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Adamo Bencivenga
IL PIACERE SOTTRATTO
Monaco di Baviera. Germania. Hotel
Mandarin Oriental. Charlotte e Karl, entrambi sposati, si
incontrano in una saletta appartata della grande hall dell’albergo
per un appuntamento privato e segretissimo
Monaco di Baviera.
Germania. Hotel Mandarin Oriental Charlotte e Karl si
sono conosciuti la sera prima ad una festa da ballo
organizzata dalla Principessa Amalia Luisa discendente
diretta di Elisabetta di Baviera detta Sissi.
Entrambi sposati si incontrano in una saletta appartata
della grande hall dell’albergo per un appuntamento
privato e segretissimo.
Karl è seduto, la donna
si avvicina al tavolo e si toglie guanti e cappello.
Charlotte: Eccomi qui in carne ed ossa… Karl: Oh mia
cara Charlotte che piacere, temevo non arrivasse più.
Charlotte: Qualche minuto d’attesa rende ancora più
stuzzicante l’incontro… Karl: Una donna così
affascinante non può che farsi desiderare… Charlotte:
Lei è un uomo molto cortese Karl… Karl: È lei Madame
che si fa desiderare… Charlotte: Stamane quando ho
letto il suo biglietto non potevo credere a quelle
parole… Karl: Venivano dal cuore Madame…
Charlotte: Ma davvero è innamorato di me? Karl: È
stato un colpo di fulmine, se ancora penso a ieri sera
faccio fatica a credere di aver vissuto quei momenti…
Charlotte: Oh mio caro, non mi lusinghi, la prego…
Karl: Una serata magnifica, la terrazza, i fuochi
d’artificio… I nostri rispettivi coniugi impegnati nelle
loro attività di beneficienza ed io e lei da soli… La
musica, lo champagne, il suo vestito di seta…
Charlotte: Quel ballo… Karl: La sua delicatezza…
Charlotte: La sua audacia… Karl: Le confesso Madame
che sono stato tutta la notte sveglio continuando quel
ballo all’infinito e pensandola ancora tra le mie
braccia… Charlotte: Beh forse, se i nostri
meravigliosi coniugi non ci avessero lasciati soli e se
non avessimo avuto modo di conversare… Lei non si
sarebbe accorto di me… Karl: Non solo me ne sono
accorto, ma in queste ore sono arrivato alla sublime
conclusione che non posso più fare a meno di lei. L’amo
Charlotte! Charlotte: …Un uomo della sua esperienza…
dal passato mondano… mi sorprende… Karl: È proprio
l’esperienza che mi fa guardare oltre… Charlotte:
Signore, i sentimenti sono un'arma letale, deve fare
molta attenzione, il gioco può diventare molto
pericoloso… Addirittura mortale! Karl: Cosa c’è di
più appagante di un gioco pericoloso che va a buon fine?
Charlotte: Intende la morte? Karl: Intendo il
Paradiso e per andarci bisognerà pur morire…
Charlotte: Sento un filo di esagerazione nelle sue
parole… Karl: Perché mai? Non le è mai capitato di
innamorarsi a priva vista? Charlotte: Forse non
proviamo gli stessi brividi… Karl: Ma io non le sto
chiedendo di innamorarsi di me, sarebbe da parte mia un
mero atto di presunzione. Del resto l’amore non nutre
amore essendo qualcosa inafferrabilmente soggettivo e
privato. Charlotte: E già l’amore vero è quello
unilaterale che non chiede in cambio nulla. Karl: Si
diventa schiavi del proprio fuoco, ci si azzera fino a
sentirsi un nonnulla… a volte ci si ammala…
Charlotte: La sento molto coinvolto Karl… Karl:
Questo è esattamente il mio stato d’animo Charlotte. Non
potrei mentirle… Desideri qualsiasi cosa ed io la
esaudirò… Charlotte: Oh mio signore la prego, potrei
chiederle davvero qualcosa di impegnativo… Karl: Lei
sa bene che le mie ricchezze sono infinite. Ma sarebbe
troppo banale da parte sua e troppo facile per me
esaudire un simile desiderio…
La donna rimane
in silenzio, ci pensa, si guarda intorno alla ricerca di
un cameriere, poi sottovoce sussurra. Charlotte:
Qualsiasi cosa? Karl: Chieda, la prego… Charlotte:
Ora vorrei un’anisette…
L’uomo sorridendo
indica il suo bicchiere sopra al tavolo. Karl:
Allora prenda il mio, la prego… Charlotte: Lei è un
tipo insolente e trasgressivo… Karl: E lei una donna
dotata di uno spirito autentico.
