CERCA NEL SITO   CONTATTI   COOKIE POLICY  HOME  
 
 
AMARSI CHE CASINO
 

 

STORIE VERE
Il professore di ripetizione
"Tutto nasce quando frequentavo i primi anni del liceo, ero bella sì, ma molto acerba comprese le tette appena accennate e le cosce secche come due rami di pesco. "







Tutto nasce quando frequentavo i primi anni del liceo, ero bella sì, ma molto acerba comprese le tette appena accennate e le cosce secche come due rami di pesco. Non so, sarà stato il cambiamento di scuola, saranno state le mie perenni insicurezze, ma i bei voti del ginnasio avevano subito un crollo verticale. Inoltre, in quel periodo, i miei genitori si stavano separando ed io avevo avuto da poco le mie cose. Per me insomma fu un cambiamento epocale, frequentavo ragazzi e ragazze più grandi e il mio aspetto aveva iniziato ad assumere lineamenti da adulta.

Dopo alcuni mesi i professori dissero a mia madre che avevo insufficienze in quasi tutte le materie e che avrei potuto ripetere l’anno, lei disperata telefonò a mio padre e insieme decisero di farmi vedere da un medico e in seguito da una specialista la quale, non sapendo bene cosa fare, mi riempì di medicine e diete a base di pesce per la memoria e la concentrazione.
La cura non ebbe effetto e i voti rimasero incollati più vicino al quattro che alla sufficienza così che, dopo la prima pagella, mio padre, ormai in tutte altre faccende affaccendato, decise di lavarsene le mani e mia madre, dato i risultati, decise di non aiutarmi più nei compiti e pensò bene di mandarmi a ripetizione da un vicino, il signor Maurizio, ex professore di matematica, che abitava nello stesso nostro condominio, ma al secondo piano della palazzina B.

Ti premetto che al tempo, nonostante le prime pulsioni che consumavo in estrema solitudine, ero una ragazzina timida al limite del patologico. Avevo paura di tutto ed ero così introversa che nonostante avessi avuto diverse occasioni, non avevo ancora dato il mio primo bacio, credendo fermamente che i bambini nascessero dal semplice sfioramento delle labbra. Anzi sì un bacio sulle labbra lo avevo dato sotto casa al ritorno dalla scuola al mio compagno di banco, ma poi ero salita di corsa in casa e mi ero sciacquata la bocca per circa dieci minuti. Quando lui il giorno dopo sotto scuola mi chiese se stessimo insieme, io feci scena muta e scappai in classe.

Insomma quando i miei mi comunicarono la loro decisione di mandarmi a ripetizione dal signor Maurizio feci il diavolo a quattro. Assolutamente non volevo andare da quel vecchio, per tre giorni rifiutai il pranzo e la cena, ma poi un po’ con le buone e un po’ con le cattive dopo circa una settimana, accompagnata da mia madre, che però rimase sulla porta e non entrò in casa, suonai il campanello dell’interno 6 della palazzina B.

Per tutta l’ora di lezione feci scena muta, arrossendo ad ogni domanda, ma il signor Maurizio, che al tempo aveva qualcosa di più di cinquant’anni, si dimostrò molto paziente, così che quel giorno ed altri ancora iniziò a riempirmi di dolcezze. A poco a poco, grazie a lui e al suo ascendente di uomo adulto, riuscii a scrollarmi di dosso qualche paura ed anche a scuola le cose cambiarono nonostante lui dedicasse la maggior parte del tempo a parlare di me, delle mie sensazioni, di cosa provassi o pensassi e poco tempo allo studio. Insomma era molto dolce, con le ragazzine ci sapeva fare ed aveva ragione da vendere quando diceva a mia madre che la vera causa non fosse il mancato studio o la mancanza di memoria o concentrazione, ma solo la mia atavica insicurezza nel relazionarmi con le altre persone.

