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REPORTAGE
 
 
GAMBIA BANJUL
Spiaggia incontaminata e “Bumster”
Dagli anni ’90 Banjul è diventata una delle mete preferite per donne adulte alla ricerca di esperienze sessuali con giovani africani, i cosiddetti “bumsters”, che si concedono a donne europee in cambio di regali e denaro.



 

 
Mi trovo a Banjul, la capitale del Gambia, in compagnia della mia guida Suly a bordo di una vecchia Renault 4 rossa. Guardo fuori dal finestrino e lo spettacolo è davvero una meraviglia naturale, siamo sull'Isola di St. Mary, nel punto in cui il fiume Gambia sfocia nell'Oceano Atlantico.
Suly mi fa un po’ di storia e mi dice che in questi posti i coloni inglesi durante il XVIII secolo catturarono circa 3 milioni di schiavi, la tratta proseguì fino agli inizi del 1900, poi il Gambia ottenne ufficialmente l'indipendenza dal Regno Britannico nel 1965 e da allora vi sono stati vari colpi di Stato, attualmente è una Repubblica presidenziale, ci sono ancora tensioni politiche ma tutto sommato è un posto tranquillo per turisti in cerca di relax.

Banjul è circondata da una natura mozzafiato, le spiagge incontaminate, con la loro sabbia soffice e le acque limpide, sono rese ancora più affascinanti dai tramonti africani che tingono il cielo di sfumature dorate e rossastre. Grazie al suo clima tropicale stabile, le temperature minime raramente scendono sotto i 20 gradi, Banjul è una perfetta destinazione turistica per tutto l’anno, grazie anche ai prezzi molto abbordabili, una stanza in hotel di lusso non va oltre i 50 dollari!

Con la mia guida la sera decidiamo di cenare al ristorante Al Baba GFC, un posto delizioso dove ci servono pollo yassa stufato con cipolla, benachin, ossia riso con cumino, zenzero e noce moscata, servito con pesce e verdure e superkanja e per finire la famosa zuppa di okra. Poi per chiudere in bellezza la serata andiamo a distrarci a Kololi, il fulcro della vita notturna con bar, ristoranti, discoteche, night club e perfino un casinò, a soli 17 Km dalla capitale.

Appena entrati al Big Apple noto diversi gruppi di donne occidentali di mezza età. Suly ride e mi dice che da queste parti è normale vedere turiste europee non accompagnate da uomini. Dagli anni ’90 infatti, il Gambia è diventato una delle mete preferite per donne adulte alla ricerca di esperienze sessuali con giovani africani. Data la condizione economica molti uomini gambiani hanno fatto di questa richiesta un vero e proprio lavoro. Si tratta dei cosiddetti “bumsters”, i quali si concedono a donne europee in cambio di regali, denaro oppure nella speranza di ottenere un visto per un Paese più ricco. Alcuni stabiliscono vere e proprie relazioni altri invece frequentano le spiagge in cerca di un estemporaneo rapporto sessuale.

Relativamente alle turiste, sono di solito pensionate, separate, divorziate oppure sposate in crisi, comunque deluse dalla propria vita e fuggono dalla noia desiderando solo una pausa dalla routine, scegliendo una vacanza particolare per staccare la spina dai problemi e dai loro rapporti affettivi. L’età media si aggira sui 60 anni e solitamente provengono da Regno Unito, Olanda, Svezia, Germania e anche Italia. Le stime mondiali parlano di 600mila donne occidentali, tra cui 30mila italiane circa, che ogni anno cercano l’avventura con un beach boy che passeggia sulla spiaggia alla ricerca di una donna disposta a pagare.

Di solito le turiste quando intraprendono il viaggio non richiedono specificamente un’avventura sessuale anche se nel preparare la valigia non escludono l’idea di vivere una situazione che non preveda solo spiagge dorate e mare cristallino, ma anche la presenza di prestanti ragazzi del posto con i quali vivere un’avventura erotica.
Disdegnano comunque di essere definite “turiste sessuali”, ma va da sé che l’occasione di un viaggio nel deserto o una notte sotto la tenda possa includere la possibilità di finire a letto con una guida, un’inserviente della struttura o un locale. Ma ci sono occasioni anche più usuali tipo la spiaggia, il bar o facendo una passeggiata per strada. Del resto le strutture alberghiere chiudono entrambi gli occhi ed è più che lecito per queste turiste portarsi un ragazzo in camera alla modica cifra di una doppia anziché una singola.