La donna
prende il bicchiere e adagia delicatamente, come due ali
di farfalla, le sue labbra rosse sul bordo. La sua
lentezza è qualcosa di incommensurabilmente erotico.
Karl: Lei non sa quanto mi faccia felice vedere le sue
labbra dove prima ho poggiato le mie. È un bacio
asincrono, direi senza compromissione, ma allo stesso
tempo pieno di voluttà. Charlotte: Senza
compromissione agli occhi degli altri… ma non ai suoi!
Karl: La complicità e la segretezza vanno di pari passo…
la prego non smetta.
La donna riavvicina il
bicchiere alla bocca. Questa volta indugia nel bacio,
fissa l’uomo senza staccare le labbra dal vetro e beve
fino all’ultima goccia. Poi indica il bicchiere vuoto.
Charlotte: Sono stata sgarbata, vero? Karl: Oh la
prego per così poco… Del resto ogni situazione può
essere trasformata in un gioco complice, basta averne la
stoffa e la sensibilità. Charlotte: Ho notato…
Karl: Ma io vorrei donarle molto di più di una semplice
anisette… Charlotte: Ad esempio il suo cuore?
Karl: Se fosse un bene prezioso… Charlotte: Non lo è?
Karl: Non sta a me dirlo. Charlotte: Le occasioni
della vita fanno di noi quello che siamo. Karl: E
l’amore quello che abbiamo sempre desiderato essere!
Charlotte: Ben detto Monsiuer!
L’uomo si
lascia andare ad una boccata più intesa del suo sigaro
gustandosi il sapore ambrato del suo tabacco olandese.
Karl: L’anisette è stata di suo gradimento, madame?
Charlotte: È ottima, gradevole, forte e soprattutto ha
il sapore di un desiderio sottratto… Karl: … e una
punta di coinvolgente connivenza. Charlotte: Le fa
piacere che, bevendo fino all’ultima goccia, sia stata
io a negarle il piacere? Karl: Vedo che ci intendiamo
Madame… ma lei negandolo lo ha esteso all’ennesima
potenza.
La donna compiaciuta poggia
delicatamente il bicchiere sul tavolino di marmo, le sue
unghie lunghe color scarlatto scintillano nella
penombra… Charlotte: Ho semplicemente
approfittato della situazione… Karl: Ed io volentieri
le ho concesso il gusto… Charlotte: Ha mai vissuto
una situazione simile? Karl: Oh sì, ma non vorrei
annoiarla… Charlotte: Al contrario la prego racconti…
Adoro gli uomini che hanno un passato. Karl: …. E le
donne un presente… Wilde vero? Charlotte: Lo adoro!
La prego non mi faccia stare sulle spine.
Una
nuvola di fumo più intensa invade la stanza…
Karl: Ero ancora un adolescente quando mi infatuai di
mia zia Carlotta… Charlotte: Noto una certa affinità…
Karl: Il caso non è mai un caso, madame! Comunque la
sognavo in ogni istante della giornata e passavo le
notti insonni al solo pensiero di averla. Lei, costretta
dalle circostanze della vita, era ospite della nostra
casa e viveva con difficoltà quella convivenza.