Lentamente grazie alla sua disponibilità iniziai a superare i miei tabù e a sentirmi più sicura. Ricordo ancora quando un pomeriggio mi misi a piangere perché incapace di risolvere un'equazione di primo grado. Lui sorrise, si alzò, mi venne vicino e mi accarezzò i capelli. Ecco quella volta, tramite quel gesto paterno, sentii tanto affetto, calore e protezione che mai avevo ricevuto da mio padre. Di solito mi parlava sottovoce, mi diceva quanto le difficoltà, gli ostacoli e i problemi fossero la linfa della crescita e il sale della vita, l’importante era non scoraggiarsi, ma affrontare le contrarietà vedendole come sfide da superare. Certo al tempo non afferravo completamente tutti i suoi concetti, ma la cosa che più mi rendeva felice era la sua disponibilità a darmi la giusta attenzione. Paziente e senza mostrare alcuna insofferenza, rimaneva in silenzio ad ascoltare qualsiasi cosa avessi da dire.

Lui viveva in quella casa con la moglie e la figlia, mia coetanea. Avendo capito le mie difficoltà quando entravo in quella casa faceva in modo di non farmi incontrare le altre due persone e quando entravo nella stanza chiudeva sempre la porta a chiave per farmi sentire a mio agio. Mi diceva: “Così non ci disturba nessuno e tu sei tranquilla.” Mi ripeteva spesso che indipendentemente dalle materie che studiavamo dovevo aprirmi a lui e confidargli ogni cosa. A poco a poco lo sentii come mio complice, la persona che, qualunque cosa avessi fatto o fosse accaduta, avrei potuto confidargliela sapendo che mai mi avrebbe sgridata o giudicata.

Con il bene placido dei miei diventò una figura constante e molto presente, mi chiamava tutte le sere e si informava come fosse andata la giornata a scuola dandomi consigli e soprattutto coraggio. La cura stava procedendo nel verso giusto e mio malgrado dovetti dare ragione ai miei genitori per la scelta. Maurizio divenne in poco tempo l’amico di famiglia e i miei genitori erano ben contenti di avere un supporto per la mia crescita. Poi quando alla fine dell’anno scolastico risultai promossa lui mi abbracciò e la sera mia madre lo invitò a cena a casa nostra per festeggiare la mia promozione. Insomma aveva davvero fatto un buon lavoro su di me.

Ricordo che quell’anno passai le vacanze estive al mare con mio padre e la sua nuova compagna, ma il mio pensiero tornava sempre a Maurizio. Beh sì lo ammetto ero attratta senza alcuna malizia da quella figura così protettiva tanto che senza di lui mi sentivo persa. Gli mandai anche qualche messaggio e lui mi rispose puntualmente ogni volta con un cuoricino rosso.

L’inizio del nuovo anno scolastico fu come il precedente per cui dopo due mesi tornai a prendere ripetizioni da Maurizio. Lui fu ben contento di potermi avere ancora come alunna e fu proprio in quel periodo che successe qualcosa che mi segnò per sempre. Quando mi rivide mi fece i complimenti e poggiando il mio sguardo sul mio seno mi disse testualmente: “Ti sei fatta donna!” Io arrossii, ma quella frase mi gonfiò il cuore.
Dicevo, l’ultimo anno di liceo non fu indolore e al primo compito in classe di matematica presi sciaguratamente un bel tre. Mi sentii persa e invece di andare a casa, bussai disperata alla sua porta con le lacrime agli occhi. Era l’ora di pranzo, lui aprì col tovagliolo in mano, io mi scusai, ma lui, nonostante stesse mangiando, mi accolse sorridendo con una tenerezza disarmante.

