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STORIE DI ROMA
Il Ratto
di Proserpina
GIAN LORENZO BERNINI
Rappresenta il rapimento
di Proserpina da parte di Plutone, dio
degli inferi. E' il momento culminante
dell’azione, quando, afferrata la ragazza, i
muscoli del dio sono tesi nello sforzo di sostenere il corpo di
Proserpina che si sta divincolando. Le mani di Plutone che affondano
nella carne di lei evidenziano il desiderio morboso del dio
innamorato...
1623
Adamo mi parli del Ratto di
Proserpina? La scultura fu commissionata nel 1618 dal
cardinale Scipione Borghese e realizzata tre anni dopo
da Gian Lorenzo Bernini. Il cardinale diede al giovane
artista, poco più che ventenne, un anticipo di 300 scudi
accordandosi per il pagamento completo solo a fine
lavoro che avvenne nel 1623 con il trasporto dell’opera
nella Galleria Borghese di Roma.
Sappiamo che
l’opera rimase poco tempo a Villa Borghese… L'opera,
in candido marmo di Carrara, venne collocata dal
Cardinale nella sua villa fuori Porta Pinciana, poi però
lo stesso Borghese la offrì in dono al cardinale
Ludovico Ludovisi per decorare la sua villa personale
dove ci rimase fino al 1908 quando venne riacquistata
dallo Stato per riportarla in esposizione a Villa
Borghese su un piedistallo disegnato da Pietro
Fortunati.
Cosa raffigura la statua?
Rappresenta il rapimento con il consenso di Giove della
Dea Proserpina, figlia di Cerere, dea della fertilità e
dei raccolti, da parte di Plutone, dio degli inferi. La
vicenda che si svolge sulle rive del lago di Pergusa,
nelle vicinanze di Enna, è raccontata da Ovidio nelle
Metamorfosi.
Qual è l’antefatto dell’opera?
All'inizio dei tempi, mentre la madre Cecere si occupava
dei raccolti la giovane figlia giocava in compagnia
delle sue tre ancelle Ligea, Leucosia e Partenope e la
sera tornava a casa insieme alla madre, cantando e
ridendo con lei. Plutone, il dio dei morti, che non
viveva sul Monte Olimpo, ma regnava sotto terra e viveva
al freddo e al buio da solo perché nessuna donna avrebbe
mai voluto rinunciare alla luce, al calore del sole e
alle bellezze della natura per diventare regina
dell'Oltretomba. Ma quando Plutone scorse Proserpina
mentre raccoglieva fiori se ne innamorò perdutamente e
decise di rapirla, perché mai lei avrebbe accettato di
vivere nell’oltretomba. Salì quindi sul suo carro nero e
afferrò Proserpina per i capelli. A quel punto
Proserpina gridò e si tolse la cintura di fiori
lanciandola nel fiume, affinché le acque potessero
portare alla madre la sua richiesta di aiuto.
Il
giovane Gian Lorenzo ne coglie l’aspetto più drammatico…
È il momento culminante dell’azione. il massimo del
pathos. Quando, afferrata la ragazza, i muscoli del dio
sono tesi nello sforzo di sostenere il corpo di
Proserpina che si sta divincolando. Le mani di Plutone
che affondano nella carne di lei evidenziano il
desiderio morboso del dio innamorato e deciso a tutti i
costi di portarla negli inferi e renderla regina.
E Proserpina? La fanciulla lotta inutilmente per
sottrarsi alla furia erotica di Plutone, nei suoi occhi
si legge la vergogna per la sua nudità profanata, ma
anche il terrore di finire per sempre nell’oscurità
degli inferi. Presa dal panico cerca di ribellarsi e
spinge la mano sinistra sul volto del dio, il quale,
invece, la trattiene con forza. Lei è disperata e invoca
l’aiuto della madre che, scoperta la complicità di Giove
e devastata dal dolore, smette di seminare e curare i
raccolti, causando la siccità sulla terra. Preoccupato
per il destino degli esseri umani, Giove ci ripensa e
intercede con Plutone, che permette a Proserpina di
tornare sulla Terra sei mesi l’anno dando inizio così
all’alternanza delle stagioni.
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