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I RACCONTI DI AMARSI CHE CASINO

Il mio rifugio nei boschi
La storia d’amore tra Lady
Chatterley e il Guardiacaccia
Sono Constance Chatterley, Lady Chatterley per il mondo, ma questo
titolo è un fardello, un mantello di seta che mi soffoca. ...

Vivo a Wragby Hall, la
tenuta dei Chatterley, un luogo che è insieme casa e
prigione. Mio marito, Clifford, è tornato dalla guerra
spezzato: il suo corpo paralizzato dalla vita in giù, il
suo spirito freddo e distante. Sono la sua infermiera,
la sua consigliera, la sua ancora, ma ogni giorno non
sono più la ragazza che rideva a Cambridge, che amava
con ardore a Dresda, inghiottita dal grigiore di una
vita dedicata a un uomo che non può ricambiare il mio
desiderio di donna.
I boschi di Wragby sono il
mio unico rifugio. I sentieri tortuosi, gli alberi che
sussurrano segreti antichi, mi accolgono senza
giudicarmi. È lì che ho incontrato Oliver Mellors, il
guardiacaccia. Un uomo solitario, magro, con riccioli
rossi che sfuggivano dal cappello e occhi verdi che
sembravano custodire un mondo intero. Era diverso da
chiunque avessi mai conosciuto: non apparteneva al mio
rango, eppure la sua presenza aveva una dignità che
sfidava le convenzioni.
Una mattina di primavera,
l’aria fresca e impregnata dell’odore di terra umida, mi
sono avventurata nella foresta con il cuore oppresso.
Quella mattina Clifford era stato come al solito
insopportabile. In una radura, ho trovato Mellors
intento a riparare una staccionata. Mi ha vista e ha
distolto lo sguardo, come se la mia presenza le desse
fastidio. “Buongiorno, Mellors.” Ho detto cercando di
rubare la sua attenzione. “Buongiorno, Milad.” Ha
risposto con un tono basso e ruvido. Non ha alzato gli
occhi, concentrato com’era su quel legno, ma poi ha
aggiunto: “Non vi vedo spesso da queste parti.”
“Cammino qui quando ho bisogno di pace.” Ho detto,
avvicinandomi di un passo. “I boschi non fanno domande,
non è vero?”
Ha smesso di lavorare per un
istante, il martello sospeso a mezz’aria. “Qui si può
essere se stessi, senza fingere, ma questo Milady non è
posto adatto ad una signora.” Le sue parole erano un
muro, ma c’era una curiosità nascosta nel suo tono, come
se volesse capire cosa stessi cercando davvero. “Forse
non sono la signora che credete…” Ho risposto
sorridendo. “O forse sono solo stanca di essere Lady
Chatterley.” Ha inclinato la testa, studiandomi.
“Stanca, dite? Non sembra una cosa da poco, per una come
voi.” Ha ripreso a martellare, ma più lentamente, come
se la sua mente fosse altrove. “Cosa vi manca, allora?
Il mondo non vi dà abbastanza?” La sua domanda era
diretta, quasi brutale. Ho esitato, poi ho detto: “Mi
manca la vita, Mellors. Mi manca sentirmi… viva. Voi non
vi sentite mai così?” Ha posato il martello. “Ogni
dannato giorno, Milady. Ma io ho scelto questa
solitudine. Voi, invece… voi avete un marito, una grande
casa. Cosa vi tiene prigioniera?” Le sue parole erano
un invito ad aprirmi. Ho sentito il cuore accelerare.
“Mio marito non è… non può essere un marito. È un uomo
spezzato e io sono la sua ombra. Non voglio più essere
solo un’ombra.”
Mellors mi ha fissata a lungo
scrutandomi dai piedi ai capelli, poi ha detto, quasi
sottovoce: “Siete più di un’ombra, Milady. Ma state
attenta a cosa cercate. La vita non è gentile con chi
vuole troppo.” “E se volessi sognare?” ho chiesto. “E
se volessi sentirmi viva, anche solo per un momento?”