Si chiamano “Romance tourist” anche se poi pagano per avere rapporti. A differenza del turismo sessuale maschile, in cui si cerca una partner diversa ogni sera per soddisfare il proprio bisogno fisico, la donna è prettamente romantica e nel corso di una vacanza tende a frequentare un solo uomo stabilendo una vera e propria relazione anche se di breve durata.
Del resto con l’indipendenza economica ormai raggiunta e in nome di una convinta parità di genere anche le donne, come hanno sempre fatto gli uomini, troveranno normale pagare per scopare dimostrando di essersi adattate in fretta ai pseudo valori maschili.
Più che un’avventura di sesso la definiscono però una favola e di solito il primo contatto avviene per caso e la maggior parte di loro si convince genuinamente di essere corteggiata, bella e piacente. Le frasi in inglese dell’approccio sono sempre le stesse: “Hai bellissimi capelli! Adoro la tua pelle chiara. Ti ho notata subito. Ho sempre desiderato una donna come te.” E loro si illudono che sia effettivamente così, perché non importa essere belle o portare la taglia 42 od avere la quarta di reggiseno, l’importante è solo essere donna e di pelle bianca per essere guardate ed essere coperte da mille attenzioni, ovviamente molto interessate. Poi se c’è feeling tra i due si prosegue in un pub per il primo aperitivo insieme. A quel punto lui si offre come guida, poi ovvio ci sarà la cena romantica e il dopocena più intimo e quando il ragazzo si accorge che lei si sta innamorando, cercherà di farsi dare del denaro impietosendola raccontando le tristi condizioni della sua famiglia.

A differenza dei maschi con giovani ragazze locali qui non esiste una tariffa fissa, la donna offre pasti, vestiti, drink e ovviamente soldi visti non come tariffa di una prestazione, ma come aiuto economico.

Suly tiene a precisare che la prostituzione in Gambia è illegale e un grande tabù sociale, ma i conti con la povertà favoriscono quest’attività. E ciliegina sulla torna la maggior parte di loro sono anche sposati e con figli! Ma si sa che per il denaro si fa questo ed altro per cui molto spesso le loro mogli sono al corrente dell’attività del marito. Perché sanno benissimo che il proprio marito riceverà regali e una paga sostanziosa e loro potranno godersi una discreta sicurezza economica.

Seduti su uno dei divanetti del locale ci guardiamo intorno e poco dopo una signora bionda platino di mezza età si avvicina e saluta Suly. Ci presentiamo, mi dice che vive e lavora a Verona e che è da queste parti in compagnia della sua collega Marta. Truccata pesantemente, gonna corta a pieghe, rossetto rosso fragola, scollatura mozzafiato e seno abbronzatissimo mi dice di chiamarsi Franca. Noto che è accompagnata, oltre che dalla collega, da un bellissimo ragazzo alto oltre il metro e ottantacinque con occhi grandi come due noci. Si sono conosciuti nel primo giorno di vacanza durante una partita di volley beach e da allora lui è diventato il suo accompagnatore personale. Franca, su di giri, non mi nasconde il motivo del suo viaggio, lo chiama romance travelling e ammette di essere già stata a Capoverde e a Santo Domingo: “Ma qui trovi gente discreta, per bene e soprattutto trovi ragazzi capaci di farti sentire bella anche se sei su di peso e non hai il fisico da modella. Venire qui non ci vedo nulla di strano, anzi penso che tutte le donne dovrebbero vivere un’esperienza simile, è come fare il pieno di benzina. Quando torni nel tuo paese hai l’autostima a mille che ti aiuta a credere in te stessa.” Tento di farle qualche domanda, ma il suo boy la reclama, allora si alza e leggera come un’adolescente si fa trasportare sulla pista da ballo.

Mentre Franca si allontana volteggiando verso la pista da ballo, avvolta dall’energia del suo giovane accompagnatore, io e Suly ci scambiamo uno sguardo divertito. La sua esuberanza è contagiosa, ma allo stesso tempo lascia nell’aria una scia di domande non dette. Mi volto verso Marta, che è rimasta seduta con noi, le mani intrecciate in grembo e un sorriso appena accennato. Ha un’aria più sobria rispetto a Franca: capelli castani raccolti in una coda ordinata, un vestito semplice color crema e un paio di orecchini discreti che brillano appena sotto le luci soffuse del locale.