Come al solito chiuse la porta della stanza a chiave e mi pregò di sedermi e fargli vedere il compito. In piedi accanto a me iniziò a controllare il foglio e ad accarezzarmi i capelli, ma io non smettevo di piangere e fu a quel punto che mi disse: “Ascolta Gilda, è passato quasi un anno e tu continui a fare gli stessi errori banali dovuti solo alla tua insicurezza. Tu hai solo bisogno di crescere!” Si fermò un attimo e sempre accarezzandomi la testa aggiunse: “Ora sto per fare una cosa che forse non capirai e di certo non ti piacerà, ma sappi che anche se non sono certo che sia per il tuo bene sicuramente contribuirà alla tua crescita.” Lo guardai con aria dubbiosa, lui mi sorrise e disse: “Ovviamente tutto questo rimarrà tra noi.”

Così dicendo si slacciò lentamente la patta dei pantaloni. Giuro che ancora ricordo come se fosse ora il rumore dei dentini della lampo interrotto dalla sua voce caldissima: "Vuoi il ciuccio vero?" Annuii istintivamente anche se lì per lì non avevo ancora realizzato bene la cosa, ma quando lo tirò fuori mi sentii smarrita. Non avevo mai visto un pene di un adulto e sinceramente mi spaventai. Voltai la testa dall’altra parte, ma lui dolcissimo continuò ad accarezzarmi i capelli e poi tirandomi a sé delicatamente mi disse di aprire la bocca. Sì aveva ragione, non sapevo bene per come e per cosa, ma quella mano che spingeva la mia testa verso quel coso violaceo colmava il mio bisogno di sentirmi protetta.

Non so spiegare, ma in quel momento non lo vedevo come un atto sessuale e mi chiesi se davvero quella fosse la strada più rapida e veloce per prendere buoni voti a scuola e non fare più quegli errori. A quel punto chiusi gli occhi e lui con la punta del suo pene provò a schiudermi le labbra, ma non spinse aspettando che fossi io a quel punto a continuare. Ma io rimasi immobile e lui, data la mia resistenza, mi rassicurò dicendomi che per il momento se non me la fossi sentita sarebbe bastato leccarlo come un cono gelato. L’importante mi diceva che fossi consapevole del momento e di quello che avrei fatto rinunciando per sempre al mio mondo di favole, folletti, principesse, gnomi ed elfi.

Nonostante il suo auto controllo lo vidi irrigidirsi ed era più che evidente che in quel preciso momento avrebbe voluto una donna esperta capace di prendere l’iniziativa e soddisfarlo, ma si trattenne e disse: “Non lo hai mai fatto vero?” Feci cenno di no con la testa e lui allora mi spiegò come impugnarlo, stringerlo e poi andando su e giù con la mano dargli il giusto piacere. Ormai era al culmine, lo sentii gemere e dirmi che dovevo fare in fretta per via della moglie e della figlia che lo stavano aspettando per il pranzo.

Ricordo che sentii chiaramente la voce di sua figlia chiamarlo a tavola. E per la prima volta ebbi la sensazione di essere molto più grande di lei nonostante avessimo la stessa età. Durò pochissimo forse qualche altro secondo, alla fine, nonostante mi incitasse non aprii la bocca, lui rimase tra le mie labbra e senza il mio assenso non andò oltre.
Si spazientì, mi disse che aveva ragione nel pensare che non fossi ancora pronta e che aveva sbagliato a prendere l’iniziativa, ad accorciare i tempi e fidarsi di una ragazzina. Poi però mi accarezzò il viso e con fare dolcissimo mi disse che per il momento era più che sufficiente. Dispiaciuta, ma anche sollevata, presi il mio zaino e andai via.

Certo non ero esperta e non sapevo bene come funzionasse, ma di sicuro quel suo fare sbrigativo mi diede la sensazione di qualcosa di incompiuto. Insomma ero stata un’incapace e soprattutto avevo il timore che lui non volesse più darmi ripetizioni. Ero agitata, la notte non dormii, mi riveniva in mente sempre quel momento quando per ostinazione avevo chiuso la bocca e lui ci era rimasto male, non capendo invece che era proprio quella mia inesperienza e quella mia ingenuità ad eccitarlo.

