CERCA NEL SITO   CONTATTI   COOKIEPOLICY 
 
 
RACCONTI D'AUTORE
 

La pazza storia con mia suocera
È una storia sbagliata, una storia pazza da non raccontare, una storia di tanti anni fa, ma una storia che immancabilmente mi ritorna in mente creandomi un misto di disagio ed eccitazione


 


 

È una storia sbagliata, una storia da non raccontare, una storia di tanti anni fa, ma una storia che immancabilmente mi ritorna in mente creandomi un misto di disagio ed eccitazione. Al tempo avevo 35 anni ed ero sposato con Giorgia da tre anni ed avevamo un bambino della stessa età e concepito senza volerlo.
Con mia moglie ci eravamo conosciuti tramite amici, lei mi aveva conquistato più per la sua dolcezza che per il suo aspetto. Biondina, carnagione chiara, magra con una prima scarsa e dieci anni meno di me non era propriamente una bellezza.
Lo confesso, non ne ero mai stato attratto sessualmente da lei, forse anche per la sua timidezza, la poca esperienza e la mancanza di un certo affiatamento, tanto che a letto avevo delle serie difficoltà soprattutto perché le mie fantasie in fatto di donne, di allora, come quelli di adesso, vengono sfamate da donne che hanno passato abbondantemente la cinquantina e non sono propriamente magre. E ultimo, ma non ultimo, ero sempre stato attratto dalle donne che impreziosivano i loro corpi con un’accurata e raffinata lingerie e mia moglie purtroppo usava l’intimo femminile esclusivamente per coprirsi e non andava oltre un ordinario e infantile cotone bianco. Pizzi, merletti e seta rimanevano ancorati al mio immaginario erotico e a qualche signora al di là degli anni che avevo avuto la fortuna di conoscere nel tempo.

Con Giorgia all’epoca vivevamo in un paesino di poche anime poco fuori Ancona e fatto il guaio, per paura che la sua pancia lievitasse e le voci corressero in paese, ci sposammo in fretta e furia. Devo dire che sia i miei genitori che i suoi non la presero poi tanto male, lei studiava e lavorava part time come ragioniera, mentre io ero impiegato nell’Amministrazione del Comune dove vivevamo. Quando nacque Luca, i genitori di mia moglie ci trovarono una casa ad Ancona, sicuramente più grande e soprattutto, per la salute del bambino, meno umida.

Quel Natale del 2009 come al solito passammo le vacanze fino al nuovo anno in montagna dove i genitori di lei possedevano una piccola villetta. Lo ammetto con loro avevo avuto sempre un rapporto formale, né freddo e né confidenziale, ma come ogni anno Giorgia mi convinceva a passare quelle due settimane in loro compagnia. Mia suocera Carla al tempo aveva 58 anni, mese in più, mese in meno, mentre mio suocero Alberto aveva da poco passato i 68, un vecchio lupo di mare sempre abbronzato, che però dopo due bypass e un intervento serio alla schiena non se la passava più troppo bene. Tra loro correvano dieci anni di differenza come tra me e Giorgia per cui la tradizione familiare era stata rispettata!

Quella vacanza la trascorrevo sempre di malavoglia e di solito passavo le mie giornate in estrema solitudine facendo lunghe passeggiate lungo i sentieri di montagna. Di solito ne approfittavo per sentire Gloria al telefono, una collega vedova dell’amministrazione, molto più grande di me, con la quale avevo una storia segreta. Avevo iniziato a frequentare ed a consolarla non appena suo marito era venuto a mancare. Comunque niente di serio, ma sicuramente una storia di sesso che, seppure con le difficoltà del caso, mi faceva stare bene e mi permetteva di non pensare troppo al mio matrimonio.

Beh sì, a conti fatti, tradivo mia moglie, ma consideravo quella relazione solo un beneficio per la mia vita coniugale e soprattutto non così impegnativa da compromettere il mio rapporto con Giorgia. Ovvio che in quella situazione non pensavo minimamente ad altre donne, per cui mai avrei pensato che il pericolo, quello vero, fosse così vicino e risiedesse addirittura all’interno della mia famiglia.

Mia suocera Carla, non assomigliava affatto a sua figlia, con qualche chilo in più e le curve morbide era oggettivamente una bella donna. L’età poi la rendeva ancora più affascinante anche se, essendo mia suocera giuro che, benché avesse l’età di Gloria, non ci avevo mai e poi mai fatto il minimo pensiero. Un giorno però passando mio figlio Luca dalle mie braccia alle sue, casualmente una mia mano rimase incastrata tra il corpo di mio figlio ed il suo seno. Durò qualche attimo, forse anche meno, ma ebbi modo e il piacere di apprezzare la sua morbidezza, avvertendo all’istante una sensazione di piacevolezza. Beh sì lo confesso, fu quasi un turbamento, non tanto per il piacere vero e proprio di quel contatto, ma per la circostanza che indiscutibilmente sapeva di proibito.

Quella sensazione, come venne se ne andò e non ci pensai più fino a quando, qualche sera dopo, facendo l’amore con Giorgia, mi accorsi che quel pensiero era rimasto a covare chissà in quale parte del mio cervello. Venne all’improvviso poco prima dell’orgasmo e mi diede un’eccitazione così forte tanto che mia moglie notò il mio insolito vigore: “Fabrizio, non ti ho mai sentito così. Sei stato incredibile!” Esclamò compiaciuta e meravigliata. Beh sì in effetti era la prima volta in assoluto e sorrisi senza rispondere, anche se dentro di me ero pienamente cosciente del motivo.

Da quella volta iniziai a guardare mia suocera sotto un’altra prospettiva, in un certo senso, le davo il merito di avermi offerto a sua insaputa l’impulso necessario per stare bene con mia moglie. Ragionai seriamente su questa cosa paragonando Carla a Gloria e concludendo che non fosse affatto una questione di attrazione fisica, ma semplicemente una faccenda di ruolo in quanto lei suocera e l’altra amante. Certo non era un’analisi profonda, ma al contrario non avrei saputo spiegarmi il motivo, se non per la relazione familiare che esisteva tra mia suocera e mia moglie.

Sta di fatto che la domenica successiva appena finito di pranzare mia moglie prese il bambino ed andò da una sua amica, mentre mio suocero come al solito si addormentò sul divano vedendo la tv. Non so, sarà stato per l’ottimo Verdicchio di Jesi, oppure per quei pensieri che mi frullavano ancora in testa, insomma presi l’occasione al volo e mi offrii di aiutare mia suocera a sparecchiare, alla ricerca di chissà quale remota possibilità, convinto comunque che quei pensieri scomodi, a contatto con la realtà, si sarebbero sciolti come neve al sole. Ma non fu così!

Lei portava una vestaglia a fiori ordinaria, ma molto leggera e scollata tanto che si intuiva il merletto del suo intimo bianco. A quella visione i miei sensi non rimasero affatto indifferenti e tra un piatto sporco e l’altro, essendo la cucina molto stretta, per ben due volte ebbi modo di sfiorarle un fianco. Rapito da quella sensualità il mio sangue cominciò a girare forte nelle mie vene e nella mia testa iniziai a costruirmi un film tutto mio. Credendo davvero che sarebbe bastato una sorta di corteggiamento e soprattutto metterla al corrente delle mie intenzioni per guadagnarmi la chance sperata, cominciai a farle dei complimenti più o meno velati sulla vestaglia semitrasparente, sul merletto della spallina del reggiseno che faceva capolino, e sul fatto che non dimostrasse per nulla la sua età.

Lei dopo un attimo di esitazione, forse per l’imbarazzo, si lasciò andare ad una risata più che rumorosa dicendomi: “Era buono il Verdicchio vero? Però subito dopo, per vezzo femminile, asciugandosi le mani sulla vestaglia, si mise in posa e si guardò attraverso il riflesso del vetro della credenza dicendomi semplicemente: “Dici, Fabrizio?”

Quel semplice assenso con l’aggiunta del mio nome, sempre secondo il mio film in testa, mi fece considerare chiusa la scena del corteggiamento e qualche istante dopo, passandole uno strofinaccio, presi tutto il coraggio a mia disposizione e senza pensarci oltre accarezzai volutamente il suo seno sinistro stringendole il capezzolo per qualche secondo. Immediatamente dopo però, seguendo la mia strategia, mi scusai: “Perdonami Carla, non so cosa mi abbia preso…” Lei muta e sorpresa arrossì in viso e guardandomi tra lo sbigottito e lo sconvolto, fece un passo indietro ponendosi a debita distanza e facendo finta di niente riprese ad asciugare i piatti.

Beh sì, non era affatto andata come avrei sperato perché subito dopo lei, uscendo dalla cucina, si accomodò accanto al marito sul divano parlando forte in modo che lui si svegliasse. A me non rimase che uscire di casa e farmi la solita passeggiata. Lungo quel sentiero pensai a quanto fossi stato maldestro e quanto quel gesto avesse potuto compromettere i rapporti familiari riproponendomi che da quel momento in poi mi sarei comportato da bravo genero per riconquistare la sua fiducia ed eventualmente quella di Alberto e Giorgia se la cosa si fosse risaputa.

La sera a cena Carla si comportò come se non fosse successo nulla ed a quel punto, certo per lo scampato pericolo, mi convinsi che non ci sarebbero state conseguenze e soprattutto che Giorgia non avrebbe mai saputo nulla. Insomma credevo fosse finita lì, ma la mattina dopo, mentre facevamo colazione tutti e quattro in veranda, Carla mi chiese di punto in bianco ad alta voce se l’avessi potuta accompagnare al supermercato. La domanda era più che lecita dato che lei non guidava e Alberto con i suoi problemi di schiena non avrebbe certo potuto aiutarla a portare la spesa e le bottiglie pesanti dell’acqua. Intuendo però che aveva altro da dirmi accettai immediatamente dicendole che l’avrei accompagnata volentieri.

Appena saliti, nel segreto dell’auto, lei non perse tempo e come un fiume in piena disse: “Per colpa tua stanotte non ho chiuso occhio. Ma sei pazzo! Cosa ti è saltato in mente? Mi sono alzata dal letto cento volte e Alberto mi ha chiesto più volte cosa avessi e se stessi male… ma ti rendi conto se qualcuno ti avesse visto cosa sarebbe successo?” Era agitata e non poco, ma era altrettanto evidente, pensai, che quel mio approccio non l’avesse affatto lasciata indifferente. Pur pensando che fosse solo l’inizio di un sogno meraviglioso mi finsi dispiaciuto e cercai di scusarmi: “Perdonami Carla, ti prego di considerarlo un capitolo chiuso. Non succederà più!”

Proseguimmo in silenzio, ma qualcosa non mi tornava. Al parcheggio del supermercato ebbi modo di osservarla con attenzione. Indossava un vestito chiaro aderente e guardandola più da vicino notai che era senza reggiseno. Iniziai a chiedermi il motivo e perché mai mi avesse rimproverato dandomi letteralmente del matto. Certo ero pur sempre suo genero e lei una donna matura e da quanto sapevo felicemente sposata per cui ci stava quel tipo di reazione, ma il dubbio rimase e mi promisi che da quel momento in poi avrei dovuto leggere meglio tra le righe.

Comunque sia, l’accompagnai tra i banchi del supermercato e da bravo genero l’aiutai a portare la spesa e l’acqua. Al ritorno in auto usai la tattica del silenzio, insomma volevo scoprire realmente le sue intenzioni e lei, visto che non parlavo, al primo semaforo rosso mi disse: “Ti sei offeso? Scusa se ti ho aggredito prima, ma devi capirmi, erano venti anni e oltre che non subivo un approccio così diretto e sinceramente la cosa mi ha sconvolta anche perché mai avrei creduto che un bel giovane come te e felicemente sposato avesse delle mire su una quasi sessantenne…” Le risposi che era acqua passata e che da quel momento in poi non sarebbe più accaduto aggiungendo con aria complice: “Ovviamente Giorgia non deve sapere nulla.” Lei mi rassicurò immediatamente: “Stai tranquillo, quello che ci diciamo resta tra noi.” Poi sorridendo disse: “Tu ti preoccupi per Giorgia, ma pensa ad Alberto, stavolta davvero mi caccerebbe di casa.” Avvertii in quell’ultima frase il suo desiderio di confidenza per cui le chiesi spiegazioni. Lei non si fece pregare: “È successo circa vent’anni fa, al tempo ero davvero bella e soprattutto ancora giovane. Ho preso una sbandata per un conoscente, amico dei miei. Lui era galante, gentile, affabile e sapendo che non mi era indifferente mi faceva una corte incessante. Per fartela breve un giorno tornando a casa l’ho incontrato e non so quanto casualmente. Mi ha invitata per un caffè e mentre passeggiavamo mi ha baciata. Ero sconvolta. Nonostante mi ripetessi che non era successo nulla giorno dopo giorno mi sorprendevo a pensarci. Giorgia era ancora piccola e mi sentivo una madre snaturata, innamorata di un uomo più grande di me. Ci sono uscita altre volte, mi piaceva quel corteggiamento e mi sono fatta baciare di nuovo, ma alla fine ero così combattuta che temendo di fare qualche pazzia ho detto tutto ad Alberto. Lui è andato su tutte le furie, mi ha dato della poco di buono dicendomi che ero una donna viziosa e che non ero degna di lui. Ne ho sofferto molto sai e per giorni e giorni mi sono sentita sporca. Ecco, ora capisci vero la mia reazione?” La guardai: “Carla, lungi da me giudicarti! Siamo fatti di razionalità ed istinto per cui non sempre possiamo prevedere e controllare tutto.”

Comunque contento per quella confidenza pensai che il mio gesto non fosse stato poi così avventato, visto che mi ero guadagnato la confidenza e la fiducia di mia suocera. Accesi la radio e mi rilassai guidando a passo d’uomo sotto l’ombra di una meravigliosa pineta che portava verso casa. Fissavo la strada evitando di guardarla per non dare adito ad altri scomodi malintesi fino a quando Carla, con una voce rotta dall’agitazione, mi disse: “Ma sei sicuro di portarmi subito a casa?” Solo a quel punto realizzai che quel mio impegno da bravo ragazzo, finalizzato unicamente a riacquistare la sua fiducia, non fosse propriamente il comportamento adatto e che lei magari avrebbe desiderato una reazione diversa da parte mia. La conferma arrivò subito dopo quando sottovoce mi disse: “Dai ferma la macchina qui!” Ubbidii all’istante.

Sotto un raggio di sole spaurito che faceva capolino dalla chioma di un pino gigante, dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante, mi chiese a bruciapelo: “Non credo affatto di essere la donna dei tuoi sogni. Tu sei giovane, se cercassi un’amante potresti avere di meglio. Perché ci hai provato?” Oddio, la domanda era così diretta che non potevo tergiversare, provai a mettere insieme qualche parola sensata facendo riferimento al mio rapporto con Giorgia, ma poi tutto d’un fiato, forse per scacciare definitivamente i miei pensieri cattivi, dissi: “Perché sei mia suocera!” In effetti era la pura verità e lei, forse delusa, mi rispose: “Solo per quello?”

Mi salì l’ansia, il mio respiro aveva iniziato ad appannare i vetri, sinceramente non sapevo come comportarmi perché mi rendevo conto che per lei quella domanda non era stata solo una richiesta di spiegazioni, infatti subito dopo aggiunse: “Ma ti sei accorto che non porto il reggiseno?” Cercai di dare un senso a quella domanda, era evidente che si riferisse a quanto era successo in cucina e che quel suo rifiuto era dovuto unicamente alla presenza di Alberto. Allora le chiesi: “Lo devo considerare un invito?” Lei non rispose e a quel punto, mentre i miei pensieri giravano follemente nella mia testa, e senza chiederle permesso mi avvicinai alla sua bocca e, nonostante lei voltasse continuamente il viso, la mia lingua piano pian si fece strada tra le sue labbra strette. Alla fine riuscii a baciarla e per sentirla ancora più mia infilai una mano nella sua scollatura. Toccare quei seni, e non per un infinitesimo secondo, mi diede un’eccitazione incredibile. Certo sì, erano grandi e di una consistenza morbida, e soprattutto sapevano di peccato e proibito, niente a che vedere con quelli di Giorgia, piccoli e duri come arance.