Naturalmente conoscevo quelle difficoltà e di
conseguenza mi comportavo malissimo con lei…
Charlotte: Perché mai? Karl: Per il gusto di farlo e
perché sapevo che mai e poi mai mi sarebbe stato
concesso di inebriarmi di quelle grazie… Charlotte:
Immagino fosse nubile e giovane sua zia… Karl: Oh no,
era vedova e piuttosto agé, ma bellissima.
Charlotte: Oh che sbadata dovevo immaginarlo… Credo che
lei sia sempre stato un tipo originale sin
dall’adolescenza… Karl: Se l’originalità è un
complimento mi permetta di ringraziarla… Charlotte:
Le confesso Monsieur di essere molto curiosa, vada
avanti… mi dica cosa faceva sua zia per attrarre i suoi
desideri… Karl: Lei conosceva i miei turbamenti di
ragazzo. La spiavo in ogni momento e in ogni angolo
della casa. Una volta riuscii anche a confessarle i miei
rimescolamenti interiori. Charlotte: E sua zia?
Karl: Mi diede dell’insolente e dello screanzato.
Charlotte: Lo immagino. Di certo non poteva
assecondarla… Karl: I momenti più deliziosi erano
quando si preparava per uscire ed incontrare i suoi
spasimanti. Ecco durante quei momenti mi appostavo, la
spiavo, la bramavo, insomma le giravo sempre intorno
cercando di non perdermi alcun dettaglio. Ero estasiato
dai suoi merletti, dai pizzi e dalla seta, ma
soprattutto dalla sua pelle bianca che avevo avuto modo
di vedere dal buco della serratura… Cercavo di
memorizzare ogni dettaglio per impreziosire i miei sogni
notturni. Charlotte: Piuttosto audace… Karl: Lei
ovviamente era piuttosto infastidita dal mio
comportamento. Ero diventato per lei una vera e propria
ossessione. Charlotte: Cosa successe? Mi dica…
Karl: Una mattina da soli in casa attuò il suo piano. Si
vendicò vestendosi come se dovesse uscire, ma rimanendo
in casa. Charlotte: Come? Karl: Allo stesso modo
di come mi appariva in sogno. Charlotte: Come faceva
a saperlo sua zia? Karl: Mia cara… non ho mai
conosciuto una donna che sia andata a scuola di
seduzione… Charlotte: Cosa indossava? Karl: Un
vestito lilla con uno scollo di pizzo molto profondo,
una calza velata con una trama leggerissima neutra e un
cappellino viola con una veletta chiara. Charlotte: E
cosa ha fatto? Karl: Mi ha invitato a prendere il thè
nelle sue stanze al primo piano. Le sue intenzioni erano
quelle di cogliermi in fallo aspettando un mio passo
falso e successivamente prendere a pretesto la mia
reazione… Charlotte: Per fare cosa? Karl: Ovvio,
per poi raccontare tutto a mia madre e mandarmi in
collegio… Charlotte: Non ha pensato per un istante
che sua zia potesse stare al suo gioco? Karl: Oh no
mia cara, quello si legge solo nei libri… Charlotte:
Ma lei temeva più la scaltrezza di sua zia o il suo
istinto incontrollato? Karl: Temevo il collegio.
Charlotte: Quindi cosa ha fatto? Karl: Ho accettato
l’invito. Mai avrei potuto sottrarmi a quel desiderio,
ma ho preso le mie precauzioni, ovvero sono andato nella
sua stanza con una benda attorno alla testa…
La donna ride… Charlotte: Oh mio caro, era
davvero un adolescente! Sarebbe stato lo stesso non
andare… Karl: Il desiderio può essere esaudito in
molti modi, in quella circostanza decisi che anche un
semplice profumo avrebbe potuto alimentare il mio sogno.
Quando mi sedetti su invito di mia zia calai la benda
sugli occhi. Charlotte: Sua zia come ha reagito
quando l’ha vista? Karl: Sicura del suo potere
seduttivo ha atteso che la mia curiosità e il mio ardore
alla fine vincesse su di me… Charlotte: L'ha tolta?