Mi ha fissata: “Attenta, milady. I sogni come quelli
bruciano. E lasciano cenere.” Non ho risposto, ma le
sue parole si sono intrecciate al mio cuore.
Quella breve conversazione è stata il nostro inizio, un
seme fragile piantato in un terreno ostile. Nei giorni
successivi, trovavo ogni scusa per tornare nei boschi,
per incrociare il suo cammino. Le nostre parole erano
poche, caute, ma ogni scambio era un passo verso
qualcosa di inevitabile.
Un pomeriggio, con il
cielo gonfio di pioggia, ho bussato alla sua capanna.
“Mellors, posso entrare? Sta per piovere.” “Entrate,
ma non aspettatevi comodità. Questo non è Wragby Hall.”
Stava pulendo il suo fucile. Ho sorriso, chiudendo la
porta dietro di me. L’aria era calda, odorosa di legno e
metallo. Mi sono seduta su uno sgabello, le mani in
grembo, improvvisamente consapevole della nostra
vicinanza. “Non cerco comodità.” ho detto. “Cerco…
verità, forse. Qui mi sembra di trovarla.” Ha posato
il fucile, guardandomi: “Verità? E che verità volete da
un guardiacaccia, Milady? Non ho niente di nobile da
offrirvi.” “Non voglio nobiltà,” la voce tremante.
“Voglio sapere se anche voi vi sentite solo, come me. Se
anche voi sentite che la vita vi sta scivolando via.”
Ha riso, un suono breve, amaro. “Sola, dite? Guardate
questo posto. Vivo con gli alberi e i fagiani, e mi va
bene così. Dopo la guerra, ho giurato di non lasciare
che nessuno mi facesse a pezzi di nuovo. Nemmeno una
donna come voi.”
Nei suoi occhi c’era un’ombra di
diffidenza e desiderio. Dovevo agire perché sapevo che
lui non lo avrebbe mai fatto. Mi sono alzata,
avvicinandomi. “Non voglio farvi a pezzi, Mellors.
Voglio solo… sentirmi viva. Con qualcuno che mi
capisca.” Ha scosso la testa, ma non si è
allontanato. “Voi non capite cosa chiedete, Milady. Io
sono un uomo qualunque. Voi siete Lady Chatterley. E
quello che chiedete è un fuoco che brucia tutto.”
“Chiamatemi Constance.” Ho sussurrato col cuore che mi
batteva forte.
Lui ha esitato, poi ha
pronunciato il mio nome e su quelle labbra ho visto una
specie di resa. Mi ha presa per le braccia, e il suo
bacio è stato come un temporale: selvaggio, disperato,
vivo. Le sue labbra ruvide, calde, affamate, si sono
fuse con le mie, e per la prima volta dopo anni ho
sentito il sangue cantare nelle vene, i brividi lungo la
schiena e il desiderio diluirsi tra le mie gambe. Le sue
mani, callose mi hanno stretta come se fossi la cosa più
preziosa al mondo. La pioggia batteva sul tetto, un
ritmo selvaggio che accompagnava il nostro, e in quel
momento il mondo oltre la capanna è svanito.
Ci
siamo lasciati cadere su una coperta stesa sul
pavimento. Le sue mani hanno sciolto i lacci del mio
vestito, lente, quasi riverenti, come se stesse
scoprendo un tesoro. La sua pelle era calda, segnata dal
sole e dal lavoro, e il suo tocco era un misto di forza
e delicatezza che mi faceva tremare. Ogni bacio era un
dialogo senza parole: le sue labbra sul mio collo, sul
mio seno voglioso, parlavano di desiderio, di bisogno,
di una fame che rispecchiava la mia. Mi sono abbandonata
a lui, il mio corpo che si apriva come un fiore al sole,
e in quel momento non c’era più Lady Chatterley, né il
guardiacaccia, ma due anime che si ritrovavano nella
carne e nello spirito. “Sei bellissima,” ha
sussurrato, i suoi occhi che brillavano nella penombra.
“Non come una signora, ma come… la vita stessa.”