Avevo il cuore a mille e lei notando la mia eccitazione fece una specie di finta resistenza e inclinando la testa disse: “Ma che fai? Aspetta, ti prego.” Si vedeva che era combattuta dal dubbio atavico se agevolare il movimento della mia mano oppure fermarla. Quando però tentai con l’altra mano di guadagnare la sua intimità tra le gambe, mi bloccò: “Capiscimi Fabrizio, quel tizio di cui ti ho raccontato, mi ha solo baciata e nient’altro e questa per me sarebbe la prima volta in assoluto che mi faccio toccare da un uomo che non è Alberto.” A quel punto pronunciai una delle mie frasi più cretine: “Vedrai ti piacerà, devi solo abbandonarti.” E lei: “Non è questione di piacere, ma di ruoli.” Le chiesi quali fossero e lei: “Sono una donna sposata e per giunta madre di tua moglie e nonna di tuo figlio. Basta?” Beh sì tutti impedimenti per lei forse insormontabili, ma per me facilmente superabili. Tentai ancora e lei questa volta non mi respinse. Era al bivio se cedere al genero e vedermi come amante o dirmi di accendere il motore e ripartire, ma allo stesso tempo sentivo che non voleva deludermi e che come donna, anche se insolito, era pur sempre un motivo d’orgoglio: “Ti rendi conto in che cavolo di situazione ci siamo messi?” Poi mi chiese un attimo di pausa, si guardò intorno e assicurandosi che non ci fosse anima viva nei paraggi disse: “Non voglio che tu vada a casa così eccitato, se vuoi posso guardarti…” Beh era già qualcosa, sbottonai in un lampo i miei pantaloni e invece di toccarmi strinsi forte la sua mano e l’appoggiai sulle mie gambe.
Era evidente che avesse bisogno solo di una spinta perché subito dopo sentii le sue dita accarezzare il mio piacere: “Sai che non ci sarà mai più un’altra occasione vero?” Certo che lo sapevo, ma in quel momento mi stavo godendo quella mano anche se inesperta, impacciata e leggerissima. Le chiesi se con Alberto facesse ancora l’amore e lei sorridendo rispose: “Mi sono dimenticata tutto!”

La sua mano era più decisa, ma in verità non era propriamente quello che avrei desiderato e mentre l’aiutavo nei movimenti le chiesi se avessi potuto sperare in qualcosa di più. Lei ferma nel suo intento, ma incuriosita mi chiese maliziosamente quale fosse il mio desiderio ed io: “Sarebbe bello fare l’amore con la madre di mia figlia.” Ci pensò un attimo: “Accontentati, forse non ti sei accorto cosa stiamo facendo.” Beh si mi rendevo conto, ma non mi bastava. Slacciai due bottoni del suo vestito per ammirarle il seno. Ero convinto che se avessi osato di più lei avrebbe ceduto. Ero a mille, avevo l’occasione della vita e non volevo a nessun costo sprecarla. Afferrai la sua mano pregandola di fermarsi: “Voglio fare l’amore con te. Qui, adesso, subito!” Lei mi fissò: “Tu sei davvero pazzo!” Disse cercando di proseguire e darmi piacere in quel modo. E dopo un tira e molla, tra gemiti e desideri inconfessati, si convinse e sempre tenendo la mano sul mio piacere con l’altra afferrò le sue mutandine da sotto la gonna e alzandosi leggermente dal sedile tentò di toglierle, facendole scivolare lungo le gambe.

Facendo quel movimento sollevò leggermente la gonna e davanti a me si presentò uno spettacolo da urlo. La bella suocera che fino a poco tempo prima mi aveva fatto il terzo grado, eh già, sì, proprio lei, sotto la gonna portava un reggicalze tutto fiocchi e merletti, degno di qualche film porno anni ’70. Rimasi senza fiato e lei sorridendo mi disse: “Non te lo aspettavi vero? Erano anni che non lo indossavo. Ti piace? L’ho messo per te!” Stordito ed estasiato da quella meravigliosa sensualità, mentre lei continuava a far scendere con una sola mano le sue mutandine lungo le sue gambe, non so cosa mi prese: mia suocera mi stava offrendo tutta la sua intimità e quel gesto e quella visione così erotica mi offuscò letteralmente la mente tanto che in un impeto incontrollabile esplosi tutto il mio piacere nella sua mano.

Un bagliore accecante e poi buio completo. Lei mi guardava allibita, tra lo scampato pericolo e la delusione del momento. Con le mutandine a metà strada mi disse: “Mi avevi quasi convinta sai…” Ed io: “Dai aspettiamo un quarto d’ora, ti desidero e poi voglio che anche tu abbia piacere…” Lei sorrise: “Non ti preoccupare dai, io ho avuto la mia dose di piacere anche se non te l’ho dimostrato, ma ora è tardi e va bene anche così. Dopo secoli è la prima volta in assoluto che mi sono sentita desiderata e ti ringrazio per questo. Mi hai fatto capire che ogni donna può sognare ed essere apprezzata anche alla mia età. Sicuramente ne terrò conto, ma non con te. L’amore per mia figlia è troppo grande per non tenerlo a mente. Se fosse successo mi sarei giustificata pensando all’attimo, alla situazione, a questa pineta incantevole, al destino imprevedibile, alla tua pazzia di avermi, ma se capitasse ancora non avrei scuse. Ovviamente quello che è successo rimarrà un nostro segreto. Vedi? Se non fossi stato il marito di mia figlia, forse già domani ti avrei chiesto di accompagnarmi di nuovo al supermercato, ma lo sai anche tu che questo non sarà più possibile. Ora accendi il motore ed andiamo…”

Mentre si riallacciava il vestito e ricopriva la sua incantevole lingerie pensai davvero all’occasione mancata e che non me lo sarei perdonato per tutta la vita, ma nel contempo se fosse successo, se fossi entrato dentro di lei sarebbe stata comunque una storia sbagliata. Il destino aveva voluto così e niente e nessuno mi avrebbe tolto per sempre il dolce ricordo di quel momento segretissimo di intimità con mia suocera.


Seconda parte

Certo sì, nonostante le rassicurazioni di mia suocera di stare tranquillo perché nulla era successo, mi rendevo conto che, in quella famiglia dove l’apparenza aveva più valore dei legami affettivi, nulla sarebbe stato più uguale, neanche la vigilia di Natale, neanche il pranzo del giorno dopo e neanche le partite di calcio che io ed Alberto vedevamo alla tv comodamente seduti sul divano. Nonostante mi avesse colpito il suo racconto sul presunto amante e in particolare la reazione di Alberto, non mi ero dato per vinto e mi sorprendevo a guardare mia suocera in maniera morbosa in qualsiasi momento della giornata. Più volte riavvolgevo il nastro e mi gustavo attimo per attimo concentrandomi spesso su quella mano che mi stringeva e mi dava piacere. Il ricordo di lei che faceva scivolare le sue mutandine sulle gambe diventò un chiodo fisso quasi un’ossessione mista ad un forte senso di amarezza.

Ero cosciente quanto il mio comportamento non fosse normale, ma era più forte di me ammirare quella donna che avevo avuto modo di conoscere oltre la facciata dell’ipocrisia familiare. Senza curarmi di Giorgia sfacciatamente la osservavo in casa perché ne ero attratto mentalmente e la desideravo fisicamente, anche se lei, decisa a salvaguardare i rapporti familiari, si era mostrata più che trasparente e chiara come l’acqua, ovvero che tra noi non ci sarebbe stato mai più nulla. Razionalmente speravo che quel no netto non fosse dipeso dall’assenza di desiderio, ma solo dal legame di parentela, in qualche modo più abbordabile, e per quanto mi riguardava, non volevo assolutamente credere che, essendo stato ad un passo dal sogno, avrei dovuto rassegnarmi in maniera definitiva.

Durante una delle mie passeggiate in montagna ne parlai al telefono con Gloria, la mia amante vedova. Non so perché lo feci, ma avevo bisogno di qualcuno che mi ascoltasse. Naturalmente non le rivelai nulla dell’episodio in macchina, ma semplicemente di una generica attrazione fisica. Lei dolcissima mi consigliò di agire con cautela e non con l’istinto: “Fabrizio, su queste cose non si scherza, fai molta attenzione!” Lei aveva capito che questa mia bramosia mi stava allontanando da lei e non mi fu difficile chiederle di darmi tempo. Totalmente scombussolato al momento desideravo stare da solo e concentrarmi sull’obiettivo, ma lei prima di chiudere la telefonata mi disse: “Ti sei innamorato vero?” Beh no, il mio pudore non arrivava ad ammettere una cosa del genere, ma di certo quando vedevo Carla sentivo un forte richiamo erotico e le classiche farfalle nello stomaco. Pensavo spesso alla sua disponibilità seppur momentanea e alla lingerie sexy che aveva indossato per me. Ecco, quel pensiero mi faceva letteralmente impazzire. Mi chiedevo cosa sarebbe cambiato se ci avessi fatto l’amore, se fossi entrato in quel luogo incantevole dove era stata concepita mia moglie e soprattutto come avrebbe reagito lei e come mi sarei sentito io, illudendomi però che raggiunta la pace dei sensi non mi sarei più arrovellato il cervello e l’istinto irrazionale si sarebbe di gran lunga affievolito. Ecco avevo trovato la medicina giusta! Quindi dovevo assolutamente agire…

Ogni giorno ripensavo alle sue parole: “Dopo secoli è la prima volta in assoluto che mi sono sentita desiderata e ti ringrazio per questo. Mi hai fatto capire che ogni donna può sognare ed essere apprezzata anche alla mia età. Sicuramente ne terrò conto, ma non con te.” Ecco non mi sarei mai perdonato se, per merito mio, lei avesse messo in pratica quei propositi con altri uomini. Da Giorgia avevo saputo che prima di Alberto non aveva avuto altri uomini per cui mi sembrava inconcepibile che non potessi essere io il suo secondo uomo considerando che tutto sarebbe rimasto in famiglia e nessuno mai l’avrebbe saputo.

Nei giorni successivi non perdevo ogni minimo dettaglio, facevo molta attenzione a come vestiva, al tacco più o meno alto, al tono del rossetto, al trucco più o meno abbondante, alla scollatura più o meno profonda come se fossero dei segnali e tramite i quali avessi potuto leggere e indovinare le sue intenzioni. Ammetto che per due giorni di seguito, furtivo come un investigatore privato, la seguii tra i banchi del mercato e durante una passeggiata a piedi con una sua amica di vecchia data. A debita distanza pensavo se si stesse confidando con l’amica e cosa l’amica le stava consigliando. Ma erano solo voli pindarici della mia mente che non avrebbe mai tollerato e per nessuna ragione che non fossi stato io colui che l’avrebbe fatta sentire di nuovo donna e desiderata.

Ovvio cercavo sempre l’occasione giusta per parlarle, per comunicarle quanto il mio desiderio, nonostante tutto, fosse rimasto inalterato e che le mie intenzioni andavano ben oltre un incontro estemporaneo. Quella sua mano era stata piacevole, ma per la via del Paradiso serviva bene altro!
Non passava giorno che non cogliessi l’occasione di farle i complimenti, ma lei rimaneva sulle sue, quasi infastidita dalle mie avances, cercava sempre un pretesto per non rimanere da sola con me. Servizievole oltre ogni limite cercavo di aiutarla nelle faccende di casa sperando almeno di avere un minimo di intimità promettendomi però, nonostante la forte attrazione fisica, di tenere le mani a posto. Certo lo avevo capito, era una donna di vecchio stampo per cui non sarebbero state di certo le avances spinte a farla cedere e m’illudevo che avesse solo bisogno di un corteggiamento incessante e un coinvolgimento sentimentale per giustificare un qualche approccio.

Poi venne Capodanno e quella sera andammo a ballare a casa di amici. Mio suocero per via del mal di schiena che lo tormentava rimase a casa con mio figlio Luca, per cui andammo io, Giorgia e Carla. Prima di andare, mentre aspettavo in auto le signore, mi chiedevo come si sarebbe vestita, ovviamente di ciò che avrebbe indossato Giorgia me ne importava quanto un fico secco.
Quando vidi madre e figlia accesi il motore e prima di salire sentii Carla dire: “Ti dispiace Giorgia se mi siedo davanti?” Aggiungendo che quelle curve le facevano venire il mal d’auto. Credendo fosse una scusa, mi illusi che anche lei stesse cercando l’occasione giusta e quel fine anno avrebbe potuto significare l’addio alla vecchia Carla e la nascita di una donna più disinvolta e spregiudicata che almeno per una sera avrebbe potuto lasciarsi andare a nuove emozioni.

Partii con il cuore in gola e nella penombra dell’abitacolo l’ammirai in tutto il suo splendore. Non l’avevo mai vista così elegante, neanche il giorno del mio matrimonio! Portava con nonchalance un vestito da sera nero aderentissimo tempestato di brillantini con uno spacco laterale sinistro molto profondo. Nel sedersi, i lembi della stoffa scivolarono lateralmente lungo la coscia mostrando lo stesso paradiso che avevo avuto modo di ammirare qualche giorno prima. Rimasi senza parole e a stento riuscii a trattenere il mio respiro pesante!

Sudavo, non stavo più nella pelle, cercavi di concentrarmi sulla strada buia, ma la mia mano destra, incollata sul cambio, soffriva le pene dell’inferno. Nell’oscurità tentai più volte di stendere il dito mignolo almeno per sfiorare qualche centimetro della trama velata della sua calza. Lei ridendo e alludendo ad Alberto, che era rimasto a casa, disse che quella sera si sentiva una single ed aveva solo voglia di ballare e divertirsi. La percepii come una vera e propria provocazione. Oddio ero geloso anche dell’aria e mi chiesi se fosse un sottile messaggio per me o davvero avrebbe desiderato mettere in pratica le sue intenzioni.

Attraverso lo specchietto retrovisore guardai Giorgia seduta dietro, col telefono in mano era concentrata a mandare messaggi di auguri a tutte le sue amiche, per cui non prestava attenzione a noi. Ero fuori di me e non riuscii a stare zitto: “Carla sei uno schianto! Spero che stasera mi concederai almeno un ballo!” Lei da novella femme fatale, accavallando le gambe, mi rispose: “Beh vediamo, dovrai metterti in fila, perché spero che la coda sia molto lunga…” Ma poi non resistetti e i miei buoni propostiti andarono a farsi benedire perché, mentre facevo una curva, incurante della presenza di Giorgia, allungai la mano fino a toccare la sua coscia tra il bordo di pizzo dell’autoreggente e la pelle morbida. Lei senza parlare, ma con fare deciso, mi strinse forte la mano e la rimise sul cambio, poi si voltò assicurandosi che la figlia non si fosse accorta di nulla.

Come al solito avevo fatto una delle mie magre figure per cui lei, durante la serata, visibilmente contrariata, non solo non mi concesse il ballo sperato, ma non mi rivolse neanche una parola, tanto che al ritorno pregando la figlia di sedersi davanti si accomodò sul sedile posteriore al riparo da qualche mia ulteriore sbadataggine. La cosa mi fece comunque pensare: “Quindi niente mal d’auto e allora perché mai all’andata si era seduta sul sedile accanto al mio?” E poi durante la serata il suo comportamento era stata ineccepibile, avendo ballato solo due o tre volte e rimanendo per tutto il tempo seduta sul divano a conversare con la padrona di casa. Quindi pensai che quei propositi di sentirsi una ragazzina in cerca di chissà quale avventura erano solo delle provocazioni nei miei riguardi. Mi illudevo?

Quella notte, come ogni capodanno, Giorgia volle fare l’amore come segno augurante, nel segreto della nostra stanza in mansarda si tolse il vestito da sera e credendo di farmi piacere rimase nuda seduta sul bordo del letto. A quella visione fu più forte di me ripensare a Carla e istintivamente mi venne la malsana idea di parlare di sua madre e di quanto stesse bene vestita in quel modo sensuale. Giorgia infastidita mi disse: “Ti sembra il caso di parlare ora di mia madre?” Sta di fatto che stizzita e contrariata, si distese sul letto e mi augurò la buonanotte.

La reazione di Giorgia mi apparve molto strana anche se in verità non potevo non constatare quanto fossi stato inopportuno. Il giorno dopo mi scusai con lei e tutto passò senza conseguenze. Ormai mancava una settimana alla fine della vacanza e quindi al nostro rientro in città che avrebbe segnato la fine di ogni mia velleità, per cui mi ripetevo che avrei dovuto mettere in atto nel breve giro di qualche giorno una strategia per riavvicinarmi a lei.

Nonostante i segnali negativi, ormai Carla era diventata qualcosa di più di un chiodo fisso, spesso fantasticavo su di lei, al punto che la ritenevo l’unica donna al mondo che avrebbe potuto soddisfare il mio appetito sessuale. Quei pensieri ricorrevano così frequentemente che incontrai di nuovo delle difficoltà a letto con Giorgia, ma questa volta invece di farmi l’effetto Viagra, mi rendevano apatico e senza un briciolo di vigore, insomma quei pensieri erotici su mia suocera non funzionarono più e mia moglie dopo tre sere consecutive, sotto le coperte del nostro letto matrimoniale, mi chiese cosa stesse succedendo. Fu a quel punto che mi aprii a lei, non tanto per bisogno di chiarezza, ma perché confessando le mie difficoltà sessuali speravo che lei ne parlasse con la madre in modo da aprire una breccia al suo netto rifiuto.

Qui mi venne la genialità di chiederle se anche i suoi genitori, ad un certo punto del loro rapporto, avessero incontrato delle difficoltà e in quale misura. Giorgia ovviamente mi rispose di non essere al corrente della vita sessuale dei suoi genitori, anzi rise trovando la mia domanda buffa e ridicola. Non mi persi d’animo e le spiegai che, dato il loro rapporto trentennale, ci avrebbe fatto comodo sapere come avessero affrontato e superato gli eventuali problemi di noia ed abitudine. Ovvio, la mia domanda era più che lecita, ma in realtà desideravo solo che lei comunicasse a Carla la mia difficoltà a letto in modo da farle venire giusti e sani sensi di colpa. Del resto era stata la stessa Carla a dirmi quanto fosse importante il mio rapporto con sua figlia e che il suo rifiuto era dovuto essenzialmente al tanto amore che nutriva per Giorgia.

