo al corrente il proprio partner fosse ancora più eccitante della trasgressione del tradimento o farlo chiamare cornuto nei suoi momenti intimi da colleghi ed amici.

Tuttavia in quel momento ancora non vi era nulla di razionale, i personaggi che affollavano il loro letto non erano mai reali. Nei giorni seguenti aveva fatto in modo che quelle serate non rimanessero inconcludenti, del resto era stata lei ad accendere la miccia e lui si era guardato bene di spegnerla. E ciliegina sulla torta aveva notato in suo marito un vigore nuovo e un interesse diverso nei suoi confronti. Ogni volta si chiedeva ripetendosi se anche lui non fosse attanagliato da quella tenia borghese che corrode da dentro e consuma le viscere della mente, ma che lui ben nascondeva tuffandosi nel suo lavoro.

Il primo passo era stato quello di silenziare per sempre il suo secondo telefono e cercare internet informazioni su come muoversi. Subito si era posta la domanda se per iniziare a galoppare con la sua fantasia fosse stata meglio una coppia o un uomo singolo. Ne aveva parlato col marito e seppure nell’imbarazzo della loro prima volta avevano deciso insieme che sarebbe stata meglio una coppia, ovvero una situazione paritaria con cena e dopocena, come due normali coppie di amici, in modo da stabilire una minima sintonia, una forte complicità e nel contempo armonizzare la parte più imbarazzante ovvero la voglia di sesso.

Lui, più incuriosito che effettivamente intrigato, si era fatto trascinare una sera davanti al computer curiosando sui tanti siti d’incontri, con Matilde sempre più convinta che il sesso con partner diversi sarebbe stato il toccasana e avrebbe schiuso inimmaginabili orizzonti di piacere infinito e soprattutto la sua ritrovata fedeltà verso suo marito.

Tramite una chat dedicata le si era aperto un nuovo mondo di gente che cercava come loro di abbattere la noia del sesso di coppia. Certo rimanevano i forti dubbi perché sapeva benissimo che una situazione eccitante, prodotta dalla fantasia, non sempre manteneva intatte la sua potenzialità erotica quando veniva resa reale. Ma era rimasto solo un piccolo dubbio perché pensare di fare l’amore con un altro uomo fondendosi negli occhi di suo marito la faceva letteralmente esplodere. Col solo pensiero approdava in un’altra dimensione difficilmente spiegabile, nel senso che oltre al piacere del sesso si era coinvolti cerebralmente e totalmente. Secondo la sua perversione sentirsi puttana davanti a suo marito avrebbe di certo raddoppiato il suo piacere.

Nulla a che vedere con le sue scappatelle da signora annoiata in quel motel sulla Via del Mare, nulla a che vedere con gli sguardi dei potenziali amanti o le toilette alle cene aziendali. Qui era tutto alla luce del sole, qui era in gioco dignità, onore, immagine e allo stesso tempo un atto tremendamente eversivo rispetto alla morale comune. Forse era proprio questo l’antidoto che Matilde aveva cercato per anni!

Incredula si era chiesta come avesse fatto a non pensarci prima quando in quegli hotel ricercava invano la pura perversione. Certa che quell’uovo di Colombo sarebbe stata la sua salvezza cercava negli occhi di suo marito il giudizio estremo ossia desiderava con tutta se stessa che quel marito sposato solo per interesse non la giudicasse come moglie ma solo per ciò che desiderava essere.

Ormai il piacere aveva preso il sopravvento e senza dire nulla a suo marito dei suoi tanti incontri era andata oltre e mentre facevano l’amore i nomi che urlava erano diventati improvvisamente personaggi reali, tutti rigorosamente suoi ex amanti. Ovvio lui non poteva sapere, ma in quell’istante erano tutti lì già pronti ed eretti sulla soglia della loro camera da letto. Poi al culmine del piacere immaginava di essere scopata a turno ed ogni volta lanciava urli disumani giurando che in quel momento non fosse un unico pene e per giunta quello di suo marito. Ma sentiva dentro di sé che non era ancora tutto, quella fantasia aveva bisogno di realtà che non riguardava solo l’atto di aprire le cosce. E allora ogni sera condiva i suoi racconti con la pura realtà raccontando ogni particolare di quelle cene aziendali, quando nella toilette tirava sulla gonna e scandalizzava i suoi amanti per la facilità con cui si concedeva. Adorava poi razionalizzare quelle oscenità ammettendo che non considerava affatto il suo sesso un tesoro o un bene irraggiungibile, ma solo un tramite per sentirsi viva e proseguendo nella metafora lo considerava un vuoto da riempire come del resto le sue giornate tutte uguali.

Jacopo ovviamente non credeva ad una sola parola e pensava che sua moglie avesse bisogno solo di attenzioni e come i bambini vivere la propria vita come una favola popolata da personaggi ed eroi che la facessero vivere come una principessa. Certo si qualche dubbio gli era venuto e facilmente avrebbe potuto scoprirlo, ma preferiva rimanere in quell’alone di mistero ed agevolare le fantasie ormai senza freni di sua moglie.

Ma la cosa durò come tutti i giochi di Matilde e ben presto stanca di quella commedia ricominciò a vedere i suoi incontri fuori casa come un simbolo di fuga e libertà, con una leggera modifica però, ossia questa volta per combattere definitivamente la sua apatia era indispensabile la partecipazione emotiva di suo marito. Quindi non solo cornuto, ma anche consenziente! Già Jacopo come persona non era assolutamente adatto per i suoi giochi, ma in quanto marito aveva un ruolo fondamentale! Convinta ormai che il piacere non era nel sesso sia pure clandestino e all’insaputa di Jacopo, ma l’atto fortemente trasgressivo di essere ceduta realmente e fattivamente dal suo uomo.