Comunque il giorno dopo a scuola mi informai con Lara, una ragazza dell’ultimo anno che avevo conosciuto in una gita scolastica, senza ovviamente accennare a Maurizio, ma a un ipotetico coetaneo che mi aveva invitata a casa sua. Lei si mise a ridere, era più grande di me e per giunta ripetente. “Ma davvero alla tua età ancora non l’hai mai fatto?” Sedute su una panchina nel giardino della scuola mi spiegò bene come avvenisse la cosa, come avrei dovuto in contemporanea agitarlo e succhiarlo e che i ragazzi dopo circa cinque minuti al momento del piacere spruzzano dal buchino un liquido bianco. Poi mi disse di fare attenzione e che per la prima volta mi sarei dovuta limitare al quel tipo di sesso. Quando la lasciai ripensai alle sue parole e ne dedussi che Maurizio non aveva avuto alcun piacere e questo mi fece sentire ancora più inadeguata.

Ma non durò molto perché il pomeriggio stesso Maurizio mi chiamò e, nonostante non fosse il giorno di lezione, volle vedermi. Prima di tutto si accertò se avessi o meno parlato con mia madre, poi sollevato iniziò ad accarezzarmi dicendomi che non c’era nulla di male, ma che sarebbe stato meglio se gli altri adulti non sapessero.
Quella volta per la nostra lezione non ci fu bisogno di aprire il libro degli esercizi di matematica. La posizione fu identica a quella del giorno prima. Io seduta rivolta verso la finestra e lui in piedi di fronte alla porta a vetri in modo che, se qualcuno fosse passato per il corridoio, lui avrebbe avuto tutto il tempo di ricomporsi.

Mi chiese se me la sentissi. Forse per un rigurgito di razionalità aggiunse: “Gilda, non sono io che te lo sto dando, ma sei tu che me lo stai chiedendo…” Annuii comunque, ormai ero decisa. Questa volta, su sua precisa richiesta, fui io a slacciargli la patta dei pantaloni per poi afferrare il suo coso nelle mutande. Quando lo tirai fuori era già duro e tutto rosso compiacendomi di quanto fosse semplice eccitare un uomo per giunta adulto. Ripensai alle parole di Lara e mi ripromisi di non fallire, per cui chiusi gli occhi e lo presi in mano. Poi lo strinsi forte e iniziai ad agitarlo. A quel punto, guidata dalle sue mani sulla mia testa, spalancai tutta la bocca e cominciai a succhiarlo in modo maldestro e disordinato. Lui mi fermò la mano e con estrema dolcezza mi disse di essere più delicata e di fare attenzione ai denti. Obbedii e ripresi più lentamente, e quando lo sentii gemere presi coraggio fino a prenderlo tutto in bocca. Ero contenta ma, nonostante le istruzioni di Lara e quindi sapendo che da lì a poco avrebbe spruzzato chiusi istintivamente le labbra e lui schizzò dappertutto bagnandomi la camicetta e i jeans.

Era passato davvero poco tempo. Mi chiesi se l’amore fosse tutto lì, ma soprattutto non sapevo interpretare il poco tempo passato. Lara aveva detto cinque minuti, ma tutto compreso era passato meno di un minuto. Ricordo che gli chiesi se fossi stata brava e lui mi rispose che essendo stata la mia prima volta ero stata a dir poco magnifica. Comunque la prima sensazione fu di paura perché il mio secondo pensiero, guardando le macchie sui miei jeans, fu quello di essere rimasta irrimediabilmente incinta. Non dissi nulla, presi le mie cose e scappai da quella casa.