Mancavano quattro giorni alla fine della vacanza per cui la pregai di parlare con sua madre la mattina dopo. Lei disorientata mi rispose: “Ma davvero vuoi mettere in piazza i tuoi problemi sessuali?” Le risposi che tra me e sua madre durante quella vacanza si era stabilita una certa confidenza e che quindi non mi sarei vergognato. Lei non resistette a chiedermi: “Quale tipo di confidenza?” Forse anche ricordando la notte di Capodanno, quando sbadatamente avevo fatto apprezzamenti su sua madre, avvertii nel suo tono un pizzico di gelosia. Per farla sentire inadeguata e quanto fosse ridicolo il suo sospetto sorrisi con sufficienza, ma avevo comunque lanciato il sasso e lei, forse ripensandoci e credendo che effettivamente l’unica mia preoccupazione fosse dovuta alla buona riuscita del nostro rapporto, si convinse e, nonostante l’imbarazzo, mi promise che avrebbe tentato di parlarci.

Anche quella notte non facemmo l’amore ed io pensai quante volte ancora sarebbe successo indipendentemente dall’esito positivo o meno della mia strategia, anche se mia suocera doveva credere esattamente l’opposto, ossia sacrificarsi per il bene di sua figlia. Passai una notte agitata e sognai di fare l’amore con Carla.
La mattina seguente mi alzai molto presto, tutto sudato ebbi la sensazione di aver appagato in mio desiderio almeno nel sonno. Senza svegliare nessuno decisi di andare a fare la mia solita passeggiata lungo il sentiero che porta su in montagna. Invece di respirare aria pura fumai tre sigarette nel giro di mezzora. Ero effettivamente in ansia, pensavo quali parole avesse utilizzato Giorgia e soprattutto cosa stesse recependo Carla. Possibile che si ritenesse la causa dei miei fallimenti? Beh certo non potevo saperlo, ma speravo ardentemente che la mia strategia, anche se non vincente, avesse avuto comunque un seguito.

E il seguito avvenne subito dopo, quando rientrai mia moglie mi prese immediatamente da parte e mi disse che sua madre era davvero dispiaciuta per quello che ci stava capitando. Per essere sicuro le chiesi: “Ma le hai detto chiaramente che non riesco a fare l’amore?” E lei: “Certo, ora sa che non riesci a penetrarmi. Anzi mi ha anche chiesto da quando sono cominciati i problemi e quante volte a settimana rispetti i tuoi doveri coniugali.” Ero in ansia: “Quindi le hai detto tutto tutto?” Giorgia non riusciva a capire la mia apprensione: “Tesoro, ho detto quello che mi avevi chiesto. Anzi da mamma premurosa mi ha anche dato consigli intimi…” Dentro me pensai quanto mia moglie, ignorando il mio vero obiettivo, si fosse dimostrata una perfetta alleata ed avesse fatto un ottimo lavoro, per cui, essendo certo del buon esito del mio piano diabolico, non la seguii più.

Il riscontro positivo avvenne all’ora di pranzo, quando seduti tutti e quattro in veranda a gustare un ottimo caffè, mia suocera mi chiese ad alta voce se avessi potuto accompagnarla di nuovo al supermercato per fare rifornimento di acqua. Ovviamente dissi di sì sperando che mia moglie non si accodasse, ma fu Carla a precedermi: “Giorgia, tesoro, nel frattempo che tuo marito mi accompagna, potresti ritirare la biancheria stesa in giardino?” Notai tra le due uno strano sguardo di complicità, ma venni distratto sempre da Carla quando disse a suo marito: “Alberto, potresti passare in calzoleria a ritirare le mie scarpe?” Beh ecco aveva affidato i compiti ad ognuno dei due in modo da rimanere sola con me. Grande Carla!

Quando andai a recuperare l’auto lei era già in garage con due cartoni di bottiglie piene di acqua che mise dentro il portabagagli. Ecco pensai l’incombenza del supermercato era già stata risolta per cui avevamo tutto il tempo a disposizione, ma, osservandola attentamente, notai che non si era cambiata ed era rimasta con la vestaglia da casa. La cosa ovviamente mi faceva preoccupare…
Salita in macchina non perse tempo e mi aggredì: “Non crederò mai alla balla che mi hai fatto raccontare da Giorgia! Sei un vero porco diabolico! Tu non hai nessuna disfunzione, anzi sì, forse ce l’hai nel cervello! E la tua è solo una tattica per venire a letto con me! O sbaglio?” Non sbagliava Carla ed io prevedendola mi ero già preparato la risposta: “Ma cosa conta se è una tattica o ho una vera difficoltà di erezione, il problema è che tua figlia non è soddisfatta! E la colpa è solo tua che mi fai morire di desiderio.” Accesi il motore e partimmo. Certo non era cominciata bene, pensai al peggio e mi indirizzai comunque verso il supermercato, ma dopo neanche cento metri Carla mi chiese se conoscessi un posto più tranquillo del posto dove ci eravamo fermati la volta scorsa. La guardai credendo stesse scherzando, ma lei convinta disse: “Hai fatto ferro e fuoco per avermi, addirittura fai credere a tua moglie di essere impotente… Ora ti sorprendi?”

Ancora una volta mi stava letteralmente sorprendendo, cercai nella mente in fretta e furia un posto dove appartarci, ma poi mi ricordai del motel Belvedere sulla provinciale che avevo frequentato da giovane con Giorgia. Lei mi chiese: “Non sarà pericoloso!” Ed io: “Tranquilla, in quel genere di albergo a ore le donne non devono esibire il documento, Giorgia ed Alberto non sapranno mai nulla.” E lei: “Soprattutto mio marito non lo deve sapere…” Feci il paio con quello sguardo complice tra lei e Giorgia a tavola. Qualcosa non mi convinceva. Cosa si erano dette le mie due donne?

Durante il tragitto le confidai che mi sarei aspettato un altro tipo di abbigliamento da parte sua, tipo il vestito di capodanno con tanto di brillantini. Lei rise e mi rispose: “Ma davvero vuoi che scopra la tresca? Pensa se avessi indossato il tubino nero per andare al supermercato? Cosa avrebbe detto Alberto?” Non nominò Giorgia per cui dedussi che sua figlia poteva anche sapere… Poi come un vero prestigiatore aprì la borsa capiente e tirò fuori ogni ben di Dio: “Sei fortunato puoi anche scegliere tra una guêpière rosa antico e un reggicalze viola e nero…” Impazzii. Mentre guidavo toccai con i polpastrelli quella stoffa morbida e soffice. Lei di sicuro sapeva come intrigarmi e dopo quasi tre settimane piene stavo raggiungendo il mio obbiettivo. Ero vicinissimo alla meta e mi prese l’ansia. Cosa sarebbe potuto succedere? Forare una ruota? Una bomba d’acqua? Un terremoto? Luca, Giorgia, Alberto? Spensi il telefono e la pregai di fare lo stesso. Nulla avrebbe potuto distoglierci dall’unica meta. E mentre controllavo il livello della benzina allungai la mia mano tra le sue cosce. Era bollente e fredda, umida ed asciutta, raffinata ed oscena, signora e ragazzina, virtuosa e viziosa, suocera ed amante, ecco lei era ogni cosa, lei era il tutto che avevo sempre immaginato di avere nella mia vita. Ero eccitatissimo e le strinsi forte le cosce, e sempre con una mano sola tentai di raggiungere il seno e poi sempre guidando provai a baciarla. Lei rise: “Davvero ti faccio questo effetto? Dai non essere impaziente. Un incidente ora non sarebbe una gran cosa… Aspetta!”

Ecco, pensai, ora mia suocera aveva il suo bel pretesto che avrebbe annientato i suoi sensi di colpa. In fin dei conti più di una volta me lo aveva fatto capire e ora non potevo non constatare quanto il mio piano fosse stato perfetto ed avesse funzionato al punto che mi considerai un genio per aver fatto leva sul suo amore per la figlia e lei non aveva resistito!

Arrivammo al motel dopo circa dieci minuti. Entrammo, diedi il mio nome e il documento. La padrona della pensione ci scrutò con un’espressione di complicità. Data la differenza di età si vedeva da chilometri di distanza che eravamo una coppia clandestina e la sensazione non mi dispiacque affatto. Certo sì, lei non poteva sapere che fossi suo genero, in quel momento rappresentavo il classico uomo che aveva preso una sbandata per una signora matura, mentre lei una figura retorica di una donna avanti con gli anni che non si arrendeva all’età e alla vita avara di qualsiasi entusiasmo. Temevo cosa stesse pensando Carla, ma lei mi sorprese ancora una volta. Spontaneamente sorrise e si guardò nel riflesso di un grande quadro appeso sulla parete di fronte, e a quel punto ero certo che stesse pensando che in effetti era lei quella donna in cerca di un’emozione che la vita di ogni giorno le aveva negato. Afferrai la chiave. Stanza n. 14, primo piano e cingendole i fianchi la guidai verso le scale. Era mia!

La stanza era scarna, buia, ma essenziale. Senza fare un passo la baciai, lì in piedi accanto alla porta chiusa e le sue labbra bagnate dalla passione si schiusero ai miei baci avidi e profondi. Ero un fiume in piena e iniziai ad accarezzarle le gambe, finché la mia mano, decisa e padrona, salì autonomamente lungo le sue cosce. Quando arrivai al centro del suo piacere la vidi barcollare e lei si aggrappò a me. Ebbene sì, quello era il segnale, la carta di soggiorno, il passaporto e il passepartout che avrebbe aperto tutte le porte. Mi chiese tempo, si divincolò dalla mia stretta ed andò in bagno ed io seduto sul bordo del letto fumai nervosamente pensando che questa volta non avrei fallito, il destino mi aveva concesso una seconda possibilità ed io mi sarei sentito finalmente maschio facendola sentire di nuovo donna come meritava.
Quando la vidi uscire dal bagno avevo gli occhi fuori dalle orbite. Mai vista una donna così sensuale e in quel momento pensai che solo le donne di una certa età possiedono il potere divino di essere così erotiche. Aveva indossato lo stesso vestito di capodanno e sotto lo spacco profondo ostentava un circo di seta e merletti che incorniciavano quell’opera d’arte senza mutandine.

Mi alzai dal letto e la strinsi a me, con la mano destra cominciai ad esplorare ogni sua minima increspatura del viso e poi del collo, finché mi feci spazio nella sua scollatura e le afferrai forte il seno, non era sodo, ma fu proprio quando le mie dita affondarono nel burro della sua pelle che ebbi uno smisurato e incontrollabile desiderio di possederla, anima e corpo. Lei socchiuse la bocca e ansimò come fosse tutto lì l’amore e volesse liberarsi da ogni scoria e da tutti i pensieri molesti. Mi diede la certezza di essere il suo primo amante o quanto meno il primo dopo anni di astinenza. Ma non mi bastava, desideravo che me lo dicesse chiaramente, volevo sentirmi il primo, il solo, l’assoluto che dopo anni l’avrebbe fatta vibrare. Allora le chiesi da quanto tempo e lei intuendo al volo mi sussurrò: “Troppo tempo Fabrizio! Ti sconvolgi se ti dico anni?” Non era possibile, era troppo bella per non essersi più concessa, troppo femmina per aver negato al mondo la sua bellezza. Pensai quanto la fortuna mi stesse sorridendo ed io, solo io, avrei avuto il piacere di varcare quella soglia. Lei insistette, e forse per il solo gusto della trasgressione, sussurrò quello che già sapevo ossia che, a parte quell’episodio del bacio, era in assoluto la prima volta che tradiva suo marito.

Mi staccai da lei per il piacere di guardarla, e in quel momento non vidi alcun imbarazzo, si stava comportando con una naturalezza estrema come fosse abituata a offrirsi dentro una stanza di un motel frequentato da camionisti e donne ambigue. Notai il suo cambiamento e non era possibile che fossero passati anni dalla sua ultima volta, ma ormai non mi chiedevo più quale fosse la ragione, o meglio quale irrazionalità l’avesse portata a me e quale fosse il limite della verità e dove iniziasse la menzogna. In quel frangente ero attento solo ai suoi brividi che sentivo correre lungo la schiena, al suo cuore battere, all’umido delle sue cosce, al secreto di quella complicità immorale.

Sempre per paura di un terremoto o un cataclisma imminente la distesi immediatamente sul letto. Come un animale maschio avevo solo voglia di possederla e lei spalancò senza freni il suo paradiso e mi pregò di farla godere. Prese la mia testa e la pigiò contro il suo ventre ed io estasiato da quella audacia inaspettata iniziai a baciarla, a morderla, ad annusarla. Mi offrì senza più pudore la sua parte umida ed io strofinai la mia faccia sopra quel lago dorato. Tra gemiti e respiri profondi mi disse che da sempre avrebbe voluto farlo ed ora io stavo esaudendo il suo sogno. “Viziami Fabrizio!” Era mia, completamente mia, calda, bagnata, aperta e pronta. La mia saliva si mescolò ai suoi umori abbondanti, sentii il suo bacino ondeggiare, le sue cosce tremare, il suo respiro ansimare e subito dopo ebbe un primo orgasmo violento e liberatorio, poi un secondo ancora più abbondante.

A quel punto mi tolsi i pantaloni e, pregandola di rimanere così vestita, affogai dentro quel nettare di miele il mio sesso duro e maschio che scomparve come un incantesimo dentro di lei. Ecco sì, perfettamente uniti, ebbi la forte sensazione che il mio pene non facesse più parte di me, ma che fosse la sua parte mancante.
Eravamo finalmente amanti, niente genero e suocera, niente legame di parentela, niente madre e figlia, ma semplicemente lei la mia donna, io il suo uomo. Risucchiato da quella voragine scivolai con impeto nella sua carne e ci annullammo completamente tanto che nello specchio dell’armadio non riuscii a distinguere le due figure, i nostri corpi erano perfettamente fusi in un blocco unico.
Rallentavo e acceleravo seguendo i suoi gemiti, le sue urla, i profondi respiri per riprendere fiato. Finalmente femmina e desiderata sentivo il suo corpo sciogliersi. Era maledettamente bello fare l’amore con lei, niente a che vedere con Gloria o Giorgia, lei era l’essenza del desiderio maschile, la femmina cedevole, la schiava del piacere sottomessa al puro godimento. Completamente asservita ai piaceri dell’amore mi seguiva come un’allieva alle prime armi e in preda ad un orgasmo continuo mi chiedeva di resistere.

Sentii il desiderio impellente di esplodere dentro di lei, ma resistetti e la feci alzare, la sollevai senza difficoltà come se non avesse più peso, la sentii leggera come una piuma e lei planò sui miei fianchi con le gambe divaricate. Ci unimmo ancora contro la parete tra la finestra e la porta del bagno. Iniziai a martellarla senza più accortezze, colpo su colpo sentivo chiaramente i tonfi sordi della sua carne nuda contro il muro, sentivo la sua voce incitarmi e la mia che le ordinava di non fermarsi. E come un effetto domino cadde ogni nostra remora. Appiattita contro quella parete stava raggiungendo l’apice, il culmine della passione solo immaginata fino ad allora e a quel punto fu lei a dirmi di batterla, di scoparla come se non ci fosse altro giorno, altro domani che quel presente. Mi disse di insultarla, di dirle che aveva sempre desiderato essere una donna viziosa, una madre dissoluta, una donna da bordello per il semplice motivo che sin dal nostro primo incontro era stata lei a volerlo addossandosi ogni colpa di quel meraviglioso incontro. Nulla era successo per caso neanche quella volta in cucina perché non ero stato io a farmi avanti, ma era stata lei a desiderare che succedesse: “Il mio seno fremeva e tu hai solo obbedito, Fabrizio!”

Ma non mi bastava, volevo sentirla urlare ancora, rendermi conto che non fosse una delle tante, ma il mio trofeo peccaminoso, il bottino familiare, la conquista immorale. E così fu! Tornammo sul letto e lei ad ogni mio affondo ripeteva semplicemente grazie. Concentrato ed in silenzio continuai a sbatterla e lei ad accogliermi, perfettamente uniti, in simbiosi, perfettamente in un magico incastro come se la natura ci avesse creati e modellati pensando a quell’incontro. Il mio respiro si fece più grosso, intenso, affondai i denti nella sua carne e lei incredibilmente mi disse di lasciarle un marchio profondo e indelebile così che tutti avrebbero saputo quanto fosse stata infedele, quanto persa, quanto troia. Disse proprio così e a quella parola spinsi con tutto il mio vigore, sentii il mio sesso dalle parti del suo cuore, la sua bocca nella mia, il suo sudore acido, l’odore forte del suo nettare, le mie urla viziose, le parole sporche, il mio pene ancora duro come marmo, la saliva fondersi, i capelli bagnati, i baci sul collo, il cigolio del letto, le pareti crollare quando in un fremito interminabile esplosi dentro di lei.
E fu proprio in quel momento che mi fece promettere che la sera stessa avrei fatto l’amore con Giorgia, saziandola con lo stesso vigore come stavo facendo con lei in quel momento. Non smisi finché lei non urlò ed io soddisfatto la sentii godere.