Karl: No. Charlotte: Quindi lei è stato con la benda
per tutta la durata del thè? Karl: In quell’oscurità
le sue parole sono diventate forma, i rumori della
preparazione del thè i preliminari di un amplesso che ha
raggiunto il suo apice nel dolce e sottile suono dei
suoi piccoli sorsi intermittenti simile ad un vero e
proprio rapporto orale. Charlotte: E poi? Karl: Ho
resistito con tutte le mie forze, anche perché non avevo
immaginato che sopprimendo un senso gli altri
accentuassero la propria capacità sensoriale. Sentivo
nitidamente il dolce strofinio della trama delle sue
calze, come il leggerissimo profumo di talco mescolato
all’odore dolciastro della femmina, esattamente nel
punto di contatto della pelle dove finita la calza
inizia l’umido del paradiso. Charlotte: Mi spaventa…
Karl: Comunque ho resistito e non è successo nulla. Ho
gradito il mio thè e l’ho ringraziata per l’invito. Sono
stati gli attimi più dolorosi della mia vita, ma da quel
giorno mia zia con tutta la sua avvenente sensualità
viene a farmi visita ogni notte nei miei sogni.
Charlotte: Mio povero amico... Karl: Povero? Da quel
giorno mia zia, da pura ossessione, è diventata il mio
ideale. Lei indirettamente mi ha insegnato a cogliere
ogni dettaglio, farne tesoro e soprattutto la cosa più
sublime che esista a questo mondo, ovvero il gioco della
seduzione e il potere dell’attesa… Charlotte:
Interessante… Karl: Cosa di meglio ci può essere del
piacere, esaltato dalla seduzione, se non la
consapevolezza che l’attesa è essa stessa un piacere?
Charlotte: Quindi devo dedurre che secondo lei, in
qualche modo, anche io possegga queste caratteristiche,
naturalmente molto simili a quelle di sua zia Carlotta.
L’uomo la guarda estasiato. Lei ha un attimo
di sbandamento. Pensa al profumo che ha scelto e a
quello misto di femmina percepito in quel momento dal
suo interlocutore. Pensa a quanti dettagli l’uomo stia
notando in quell’istante, senza che a lei vengano
minimamente in mente. Si guarda con gli occhi dell’uomo,
dell’adolescente bendato davanti a sua zia. Cerca di
indovinare quale sia il suo potere seduttivo, la sua
forza. Charlotte: Sua zia aveva un bel seno?
Karl: Direi magnifico per il semplice motivo che non ho
mai avuto modo di apprezzarlo. Charlotte: Mi
aspettavo questa risposta… Secondo lei io ho un bel
seno? Karl: Oh madame, non poteva scegliere parte
migliore del suo corpo. A giudicare da ciò che mi è
concesso vedere, lei ha uno splendido seno, ma ha anche
un enorme vantaggio rispetto a mia zia, lei è anche
sposata come lo sono io… Charlotte: Non colgo la
similitudine… Karl: Lei ha un seno di per sé
meraviglioso, sublimato dalle circostanze in quanto, per
forza di cose, non potrò ammirarlo completamente o
quantomeno non a breve termine. Al momento posso solo
immaginare e saziarmi del piacere di poterlo fare…
Charlotte: Vuole dirmi che in questo contesto le nostre
condizioni equivalgono alla benda sugli occhi? Karl:
Esatto, voglio dire che le nostre condizioni allungano
semplicemente l'attesa madame e nel desiderio più
intenso non esiste un completo e materiale appagamento
perché sarebbe la morte del desiderio stesso. Nel gioco
della seduzione esiste solo lo scorrere lento degli
attimi carichi di dettagli e di sfumature. Charlotte:
E se non fossimo sposati? E se ora fossi nel suo letto?