"Allora, Marta," esordisco, cercando di rompere il ghiaccio, "anche tu sei qui per un Romance travelling... come lo ha chiamato Franca?"
Lei arrossisce leggermente e scuote la testa, ridendo piano. "No, no, non proprio. Io sono più una spettatrice, diciamo. Franca mi ha convinta a venire con lei, dice che mi fa bene uscire dalla mia zona di comfort. Ma io non sono come lei."
"Quindi sei qui solo per farle compagnia? Non ti travolge la sua esuberanza.” Domando pensando al pezzo che dovrò scrivere per il mio giornale.

Marta scrolla le spalle, giocherellando con il bordo del bicchiere che ha davanti. "All’inizio pensavo di sì, che mi sarei annoiata, ma in realtà mi piace osservare. Qui è tutto così diverso da casa. La gente, i colori, il modo in cui si vive... è come essere in un film. E poi, Franca è un uragano, ma è anche una buona amica. Mi tiene su di morale."
"Da quanto vi conoscete?" chiedo, incuriosito dalla dinamica tra le due donne, così opposte eppure legate.
"Da qualche anno," risponde Marta. "Ci siamo incontrate a un corso di formazione a Verona. Io ero lì per imparare, lei per rimorchiare un giovane collega. Alla fine non ha conquistato lui, ma ha conquistato me come amica." Ride, e per la prima volta sembra rilassarsi davvero.

Intanto, dalla pista da ballo, si sente un’esclamazione di Franca, che sta insegnando al suo ragazzo un passo di danza improbabile. Lui la segue con un sorriso paziente, i movimenti un po’ goffi, ma pieni di buona volontà. La scena è quasi comica, e noi tre non possiamo fare a meno di scoppiare a ridere.
"Non si ferma mai, vero?" dico, indicando Franca con un cenno del capo.
"Mai," conferma Marta. "È come se avesse un motore dentro. A volte mi chiedo dove trovi tutta quell’energia. Ma sai, credo che abbia ragione su una cosa: venire qui, in un posto così lontano da tutto, ti cambia prospettiva."
"Forse è questo il vero segreto del romance travelling. Non è solo per ragazzi o per l’avventura, ma per ricordarsi chi sei quando nessuno ti giudica." Dico osservando attentamente Marta.

Restiamo in silenzio per un momento, osservando la folla che si muove intorno a noi. La musica cambia, diventa più lenta, e Franca torna al tavolo trascinando il suo accompagnatore per mano. È sudata, con il rossetto un po’ sbavato, ma gli occhi le brillano di una gioia quasi infantile.
"Ragazzi, dovete venire a ballare!" esclama, senza fiato. "Non potete stare qui seduti come tre pensionati!"
Marta alza le mani in segno di resa. "Franca, lo sai che non fa per me."
"E tu?" mi chiede, puntandomi con un dito. "Non dirmi che sei timido anche tu!"
Guardo Suly, che mi fa un sorrisetto di sfida, e poi mi alzo. "Va bene, Franca, hai vinto. Ma se pesto i piedi a qualcuno, è colpa tua."
Lei batte le mani entusiasta e mi trascina verso la pista, mentre Suly e Marta ci guardano ridendo. La notte è ancora lunga, e qualcosa mi dice che questo viaggio ci riserverà altre sorprese.

Mentre Franca mi trascina verso la pista da ballo, sento il ritmo della musica avvolgermi, ma dopo qualche passo goffo mi rendo conto che il ballo non fa per me. Con una scusa qualunque – “Vado a prendere qualcosa da bere!” – mi divincolo dalla presa di Franca e torno al tavolo, dove Marta è rimasta seduta, sorseggiando il suo drink con calma. Suly intanto mi dice che si è fatto tardi, saluta lasciandoci soli.
Mi siedo di fronte a Marta, un po’ trafelato. “Ok, credo di aver esaurito il mio coraggio per stasera. Ballare non è proprio il mio forte.”
Marta sorride, un sorriso gentile che le illumina il viso. “Tranquillo, non sei l’unico. Io non ci provo nemmeno. Franca dice sempre che ho due piedi sinistri, e forse ha ragione.”
“Beh, almeno tu hai la scusa pronta,” rispondo, ridendo. “Io invece ho fatto la figura dell’imbranato davanti a tutti. Come fai a resistere alla sua energia? Io dopo cinque minuti sono già ko.”