Col tramonto fuori la finestra calò nella stanza un silenzio profondo, ci rilassammo con i nostri corpi senza più energia guardando il soffitto e sentendo i nostri cuori battere. La baciai ancora, lei mi disse che ero stato fantasticamente maschio aggiungendo: “Mai avrei creduto alla mia età di essere desiderata con questa passione, ma soprattutto mai avrei creduto di annullarmi e non pensare al legame che ci unisce. Beh ora che è successo posso dirti che non è stato difficile immaginarti solo amante e non genero. Sei stato meraviglioso, Fabrizio!”

Completamente estasiato e felice di aver appagato i suoi sensi le chiesi immediatamente se la cosa fosse stata replicabile quando saremo tornati in città. Lei si rabbuiò e fece “no” con la testa. Insistetti: “Non siamo amanti?” Lei rimase a pensare fissando un punto indefinito, poi, dopo qualche secondo mi disse: “Non posso mentirti, ma promettimi che quello che ti sto per dire rimarrà tra noi.” Ovviamente giurai immediatamente. “Ti ricordi che avevo giurato che non sarei mai venuta a letto con te? Allora sappi che se fosse stato per me non ci sarebbe mai stato questo motel. Beh sì certo, ora che è successo, posso dirti che me ne sarei pentita amaramente, ma credo che tu sappia il motivo del mio rifiuto.” Impaziente dissi: “E allora cosa è successo? Perché hai cambiato idea?” E lei: “Non sei stato tu, ma è stata Giorgia a farmi cambiare idea. Questa mattina mentre mi parlava delle tue difficoltà a letto tra le altre cose mi ha detto: - Credo di sapere che il motivo del suo blocco sei tu mamma! - Ovviamente mi sono finta sorpresa, ma lei ha insistito dicendo che ad esempio si era accorta quando la notte di Capodanno avevi sguardi solo per me e che a letto invece di fare l’amore con lei hai parlato di me, ma non è tutto, perché stanotte quando ti sei addormentato ti ha sentito più volte pronunciare il mio nome nel sonno!”

Diventai rosso e viola, certo avevo le mie colpe, ma mai avrei pensato di parlare nel sonno. Tentai di scusarmi, ma lei riprese: “A quel punto Giorgia mi ha chiesto se tra noi ci fosse stato già qualche approccio ed io, disarmata dalla sua dolcezza, non sono riuscita a mentire, dicendole che sì, c’era stato qualcosa, ma che io ti avevo rifiutato, ovviamente tralasciando il fatto che entrambi avevamo avuto un minino di piacere.”
Fece un attimo di pausa, poi riprese: “Tua moglie non è una cretina e riflettendo ha capito tutto, cioè che le tue difficoltà nascono principalmente dal fatto che non mi avevi avuta. Da donna semplice e pratica a quel punto avrà pensato che quel tuo desiderio era così forte che non sarebbe scomparso se non si fosse consumato. Capisci? Lei tiene a te, Fabrizio, ti ama, per cui ha preso tutto il coraggio che aveva dentro e mi ha chiesto se me la fossi sentita: – Mamma, so che lo faresti per il mio bene e se succedesse solo una volta, di te, non sarei gelosa! –

Un lungo respiro e poi aggiunse: “Credevi davvero che l’amore tra madre e figlia fosse inferiore rispetto a quello tra moglie e marito? Ovvio che ci saremmo confidate e non ci vedo nulla di male. Quindi oggi sono venuta con te consapevole e sollevata di avere il permesso di mia figlia. Lei si è raccomandata che se fosse successo sarebbe stata un’unica volta per cui, ora, se vuoi, puoi prendermi ancora, ma sarà l’ultima in assoluto. Dopo non ci saranno ripensamenti! Tua moglie ne è al corrente, anzi ora starà pensando a noi che abbiamo o stiamo scopando, le farà male, tanto male, ma sicuramente penserà che in questo modo riconquisterà suo marito. Ora però ascoltami bene, Fabrizio. Ti prego, quando torniamo a casa falla sentire una donna desiderata, coprila di attenzioni e dolcezze, altrimenti quello che è successo tra noi non avrebbe alcun senso. Ok?”

Ero distrutto, non dissi nulla, mi rivestii lentamente mentre lei scompariva in bagno. Seduto sul bordo del letto presi la testa tra le mie mani. Giorgia sapeva tutto!
Quando Carla uscì dal bagno la rividi col vestitino da casa, era di nuovo mia suocera! Senza più parlare salimmo in macchina e guidai lentamente. Il fatto che Giorgia sapesse mi metteva in estrema difficoltà perché, dopo questo stupendo pomeriggio, nessuno avrebbe potuto immaginare che mi potessi innamorare di mia suocera. Certo sì, la mia strategia aveva fatto acqua da tutte le parti, tanto che ora avrei dovuto anche affrontare mia moglie, senza però coprirla di dolcezze come avrebbe voluto Carla. Questi pensieri mi frullavano nella mente, la strada dritta e silenziosa ci stava riportando indietro e prima di vedere da lontano il cancello di casa le sussurrai solo tre parole: “Carla ti amo!”



Terza parte

Tornati in città mi concentrai sul lavoro e con Giorgia le cose non migliorarono affatto. Ogni volta che tentavo di avere un po’ di intimità con lei, i miei pensieri andavano sempre a quel pomeriggio, chiedendomi come diavolo fosse possibile che madre e figlia fossero così diametralmente opposte, nei modi, nel fare l’amore e nella consapevolezza di essere femmine.
Una sera mentre eravamo seduti sul divano a guardare la nostra serie Tv preferita, mia moglie con uno scatto insolito prese il telecomando e spense all’improvviso la tv, poi mi disse: “Fabrizio, non ce la faccio più, dobbiamo parlare!” Poi senza attendere una mia risposta mi confessò quello che già sapevo: “So che sei stato con mia madre, che quella volta non siete andati al supermercato…” Fintamente le chiesi come avesse fatto a saperlo. E lei: “Sono stata io a pregarla di cedere alle tue avances, a dirle che per una volta avrei chiuso gli occhi in modo che tu ti sbloccassi e non ci pensassi più, ma ora il problema è che non so cosa ci sia stato fra voi perché mamma non vuole parlare di quel pomeriggio ed io non so come comportarmi, mi sento tesa come una corda di violino anche perché tra me e te le cose non sono per nulla migliorate.” Poi abbassando la voce per paura che Luca sentisse aggiunse: “Tu non mi rendi più donna! Io ho bisogno di fare l’amore, di sentirmi tua. Mi capisci vero?”

Mi fece tenerezza e l’abbracciai, dicendole di stare tranquilla che prima o poi tutto sarebbe cambiato, ma in realtà stavo solo prendendo tempo nella speranza che lei si aprisse e mi dicesse realmente cosa pensasse di tutta quella situazione. La spiegazione avvenne subito dopo: “Sai, io capisco mia madre, per lei non deve essere stato facile e ora fa scena muta perché ha le sue giuste riserve morali ed anche io se ci penso mi sembra così tanto assurdo!” Poi per rendere più vero lo stato delle cose mi confidò di essersi toccata da sola, cosa che a suo dire non aveva mai fatto prima: “Anche io ho le mie esigenze di moglie, ti prego Fabrizio non trascurarmi…”

Ero ad un bivio, combattuto tra dire che quel pomeriggio avevamo solo parlato, salvando la reputazione di sua madre, oppure confessare e finalmente liberarmi dalla mia ossessione. Lei mi incalzò: “Dove siete stati? Cosa avete fatto? Avrò diritto di saperlo o no?” A quel punto scelsi la soluzione di mezzo ovvero dire che effettivamente per avere un po’ di intimità eravamo andati in un motel, ma che poi Carla, presa dai sensi di colpa, si era bloccata. E lei: “Siete tornati tardi quella sera, non ci credo, cosa avete fatto? Dimmelo!” Ovvio che Giorgia non credeva minimamente alla mia versione e allora sempre con la dovuta cautela cambiai tattica accennando ad un bacio e a qualche effusione. E lei: “Ecco lo avevo immaginato sai? Quindi non c’è stato nulla di serio ed è per questo che pensi ancora a lei e non fai l’amore con me! Stupida io che pensavo che quella fosse una soluzione perché ingenuamente credevo che lasciarti libero ti avrebbe permesso di non pensarci più, ma non avevo previsto la reazione di mia madre…”

E invece quell’incontro era andato così diversamente che aveva procurato un effetto boomerang rispetto alle speranze di Giorgia, tanto che continuavo a pensarci giorno dopo giorno, ma non perché non avessi consumato anzi ero stato così bene che la mia mente tornava sempre lì e non c’era posto per mia moglie. Però di una cosa ero assolutamente sicuro: quella risposta che avevo dato a Giorgia mi dava ancora qualche possibilità di manovra. La prima fra tutti fu quella di sollevarmi dalle incombenze matrimoniali nella speranza che mia moglie ne avesse parlato di nuovo con Carla e la seconda che, convinta della sua idea, Giorgia avrebbe di nuovo spinto la madre tra le mie braccia. Certo avrei dovuto avvertire mia suocera e concordare con lei la stessa versione. Lo feci il giorno dopo, quando seduto alla scrivania del mio ufficio la chiamai. Lei infastidita mi disse che non aveva tempo e che non era sola in casa, comunque riuscii a comunicarle cosa avevo detto a Giorgia pregandola di mantenere la stessa versione data. Lei chiuse la telefonata senza dirmi se fosse o meno d’accordo.

Mi sentivo colpevole e ci rimasi male, ma poi nel pomeriggio ricevetti una sua chiamata inaspettata: “Fabrizio, scusami per stamattina, ora posso parlare. Ascolta, ci ho pensato, hai fatto bene a dire così, pensa che Giorgia me lo ha chiesto più volte, ma io mi sono sempre rifiutata di darle una spiegazione, anche perché non sapevo cosa tu le avessi detto e non volevo contraddirmi... Mi vergognavo tanto, sai? Come cavolo avrei potuto dire a mia figlia che avevo fatto l’amore con te? Quindi se ho capito bene, siamo stati in quel motel e ci siamo baciati, poi nient’altro vero?” Ed io: “Beh per rendere più credibile la cosa ho accennato a qualche effusione nel senso che tu hai provato a seguire il suo consiglio, ma poi presa dai sensi di colpa verso tuo marito ti sei rifiutata…” Sentii chiaramente dall’altra parte del telefono un respiro profondo: “Ecco sì, grazie Fabrizio, adesso mi sento più sollevata.” A quel punto le chiesi come stesse e se per caso avesse ripensato a quel pomeriggio: “Adoro la tua ingenuità, ma cavolo, come faccio a non pensarci? Ogni notte mi riviene in mente tutto l’intero film, da come ci ha guardato la padrona del motel mentre ci dava la chiave al momento che in auto mi hai sussurrato: “Ti amo!” Ora però ascolta. Ti prego, non chiamarmi più, lasciami vivere questo ricordo, ma sappi che è stato bellissimo!”

Alla fine della telefonata mi chiesi quanto ancora l’avessi in pugno e soprattutto cosa avrei dovuto fare per passare ancora una giornata insieme a lei. Carla era stata chiara, ma anche indecifrabile, avvertivo che non voleva dare un taglio netto alla nostra storia, ma nel contempo non mi dava nessuno spiraglio. Perso e smarrito cercai di parlarne con Gloria. Lei a lavoro si mostrava fredda e indifferente ed un pomeriggio tardi, dopo l’ufficio, decisi di andare direttamente a casa sua. Con il fiato in gola suonai il campanello, lei dopo qualche minuto venne ad aprire, la vestaglia era semi aperta e sotto si intravedeva un’elegante e scollatissima camicia da notte di seta nera. Intempestivo come al solito avevo scelto il momento peggiore! Non mi fece entrare, anzi si chiuse la porta alle spalle e parlammo sul pianerottolo. In quel momento sentii dei rumori provenire da dentro casa e spontaneamente le chiesi: “Non sei sola, vero?” Lei non rispose e mi chiese sbrigativamente cosa dovessi dirle, ma, data la sua riservatezza, non mi ci volle molto a capire che aveva iniziato una nuova relazione e che il tizio, che era dentro casa sua, era di certo una persona che conoscevo, pensai ad un nostro collega e quindi mai e poi mai avrei potuto vederlo. Dissi che avevo bisogno di parlarle e lei sbrigativamente mi rispose che quello non era il momento. Tutto qui.
Scendendo le scale pensai che fosse giusto così, lei era ancora una bella donna e non si meritava un tipo come me che aveva perso la testa per sua suocera. Del resto le mie intenzioni erano solo quelle di confidarmi con lei perché, nella situazione in cui mi trovavo, mai avrei potuto tradire Carla, al punto che anche l’amore con Giorgia lo avrei considerato un adulterio e l’astinenza con mia moglie proseguì per settimane e settimane.

Convinto comunque che quella non fosse stata la soluzione al problema, ma la causa del mio desiderio mi illudevo che l’assenza totale di sesso avrebbe messo ordine ai miei pensieri e mi avrebbe in qualche modo distolto da quella assurda brama che, nonostante il permesso di mia moglie, consideravo sporca ed oscena. Giorgia intanto, provata non tanto dall’astinenza, ma dalla mia apatia quasi indolente, non si diede per vinta e tentò di ristabilire la nostra vecchia intesa, preparando cene afrodisiache a lume di candela e comprando e indossando, su consiglio di una sua amica, una meravigliosa lingerie sexy rosa e non risparmiandosi a letto in baci, carezze e movenze sexy, dicendomi comunque quasi tutte le sere: “Amore se non te la senti rimandiamo, io so aspettare.” Davanti a quelle parole piene di tenerezza ogni volta tentavo di riscattarmi con il minimo sindacale, accarezzandola e baciandola, ma al momento della penetrazione il risultato purtroppo risultava a dir poco penoso e nonostante le sue attenzioni mi chiedevo come facesse a non pensare che quel blocco non dipendesse affatto da lei e che qualsiasi cosa avesse indossato non avrebbe spostato di un solo centimetro il mio desiderio per sua madre.

Ma Giorgia era una donna che non si arrendeva facilmente per cui per sua iniziativa ci sottoponemmo, per sei sedute settimanali, ad una terapia di coppia senza però che venisse fuori la vera causa del problema. Mi vergognavo come un ladro e avevo difficoltà ad ammettere, perfino a me stesso, che quell’insana e martellante attrazione mi aveva reso sordo ed indifferente ad ogni tipo di desiderio verso tutte le altre donne.
Comunque dopo quelle sei sedute interrompemmo la terapia, del resto entrambi per pudore non eravamo stati sinceri e la figura di Carla non era mai saltata fuori in quello studio.
Giorgia invece desiderava parlare e non c’era giorno che non facesse le sue riflessioni a voce alta. Una sera mi disse: “So che la tua è una cosa irrazionale, difficile da controllare, e so che è stupido da parte mia chiederti il motivo, ma è anche lecito chiedermi se fossi stata una donna diversa tu saresti ugualmente stato attratto da altre donne?” Ecco come al solito si sentiva in difetto senza averne la minima colpa. Poi proseguì: “So quanto sia importante per te la figura di una donna matura e materna e la perdita di tua madre da adolescente ha reso tutto più difficile. La differenza di età tra noi non è affatto un elemento trascurabile per cui ti capisco e vorrei tanto aiutarti, ma tu hai mirato troppo in alto senza pensare che certe relazioni di sangue non sono affatto marginali. Ci ho pensato molto sai e a questo punto sarei contenta anche del solo fatto che tu non mi trascurassi e per il bene di nostro figlio sarei pronta ad accettarti così come sei.” Fece un lungo sospiro e disse: “Hai mai pensato di andare con un’altra donna che non fosse mia madre?”

Rimasi interdetto, non potevo risponderle che quei legami di sangue erano stati ampiamente superati, che non c’era spazio per un’altra donna e che nei miei desideri c’era solo ed unicamente Carla per cui dissi che in quel momento non me la sarei sentita di complicare ulteriormente il nostro rapporto. Lei, sollevata, mi strinse tra le sue braccia e disse: “Certo con mia madre sarebbe tutto diverso…”
In quell’istante mi resi conto che stavo portando Giorgia ad accettare come normale qualcosa che per vergogna non eravamo riusciti neanche a dire allo strizzacervelli. Dovevo sicuramente trovare una soluzione che la facesse stare più tranquilla rimuovendo in lei quel senso di colpa e allo stesso tempo dare a me la possibilità di vivere alla giornata aspettando qualche evento favorevole.

E la soluzione temporanea al problema avvenne qualche giorno dopo quando, per un guasto della lavatrice di sua madre, Giorgia fece a Carla il favore di lavare la biancheria a casa nostra. E in quel caso la molla scattò improvvisamente quando, vedendo sullo stendino quella serie di mutandine ad asciugare, mi ribollì il sangue. Quasi tutte nere e trasparenti emanavano una sensualità travolgente. Insomma con le dita tremanti le avvicinai al mio naso e ad una ad una le annusai profondamente. Certo nella realtà profumavano solo di bucato, ma nella mia fantasia le immaginai a contatto con la sua pelle intima percependo chiaramente tutte le intensità e le sfumature del suo odore di femmina. Ripensai a quando con la testa tra le sue gambe strofinai il mio viso bagnandolo con i suoi umori e in quell’istante non ci pensai due volte e proposi a mia moglie di indossarle dicendole: “Beh mi sembra un male minore rispetto a quello che sarebbe potuto accadere in quel motel.” Giorgia guardandomi allibita, disse: “Sei un porco!” Ma poi credendo che fosse un reale tentativo per annientare quella passione e che il tutto si sarebbe svolto nel segreto della nostra stanza da letto, acconsentì. Ne scegliemmo un paio nere, una specie di coulotte semitrasparente con due maliziosi fiocchetti rossi laterali. Indossò quel feticcio davanti a me facendolo scivolare lungo le sue gambe così delicatamente che mi diede la stessa sensazione della prima volta con Carla quando preso dall’eccitazione venni sulla sua mano. Morale della favola finimmo immediatamente in camera da letto e Giorgia alla fine, letteralmente sbalordita, mi fece i complimenti per la ritrovata eccitazione, l’intensità e l’insolita durata del rapporto.