Karl: Per fortuna lo siamo, Madame! Nel gioco della
seduzione e dell’attesa ci sono tempi rigidi da
rispettare. Charlotte: Ma mio signore ha dimenticato
un’altra caratteristica importante ovvero la
disponibilità… Karl: È la prima cosa che ho ammirato
in lei, ieri sera, Madame. Charlotte: Cosa glielo ha
fatto credere? Karl: Lei è bella, sposata, ricca e
matura… Charlotte: Quindi… Karl: La sua condizione
è la base vitale per poter esprimere al meglio le
proprie capacità seduttive. Tende inevitabilmente a
catturare il desiderio dell’uomo traendone i maggiori
benefici possibili facendosi forza e paravento della
propria condizione. Charlotte: Benefici materiali,
intende? Karl: Ovvio. Lei è una donna troppo
intelligente e colta per poter cedere a qualche
debolezza infantile… è cosciente del suo irresistibile
fascino e della gabbia con la quale avvolge e cattura i
suoi spasimanti. Charlotte: Quindi tende ad
escludere a priori un mio coinvolgimento? Karl: Lo
escludo perché l’arma della seduzione tende a rimandare
e non cedere tenendo costantemente in apprensione
l’innamorato, ossia colui che è caduto nella rete.
Charlotte: Deduco che lei sia la persona adatta per
innamorarsi ed io per sedurre. Karl: Non poteva
essere più precisa madame. Charlotte: Quindi secondo
lei sono in cerca di un uomo da sedurre senza però
offrirgli le mie grazie? Karl: Potrebbe già averlo.
Charlotte: Ripeto. E l’amore? Karl: L’amore per una
donna può essere una conseguenza, a volte una caduta di
stile, un incidente di percorso, una tara, un lato
infantile non ancora sopito. Faccia lei. In età adulta
di solito si ama per essere compiaciuti o per se stessi.
Charlotte: Mi sta dicendo che il segreto della felicità
è non amare affatto o amare se stessi? Karl: L’amore
è volubile mia cara, lei ci costruirebbe un castello
sopra? Charlotte: Oh no, ma è necessario! Karl:
Necessario all’infedeltà, pensi che se non ci fosse
l’amore non ci sarebbe l’infedeltà. Charlotte:
Interessante come tesi. Karl: Cosa c’è di più
eccitante dell’infedeltà altrui? Anch’essa fa parte
dell’attesa, impervia, crudele sì, ma attesa, non le
pare? Charlotte: La gelosia dà corpo all’attesa come
l’attesa al piacere… sbaglio? Karl: Non sbaglia, mia
cara. Anzi, mi permetta di enfatizzare la sua deduzione.
Se lei ora mi confessasse di avere un amante, il mio
desiderio lieviterebbe… Charlotte: Lo dice perché tra
noi non c’è alcun legame. Karl: Oh Madame, lo dico
perché non ci può essere migliore afrodisiaco della
gelosia… Mi metta alla prova, la prego. Charlotte: Mi
chiedo perché non sia mai il proprio marito, ma l’amante
a bramare l’infedeltà della donna. Karl:
L’indifferenza uccide il desiderio come il matrimonio la
passione. Come vede è tutto nell’ordinarietà delle cose,
direi perfino evidente. Charlotte: Di evidente finora
ho compreso che lei desidera una donna che seduce senza
cedere e un’amante infedele, ovviamente nei confronti
del marito, ma anche nei suoi. Karl: È un peccato
razionalizzare in questo modo. Charlotte: A me sembra
che lei non cerchi una dea, ma solo una pagana. Karl:
Cosa c’è di più sublime di una pagana che ai miei occhi
diventa una dea? Tutta la mitologia concorda che le dee
più seducenti hanno necessariamente preso le sembianze
umane… Charlotte: Ed io sarei la sua Dea? Karl:
Faccia di me quello che vuole, ma mi faccia aspettare,
bruci la mia anima nell’attesa più bollente.
