|
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY

ARTE PASSIONE

L'incontro tra
Raffaello e la Fornarina
Era una limpida mattina di primavera del
1517 e Roma si svegliava sotto un cielo terso. Raffaello Sanzio
camminava a passo lento lungo Via di Santa Dorotea. Alla finestra al
primo piano di una modesta casa vide una giovane donna affacciata.
Lei era intenta a pettinarsi i lunghi capelli. La sua bellezza era
di una semplicità disarmante...

Era una limpida mattina
di primavera del 1517, e Roma si svegliava sotto un
cielo terso, screziato di nuvole bianche che danzavano
sopra i tetti di Trastevere. Raffaello Sanzio, il
giovane maestro d’Urbino, camminava a passo lento lungo
Via di Santa Dorotea, la mente ancora intrisa dei colori
e delle forme che stava plasmando sugli affreschi della
Villa di Agostino Chigi, la splendida Farnesina. Il sole
scaldava le pietre della strada, e il profumo del pane
appena sfornato si mescolava all’aria fresca che spirava
dal Tevere vicino. Raffaello, con il suo mantello
leggero che gli sfiorava i polpacci, si fermò per un
istante, come attratto da un richiamo silenzioso. Alzò
lo sguardo, e fu allora che la vide.
Alla una
finestra al primo piano di una modesta casa al numero
19, c’era una giovane donna affacciata. Margherita Luti,
detta la Fornarina, era intenta a pettinarsi i lunghi
capelli, che cadevano ad onde morbide sulle spalle come
seta nera illuminata dal sole. La sua bellezza era di
una semplicità disarmante, ma allo stesso tempo
magnetica, quasi ultraterrena. La pelle, chiara e
levigata come porcellana, sembrava riflettere la luce
del mattino, e gli occhi, grandi e profondi, avevano
un’ombra di malinconia mista a una scintilla di sfida.
Indossava una veste leggera, di un verde tenue che si
confondeva con l’edera che incorniciava la finestra, e
un nastro vezzoso le tratteneva una ciocca ribelle sulla
fronte. Ogni suo gesto era lento, magnetico, ogni colpo
di pettine che scivolava tra i suoi capelli sembrava
danzare al ritmo della sua bellezza.
Raffaello
rimase immobile, il cuore gli batteva forte nel petto.
Non era solo la bellezza di quella donna a colpirlo, ma
l’aura che emanava: un misto di innocenza e sensualità,
di fragilità e forza. Era come se incarnasse l’ideale
che da sempre inseguiva nei suoi dipinti, quella
perfezione che aveva cercato di catturare nelle Madonne
e nelle figure mitologiche. Ma la Fornarina non era una
nobildonna ingioiellata, non aveva l’eleganza studiata
delle dame di corte, eppure in lei c’era qualcosa di
divino, come se la natura stessa l’avesse scolpita per
essere una musa.
Raffaello incantato rimase ad
ammirarla cercando di catturare qualche dettaglio e
farne tesoro per la sua arte, ma pochi giorni dopo,
incapace di scacciare quell’immagine dalla sua mente, si
ritrovò di nuovo sulle rive del Tevere, dove l’acqua
scorreva placida sotto Ponte Sisto. Era un pomeriggio
dorato, e il fiume rifletteva il cielo in un gioco di
luci che sembrava dipinto dalla sua stessa mano.
Camminava lungo la sponda del fiume, quando un movimento
nell’acqua catturò il suo sguardo. Fu lì, tra i salici
che si piegavano verso l’acqua e l’erba ancora umida di
rugiada, che la vide di nuovo.
Margherita era
sola, immersa fino alle cosce nell’acqua limpida, il
corpo nudo appena sfiorato dai riflessi del sole. La sua
figura si stagliava contro il paesaggio come una Venere
nata dalle onde, i capelli sciolti le accarezzavano la
schiena, le braccia sollevate mentre sciacquava la sua