Incredula e dubbiosa mi chiese se avessimo trovato la soluzione al problema ed io candidamente le risposi che a volte l’effetto placebo è più forte della medicina stessa. Così ripetemmo l’esperimento per diverse sere sempre sperando che la lavatrice di sua madre tornasse in funzione il più tardi possibile. Lei contenta di quel gioco malizioso che non intaccava minimamente la sua gelosia e non metteva a repentaglio il nostro rapporto mi diceva: “Potevi dirmelo prima che sarebbero bastate un paio di banali mutandine! Ci saremmo risparmiati anche quelle penose sedute dall’analista!” Contenta per la nuova armonia non mancava di sottolineare la cosa, tanto che dopo una settimana, con la lavatrice di Carla perfettamente in funzione, le chiesi come mai indossasse ancora quel paio di mutandine e lei, con un velo di tenerezza, mi rispose: “Dopo l’ultimo bucato, un paio le ho trattenute per noi, speriamo che mia madre non se ne accorga!” Sembrava quasi entusiasta di aver rubato la marmellata a sua madre non pensando affatto che le mie fantasie non si limitavano a quel pezzo di stoffa, ma, tramite il quale, permettevo alla mia immaginazione di credere davvero di fare l’amore con mia suocera.

Lei non si rendeva conto di quanto fosse estremamente pericoloso quel gioco che non mi allontanava affatto da sua madre, anzi mi rendeva più consapevole che quella fantasia per rimanere viva aveva solo bisogno di qualcosa di più fattivo e reale. E in effetti, non mettendo più limiti, per tutta la durata dei nostri rapporti intimi, immaginavo non solo di fare l’amore con sua madre, ma ricordavo dettaglio per dettaglio la scena del motel addirittura pronunciando ad alta voce il nome di mia suocera e replicando esattamente le posizioni che Giorgia ignara credeva insolite e che derivassero semplicemente dal mio ritrovato vigore. A volte mi chiedeva: “Dimmi la verità, davvero non ci hai fatto l’amore?” Ed io conquistando ogni volta un granellino di sabbia, mentre ero dentro di lei e la sentivo godere, ammettevo di averle toccato la gamba, un ginocchio, la coscia, la mutandina oppure il collo, la spalla, il merletto del reggiseno… La vedevo interessata, ma non so se lo fosse per la curiosità di sapere oppure perché le facesse uno strano effetto di eccitazione. So solo che in quei momenti mi chiedeva: “E poi? E poi?” Ed io: “Le ho scostato le mutandine…” Oppure: “Le ho palpato il seno…” A quel punto Giorgia gemeva cacciando un urlo intenso e prolungato. Per lei era pari ad un gioco erotico e non gli dava quei significati che per me erano il sale del mio desiderio.

Ero ad un bivio, stavo coinvolgendo mia moglie in un pericoloso gioco erotico che a poco a poco divenne più eccitante delle mutandine che indossava. La sua curiosità divenne morbosa e le mie descrizioni al limite dello scabroso, ma senza mai varcare quella soglia fatidica e mai ammettendo e confessando che ci avevo davvero fatto l’amore e non una sola volta. Giorgia continuava ad accontentarmi, sperando forse che, liberato da quella ossessione, sarei tornato unicamente suo, ma io ero sicuro che a poco a poco anche quel gioco non mi avrebbe più eccitato perché sinceramente mi mancava la materia prima, il contenuto di quelle mutandine molto più caldo e malizioso, carnoso, sensuale, umido e peccaminoso di quello che mi offriva mia moglie. Del resto il mio stato d’animo via via andava peggiorando e da quando eravamo tornati in città la mia tattica era stata unicamente quella dell’attesa convinto che prima o poi sarebbe capitata l’occasione sperata.

E l’occasione arrivò in circostanze tragiche, ma arrivò. Alberto, mio suocero, se ne andò per un infarto improvviso e letale una mattina di marzo. Beh non mi vergogno a dirlo, ma, appresa la notizia, la prima cosa che pensai fu che quella situazione mi avrebbe spianato varie possibilità e infatti già dal giorno dei funerali lei si lasciò stringere in un insolito abbraccio di genero e suocera. Addirittura le presi la mano e camminammo così per alcuni minuti davanti al feretro con mia moglie vicino. Dicevo da quel giorno le cose cambiarono repentinamente perché Giorgia, figlia unica, affranta e sconvolta dal dolore, si chiuse nel suo lutto, trascurando lavoro, matrimonio e vita sociale. I nostri problemi di sesso, il gioco delle mutandine e la mia ossessione insana furono per lei solo un lontano ricordo e di poco conto. Costantemente in ciabatte e pigiama mi chiedeva solo di starle vicino, di darle affetto e non lasciarla mai sola, aveva un grande bisogno di protezione tanto che, dopo appena una settimana dal tragico evento, decise di ospitare sua madre a casa nostra. Mi diceva di sentirsi tremendamente vuota e che la presenza di sua madre, accomunate dallo stesso dolore, sarebbe stata per lei una specie di terapia e l'avrebbe fatta sicuramente reagire. La soluzione al mio problema pensai fosse più vicina di quanto avessi immaginato ed ovviamente acconsentii.

Avendo Carla a casa tutti i giorni mi promisi di non forzare assolutamente la mano e per circa un mese la nostra vita familiare scivolò liscia senza che nessuno dei tre accennasse ai trascorsi recenti. Il fantasma di Alberto vagava in casa e Carla si comportò da amorevole nonna, togliendoci varie incombenze riguardanti nostro figlio, e soprattutto da meravigliosa madre, non perdendo mai di vista Giorgia. Spesso uscivano insieme per lunghe passeggiate e la sera dopo cena rimanevano in salotto ricordando il passato e a parlare, ed io, osservando le mie due donne, mi compiacevo per quella ritrovata armonia tra madre e figlia soddisfatto per aver fatto la scelta giusta di non rivelare a Giorgia quello che veramente c’era stato tra me e sua madre.
I loro argomenti riguardavano principalmente Alberto e non sicuramente il genero/marito che oramai era relegato ad una figura di secondo ordine. La cosa non mi dispiacque, anche perché aver fatto l’amore con entrambe rafforzava ancora di più il concetto, avendole in casa, di essere il loro unico uomo. Durante quel mese solo una volta Carla mi si era avvicinata e mi aveva chiesto: “Come stai?” Le dissi la verità ossia che ero contento di vivere insieme a lei e alla figlia sotto lo stesso tetto. Lei di rimando mi rispose: “Ti prego continua a fare il bravo marito… Tua moglie ha bisogno solo di tanto affetto ora.”

Beh sì, all’apparenza lo ero, aiutato soprattutto dal fatto che il lutto stretto di mia moglie vietava qualsiasi effusione e quindi ogni mio fallimento a letto. Ma sinceramente non era questione di fare il bravo ragazzo, anzi vedendo mia suocera vestita di nero, avrei voluto tanto scoprire se quel lutto riguardasse anche l’intimo. Lei infatti nonostante il lutto non dimenticava di abbellire le sue labbra con un tocco leggero di rossetto, cosa che mi faceva ricordare la morbidezza e la sensualità delle sue labbra e soprattutto la devozione con le quali mi aveva dato piacere. insomma i miei pensieri non avevano smesso di fantasticare anche se in quella situazione preferivo solo immaginare quale sarebbe stato il nuovo evento scatenante che avrebbe portato mia suocera a ricredersi e uscire allo scoperto.
Certo, mi facevo forza con quanto mi aveva detto al telefono, ossia che non era passato giorno che non avesse pensato a quello stupendo pomeriggio, ma di contro mi chiedevo se il suo nuovo stato di vedova avesse definitivamente chiuso la porta ad ogni piacere. Pensavo al suo sesso così disponibile e sarebbe stato davvero un affronto all’umanità chiuderlo per sempre a qualsiasi piacere. Giorno dopo giorno speravo che mi chiedesse di accompagnarla al supermercato oppure in qualche parte del mondo dove potessimo rimanere soli dato che Giorgia ancora in permesso di malattia era costantemente presente in casa.

E non fu il supermercato, e non fu una pineta e non fu un motel, ma fu il cimitero la meta agognata, tanto che, quando le chiesi di accompagnarla e lei accettò, lo considerai il posto più bello del mondo! Tutto avvenne alla luce del sole quando una mattina rientrò in casa con due grossi mazzi di rose e crisantemi e mi chiese quale autobus avesse dovuto prendere per raggiungere il cimitero. Beh, di certo non potevo non cogliere l’occasione al volo per cui mi offrii immediatamente.
Lei del resto non guidava e Giorgia essendo assente dall’ufficio per malattia non poteva certo uscire di casa e accodarsi!
Verso le tre del pomeriggio partimmo e da bravo autista accompagnai la mia signora in nero guidando lentamente e non spiccicando parola. Lei di contro non mi sollecitò a parlare tanto che le prime parole le scambiammo davanti alla tomba di Alberto. Le dissi, avendo perso prematuramente mia madre, che capivo il suo dolore. Lei piangente mi ringraziò e a quel punto, come il giorno del funerale, le presi la mano e la tenni stretta a me. Lei, immersa nel dolore, si lasciò abbracciare senza dire nulla, ma era evidente che in quella situazione quel gesto non avesse alcuna valenza peccaminosa e la nostra storia passata contasse meno dello zero assoluto.

Quando riprendemmo l’auto la vidi cambiare totalmente espressione: “Fabrizio, mi devo riprendere lo so, la vita va avanti…” Sorrisi e solo a quel punto lei si rese conto della mia presenza e cosa avessimo fatto insieme: “Ma allora sei diventato davvero un bravo ragazzo! Quasi quasi dovrei essere fiera di mio genero!” Ed io maliziosamente risposi con una domanda: “Perché non lo sei?” E lei: “Certo che lo sono…” Ma non finì la frase perché alla vista di un bar lungo la strada mi disse che aveva voglia di un caffè. Scendemmo, poi, appena entrati, lei con la sua grande borsa guadagnò la toilette mentre io ordinai i caffè.

Quando ripartimmo lei maliziosamente riprese il discorso interrotto prima del bar: “Sai cosa penso? Secondo me, la tua è solo una tattica. Visto quello che è successo credo tu stia solo aspettando tempi migliori.” Aggiungendo subito dopo una vera e propria provocazione: “Beh, se davvero non ci pensi più e ti sei dimenticato ogni cosa, mi fai pensare che il tuo intendo era solo quello di portarti a letto tua suocera!”
Aveva torto, ma la morte di suo marito aveva in un certo senso bloccato i miei propositi. Lei attese la mia risposta che non venne e a quel punto mi disse: “Non nego che in questo mese mi sarei aspettato altro da te, tipo un agguato in cucina come hai fatto la prima volta.” A quel punto sorrise di cuore e mi disse: “Dai ferma la macchina. Non abbiamo tante occasioni per parlare…”

Eravamo in aperta campagna per cui non mi fu difficile trovare un posto tranquillo. Fermai l’auto e Carla scivolò in basso sul sedile in modo da non essere vista all’esterno. Le chiesi: “Hai paura che ci veda qualcuno?” E lei: “E anche se ci vedessero? Non mi dire che hai brutte intenzioni?” Poi aggiunse: “Comunque, a parte gli scherzi, ti devo ringraziare perché dopo quel trambusto che abbiamo creato, alla fine mia figlia ignora quello che c’è stato tra noi. Pensa come sarebbe stato imbarazzante per lei convivere ora con una madre che ha fatto l’amore con suo marito.” Poi appoggiando la borsa sul sedile posteriore continuò: “Lei sta soffrendo molto più di me la perdita di suo padre, l’hai vista quanto è dimagrita? Quando l’abbraccio mi sembra un uccellino spaurito… Sai, non mi pento di quello che abbiamo fatto, ma ora più di prima sarebbe davvero un sacrilegio tradirla di nuovo.” Non seppi cosa rispondere e lei disse: “Ci hai pensato che quel pomeriggio l’abbiamo tradita due volte, io come madre e tu come marito!”

Beh le cose non stavano esattamente così e mi sentii in dovere di raccontarle dei tentativi fatti in accordo con Giorgia per superare il mio blocco e quella pazza attrazione verso di lei. Le raccontai delle nostre sedute dall’analista non trascurando il particolare delle mutandine ormai elemento propedeutico e indispensabile per la buona riuscita del rapporto con sua figlia: “Lei ne è più che consapevole della mia passione e dell’effetto morboso che mi fai. Sai che quando facevamo l’amore, prima della morte di Alberto, la chiamavo col tuo nome!” Lei incredula: “Ma davvero? Non ci posso credere e scusa lei cosa ti diceva?” Ed io: “Beh si è comportata come con te quella volta. Mi ha detto che mi ama e vuole a tutti i costi aiutarmi. Insomma mi considera un malato, ma allo stesso tempo è sicura di guarirmi.” Carla era incredula: “E tu ti senti un malato?” Beh in quel caso la risposta fu che spontanea: “Sì malato, ma di te!”

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, concentrandoci su uomo a passeggio col cane che passò ad un metro dall’auto. Era evidente che l’atteggiamento di Giorgia l’aveva colpita, ma forse per malizia femminile o per alleggerire scherzosamente la situazione spostò l’argomento sulla sua magica lingerie: “Quindi le mie mutandine hanno avuto effetti positivi? E ascolta, sono curiosa, quali delle tante hanno avvampato i tuoi desideri?” Descrissi genericamente il colore e lei con una mossa inaspettata sollevò la gonna: “Tipo queste?” Balbettai che con Giorgia facevamo l’amore al buio per cui per esserne sicuro avrei dovuto almeno toccarle.” In una partita di poker sarebbe stato un rilancio bello e buono, ma lei però da signora matura virò verso altri lidi: “Fabrizio, fammi capire, tu hai fatto indossare un paio di mutandine di una signora di una certa età alla tua giovane moglie per farci l’amore?” Poi scuotendo la testa: “Gli uomini sono davvero strani!”
Beh sì forse mi ero spinto troppo e le stavo dando un’immagine di me, certo reale, ma che forse lei non avrebbe potuto capire. Mia moglie in quel frangente mi aveva definito porco ed ero sicuro che anche sua madre in quel momento non si fosse allontanata di molto da quel concetto.

Stava facendo buio e pensai che da lì a qualche secondo mi avrebbe chiesto di accendere il motore ed andare. Invece disse: “Quindi da quando è finita la vacanza sono sempre stata nei tuoi pensieri e nel vostro letto?” Annuii. E lei: “E ora?” La mia strategia non aveva previsto quella situazione e soprattutto, visto il lutto stretto, non mi sembrava il caso di dirle che per me non era cambiato nulla e che la morte di suo marito la consideravo un vero aiuto del destino. Lei forse intuendo i miei pensieri aggiunse: “Beh almeno io ora sono una persona libera e poi le vedove sono sempre state considerate notoriamente erotiche, disponibili ed oggetto di conquista…” Lo considerai un lasciapassare e mi avvicinai cercando di baciarla. Ma lei mi trattenne: “Ma che fai?” Tentai ancora, ma lei voltò il viso e chiuse strette le labbra. A quel punto usai la mia ultima carta ossia le dissi che Giorgia, sempre per la sua predisposizione da crocerossina, mi aveva proposto di vagliare l’ipotesi di andare con un’altra donna molto più grande di lei.
La vidi sbiancare! Non avendo previsto questo risvolto si fece seria e si ammorbidì immediatamente: “Scusa e tu sei d’accordo?” Non risposi avvicinai di nuovo la mia bocca e lei si fece baciare. Poi, avendo già pensando a come lavare i suoi sensi di colpa mi allontanò e disse: “Calmo! Non ora, ti prego. Se tu mi vuoi c’è un solo modo. Adesso abbiamo un dato di fatto che prima ignoravo, ossia Giorgia vuole aiutarti ed a me in vacanza aveva detto che avrebbe acconsentito per un’unica volta in modo che tu bruciassi tutta la tua passione. In fin dei conti viviamo nella stessa casa ed io non voglio più avere la coscienza sporca facendolo come due amanti clandestini. Giorgia ti vuole davvero aiutare? Vuole che tu vada con un’altra? Allora le cose sono cambiate e quindi se succederà ancora non voglio che sia un tradimento, ma voglio che sia tutto alla luce del giorno e non una sola volta!”