Nonostante lo avessi desiderato con tutta me stessa il mio pudore prese il sopravvento dandomi una sensazione di vergogna. “Cosa avevo fatto?” Ebbene sì avevo fatto godere un uomo adulto e mi sentivo sporca. Salendo le scale sentivo ancora quel sapore acido. Appena arrivata a casa senza salutare mia madre mi chiusi subito in bagno. Mi lavai i denti, il viso e in qualche modo tentai di far scomparire quel sapore dalla mia bocca e quelle macchie dai miei vestiti.
Avevo timore che mia madre sentisse quell’odore e che solo guardandomi si accorgesse che avevo fatto un pompino. A tavola non riuscivo a rendermi conto, convinta che quelle cose le facessero solo le ragazze di strada, ma allo stesso tempo però pensavo di aver fatto una cosa che le mie amiche della stessa mia età ancora non avevano fatto, neppure mia sorella che aveva due anni più di me. Insomma quel coso in bocca o meglio quel segreto che nessuno mai avrebbe dovuto conoscere mi aveva fatto crescere in fretta.

Il giorno dopo prima di bussare alla sua porta feci per tre volte il giro dell'isolato, ero indecisa, ma poi suonai al citofono salendo di corsa la rampa delle scale. Ecco credo che quella sia stata la linea precisa di cambiamento. Beh sì lo aveva creduto anche Maurizio, dato che appena entrata mi guardo con aria interrogativa e mi disse: “Credevo di non vederti più!”
Da quel giorno in poi come in tutti i giorni di lezione, entravo, posavo i libri sul tavolo, mi sedevo, lui mi veniva accanto e immancabilmente si sbottonava i pantaloni. Diceva che solo così sarei stata sua per sempre, solo così da grande sarei potuta diventare una donna libera invidiata da tutte le altre. Non capivo bene cosa intendesse per libera, ma nella mia mente assomigliava a una donna desiderata e corteggiata per cui lo pregai di farmi diventare come mi immaginava nel suo desiderio. Me ne stavo innamorando o forse già lo ero e soprattutto avevo cominciato consapevolmente a godere e ad apprezzare i piaceri del sesso. Le volte che mi masturbavo sola nel bagno diventarono ben presto un ricordo adolescenziale, ora era lui ad inginocchiarsi davanti a me, scostarmi le mutandine e baciare il mio sesso finché un fremito sottile segnava l’arrivo del mio piacere.

Un giorno gli chiesi se stessimo insieme e se potessi considerarmi la sua fidanzata, lui mi rispose che non dovevo affrettare i tempi, ma di certo tra le sue braccia sarei diventata una donna vera. Infatti da quel giorno le sue richieste si fecero più precise ed io cambiai decisamente look. Mi comprai un vestito nero e un paio di scarpe rosse col tacco e poi andavo da lui con un leggero trucco e una pennellata di rossetto. Lui ogni volta mi esortava a rubare le mutandine, i reggiseni e le calze a mia madre nonostante non avessimo la stessa taglia. A mio parere non ero per nulla sexy, ma il solo fatto di indossare quell’intimo e vedere quanto lui si eccitasse mi faceva sentire adulta.

E il grande passo avvenne certo che avvenne. Circa tre settimane dopo, approfittando dell'assenza di sua moglie e con sua figlia che studiava nell’altra stanza, mi disse che finalmente aveva deciso ed era arrivato il momento di fare l'amore. Aggiunse anche che dovevo essergliene grata perché non a tutte riservava quelle attenzioni. Lui per l'occasione mi regalò un paio di calze nere che ancora conservo. Feci i salti di gioia e per compiacerlo andai subito nel bagno di servizio. Per l’occasione mi truccai pesantemente e quando sul corridoio incontrai sua figlia stranamente non mi vergognai anzi la guardai altezzosa e piena di superbia. Io ero la donna di suo padre, la rivale di sua madre e la donna che a breve avrebbe conosciuto i piaceri dell’amore completo!

Quella fu la mia prima volta, la ricordo ancora come se fosse ora. Mi uscì tanto sangue e più ne usciva più lui mi diceva che ormai ero semplicemente sua. Sentendolo dentro pensai che nessun altro avrebbe mai varcato quella soglia. Insomma mi ero davvero innamorata di lui. E spesso mi chiedevo come avessi fatto così ragazzina e senza esperienza a conquistarlo?