Lei si appoggia allo schienale del divanetto, rilassata. “Ci sono abituata. Franca è così da sempre. All’inizio mi sfiniva, ma poi ho capito che è il suo modo di affrontare la vita. Io sono più... riflessiva, diciamo. Mi piace guardarla, ma non ho bisogno di seguirla in tutto.”
“Capisco,” dico, tamburellando con le dita sul tavolo. “Però mi incuriosisce una cosa: se non sei qui per il ‘romance travelling’, cosa ti ha spinto a venire fin qui con lei?”
Marta ci pensa un attimo, fissando il bicchiere come se la risposta fosse lì dentro. “Non lo so bene neanch’io, a essere sincera. Forse avevo bisogno di staccare. A Brescia la mia vita è prevedibile. Lavoro in un ufficio, torno a casa, guardo una serie, dormo. Tutto qui. Franca mi ha detto: ‘Marta, se non vieni con me, finirai per sposare il tuo divano’. E così eccomi qua.”
“Sposare il divano…” ripeto, ridendo. “Non male come minaccia. Però dai, non sembri il tipo che si annoia facilmente. Hai l’aria di una che pensa molto.”
Lei alza gli occhi, sorpresa. “Davvero? Non me lo dice mai nessuno. Di solito pensano che sia solo timida e basta.”
“Timida sì, ma non solo,” ribatto. “Si vede che hai qualcosa che ribolle dentro, anche se non lo esterni come Franca. Sbaglio?”
Arrossisce leggermente, poi scuote la testa. “No, non sbagli. È che non sono brava a tirarlo fuori. Mi piace ascoltare, osservare.”

“Un’osservatrice,” dico, annuendo. “Interessante. E cosa hai osservato di me, finora?”
Lei ride, un po’ imbarazzata. “Oh, non so se vuoi davvero saperlo. Diciamo che sembri uno che si lascia trascinare, ma solo fino a un certo punto. Tipo con Franca: hai provato a ballare, ma poi sei tornato indietro. Non ti piace perdere il controllo, vero?”
La sua analisi mi colpisce, e alzo un sopracciglio. “Accidenti, sei brava. Sì, forse hai ragione. Mi piace divertirmi, ma ho sempre bisogno di un’ancora. Tu invece sembri il contrario: stai ferma, ma chissà cosa succede dentro di te.”
“Un caos, te lo assicuro,” risponde lei, con un sorrisetto ironico. “Ma è un caos ordinato, se ha senso.”
“Perfetto senso,” dico. “Sai, mi piace parlare con te. Sei diversa da Franca, ma in un modo che... non so, mi fa venir voglia di scoprire di più.”

Marta mi guarda per un momento, poi distoglie lo sguardo, giocherellando con un tovagliolo. “Grazie. Non sono abituata ai complimenti, soprattutto da uno che ha appena conosciuto Franca. Di solito lei cattura tutta l’attenzione.”
“Franca è un fuoco d’artificio,” ammetto, “ma tu sei più come... una candela. Non fai rumore, ma illumini lo stesso.”
Lei ride piano, scuotendo la testa. “Questa è la cosa più carina che mi abbiano mai detto. Però attento, potresti farmi montare la testa.”
“Tranquilla, terrò d’occhio il tuo ego,” scherzo. “Allora, dimmi una cosa: se domani Franca ti trascinasse in qualche altra avventura assurda, ci staresti?”

Marta sospira, ma nei suoi occhi c’è un guizzo di divertimento. “Probabilmente sì. Non perché voglio, ma perché so che mi pentirei di non farlo. E tu? Ti faresti trascinare ancora?”
“Dipende,” rispondo, appoggiandomi al tavolo con un sorriso. “Se ci sei tu a osservarmi mentre faccio figuracce, magari sì.” Lei sorride di nuovo, e per un attimo il rumore del locale sembra svanire. Forse, penso, questo viaggio sta diventando interessante non solo per Franca e il suo “romance travelling”, ma anche per questa intimità che si sta creando con Marta.

La serata scivola via tra risate, qualche altro drink e i tentativi di Franca di trascinarci sulla pista da ballo. Ma a un certo punto, mentre la musica rallenta e le luci si fanno più morbide, Marta mi lancia uno sguardo complice, come a dire che forse è ora di chiudere la serata. Mi alzo, e lei mi segue senza bisogno di parole.
“Franca, noi andiamo,” dico, cercando di sovrastare il rumore della folla. Lei, sudata, eccitata e avvinghiata al suo accompagnatore, ci saluta con un gesto plateale, il suo rossetto è ormai un ricordo sbiadito sulle labbra. “Divertitevi, piccioncini!” urla, ridendo, mentre il ragazzo alto le sussurra qualcosa all’orecchio.