L’uomo non sta più nella pelle. Charlotte: I
suoi occhi indugiano ancora sul mio seno… Adoro questa
sua passione, ma ora ho capito… più delle forme la
intriga il fatto che sia nascosto alla sua vista e che
questi merletti ne sublimino ciò che le è impedito di
vedere. Karl: Più del suo viso, delle sue labbra,
del suo cappello… Charlotte: Mi viene da pensare…
tutte parti bene in evidenza che non occorre scoprire o
meglio attendere per scoprire. Karl: Pensa bene,
Madame. Charlotte: Se io fossi una Dea lei sarebbe un
Dio o quanto meno una divinità mitologica. Karl: Oh
no, nell’amore che intendo è fortemente esclusa la
parità, altrimenti non funziona. Charlotte: Lei
capisce davvero le donne allora… e questo gioco comincia
ad interessarmi davvero. Karl: Anni di studi e
perseveranza. Anni di zie bramate nel mio letto. Anni di
sguattere troppo consenzienti per provare la minima
attrazione. Charlotte: Deduco che le domestiche non
sono mai entrate nei suoi sogni… Karl: E perché mai?
Tutte loro arricchivano già la realtà più piatta.
L’attesa e la seduzione non hanno mai fatto parte del
loro bagaglio personale essendo troppo disponibili e
ahimè troppo evidenti. Da che mondo è mondo la carne
esposta su un banco di macelleria non dà impulsi di
alcun genere.
Charlotte: Immagino che lei abbia bisogno di
pizzi e merletti che impreziosiscano la carne e la
rendano magicamente femmina.
Karl: Tutto ciò che faccia intuire e che non
rendano evidenti le nudità, del resto il limite tra
volgarità e raffinatezza è sempre stato tragicamente
sottilissimo.
La donna rimane un attimo
assorta nei suoi pensieri. Charlotte: Quindi per
destare il suo interesse dovrei esserle infedele,
castigata e tassativamente non innamorarmi di lei.
Karl: Che senso avrebbe il contrario? Io cerco l’attesa
e lei il potere della seduzione, quindi è lei a condurre
il gioco, è lei che ha in mano lo scettro, è lei a
dettare i tempi. Se lei si innamorasse renderebbe
drammaticamente vana l’attesa e darebbe a me quel potere
che gioco forza eluderebbe la sua seduzione.
Charlotte: La mia attesa piacere, la sua attesa
sofferenza… Karl: Appunto la sofferenza è esattamente
il contrario del suo piacere, ma non è escluso che per
me sia anche piacere. Charlotte: E se le dicessi che
in un rapporto non voglio essere una Dea? Karl: Non
le crederei. Devo ancora incontrare una donna che non
voglia essere considerata una divinità. Poi, certo, ci
sono donne che riescono nella parte e altre ne sono
totalmente incapaci. Charlotte: Ed io lo sarei?
Karl: Sì, lo sento. Charlotte: Sente male. Karl:
Oh no, la prego non vanifichi le mie attese, alimenti il
mio desiderio, nutri la mia voglia, vada vicino al
dunque, ma non lo sazi. In fin dei conti non le sto
chiedendo un impegno gravoso, dia le sue intimità a chi
le dà il piacere fisico e per favore poi venga da me a
dirmelo, mi racconti i dettagli quando offre
lascivamente le sue grazie, tenendo in me viva la fiamma
del desiderio di averla, nell’indefinibile incertezza
che ciò avvenga, un giorno o quando sarà. Ricordi che
nel gioco della seduzione non c’è mai una fine se non
quella che uccide il desiderio. Ricordi che non esiste
l’albero del sempre e quello del mai, ma soltanto lo
scorrere lento del tempo, delle sfumature e dei
dettagli… Charlotte: Quindi ci sarà un dunque! Ci
sarà l’idea di un fine che non necessariamente sia la
fine!
L’uomo cerca con gli occhi il
cameriere. Karl: Gradisce un’altra anisette
madame? Charlotte: Sì grazie, ma la prego, ne ordini
un solo bicchiere e della stessa marca, quello di prima
aveva un sapore davvero eccitante. Karl: Oh Madame
vedo che ha compreso molto bene il gusto sublime del
piacere sottratto. Charlotte: Ascolti mio caro,
questa conversazione è così piacevole che sarebbe
crudele da parte mia non metterla al corrente del mio
stato e degli effetti di piacere che sta creando.