pelle candida con gesti lenti. Ogni suo movimento era
leggero e delicato, quasi rituale, e il suo corpo snello
pareva danzare con il ritmo placido dell’acqua. Intorno
a lei, i salici si piegavano come in un inchino, e il
canto lontano di un uccello si mescolava al gorgoglio
del fiume. La luce del tramonto le dipingeva la pelle di
sfumature rosse e dorate, e ogni curva del suo corpo
sembrava modellata da un pennello divino. Il seno,
piccolo e acerbo, si intravedeva appena sotto il velo
d’acqua, e il suo profilo, leggermente inclinato, aveva
una dolcezza che spezzava il cuore.
Raffaello,
nascosto tra i cespugli sulla riva, sentì il respiro
fermarsi, con il cuore in subbuglio che martellava
disordinato il suo petto. Non riusciva a distogliere lo
sguardo. Incredulo si chiese cosa avesse di speciale
quella donna perché non era solo la bellezza a
incantarlo, ma il modo in cui la fanciulla sembrava
appartenere a quel luogo, come se il Tevere stesso
l’avesse generata.
Tornò più volte su quel
pensiero ammettendo che non fosse solo un’attrazione
carnale, o non solo, ma la visione di un artista che
riconosceva la bellezza assoluta, quella che trascende
il tempo e si fa eterna. Esattamente quella visione che
aveva sempre inseguito, l’ideale di grazia che cercava
di catturare nei suoi dipinti, ma che ora si manifestava
in carne e ossa.
Con un coraggio che non sapeva
di possedere, si fece avanti, i passi incerti sull’erba
umida, finché non fu abbastanza vicino da distinguere il
riflesso dei suoi occhi nell’acqua. Il mondo intorno
parve svanire. Margherita lo notò e si voltò lentamente,
senza fretta e senza pudore. Non si coprì, non si
ritrasse. Lo guardò con un misto di curiosità e audacia
e un sorriso appena accennato sulle labbra. “Chi sei,
viandante, che mi osservi così?” chiese lei con la voce
morbida come il fruscio delle foglie. “Sono
Raffaello, Raffaello Sanzio.” Rispose lui con la voce
incerta e la gola secca: “Credo di averti già vista… Non
qui, ma altrove. In un sogno, forse, o in un’immagine
che porto dentro di me. O forse in un dipinto che non ho
ancora creato.”
Lei rise e coprendo a malapena il
seno con le sue mani uscì dal fiume: “Un sogno?” Disse,
avanzando verso la riva con l’acqua che le scivolava
lungo le gambe come seta liquida: “Non sono un sogno,
pittore. Sono solo Margherita, la figlia del fornaio. E
tu, con quei begli occhi, sembri più un poeta che un
viandante.”
Raffaello arrossì, ma non distolse
lo sguardo. Forse non si aspettava quell’audacia così
diretta comunque precisò: “Non sono un poeta. Dipingo.
Cerco la bellezza, ovunque si nasconda. E ora… ora la
vedo davanti a me.” Margherita inarcò il sopracciglio
destro, poi uscendo dall’acqua con una grazia che
sembrava sfidare la gravità, si avvolse in un panno
leggero che aveva lasciato sull’erba, ma non si
preoccupò di coprirsi del tutto. La stoffa, umida,
aderiva alla sua pelle, rivelando le curve delicate del
suo corpo. “La bellezza, dici? E cosa fai quando la
trovi? La metti su una tela e la dimentichi?” “No.”
Rispose Raffaello, avanzando di un passo. “La
custodisco. La studio. Cerco di capire cosa la rende…
eterna.” Fece una pausa, poi aggiunse, quasi
sussurrando: “E tu, Margherita, sembri fatta per
l’eternità.”
Lei lo guardò muta per un lungo
momento, come se stesse pesando le sue parole. Poi, con
un movimento lento, si sedette su una pietra per
asciugarsi al sole: “Eterna, dici?” mormorò,
intrecciando le mani in grembo. “Nessuno mi ha mai