Cioè, avevo capito bene, mia suocera mi stava proponendo una vera e propria relazione e soprattutto che fosse trasparente anche agli occhi di sua figlia! Di certo non avevo mai pensato a quell’eventualità, ma desideroso di averla le dissi istintivamente sì e fu lei a quel punto che prese l’iniziativa e baciandomi mi disse: “E allora cosa aspetti?” La sua gonna magicamente scoprì le sue calze nere da lutto, fino a che, a metà coscia, si materializzò il bordo alto di pizzo di una stupenda autoreggente. Capii il significato della sosta al bar, mi avvicinai e ci fondemmo in un bacio intenso e passionale mentre le mie mani, scostando le mutandine, esplorarono la parte più umida del suo corpo. Sentii le sue labbra cedere alle mie dita e poco dopo la sentii gemere più forte fino a diluire il suo umore sul palmo della mia mano. Poi dispiaciuta disse: “Lo sai che è tutta e solo colpa tua? Non ho resistito e sono venuta come una ragazzina, scusami, ma dopo quella volta al motel sono diventata più sensibile e ci penso spesso. Non passa giorno che non ho vampate e un forte desiderio di fare l’amore.” Le dissi che andava bene così e che praticamente le era successa la stessa cosa quando la prima volta mi abbandonai al piacere senza aspettarla. Quando mi avvicinai dicendole che avevo voglia di farla mia e di possederla, lei mi baciò ringraziandomi per averle dato piacere, ma rimase ferma sul suo proposito: “Fabrizio, io desidero essere tua, ma dobbiamo farlo alla luce del sole!” Poi durante il tragitto verso casa concordammo un piano in modo da far apparire il tutto così naturale e non prevaricare Giorgia.

Tornammo a casa tardi, la tavola era già apparecchiata per la cena, mio figlio a letto, e Giorgia ci accolse con un sorriso rassicurante. In casa si respirava un’aria più che rilassante e pensai che da quel momento in poi il mio proposito sarebbe stato quello di mantenere quella calma, ossia il terreno fertile su cui far germogliare il fiore dell’amore rigorosamente a tre petali. Allegro e spensierato raccontai a Giorgia del pomeriggio dicendole che sua madre si era dimostrata socievole più del solito e che secondo me, per il nostro esclusivo interesse di coppia, ci potessero essere degli sviluppi. Lei vedendomi felice e sopra le righe mi chiese semplicemente: “Allo stasera facciamo l’amore?” Sorrisi.

Dopo cena ci accomodammo sul divano per vedere la tv ed io questa volta, invece di rimanere in disparte, mi sedetti in mezzo alle due donne, sapendo benissimo che un minimo gesto d’intesa sarebbe stato più efficace di mille altre parole. Senza più sotterfugi strinsi il ginocchio di Carla risalendo leggermente, ma tenendomi ben lontano dal bordo della gonna e contemporaneamente strinsi forte la mano di mia moglie lanciandole così un chiaro segnale di complicità in modo che si rendesse conto che il fine ultimo non fosse dare piacere a sua madre o chissà cos’altro, ma soltanto eccitarmi per fare l’amore con lei.
Giorgia notò immediatamente la cosa e rispose con la stessa stretta, ma non disse niente. Sentii il suo cuore battere, era evidente che quel gesto e la disponibilità di Carla, pur avendole anticipato quale fosse il mio obiettivo, la stava facendo sprofondare in una situazione che non aveva minimamente previsto. Carla invece, disinvolta, continuava a commentare il film ed io gli diedi manforte in modo da far apparire quella circostanza più naturale possibile.

Per me era solo l’inizio e sapevo che da lì a poco non sarebbe successo altro, rimasi in quella posizione per circa dieci minuti finché fu mia moglie a rompere il ghiaccio: “Mamma, come stai?” Certo sì, una frase banale, ma che si portava dietro la curiosità da parte di Giorgia di sapere quanta complicità ci fosse tra noi e come la vivesse sua madre. Carla seguendo il nostro piano rispose che non si era mai sentita meglio. Pensai a quel punto che non ci fosse bisogno di altro e prima della fine del film mi alzai pregando Giorgia di seguirmi in camera da letto dando così inizio alla seconda parte del mio piano.

Era passato oltre un mese dalla morte di suo padre e quindi oltre un mese di lutto e di astinenza. Appena in camera la baciai e poi senza bisogno delle mutandine di sua madre la penetrai con estremo vigore facendole capire che quello che era successo sul divano e il desiderio di averla erano strettamente collegati. A quel punto mi chiese: “Davvero toccare quella gamba ti ha eccitato così tanto?” Ebbene sì, non vi era alcun dubbio: “Mi hai sentito no?” Incredula rispose: “Ma, dimmi la verità, mia madre sapeva? Era tutto previsto?” La rassicurai dicendole che era avvenuto tutto spontaneamente e che quel pomeriggio l’avevo vista meno tesa e che parlando in macchina mi aveva confessato di aver bisogno di attenzione e di sentirsi parte della famiglia. Giorgia rimase dubbiosa ed io per rassicurarla aggiunsi che da quella sera in poi sarebbe andata sempre meglio, ma in realtà il mio proposito, era solo quello di metterla al corrente che tra me e sua madre non vi era solo un’attrazione momentanea, ma il desiderio inespresso di una vera e propria relazione, ossia la chiave primaria per soddisfare i propositi di Carla e farci l’amore.

Il giorno dopo io e Carla strategicamente ci ignorammo per tutto il giorno, sapendo entrambi cosa sarebbe successo la sera stessa. Infatti dopo cena, sempre seduti su quel divano ed io tra loro, strinsi sempre la mano di mia moglie e con l’altra iniziai ad accarezzare la gamba di Carla, ma questa volta non mi fermai al solo ginocchio. La mia mano coperta dalla gonna, lentamente, ma in modo plateale, guadagnò senza alcuna difficoltà il centro del suo piacere, Carla come avevamo concordato in auto mi disse di smettere fermando la mia mano. Fintamente contrariato mi alzai ed andai a dormire. Giorgia mi seguì, chiuse la porta e disse: “Beh non sei stato carino, anche io ho provato un forte imbarazzo.” Le risposi che ero in totale confusione e che desideravo far l’amore con lei, ma questa volta, magicamente, fallii su tutto i fronti. Non ci volle molto per mia moglie capire che il rifiuto di Carla e le mie difficoltà erano perfettamente correlate, al contrario del giorno prima quando la disponibilità di sua madre aveva dato gli effetti sperati: “Vuoi che ci parli di nuovo?” Le risposi che non sarebbe servito, ma che se fosse successo nuovamente avrebbe dovuto dare il suo assenso, facendo capire a sua madre, togliendola così dall’imbarazzo, che non era affatto contraria.

E così successe anche la sera dopo, quando dopo cena ancora a tavola abbracciai Carla e mia moglie disse che se avessimo voluto ci avrebbe lasciati soli. Sua madre a quel punto da perfetta attrice di teatro disse: “No Giorgia assolutamente, rimani qui con tuo marito.” Poi si alzò da tavola augurandoci la buonanotte. Rimasti io e Giorgia, delicatamente la baciai chiedendole cosa avrebbe pensato se quella sera non l’avessi raggiunta subito in camera. Lei capì al volo e mi disse che per una volta poteva anche addormentarsi da sola. Beh sì, avevo ottenuto il permesso sperato e dipinto Carla come un’infermiera al capezzale di un malato, ma non era quello che avrebbe voluto Carla per cui le dissi che se fosse successo ancora non le avrei tolto neanche un minuto della nostra vita di coppia.
Lei, intuendo che non sarebbe finita lì, fece un’espressione contrariata, ma quando le ricordai la passione della prima sera e quanto quella donna fosse la nostra linfa la vidi più ragionevole: “Dimmi che non c’è altro e ci vai solo per questo motivo!” Non potevo mentirle per cui ammisi che il mio piacere incommensurabile sarebbe stato quello di averle entrambe distinguendo sempre i ruoli di moglie e suocera. Quindi le dissi solennemente che non l’avrei mai tradita perché mai l’avrei sostituita. Alla fine si alzò senza aggiungere altro ed io lo considerai un tacito assenso.

E mentre mi moglie chiudeva la porta della stanza matrimoniale, bussai alla porta di Carla. Entrai e lei sorridendo disse: “Un piano perfetto! Sei davvero uno stratega!” Non risposi preferendo vedere con quale maniacale attenzione era intenta a truccarsi, sfumando l’ombretto e colorando le sue labbra di un rosso intenso. Indossava una camicia da notte nera trasparentissima e sotto si intravedeva una lingerie da sogno. Mi disse: “Questo almeno rimane un nostro segreto. Chiudi la porta per favore! Giorgia non mi dovrà mai vedere conciata così per te!”

Mi sedetti sul letto e pensai che stavo per fare l’amore con la madre di mia moglie, ma questa volta con Giorgia consenziente e ben consapevole di quello che sarebbe successo a breve, ossia qualcosa che si vede solo su Youporn. Il solo pensiero mi fece venire un’erezione da attore porno. Lei intanto si era distesa sul letto e un attimo dopo ero già tra le sue gambe, sulla soglia del suo piacere disponibile e bollente. Ci penetrammo con gli occhi. Lei disse: “Ma davvero sta succedendo? Schiaffeggiami dimmi che non è un sogno!” E in effetti non lo era, perché ero tra le sue gambe, su quella porta del paradiso umida desiderata per mesi e ora mancava meno di una briciola di pane, cosa avrei dovuto fare? La sentivo pulsare, fremere dal desiderio, aprire spontaneamente le labbra come per dirmi che non ci sarebbe stato altro posto al mondo più accogliente!

Mi rendevo conto quanto non sarebbe stata una semplice scopata, ma l’inizio di una relazione, un patto di sangue, un’intesa da cui non sarei più potuto tornare indietro. Se avessi continuato, sessualmente lei avrebbe avuto gli stessi diritti di mia moglie e moralmente avrei infranto l’ultimo tabu. Vero, mi stavo infilando in un tunnel senza sapere se ci fosse un’uscita ed eventualmente cosa avrei trovato dall’altra parte. Ma fu più forte di me e mi lasciai guidare dall'incoscienza di maschio e dal profumo di quel nettare che copioso mi reclamava. Non era solo uno sfizio, ma qualcosa che al mondo succede a pochi eletti e a quel punto mi liberai scivolando e sprofondando dentro quel peccato burroso.

La sentii godere a ripetizione, ma più che altro mi sconvolse il suo modo generoso di fare l’amore, le sue attenzioni per ogni mio respiro e per ogni mio centimetro di pelle, come se mi considerasse una vera e propria fonte del suo piacere.

M’illudevo che fosse stata come la volta precedente, perché toccai livelli mai raggiunti prima, fu lei a regolarmi il ritmo, a dirmi di fermarmi, di ripartire, di resistere, di accelerare e rallentare fino allo sfinimento. Mi pretese per ore fino alle prime ore dell’alba ed ebbe diversi orgasmi ringraziandomi ogni volta per quanto bene le stessi offrendo. E quando lei mi urlava di non smettere sentivo il bisogno di penetrarla ancora più a fondo, immergendomi in quel mare proibito, e per la prima volta nella mia vita sentii netta e chiara la differenza tra maschio e femmina. Sì lo ammetto, ci fu da parte mia anche un attimo di ripensamento pensando a mia moglie nella stanza accanto, ma lei mi strinse forte il viso con entrambe le mani e fondendo il suo sguardo voglioso e implorante col mio mi disse: “Chiamami Giorgia e non ci pensare.” Fu a quel punto che pensai che i ruoli stavano notevolmente cambiando e che fossi io e non certamente lei l’oggetto del desiderio.

Distesi sul letto mentre l’alba entrava dalle finestre ci baciammo intensamente e quel bacio ebbe un significato del tutto diverso dal sesso che avevamo fatto per ore. Ebbene sì, non era la fine di una notte di sesso con mia suocera, ma l’inizio di qualcosa di importante. Carla era la mia donna! Mi alzai, andai in bagno e guardandomi allo specchio sentii nella mia bocca l’acido e dolce sapore di una nuova moglie. Tornai nella stanza da letto determinato a non sprecare neanche un secondo di quella pazza nottata. Lei mi accolse nuovamente come se fosse stata la sua prima volta e continuammo a fare l’amore fino a quando verso sette del mattino Giorgia bussò alla nostra porta con il vassoio della colazione. Indossava una camicia da notte tremendamente sexy, con il piccolo seno che le spuntava dal merletto rosa antico, si avvicinò a me e mi abbracciò sussurrandomi: “Stai bene amore?” Ero in paradiso. Rimase seduta sul letto e dopo colazione mi pregò di alzarmi, prese la mia mano, salutò sua madre e mi guidò nella nostra stanza dicendomi che le ero tremendamente mancato. Con un gesto teatrale fece scivolare la sua camicia da notte sul pavimento. Sapevo che non potevo deluderla e quindi mi concentrai ed anche se con fatica riuscii a penetrarla fino a farla godere. Il suo orgasmo fu breve ma intenso e tra un gemito e l’altro mi disse: “Tesoro mio, non so a cosa ci porterà tutto questo, ma per il momento non potrei chiedere di meglio.”

Passai alcune settimane da Dio, quando tornavo a casa dopo il lavoro ricevevo mille attenzioni da entrambe, mi sentivo coccolato, importante, e da parte mia cercavo di barcamenarmi in modo che quei complessi rapporti familiari viaggiassero sempre in perfetto equilibrio. Tra loro notai che non c’era assolutamente rivalità, da buona madre e buona figlia ignoravano scientemente di avere lo stesso uomo. Certo a letto le cose andavano differentemente, l’attrazione per Carla andava oltre il buon senso tanto che coglievo ogni momento per stare insieme a lei o solo per baciarla quando Giorgia era in cucina o in bagno nella doccia.
Nonostante l’assenso di Giorgia ci comportavamo come due amanti segreti e per non far notare a mia moglie la mia preferenza, un pomeriggio a settimana, io e Carla uscivamo separati e ci vedevamo in un motel della zona. Sì certo passavamo ore intense di puro amore, ma a mia suocera non bastavano per sentirsi totalmente femmina ed amata per cui un giorno al mese, inventando cene di lavoro improbabili e lei la visita settimanale a una sua amica inferma, andavamo a cena fuori in un ristorante molto intimo.

Nonostante la differenza di età ci comportavamo come due fidanzati, lei per paura di apparire troppo più grande di me indossava vestiti corti da adolescente, ma mai dimenticando quelle mutandine di pizzo che avevano suggellato in qualche modo la nostra storia. Sì certo quando eravamo soli ci capitava di parlare di Giorgia, del resto non eravamo due persone ciniche e ci dispiaceva enormemente tradirla in quel modo, immaginavamo la sua reazione e come ci saremmo comportati di conseguenza se avesse saputo delle nostre scappatelle settimanali e di quelle cene intime, ma allo stesso tempo eravamo così innamorati che nulla avrebbe potuto interrompere quella folle relazione: “Ti amo Fabrizio, non è colpa mia se mi sono innamorata del marito di mia figlia. Tu sei un uomo speciale e tra le tue braccia mi fai sentire una femmina desiderata, cosa che non è mai riuscita col povero Alberto” Ed io rispondevo allo stesso modo convinto che l’amore giustificasse ogni tipo di comportamento.

Spinto da Carla cercavo comunque di onorare il talamo nuziale: “Fabrizio devi farla sentire una regina. È una grande donna, hai ricevuto da lei più di quanto ti saresti mai potuto aspettare. Ed entrambi sappiamo che per lei non è stata una cosa facile. Dove la trovi un’altra moglie che ti permette di tenere l’amante in casa?” Aveva ragione Carla, ma sapevo che mentre la elogiava si sentiva gioco forza la sua rivale. Spesso mi chiedeva quale dei due rapporti intimi preferissi anche se sapeva la risposta. E non convinta mi chiedeva: “Ma lei non ha le smagliature sulle cosce, non le cala il seno, lei è perfetta, mentre io sto diventando vecchia e prima o poi mi lascerai!” A quel punto, come fosse un rituale magico mi faceva giurare che desideravo solo lei e che l’avrei desiderata per sempre. Altre volte invece mi chiedeva come facessi l’amore con Giorgia e insisteva così tanto che alla fine le descrivevo ogni dettaglio sulla posizione, la durata del rapporto e cose simili.