“Prendimi ti prego, fammi sentire che sono ancora una
donna.” Ho detto. “Ti sento,” ha mormorato, le sue
labbra contro il mio orecchio, il suo respiro caldo che
mi faceva tremare. “Sei mia, Constance, e io sono tuo.”
“Sì,” ho sussurrato, aggrappandomi a lui, il piacere che
si mescolava alla dolcezza di quelle parole. “Sempre.”
Ci siamo persi l’uno nell’altra, il tempo sospeso,
il bosco che ci avvolgeva come un complice. Il nostro
amore era carnale, sì, ma anche profondamente tenero.
Ogni tocco era una promessa, ogni sospiro una
confessione. Ci perdevamo l’uno nell’altra, il mondo
esterno ridotto a un’eco lontana. Quando il nostro
respiro si è calmato, mi ha stretta a sé, la sua mano
che accarezzava i miei capelli. “Non lasciarmi mai,” ha
detto piano. “Non lo farò,” ho promesso, baciandolo
intensamente. “Questo è nostro, Oliver. Nessuno può
portarcelo via.”
Da quel giorno, la capanna è
diventata il nostro tempio e il nostro rifugio. Ogni
incontro era un rituale, un atto di ribellione contro le
catene che ci imprigionavano. Ci incontravamo al
crepuscolo, quando il bosco si vestiva di ombre e il
rischio di essere scoperti era più alto, ma anche più
inebriante.
Il pericolo era sempre lì, come
un’ombra. Una sera, mentre giacevamo insieme, avvolti
nel silenzio del bosco, ho dato voce alle mie paure:
“Oliver… e se ci scoprissero? Clifford, i domestici…
potrebbero distruggerci.” Mi ha guardata con gli
occhi pieni di amore e di sfida. “E allora? Che ci
scoprano, Constance. Io non mi vergogno di te, di noi.
Tu sì?” “No,” ho detto, stringendomi a lui. “Ma tu
perderesti tutto. Il tuo lavoro, la tua pace. E io… non
so se sopporterei di vederti soffrire per me.”
Ha
riso piano, un suono caldo. “Soffrire? Donna, sono stato
in trincea, ho visto l’inferno. Questo, noi, è
l’opposto. Ma dimmi, Constance, cosa vuoi davvero?
Restare con lui, in quella casa morta, o rischiare tutto
per… questo?” In quel momento mi ha presa sprofondando
nei miei abissi e immergendosi in quell’ignoto senza più
fondo. Resisteva e affondava nel mio mare caldo ed io,
aperta come un fiore al sole, lo invitavo pregandolo di
cercarmi nei meandri della mia essenza, nelle profondità
del mio essere femmina
Ho sbarrato gli occhi con
il peso del suo corpo e di quella scelta che mi
schiacciava. “Voglio te,” ho confessato. “Ma ho paura.
Paura di ciò che diventeremo, di ciò che perderemo.” Lui
mi ha baciata, lento, dolce. “La paura è normale. Ma non
lasciare che ti rubi questo. Noi siamo vivi, Constance.
Non è poco, in un mondo come questo.”
Il nostro
amore è cresciuto, fragile ma indomabile, come un fiore
che sboccia tra le rocce. Quando ho scoperto di essere
incinta, tutto è cambiato. Ogni battito del mio cuore
portava il peso di una nuova vita, un figlio che era
nostro, nato dal fuoco dei boschi. Non potevo più
vivere nella menzogna di Wragby. A Venezia, con mia
sorella Hilda, ho scritto a Clifford, chiedendo il
divorzio, inventando una storia su un amante italiano
per proteggere Oliver. Il suo rifiuto è stato un colpo,
ma non ha spento la fiamma dentro di me.
Ho
scelto l’amore. Ho scelto Oliver. Il futuro è incerto,
pieno di ombre, ma porto nostro figlio, un segno di
speranza, di vita riconquistata. I boschi di Wragby
saranno per sempre parte di me, perché è lì che ho
ritrovato me stessa, non come Lady Chatterley, ma come
Constance: viva, imperfetta, libera, intrecciata per
sempre all’uomo che mi ha insegnato cosa significa
amare.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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