Quando entravo in quella stanza senza che lui mi ordinasse nulla mi mettevo subito in ginocchio e lui prima di iniziare la lezione di matematica mi dava la lezione che più desideravo, ovviamente era solo un piccolo assaggio per dimostrarmi il suo interesse ed io la mia devozione e la mia felicità di sentirlo eccitato per me. In quel frangente mi limitavo a leccarlo e lui non veniva, perché entrambi aspettavamo la fine della lezione per scopare e godere insieme.

Andammo avanti ancora per qualche mese finché un bel giorno piansi amaramente quando mi disse che non avevo più bisogno delle sue lezioni. A scuola in effetti prendevo bei voti per cui senza dirmi nulla chiamò mia madre e le disse che potevo tranquillamente continuare a studiare da sola. Mi crollò il mondo addosso, ma ormai non potendo fare più a meno di lui lo affrontai a brutto muso, ma lui calmo e scostante mi disse che ormai ero grande e non avevo più bisogno di lui. Mi mancò il respiro, svenni, lui mi adagiò sul divano e poi chiamò sua moglie che mi fece bere un po’ di acqua e zucchero. Fu in quel momento che ebbi la netta convinzione che sua moglie sapesse. Il motivo principale non l’ho mai saputo ma penso che sua moglie avesse intuito qualcosa.

Comunque chiamarono mia madre, ma io non volli andare via. Ero pazza, sentivo che stavo per perderlo e se fossi andata via non lo avrei più rivisto per cui rimasi lì fino a tarda sera, cenai con loro e dopo cena lui mi riaccompagnò a casa. Mi diede il ciuccio in ascensore, ma non si smosse dal suo proposito.
Con mia madre feci buon viso a cattivo gioco, non le dissi nulla, ma sentivo che dovevo staccarmi da quella situazione, per cui per qualche giorno mi ripromisi di non vederlo. Mi chiusi a chiave nella mia stanza pregando mia madre di non aprirmi per nessuna ragione. Piangevo, mi disperavo, vomitavo, ebbi anche qualche linea di febbre e dei forti mal di testa. Non volevo ammettere che fossi completamente persa di lui e il timore di perderlo mi stesse divorando fegato e cervello. Mi chiesi più volte dove avessi sbagliato dandomi la colpa per non essere grande a sufficienza per appagare un adulto. Quando mia madre mi chiese insistentemente il motivo del mio stato pietoso le risposi semplicemente: “Lo sai!”

Comunque dovevo reagire, fare qualcosa e stare chiusa lì dentro non sarebbe servito a nulla. Quindi ripresi la mia vita. Addirittura parlai con la moglie di Maurizio. Una mattina la incontrai nel giardino condominiale e le chiesi se suo marito in quel periodo stesse dando ripetizione ad altre ragazze. Lei mi guardò con aria compassionevole, mi disse di no aggiungendo però che non dovevo darmi pena perché gli uomini sono inaffidabili per loro natura. Quindi dedussi che qualcosa sapesse!

Caddi in depressione e mia madre preoccupata chiamò mio padre. Lui decisamente scocciato mi portò dallo psicologo, ma ormai il più era fatto, devastata nel cuore feci fatica a riprendermi. Quell’anno venni rimandata in tre materie compresa matematica. Mi sembrava che vivere non avesse più senso, del resto con Maurizio ero diventata una donna e in quel momento ero convinta che sarebbe stato difficile proseguire da sola. Qualche settimana dopo, affacciata alla finestra della mia stanza, vidi un grosso camion dei traslochi sotto il suo portone e lì finì per sempre la mia storia con il mio professore di ripetizione.





LiberaEva © Tutti i diritti riservati










 
Tutte le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori. Qualora l'autore ritenesse improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione verrà ritirata immediatamente. (All images and materials are copyright protected  and are the property of their respective authors.and are the property of their respective authors. If the author deems improper use, they will be deleted from our site upon notification.) Scrivi a liberaeva@libero.it

 COOKIE POLICY



TORNA SU (TOP)


LiberaEva Magazine Tutti i diritti Riservati
  Contatti