Da quel giorno le cose erano cambiate di nuovo, ormai consapevole che la noia di suo marito non era la sua stessa noia, ma allo stesso tempo, non potendo pretendere la sua complicità fattiva e diretta, Matilde aveva cercato almeno il suo consenso.

Solo a quel punto Jacopo pur nella sua atavica pigrizia comprese che per ingabbiare quella fantasia ormai tracimante di sua moglie avrebbe dovuto seguirla riempiendola così ogni giorno di complimenti e di attenzioni e dicendole quanto fosse bella e quanto il fortunato di turno avrebbe toccato il cielo con un dito.

Matilde capì immediatamente che suo marito aveva ceduto e quindi solo dopo quel tacito consenso si era decisa scegliendo tra le varie figure un single 35enne, bello come il sole, di nome Livio, che abitava da solo in un piccolo villino a un centinaio di metri da loro. Certo sì, per quel gioco così estremo avrebbe potuto scegliere uno dei suoi tanti amanti passati per rendersi conto quanto fosse diverso il tradimento clandestino con quello attuale alla luce del sole.

Così si era fatta bella, tacchi, calza velata, minigonna da urlo... Sotto l’attenta ammirazione di suo marito si era truccata, scelto la lingerie più sensuale e quel tocco di trasparenza che faceva impazzire gli uomini. Più volte aveva chiesto il parere di suo marito perché sapeva che uscita da quella casa finiva inesorabilmente l’effetto sublime della trasgressione. In poche parole doveva essere Jacopo ad offrirla allo sconosciuto su un piatto d’argento, senza il quale tornava ad essere una casalinga disperata in cerca di un’effimera emozione.

Prima di uscire si era presentata davanti al marito reclamando se non il giudizio morale almeno quello sull’aspetto fisico. Era davvero una Dea, ma lei era tornata nuovamente in bagno, doveva pretendere di più da se stessa, perché quella serata rappresentava per lei il suo vero primo tradimento.

Dopo l’ennesimo colpo di spazzola aveva salutato suo marito, aveva percorso quei cento metri a piedi traballante sui tacchi. Livio l’aveva accolta in casa sorprendendosi per quanto fosse stato fortunato. Certo sì intuiva che ci fosse dell’altro e che quell’esemplare di femmina non si stesse concedendo a lui per una pura attrazione sessuale.

Lei seduta comodamente nel suo salotto non desiderava altro che essere considerata per quella che era, ossia un oggetto sessuale e niente di più, ma nella sua mente non smetteva di assaporare il gusto di sentirsi unica pensando a quanto quella situazione fosse fuori dal comune e che forse solo a poche donne nella vita era capitata, ovvero tradire un marito col suo consenso.

Sicura del suo fascino continuava a pensare a quanto suo marito, pur assente, fosse l’unico protagonista della serata, e allora era andata in bagno ed aveva mandato un ultimo messaggio a Jacopo e lui per tutta risposta le aveva mandato una decina di faccine sorridenti. A quel punto non c’erano più dubbi, lui nonostante ora fosse solo in casa ed avesse toccato con mano il vuoto del tradimento, non aveva affatto cambiato idea! Calda ed eccitata era tornata in soggiorno e si era data a quei baci seguendo e alimentando la passione di quell’uomo, ormai consapevole quanto suo marito fosse complice di quella scopata, consumata a un centinaio di metri da lui. Presa da quella nuova trasgressione aveva sentito la sua anima vibrare pregando l’uomo di non smettere e sperando che quei gemiti di sesso che erano diventati mano mano urla arrivassero all’orecchio di suo marito.

Grazie all’esuberanza di Livio che l’aveva voluta e rivoluta più volte, la serata si era protratta fino alle prime luci dell’alba, quando verso le cinque era tornata a casa completamente esausta e pensando che non avrebbe potuto chiedere di meglio dalla sua vita.
Ma il gusto sublime della sua follia fu quando vide suo marito ancora in piedi! Cavolo sì! L’aveva aspettata ed ora era letteralmente fuori di sé, euforico ed eccitato l’aveva abbracciata, annusata baciando ogni centimetro di quel corpo e arrivando fino alle sue parti intime dove aveva assaporato con gusto quel sapore dolciastro e aspro chiamato tradimento.

Continuando a ripeterle quanto l’amasse Jacopo aveva voluto sapere ogni minimo particolare di quell’incontro e lei disponibilissima gli aveva raccontato per filo e per segno tutto quello che era successo senza tralasciare nulla, anche le parole più scabrose che Livio le aveva rivolto al culmine dei tanti orgasmi. L’eccitazione di Jacopo fu ancora più evidente quando aveva preteso di fare l’amore. Lei non si era sottratta ed era esplosa di nuovo pensando a quanto fosse appagante avere infiniti orgasmi con due uomini diversi a poche ore di distanza.

Da quella sera il loro rapporto era completamente cambiato, la pesantezza dell’indifferenza aveva lasciato il posto ad una estrema leggerezza. Lo stesso Jacopo aveva creato a nome di Matilde un profilo Tinder con tanto di foto provocanti, aiutando così sua moglie nella ricerca di uomini interessanti, sempre diversi. Certo sì, Matilde ignorava quanto sarebbe durato quel gioco, ma al momento si era fatta guidare nell’assoluta convinzione di aver trovato almeno temporaneamente l’antidoto giusto per combattere quella tenia vagante sottotraccia, divoratrice di ogni colore, chiamata noia borghese.








Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.



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