Io e Marta ci avviamo verso l’uscita, lasciando il caos del locale alle spalle. Fuori, l’aria della notte è umida, profumata di salsedine e fiori tropicali. Camminiamo fianco a fianco lungo il sentiero illuminato da piccole lanterne, il rumore delle onde che si infrangono in lontananza come una ninna nanna. Mi dice: “Noi abitiamo proprio in questo villaggio. Abbiamo affittato una sola stanza con due letti, ma non ti nego che finora ho dormito sempre da sola. Ride.
La osservo. Ha le braccia incrociate, il vestito chiaro che ondeggia leggermente a ogni passo. È minuta, con un’eleganza naturale che non ha bisogno di trucco pesante o abiti appariscenti per farsi notare. I capelli castani, ancora raccolti nella coda, lasciano intravedere qualche ciocca ribelle che le sfiora il collo. Mi colpisce la sua calma, quel modo di muoversi che sembra quasi galleggiare, in contrasto con l’energia esplosiva di Franca.

Io, invece, mi sento un po’ fuori posto in questa scena: jeans scuri, una camicia azzurra con le maniche arrotolate e i capelli spettinati dalla serata. Sono più alto di lei di una spanna, con le spalle larghe e un passo deciso, ma stasera c’è qualcosa di diverso nel mio modo di essere. Forse è la leggerezza di questo posto, o forse è Marta, che con le sue parole pacate mi ha fatto abbassare la guardia.
“Non pensavo che sarebbe stata una serata così,” dico, rompendo il silenzio mentre ci avviciniamo al piccolo complesso di bungalow dove alloggia.
“Neanch’io,” risponde lei, voltandosi. “Di solito sono quella che resta in disparte, ma stasera... non so, mi sono sentita a mio agio, al centro dell’attenzione nonostante Franca. Grazie a te, credo.”
Sorrido, un po’ sorpreso. “Grazie a me? Sei tu che hai reso tutto più interessante. Franca sarà anche un uragano, ma tu sei... non so, una specie di porto tranquillo.”
Lei ride piano, fermandosi davanti alla porta del suo bungalow. “Un porto tranquillo? Mi piace. Però ora mi sa che il porto deve riposare...”

Ci guardiamo per un istante, e c’è una tensione leggera nell’aria, qualcosa di non detto che ci spinge a non salutarci subito. “Posso entrare un attimo?” chiedo, quasi d’istinto, e lei esita solo un momento prima di annuire.
Dentro, il bungalow è semplice ma accogliente: un letto con lenzuola bianche, una lampada che diffonde una luce calda, una finestra aperta che lascia entrare il suono del mare. Marta si siede sul bordo del letto, togliendosi le scarpe con un gesto lento, e io mi appoggio al muro, improvvisamente consapevole del silenzio tra noi.
“Non sono brava con queste cose,” dice lei, alzando lo sguardo su di me. “Non come Franca, intendo. Ma... mi va di provarci.”
Non serve dire altro. Mi avvicino, mi siedo accanto a lei, e le nostre mani si sfiorano. È un gesto timido, quasi esitante, ma poi lei si sporge verso di me, e le nostre labbra si incontrano in un bacio dolce, senza fretta. Non c’è nulla di frenetico o calcolato: è solo un momento che sembra naturale, come se fosse il seguito inevitabile della serata.

Ci sdraiamo sul letto, ancora vestiti, abbracciati sotto la luce soffusa della lampada. Non c’è bisogno di parole o di gesti eclatanti; ci basta il calore dell’altro, il respiro che si intreccia, il suono del mare che ci culla.
La notte si fa più profonda, e il bungalow sembra isolarsi dal resto del mondo, come un rifugio sospeso tra il mare e il cielo. La luce fuori getta ombre morbide sulle pareti, e il suono delle onde, ritmico e ipnotico, si mescola al nostro respiro. Marta è accanto a me, il suo corpo minuto accostato al mio, e c’è una dolcezza quasi fragile nel modo in cui si abbandona, come se si stesse fidando di me per la prima volta.