Correvo in equilibrio su un filo sottilissimo sapevo che sarebbe bastato un nonnulla, un mio comportamento falso, per interrompere quel momento magico, ma ora posso dire che le difficoltà non vennero assolutamente da mia moglie. Infatti una mattina mentre ero chiuso in bagno e Giorgia dormiva, Carla bussò alla porta e stravolta disse: “Stanotte vi ho sentito… Lei gemeva così forte che non riuscivo a prendere sonno. Devi essere stato un vero maschio!” Dall’espressione del suo vivo mi accorsi che la gelosia la stava divorando. Cercai di abbracciarle e lei facendo un passo indietro mi chiese: “Indossa ancora le mie mutandine?”
Beh sì, che fosse gelosa lo sapevo da sempre, ma ora lo stava dimostrando senza mezzi termini, e soprattutto temeva che le cose tra me e Giorgia fossero tornate come ai vecchi tempi e senza bisogno delle sue mutandine, ossia il solo afrodisiaco che le consentiva di accettare i nostri momenti intimi. Per saggiare le mie intenzioni mattutine si era presentata con una mise tutta nuova mettendo in evidenza le sue trasparenze. Temendo che Giorgia si potesse svegliare cercai di non guardarla, ma poi come al solito, mi convinse e facemmo l’amore lì all’istante in bagno. Lei appoggiata a gambe aperte al lavandino ed io in piedi che affondavo in quel paradiso. Cosa che non avevo mai fatto con sua figlia! Lei mi conquistava con le armi della seduzione, ma anche convincendomi che fosse più appagante scopare lei che sua figlia. Adoravo quel suo atteggiamento all’apparenza timido, ma spregiudicato nell’intimità, del resto per lei scoparsi in gran segreto il marito di sua figlia non era affatto un problema o quanto meno alla stessa stregua di quanto io scopassi la madre di mia moglie! Oramai senza limiti e per sentirsi più femmina di sua figlia non passava giorno che non fosse disponibile e facessimo l’amore nelle circostanze più strane e nei ritagli di tempo più assurdi. Con il suo sesso sempre pronto e disponibile e il mio, sollecitato da quel magnetismo, ci perdevamo negli angoli più bui di casa in baci, carezze e vere e proprie sveltine da record. Ma nonostante l’accontentassi in tutte le sue pazzie sentivo quanto quell’atteggiamento così lascivo fosse dovuto ad una latente insicurezza e non più ad un vero desiderio erotico. E sempre per dimostrarmi che non avrei potuto desiderare mai nessun’altra donna, una sera nel nostro ristorante preferito, ad un tratto, non prima di essersi guardata intorno e controllato che ci fossero solo due tavoli occupati, coperta dalla lunga tovaglia si tolse il perizoma nero e lo poggiò delicatamente in bella mostra tra i due calici di vino rosso. Mi pregò di toccarlo con un dito e rendermi conto quanta femmina ci fosse in quella stoffa umida. Era effettivamente bagnato: “Ecco ora sai in che stato è lei… Vuoi usarla?” Così dicendo non aspettò un secondo di più, mi porse la mano, mi fece alzare e mi trascinò in bagno. Fu una delle scopate più intense della mia vita che ricorderò per sempre con estremo piacere.

Ogni tanto mi chiedevo cosa mi dovessi aspettare ancora e lo seppi quando Carla iniziò a fare strani discorsi e a parlare di vero e proprio legame, insomma non le bastava più che sua figlia sapesse, ma in qualche modo desiderava che la nostra relazione diventasse ufficiale: “Lei è tua moglie, mentre io al massimo agli occhi degli altri potrei essere la tua amante!” Sinceramente quella proposta mi apparse alquanto ridicola, cercai di farla ragionare dicendole quanto quella pazzia avesse comportato una serie di problemi. Mi rendevo conto di essermi calato in un guaio senza soluzione anche perché se avessimo deciso di stare insieme io e lei, io avrei potuto lasciare Giorgia, ma Carla non avrebbe mai potuto lasciare sua figlia. Da parte mia in quel momento avrei desiderato che la nostra storia corresse parallela al mio matrimonio senza che uscisse fuori dalle mura di casa. Mi stava bene così e il futuro non era certo una mia prerogativa.

Giorno dopo giorno mi accorsi che quel desiderio di Carla non era un momentaneo capriccio, mi chiamava spesso durante il lavoro e qualche volta la trovavo all’uscita sotto l’ufficio pretendendo che l’abbracciassi e la baciassi davanti a tutti. Imbarazzato cercavo di allontanarmi e lei ogni volta si straniva dicendomi: “Ti vergogni vero? Sono troppo vecchia per mostrarmi ai tuoi colleghi? Tu mi vuoi solo quando siamo a letto!” Le rispondevo che non era affatto una questione di età, ma di opportunità anche perché lei sapeva benissimo quanto tenessi a lei, ma non ero d’accordo sullo sbandierare ai quattro venti il nostro rapporto incestuoso. Lei scuoteva la testa: “No Fabrizio, il nostro non è un incesto, io e te non siamo legati da un rapporto di sangue, in caso siamo parenti acquisiti!” Certo sì aveva ragione ed io ogni volta cedevo abbracciandola davanti ai miei colleghi. Un giorno Gloria mi disse: “Guarda che tu e tua suocera siete sulla bocca di tutti, in ufficio non si parla d’altro!”

Quando lo dissi a Carla, lei sorrise e scollò le spalle ormai era così determinata che anche davanti a Giorgia si lasciava andare a svenevoli atteggiamenti fino a quando un sabato sera, che di solito era il dopocena dedicato a mia moglie, lei si presentò a tavola vestita come quando si esibiva a me nel segreto della sua stanza. Era la prima volta che si mostrava da femme fatale davanti a sua figlia con un vestito esageratamente scollato e uno spacco laterale così profondo che faceva intravedere ogni ben di Dio. Mi sentivo tagliato a metà tra istinto e ragione e ovviamente mi fece un effetto incredibile tanto che non resistetti a non guardarla per tutta la cena. Giorgia le disse appena: “Mamma, ma sei in perfetta forma!” Ma era evidente che, data la mia poca attenzione nei suoi riguardi, subisse quella concorrenza e si sentisse in netto svantaggio. Infatti una volta soli nel nostro letto matrimoniale mi disse: “Stasera avevi occhi solo per lei, ma come fa a piacerti una donna vestita così volgarmente? Vabbè si dai lo capisco, sei maschio… però mia madre non la riconosco più, è cambiata completamente e credo che la colpa sia tutta e solo tua.” Poi aggiunse: “Tutta questa situazione è assurda, ma ti rendi conto? Per il bene che voglio a lei e soprattutto a te ho accettato che ci facessi l’amore, ma stasera ha esagerato, sembrava davvero una prostituta di strada in cerca di clienti.” A quel punto le dissi: “Magari fosse solo questo.” Lei fece un salto sul letto e mi chiese impaurita e confusa: “Cosa c’è che io non so? Ma è incinta?” Senza ricordarsi che sua madre era in menopausa da oltre cinque anni. Infatti aggiunse subito dopo: “Che scema che sono! Dai Fabrizio cosa c’è che io non so…”
Solo allora le raccontai l’episodio sotto l’ufficio e la sua pretesa di rendere ufficiale la nostra relazione: “Giorgia siamo ad un bivio, la rifiuto ma lei insiste e vuole a tutti i costi avere i tuoi stessi diritti.” Giorgia non capiva e allora le dissi dell’anello che avrebbe sigillato il nostro rapporto: “Vuole che tu ti renda conto che il nostro non è solo un rapporto sessuale.” E lei: “Siamo arrivati a questo punto? Non le basta più averti la sera a letto? Oddio Fabrizio, le cose si stanno complicando, come mi devo comportare? Per te e solo per te avevo accettato le tue fragilità, ma non avevo previsto che fosse lei poi a volerti. Lo so è colpa mia, ho considerato mia madre come un oggetto e un tuo esclusivo libero sfogo.” La strinsi forte a me, le dissi che sua madre dopo la morte di suo marito era diventa fragile e cercava sicurezze che solo io ero in grado di darle: “Sai, se io o te, stanchi del suo comportamento decidessimo di allontanarla, credo si perderebbe.” In un certo senso era vero, ma naturalmente non le dissi che anche io avevo paura di perderla e che a tutti gli effetti la consideravo la mia donna. Poco dopo lei si addormentò non prima di avermi detto che l’indomani ci avrebbe parlato. Aspettai circa mezz’ora poi quando la sentii cambiare respiro mi alzai e andai a far visita a Carla, la quale ovviamente mi stava aspettando vestita di tutto punto come a cena. Mentre facevamo l’amore le dissi che avevo detto a Giorgia dell’anello e che il giorno dopo le avrebbe parlato.

Il giorno dopo quando tornai a casa Giorgia mi disse: “Avevi ragione, ormai è una donna sfiduciata dalla vita e patologicamente insicura. Non ha ancora assorbito totalmente la scomparsa di mio padre.” Le chiesi cosa avessi dovuto fare e lei da figlia premurosa acconsentì: “Dai, aspettiamo ancora qualche mese, prima o poi le passerà no? Anzi a proposito sai cosa pensavo? Nel mio ufficio ci sono due colleghi che hanno più o meno la stessa sua età e vedovi entrambi, potremmo organizzare qualche cena… invitandone prima uno e poi l’altro… Credo sia giunto il momento di distrarla… Che ne dici?”
Rimasi impietrito, pensai che mai avrei lasciato Carla nelle braccia di un altro, ma davanti a Giorgia ebbi la forza di dire che forse non era ancora il momento, ma che mi sembrava comunque un’ottima idea. Fingevo! Carla era mia, se era diventata così sensuale era solo merito mio e a nessun altro avrei concesso il permesso di godere del mio lavoro!

Ma Giorgia era decisa e il sabato successivo organizzò la serata invitando il suo collega Vittorio, coetaneo di Carla. Un tizio davvero affabile, amante di Mozart, Modigliani e parapendio. Stetti tutta la cena in apnea. Carla aveva intuito le intenzioni di sua figlia, per cui, per tranquillizzarmi si era seduta accanto a me e sotto il tavolo, mentre gustavamo uno squisito dentice al forno con patate, mi prese la mano e la portò tra le sue cosce. In un momento di distrazione degli altri mi sussurrò: “È umida vero? Ricordati che è solo tua.” Mi tranquillizzai e nonostante le avances quasi smaccate dell’affascinante Vittorio riuscii ad essere brillante, fare battute sulla loro condizione di single e accennare ad una possibile vacanza a quattro per l’estate alle porte, al punto che Giorgia a fine serata, quando l’ospite si era già congedato, mi disse: “Sei stato stupendo, di meglio non potevi fare… se son rose fioriranno!” Ma io sapevo che non erano rose, tanto che Carla prima di alzarsi da tavola mi pregò di raggiungerla in camera. Non aveva nulla da dirmi, ma solo mostrarmi la sua nuova lingerie e farmi rendere conto che se non l’avessi appoggiata nel suo folle disegno quella meravigliosa opera d’arte sarebbe stata esibita a qualche altro intenditore.

Sta di fatto che alla fine, dopo il consenso di Giorgia, io e Carla stabilimmo il giorno del nostro assurdo fidanzamento: 12 giugno 2010, esattamente tre mesi dopo il lutto stretto. Per l’anello andai da un mio ex compagno di scuola che aveva aperto in centro un laboratorio di oreficeria. Scelsi un anello riviera di oro bianco con una trilogia di diamanti. Scartai il solitario sia per non far capire nulla al mio amico e sia perché di fatto non significava una promessa di matrimonio, ma un simbolo di legame continuo.

La sera del 12 giugno parcheggiammo mio figlio da sua zia e noi, tutti e tre andammo al Grand Hotel Palace con cena e suite a cinque stelle. Nonostante fosse sera le mie due donne, dopo la fine del lutto stretto, si vestirono di chiaro, Giorgia con un abitino leggero rosa confetto, mentre Carla optò per un sensualissimo tailleur bianco con camicetta trasparentissima beige, cappello con retina e calze bianche. Emozionatissima sembrava a tutti gli effetti una sposa promessa. Era la sua serata per cui a tavola prese posto accanto a me, mentre Giorgia si sedette davanti a noi. Dopo il primo antipasto a base di ostriche e champagne Dom Pérignon, ci alzammo e inginocchiandomi le infilai l’anello al dito. Ci baciammo tra lo stupore dei camerieri e la naturalezza di Giorgia che scattava continuamente foto col suo telefonino.

A cena parlammo del più e del meno, Carla più di una volta tentò di scusarsi con Giorgia dicendole che per nessuno motivo avrebbe voluto occupare il suo posto, anzi che quell’unione doveva essere considerata non a due, ma a tre, perché il fine ultimo era la pace e la serenità in famiglia e che tutti stessero bene compreso il piccolo Luca.

Dopo la cena meravigliosa salimmo nella suite. I nostri occhi si riempirono di lusso ed eleganza, ma anche di un forte imbarazzo visto che la stanza riservata a Giorgia per quella notte era adiacente alla nostra e senza porta o altro tipo di riparo.
Vedendo mia moglie impacciata stavo quasi per rifiutare, ma Carla togliendosi il vestito e rimanendo con una meravigliosa lingerie bianca ricca di tulle e merletti mi rimproverò: “Ma sei pazzo? Questo anello che porto al dito non avrebbe alcun valore se la notte non venisse consumata.” Giorgia annuì, quella era la tradizione, per cui guadagnò la sua stanza pregandoci di fare piano, ma non prima di essersi spogliata e averci dato il bacio della buonanotte. Mentre andava notai con stupore la sua nuova lingerie rossa. Per non essere da meno della madre aveva indossato una incantevole guepiere come se anche per lei fosse la prima volta nella sua vita e dovesse anche lei recitare un ruolo, certo marginale, ma comunque fondamentale per la vita a tre. Carla visto che guardavo insistentemente e con un cerco gusto mia moglie mi disse: “Sai oggi pomeriggio mi hai chiesto come mi sarei vestita e se fosse stato il caso di sfoggiare i suoi nuovi acquisti. Le ho dato il consenso perché sapevo che ti avrebbe fatto piacere immaginandola sensuale e peccaminosa mentre facevi l’amore con me.” Era vero, il pensiero di Giorgia consapevolmente in astinenza mi diede una forza in più.

Stavo vivendo un sogno, dissi a Carla di darmi due tre schiaffi forte in viso, non volevo che risvegliandomi svanisse ogni cosa, lei rise e mi picchiò forte e disse: “Beh se ti svegli tu, mi sveglio anche io… a meno che, e non capitata molte volte, stiamo facendo lo stesso sogno!” Poi si distese sotto di me e facemmo l’amore immediatamente. Lei per non disturbare la figlia fu accorta tranne quando, nei tanti momenti di orgasmo, non solo aumentava il volume dei suoi gemiti, ma accompagnava il suo piacere intenso dicendo: “Ti rendi conto? Sono la tua seconda moglie! Ora sì che possiamo farlo quando e come vogliamo!” La pregai più volte di abbassare il tono della voce, ma in realtà ero in estasi, perché immaginavo mia moglie in quel letto in attesa e soprattutto desiderosa. Più spingevo e più sentivo il desiderio di soddisfare mia moglie. Eh già la cura stava facendo effetto e il malato era in via di guarigione, perché ormai avevo due donne da soddisfare così disponibili che non mi avrebbero di certo fatto mancare i loro paradisi, ogni sera e per tutte le sere a venire. Anzi senza più sotterfugi avrei potuto anche scegliere in quale lago caldo farmi il bagno di notte.

La mattina facemmo la colazione in camera, un addetto dell’albergo si presentò con due enormi mazzi di rose bianche che avevo prenotato il giorno prima. Andai io ad aprire pregando Giorgia di raggiungerci e distendersi nel letto accanto alla madre. I due mazzi, perfettamente uguali, rappresentavano l’equilibrio dei miei sentimenti e la promessa che mai ci sarebbe stata disparità o preferenza da parte mia. Mi inginocchiai e platealmente offrii i fiori alle mie due donne, a quel punto guadagnai il posto che mi spettava ossia in mezzo a loro.
Giorgia avvinghiata a me alla mia sinistra strinse come un cagnolino le sue cosce sul mio fianco e cominciò a premere e strofinare il suo sesso, dapprima con movimenti impercettibili, ma poi presa dall’eccitazione la sentii fremere, Carla per non essere da meno si mise nella stessa posizione alla mia destra e sfregando l’altro fianco iniziò a respirare profondamente. Immobile in mezzo a loro con le mani dietro la testa appoggiata alla spalliera del letto mi gustai lo spettacolo, entrambe in lingerie, una in rosso e l’altra in bianco, le baciai alternativamente e con passione stringendo il seno piccolo di Giorgia e quello grande di Carla, o accarezzando il loro piacere quando una delle due rallentava. Alla fine le vidi viaggiare perfettamente in quel loro itinerario erotico, tutte e due chiusero gli occhi e gemendo a bocca chiusa, per non disturbare l’altra, iniziarono a muoversi simultaneamente e in perfetta armonia tanto che esplosero contemporaneamente. A quel punto rispettando il rito nuziale mi abbeverai alle due fonti non distinguendo affatto il sapore dell’una e dell’altra. Ero in estasi con Giorgia compiaciuta delle mie attenzioni nonostante la presenza della madre e con Carla soddisfatta perché era senz’altro lei la vincitrice!

Passammo all’incirca due anni serenamente riuscendo a mantenere con l’impegno di tutti e tre un discreto equilibrio familiare, certo bisticci e incomprensioni esistevano sempre, ma non più di qualsiasi altra coppia tradizionale. Di giorno Carla si occupava di Luca mentre io e Giorgia eravamo impegnati con i nostri rispettivi lavori. La sera parlavamo del più e del meno, vedevamo la tv insieme, non trascurando di volta in volta impegni sociali, teatro, mostre, pranzi all’aria aperta e gite rilassanti. Nell’insolito rapporto non esisteva alcuna parte dominante e se c’erano disaccordi si metteva a votazione, del resto tre pareri erano senz’altro meglio di due. Tra le altre cose, su richiesta di Carla, stabilimmo che mio figlio prendesse il mio posto nel letto matrimoniale, mentre io, per non creare disparità, mi trasferii nella camera di Luca. Tutte le sere andavo a trovare le mie donne e per scelta di tutti e tre mi era concesso scegliere, ma assolutamente non potevo frequentare lo stesso letto più di due volte consecutive. Ovvio che non sapendo chi fosse la prescelta, le due signore preparavano il talamo e si abbellivano anche nel caso in cui quell’attesa durasse tutta la notte.