chiamata così. Sono solo una ragazza di Trastevere, con
un forno per casa e il fiume per specchio.” Raffaello
si avvicinò, sedendosi a pochi passi da lei, attento a
non invadere il suo spazio. “Eppure quando ti ho vista,
là, nell’acqua… non eri solo una ragazza. Eri come una
delle figure che dipingo, una Madonna, una Venere, ma
viva, vera. I tuoi occhi, il modo in cui ti fai
accarezzare dalla luce… non so spiegarlo, ma è come se
il mondo si fosse fermato per lasciarmi guardare.”
Margherita inclinò la testa, studiandolo con un
misto di divertimento e curiosità. “Parli bene,
Raffaello Sanzio,” disse. “Ma dimmi, cosa vuoi da me? Un
pittore non si ferma a chiacchierare con una sconosciuta
senza un motivo.” Lui esitò, poi sorrise, un sorriso
timido ma sincero. “Voglio guardarti ancora,” confessò.
“voglio che tu sia nei miei dipinti. Non come un’ombra o
un’idea, ma come sei ora, con questa luce nei capelli e
questo fiume intorno. Vuoi… vuoi essere la mia musa?”
Lei rise ancora: “Una musa?” ripeté, alzandosi e
avvicinandosi a lui. Il panno scivolò leggero, lei lo
lasciò andare, rivelando la curva morbida del suo seno.
Raffaello sentì il respiro fermarsi. “Forse,” disse
Margherita, fermando il panno ad un soffio dai suoi
capezzoli induriti dalla brezza. “Ma solo se prometti di
non rubarmi l’anima con i tuoi pennelli.” “Non
l’anima. Solo la tua bellezza. E forse… un po’ del tuo
cuore.” Mormorò Raffaello.
Margherita non rispose
subito. Lo osservò, come se cercasse di capire se quelle
parole fossero solo il capriccio di un artista o
qualcosa di più profondo. Poi, con un sorriso che era
insieme promessa e mistero, disse: “Vedremo, pittore.
Torna qui, domani, quando il sole sarà alto. E porta i
tuoi colori. Forse ti lascerò dipingere… o forse no.”
Con un ultimo sguardo, si alzò e si allontanò lungo la
riva con il panno che ondeggiava come una vela.
Raffaello rimase lì, immobile, a guardarla con il cuore
pieno di un fuoco che non aveva mai conosciuto sapendo
già che avrebbe passato il resto della sua vita a
cercare di catturarla, non solo sulla tela, ma nel
profondo della sua anima.
Il Tevere continuava a
scorrere, indifferente, ma per lui nulla sarebbe stato
più lo stesso. Quella fanciulla, con la sua grazia
selvaggia, era già diventata parte di lui.
Da
quel momento, Raffaello non poté più separarsi da lei.
La Fornarina divenne la sua musa, il suo amore, la
figura che popolava ogni sua opera. La dipinse con il
seno nudo, il velo trasparente sul ventre, il turbante
di seta tra i capelli, come l’aveva vista quel giorno
sul Tevere. E ogni pennellata era un atto d’amore, un
tentativo di catturare non solo la sua bellezza, ma
l’anima di quella donna che aveva trasformato la sua
vita.
Sul braccio della Fornarina, nel dipinto,
lasciò la sua firma: Raphael Urbinas. E sulla fronte,
una perla, un omaggio al suo nome, Margarita, che
brillava come la luce che lei aveva portato nella sua
arte e nel suo cuore.
Lo scenario intorno a loro,
quella Roma viva e pulsante, con le sue strade strette,
i profumi di pane e fiori, il suono lontano delle
campane e il canto del Tevere, divenne lo sfondo di un
amore che, sebbene breve, avrebbe sfidato i secoli. E
quando Raffaello, anni dopo, si spense nel letto di
Margherita, lei pianse non solo l’uomo, ma l’artista che
l’aveva resa immortale, una perla incastonata per sempre
nella storia dell’arte.
|


RACCONTO DI ADAMO BENCIVENGA
© All rights
reserved
FOTO GOOGLE IMAGE


Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti

|
|