Le nostre mani si cercano di nuovo, e stavolta non c’è più esitazione. Le sue dita, fresche e delicate, scivolano sul mio braccio, tracciando linee invisibili che mi fanno rabbrividire. Mi chino su di lei, e il suo profumo – un misto di fiori e salsedine – mi avvolge, leggero, ma inebriante. Le nostre labbra si incontrano ancora, ma questa volta il bacio è più intenso, un’esplorazione lenta e profonda che accende i sensi. Sento il calore della sua bocca, il modo in cui si apre a me con una timidezza che si scioglie piano, trasformandosi in desiderio.
Mi sposto sopra di lei, sostenendomi con le braccia per non pesarle, e i suoi occhi, grandi e scuri, mi guardano con una vulnerabilità che mi colpisce. “Sei sicura?” sussurro, la voce roca, e lei annuisce, un sorriso appena accennato sulle labbra. Le sue mani salgono a sfiorarmi il viso, poi scendono sul mio collo, attirandomi più vicino. La bacio ancora, assaporando la morbidezza della sua pelle, e il mondo fuori svanisce: ci siamo solo noi, i nostri corpi che si cercano, che si rispondono.

Le mie mani scivolano lungo i suoi fianchi, accarezzando la curva del suo vestito, e lei inarca leggermente la schiena, un gesto istintivo che mi fa accelerare il battito. Con delicatezza, le sfilo il vestito, scoprendo la sua pelle chiara, illuminata dalla luce calda della lampada. È bellissima, non in un modo appariscente come Franca, ma in una semplicità che mi lascia senza fiato. Le bacio il collo, scendendo piano verso il piccolo seno, e lei sospira, un suono lieve che mi guida, che mi dice di continuare.
Le sue mani si infilano sotto la mia camicia, esplorando il mio petto con una curiosità che mi fa tremare. Mi libero della camicia, lasciandola cadere a terra, e i nostri corpi si incontrano, pelle contro pelle, in un abbraccio che è insieme tenero e bruciante. Ogni tocco è un dialogo silenzioso: le mie dita che sfiorano la sua schiena, i suoi polpastrelli che mi accarezzano le spalle, i nostri respiri che si fondono in un ritmo condiviso. Non c’è fretta, solo una sensualità lenta, quasi sacra, che cresce con ogni movimento.
Mi perdo in lei, nel modo in cui si abbandona a me, nel calore del suo corpo che si intreccia al mio. Continuo a baciarla, scendo lentamente verso la curva del suo ventre fino alla delicatezza delle sue gambe accoglienti, e lei risponde stringendomi più forte, le unghie che mi graffiano appena la schiena in un misto di dolcezza e passione.

Quando finalmente ci uniamo, è come se il tempo si fermasse: i nostri movimenti sono fluidi, istintivi, un’onda che ci porta sempre più in alto. I suoi gemiti, soffocati, ma sinceri, si mescolano ai miei, e c’è una connessione che va oltre il fisico, un’intimità che mi scuote nel profondo.
Restiamo così, avvinghiati, sudati, con il cuore che batte all’impazzata, fino a che l’energia si placa e ci ritroviamo sdraiati l’uno accanto all’altra, le gambe intrecciate, le mani ancora unite. Le accarezzo i capelli, ora sciolti e sparsi sul cuscino, e lei mi guarda con un sorriso stanco, ma pieno, gli occhi che brillano di una luce nuova. “Non pensavo potesse essere così,” sussurra, e io le bacio la fronte, incapace di trovare parole che rendano giustizia a quello che provo.

Restiamo così, stretti l’uno all’altra, fino a che il sonno ci prende, e la notte ci avvolge come una coperta leggera con il mare che canta fuori dalla finestra e il calore dei nostri corpi che ci tiene ancorati. È un amore sensuale, sì, ma anche qualcosa di più: un momento di verità, di scoperta, che ci lega in un modo che nessuno dei due aveva previsto.

Domani sarà un altro giorno, ma per ora, in questo piccolo angolo di mondo, siamo solo io e Marta, sospesi tra la realtà e un sogno che non vogliamo ancora lasciar andare.








L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga
Realizzato grazie a:  
https://www.africarivista.it/turismo-sessuale-
in-africa-un-fenomeno-in-aumento/216529/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/19/turismo-
sessuale-femminile-le-predatrici-occidentali-
dallafrica-ai-caraibi/833276/








 
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