Karl: Immagino a cosa si riferisca. Charlotte: Lei è
troppo esperto per non notare l’estasi sul mio viso.
Karl: La prego Madame non si reprima. Immagino che
quella sorgente di virtù affondi nelle viscere molto più
profonde di una semplice conversazione con un presunto
amante.
Charlotte: Tipo?
Karl: Tipo giorni di incuria e di indifferenza da
parte di suo marito. Charlotte: Se fossimo nella
camera d’albergo di prima lo accerterebbe con i suoi
occhi e col tatto delle sue dita voluttuose. Karl: Oh
Madame, lei crede che se avessi notato in lei un calo di
emozione avrei continuato? Charlotte: È un fantastico
galantuomo, non lo credo affatto che lei perseveri
quando non sia opportuno farlo, ma credo nel contempo
che lei si delizierebbe della copiosa ambrosia come
effetto del suo ardire pur non assaporandola
direttamente. Karl: Ah già, il nettare degli dei! La
bevanda sacra per eccellenza, simbolo della linfa vitale
della Madre Terra. Charlotte: E più paganamente di
una donna pronta alle gioie della lussuria. Karl:
Saperla in questo stato non può che inorgoglirmi.
Charlotte: Immagino che lei abbia avuto altre adepte
altrettanto e copiosamente lascive. La mia non è una
domanda, ma una certezza. Karl: Mi perdoni madame,
ma lei non può immaginare quante donne nella sua stessa
condizione desiderino ardentemente il piacere materiale
sublimato dalla consapevolezza di essere loro a dettare
tempi e modi. Charlotte: Non solo, immagino che anche
le sue adepte siano arrivate alla mia stessa conclusione
vale a dire che anche l’attesa, per non essere vana,
abbia la necessità di non rimanere tale. Karl:
Conosco bene il gioco dell’attesa e lei ora ne è un
valido esempio. Del resto l’appagamento dura il tempo di
un respiro, mentre l’attesa si dilunga in un tempo
indefinito diladando a dismisura il piacere.
L’importante però è stabilire obiettivi minimi,
superarli e fissarne dei nuovi. Charlotte: Ecco,
queste si chiamano regole del gioco… Karl: Le regole
annientano il desiderio, io parlerei di buon senso.
Charlotte: Non mi accontento del buon senso. Karl:
Vuole stabilire un patto? Charlotte: Direi di più…
firmare un contratto dove è scritto a chiare lettere che
ci sarà l’obbligo da parte sua di scrivere ogni giorno,
e dico ogni giorno, le sensazioni dettagliate
dell’attesa e da parte mia l’obbligo di non spegnere mai
quell’attesa scrivendo però che il fine ultimo è quello
di soddisfare il desiderio di entrambi. Karl: Fare
l’amore non è un fine. Charlotte: Certo, può anche
essere l’inizio di un meraviglioso gioco. Karl: Lei
lo desidera? Charlotte: Diversamente da lei ho
desiderio di farlo e la difficoltà di attendere, per cui
ho bisogno della certezza di riempire l’attesa con il
suo desiderio e ultimo arrivare al dunque insieme.
Karl: Due percorsi differenti che alla fine si
incontreranno. Charlotte: Non avrebbe senso
diversamente. Karl: Allora faccia tutto quello che
fanno le donne che seducono al cospetto di innamorati
che fremono. Mi faccia soffrire… Charlotte: La
sofferenza è insita nell’amore. Karl: Ma anche nel
piacere sottratto…
Il cameriere porta il
bicchiere di anisette, l’uomo beve, poi lo porge alla
donna. Lei affonda le sue labbra e si lascia andare
simulando un bacio sensuale. Il suo respiro più profondo
e l’espressione del suo viso non lasciano dubbi. L’uomo
ne è estasiato.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
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