Appianate così col tempo le differenze tutto avveniva alla luce del giorno e della notte senza più sotterfugi e la parola gelosia scomparve, per i primi tempi, dal nostro vocabolario. Alla fine ognuno di noi faceva la propria parte tanto che diventammo indispensabili sia per la vita affettiva che per quella sessuale. Le due donne più che madre e figlia sembravano amiche di vecchia data e per me invece, raggiunta la pace dei sensi, non pensavo più al tradimento come scappatoia alla noia coniugale. Ero completamente appagato tanto che resistetti facilmente alle nuove avances di Gloria, la quale, tornata libera, mi chiese più volte di farle visita giurandomi che questa volta non mi avrebbe lasciato fuori dalla porta. Oddio, nonostante i miei ritmi, non è che non avessi altre fantasie e pulsioni sessuali, ma di certo non sarebbe stata Gloria la donna con la quale avrei tradito le mie due donne. Tuttavia a lungo andare, fare l’amore con due donne con tanto di calendario alla mano per non scontentare nessuno, iniziò a pesarmi. Dopo i primi mesi di frenetica attività riuscii a strappare un accordo nel quale era prevista una visita ciascuna a settimana. Certo la mia prescelta era senza dubbio mia suocera, più calda e più sensuale della figlia, ma a volte per una pura questione tecnica preferivo l’amore orale con mia moglie, la quale, più disposta a dare che a ricevere, usava la sua bocca come un vero strumento di piacere.

Ovvio che, nel rispetto di quelle regole ferree, la trasgressione andò a farsi benedire, tanto che iniziai a rimpiangere le vecchie uscite clandestine con Carla e le effusioni di nascosto dalla madre con Giorgia. Insomma, esaurito l’entusiasmo iniziale, iniziai a guardarmi intorno e più di una volta mi sorpresi a pensare ad altre situazioni che non coinvolgevano le mie due signore tantomeno i due letti di casa che frequentavo regolarmente. Ero cosciente che se fosse successo avrei tradito non una, ma due volte, per cui cercai di frenare i miei bollenti spiriti fin quando arrivò il Natale e come ogni anno andammo in vacanza nella casa di montagna. Un giorno mentre compravo pane e latte nel piccolo supermarket del paese incontrai Mirella, una bella signora mora separata di circa 45 anni, madre di tre figli adolescenti e amica di famiglia. Tutti erano a conoscenza in paese, compreso il sottoscritto, delle sue difficoltà economiche dopo la separazione, dovute al fatto che suo marito, che nel frattempo si era accasato con una giovanissima ucraina, si rifiutava di contribuire al mantenimento dei figli. Quindi, sapevo benissimo quanto fosse, per quel motivo, una donna facile e quanto chiedesse per le sue prestazioni. Del resto lei non nascondeva affatto la sua esuberanza a scopo di lucro mettendo in mostra con naturalezza la sua merce.

Senza alcuna malizia le offrii un caffè nell’unico bar del paese e ci mettemmo a parlare su uno dei due tavolini all’aperto. Lei dopo avermi chiesto come andasse con Giorgia e come stesse Luca, immancabilmente iniziò a parlare dei suoi guai e della difficoltà di vivere in quel piccolo paese di poche anime: “Sai qui anche i muri parlano per la maggiorparte delle volte a sproposito!” Beh sì, stava tendando di accreditarsi, portando comunque il discorso sull’argomento preferito.
Seduti su quella piazza notai che, se per caso non me ne fossi accorto, non disdegnava affatto di farmi ammirare il suo decolleté generoso. A conti fatti pensai ad una quinta, ossia una misura che non era alla portata di Carla e tanto meno a quella di mia moglie. Quel gioco malizioso di Mirella ebbe i suoi effetti tanto che immaginai quanto mi sarebbe piaciuto constatare quella morbidezza.
Tuttavia, imbarazzato più per timore di essere visto che per la celestiale visione, mi affrancai subito dopo, non prima però di essermi sperticato in complimenti del tutto spontanei sulla sua bellezza e la sua sensualità. Lei più volte aveva sorriso inclinando la testa e facendomi così notare l’assenza del reggiseno e due capezzoli scuri e grandi che avrebbero avuto bisogno in quel momento non solo del mio sguardo libidinoso, ma di un altro trattamento ovviamente dietro compenso.

Credendo che la cosa fosse finita lì presi la via di casa con l’amaro sapore di aver perso qualcosa, ma nel contempo elogiandomi per non aver ceduto a quelle lusinghe e quindi sfruttato l’occasione. La visione di quella donna, però, mi aveva portato indietro di qualche anno quando cercavo oltre le mura di casa la chiave per ammazzare la noia e l’insoddisfazione coniugale. Ero di nuovo a quel punto?

Aprendo la porta di casa scossi la testa pensando che quel desiderio fosse più mentale che fisico, soprattutto perché Carla e Giorgia riempivano ogni momento della mia giornata e conoscendo ormai i miei ritmi e la mia energia mi concedevano pause rilassanti, ma anche veri e propri tour de force, quando a loro insindacabile giudizio decidevano che fosse arrivato il momento. Spesso mi chiedevo se lo facessero per voglia o solo per il gusto di anticipare l’altra consumando quegli istanti nei posti più improbabili di casa. Di solito Carla cercava l’occasione nella sala hobby o nel garage mentre Giorgia preferiva l’intimità del bagno.

Comunque la risposta alla mia domanda, ossia se avessi avuto bisogno di visitare altri lidi paradisiaci, la ebbi il pomeriggio del giorno dopo quando Mirella bussò alla porta di casa. Di certo aveva visto Giorgia e Carla accompagnare Luca ad una festicciola di paese e infatti appena le dissi che ero solo in casa e che le signore erano a festeggiare Sant’Erasmo non mostrò alcuna sorpresa.
Portava la stessa maglia del giorno prima così scollata che i miei occhi non fecero fatica ad apprezzare quella morbidezza e la mia mente ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere da lì a breve. Era evidente che il giorno prima non le era sfuggito il mio interesse e che a conti fatti rappresentavo un altro pollo da spennare.
La feci accomodare sul divano davanti al camino acceso e per dovere di ospitalità le offrii un caffè e dei pasticcini che aveva preparato la mattina Carla, poi fu lei a prendere l’iniziativa: “Fa caldo qui, ma purtroppo ho indosso solo questa maglia… e non vorrei che le signore tornassero prima del tempo.” Le risposi che la festa prevedeva una lunga lotteria di beneficenza e dei giochi per bambini per cui se avesse voluto avrebbe potuto mettersi comoda. A quel punto alzò la maglia e disse senza mezzi termini: “So che sei generoso e che ti piacciono le belle donne per cui se apprezzi quello che vedi accetto volentieri un regalino a tuo buon cuore.” Sapendolo, non fui affatto spiazzato dalla sua richiesta per cui le dissi che avrebbe avuto il necessario di quanto richiesto. Così fu.

La portai in camera da letto e nel breve giro di una manciata di minuti apprezzai tutta la sua femminilità indugiando sul suo seno e sulla forma del suo sedere ad anfora romana. Lei da esperta mi chiese la posizione preferita ed io eccitato per quell’amore a pagamento, per me insolito, senza distenderci sul letto le feci appoggiare i gomiti sulla spalliera. Lei non si fece pregare e iniziò a muovere il sedere così sensualmente che, considerandolo un invito ed una richiesta, non ebbe alcun dubbio e la presi da dietro, cosa che mai era successa con le altre mie due donne.
Stordito da quella novità affondai in quell’intimità proibita mentre lei, elogiando il mio vigore di maschio, tra gemiti e urla mi pregava di non smettere. Fu intenso, ma breve perché nel momento più bello sentii chiaramente la voce di Luca in strada, per cui accelerai esplodendo dentro di lei. Le chiesi di rivestirsi immediatamente. Lei prese i soldi, la maglia ed uscì dal retro. Agitato per lo spavento tornai in sala e mentre mi rilassavo sul divano, facendo finta di nulla, entrarono le due signore.

Fu a quel punto che pensai che il diavolo fa le pentole, ma si dimentica dei coperchi perché Giorgia, vedendo le due tazzine di caffè sul tavolo mi chiese chi avessi ospitato. Quando feci il nome di Mirella successe un pandemonio. Carla iniziò ad urlare e Giorgia, letteralmente indemoniata, mi diede una sberla a mano aperta. Era la prima volta che succedeva e solo a quel punto pensai di averla fatta grossa tanto che non reagii confermando i loro sospetti.
Giorgia disse: “Proprio con quella puttana! Ora tutto il paese saprà con chi sei stato!” E Carla, indicando l’interno delle sue cosce, le fece il coro dicendo: “Ora te la puoi proprio scordare!” La sera non cenammo e le due donne si chiusero in camera. In attesa del giudizio scrissi una lettera di scuse indirizzata ad entrambe, ma non servì perché la sentenza fu che la mattina seguente saremmo tornati in città rinunciando alla vacanza e che per un mese preciso sarei stato guardato a vista e non sarei potuto più uscire da solo. A turno mi avrebbero accompagnato e ripreso dall’ufficio. Ovviamente nessuna delle due, dopo la minaccia iniziale, parlò di astinenza sessuale perché una simile punizione avrebbe comportato di conseguenza anche una loro forzata castità.

Ci vollero settimane prima che tutto riprendesse normalmente e durante i momenti d’amore sia con Carla che con Giorgia ero costretto a giurare su mio figlio quanto fossi pentito e che con Mirella non avevo provato assolutamente piacere. Certo non dissi mai cosa fosse successo veramente tanto meno parlai di quell’amore insolito che, calmate le acque, avrei voluto provare con entrambe.
Effettivamente però ero pentito, come un bambino della prima elementare eseguii quegli ordini senza fiatare fino a quando, in una serata di fine gennaio, le due donne decretarono solennemente la fine della pena. Riacquistai così il mio ruolo di maschio e con Carla provai a fare l’amore come lo avevo fatto con Mirella. Una sera nella sua stanza le feci appoggiare i gomiti sulla spalliera pregandola di ancheggiare sensualmente. Certo quella volta fu un mezzo fallimento, sia per l’inesperienza di entrambi che per il dolore, ma nelle sere successive fu lei a chiedermelo dopo essersi informata che mia moglie mai e poi mai mi aveva offerto quella morbida culla.

A parte l’episodio di Mirella tutto andò bene per quasi due anni finché successe l’imponderabile, ossia un pomeriggio di fine maggio Giorgia mi comunicò di essere incinta di quattro mesi e che, per la sua irregolarità mestruale, aveva fatto il test solo quella mattina. Beh sì certo, non era stato voluto e in quel momento non ci vidi alcuna malizia per i quattro mesi, ma a quel punto il pensiero martellante fu come dirlo a Carla e come avrebbe preso la notizia.

La sera stessa, d’accordo con Giorgia, la invitai in un grazioso ristorante sul lungomare per una cena romantica a lume di candela. Le dissi che avrei voluto accanto a me una femme fatale perché tutti gli altri che ci avrebbero visti, sia uomini che donne, avrebbero dovuto scoppiare d’invidia. Lei obbedì e per l’occasione indossò una gonna così corta da non lasciare nulla all’immaginazione, fiera di mostrare al mondo l’alcova della mia devozione.
Visibilmente emozionata, anche per il fatto che Giorgia ci aveva salutato sulla porta dicendoci: “Divertitevi.” Mi disse: “Fabrizio tutto ciò è meraviglioso, mi fai sentire una regina e soprattutto la tua donna preferita, ma il fatto che tu abbia voluto solo me, mi fa pensare che hai qualcosa d’importante da dirmi.” Dopo una breve pausa aggiunse: “Io sto bene così, nella mia vita da vedova non avrei sperato di meglio, per cui, anche per il bene che voglio a mio nipote, non voglio assolutamente che tu lasci mia figlia!”
Si sbagliava Carla, anche se quel desiderio aveva sempre covato nel fondo della sua anima ed evidentemente ancora ardeva dato che mi disse: “Tua moglie è giovane mentre io tra poco sarò vecchia e decrepita…” Risposi che ero pazzo di lei e mi sarebbe piaciuta anche con le tette calate. Lei si avvampò di desiderio tanto che mi sussurrò: “So perché hai scelto questo ristorante, al piano di sopra c’è una comoda camera che ci aspetta dopo cena, vero?”

Non era così e quando le comunicai la notizia di Giorgia incinta vidi prima la sua faccia sbiancare per poi assumere tinte più forti dal rosso al viola. Questo ovviamente rimetteva tutto in discussione unicamente perché quel figlio in arrivo l’avrebbe relegata in secondo piano. La sua prima reazione fu per il fatto che Giorgia avesse fatto passare quattro mesi prima di comunicarmi il suo stato, ossia un tempo che non avrebbe permesso altra soluzione se non quella di portare avanti la gravidanza. Sì scagliò contro sua figlia dicendole peste e corna e che le era sempre parsa strana la sua accondiscendenza: “Ovvio Fabrizio ora si è vendicata!” Si alzò da tavola, ruppe un calice colmo di vino spostando il tavolo e corse verso l’uscita. La vidi attraverso il vetro passeggiare lungo la spiaggia. A quel punto pagai di fretta e la raggiunsi. Tentai di abbracciarla, ma lei piangendo si divincolò urlando: “Chi mi dice che anche tu non sia d’accordo? Chi mi dice che non è un vostro piano per allontanarmi definitivamente da voi? Sei uno stronzo Fabrizio, tu sapevi tutto e mi hai presa per il culo!”
La baciai, ma lei mi morse il labbro superiore, non c’era modo di calmarla: “Quella stronza ti vuole tutto per te ed è evidente che l’unico modo era quello di farsi mettere incinta.” Gli risposi che non sarebbe cambiato nulla: “Ma non sei contenta di diventare di nuovo nonna?” E lei: “Me ne sbatto!” Insomma era così incazzata che non sentì ragioni e quella sera non volle tornare a casa preferendo quella stanza ad ore sopra il ristorante dove avevamo cenato.

Quando tornai a casa affranto, spiegai tutto a Giorgia e lei mi disse: “Devi fare tutto per recuperarla, io non posso più vivere senza di lei!” Mi resi conto quella sera che la reazione di Carla avrebbe potuto compromettere l’equilibrio dell’intera famiglia e non solo il mio rapporto con lei.

Dopo due giorni Carla tornò a casa, ma solo per prendere parte della sua roba e tornarsene nella sua vecchia casa disabitata. Non salutò Giorgia e quando la figlia si avvicinò chiedendole perdono lei freddamente le disse: “Non ti riconosco più come figlia. Hai fatto in modo di riprenderti tuo marito escludendomi definitivamente. Sarai contenta ora!” Poi sbattendo la porta mi ordinò di accompagnarla.

Sentivo di averla persa. Nei mesi successivi non passava giorno che non andassi a trovarla. Facevamo l’amore sì, ma non era più la stessa cosa. Il suo sentimento per me non si era affatto esaurito, ma ogni volta dopo l’amore mi diceva che non sarebbe mai stata la mia amante e che, se avessi tenuto a lei avrei dovuto fare la scelta definitiva e stabilirmi in quella casa. Cosa che, d’accordo con mia moglie incinta, feci per un breve periodo, ma poi con l’arrivo di Matteo diradai gli incontri finché lei mi sbarrò definitivamente la porta.

Per circa tre mesi non seppi più niente di lei, fino a quando Giorgia seppe in ufficio che sua madre aveva riallacciato i rapporti col suo collega Vittorio e insieme si erano stabiliti in un paesino sulle dolomiti.

Non l’ho più rivista. Ogni tanto ancora oggi ricevo delle telefonate da un numero sconosciuto. Si sentono dei lamenti, dei respiri profondo, ma dopo qualche secondo attaccano senza dire nulla. So che è lei, so che mi vuole comunicare la sua presenza, che c’è ancora, che se volessi ci sarebbe posto per me, tra le sue cosce, in quel posto morbido e accogliente tra anima e cuore. Ci penso spesso e, vedendo i miei figli crescere, mi rendo conto che ormai quel legame è racchiuso tra due parentesi della mia vita. A loro parlo spesso di lei descrivendola come una nonna sensibile e con un cuore grande. Da parte mia spero con tutto me stesso che lei sia felice o quanto meno sia serena e stia bene. Con Giorgia siamo diventati fratello e sorella, ci vogliamo bene, ma non c’è più stato altro tra noi, nessuno dei due ha più preso l’iniziativa, rimane tra noi uno smisurato affetto, ma anche la consapevolezza che con l’uscita di Carla, è uscito da quella casa anche l’amore.



FINE




FOTO ANNA KOUDELLA

Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


© All rights reserved


© Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso dell'autore

 













 
Tutte le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori. Qualora l'autore ritenesse improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione verrà ritirata immediatamente. (All images and materials are copyright protected and are the property of their respective authors.and are the property of their respective authors.If the author deems improper use, they will be deleted from our site upon notification.) Scrivi a liberaeva@libero.it

 COOKIE POLICY



TORNA SU (TOP)

LiberaEva Magazine Tutti i diritti Riservati
  Contatti