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RACCONTO
 
 
Adamo Bencivenga
LA SUA PRIMA VOLTA
Nella penombra di un pomeriggio quasi normale i fari della macchina illuminavano il muro scrostato di una vecchia fabbrica in disuso
 



 


 
La sua prima volta
Nella penombra di un pomeriggio quasi normale i fari della macchina illuminavano il muro scrostato di una vecchia fabbrica in disuso. Erano quasi le sette, si era fatto tardi e il piazzale ormai era quasi vuoto. Stava iniziando a piovere e al riparo nell’abitacolo di quell’auto l’uomo era intento a rimettere in ordine il sedile reclinato pensando a quale fosse la posizione giusta per non far insospettire sua moglie.

La donna con la gonna rossa invece si era sistemata alla buona riagganciando il reggicalze e tirando su lo slip di pizzo nero ed ora nel piccolo specchietto dei trucchi velava le sue labbra con un tocco leggero di rossetto rosa. I suoi movimenti erano veloci e intermittenti come se avesse bisogno di tornare a qualche decina di minuti prima e dimenticare in fretta la sua prima volta.

Incredula si chiedeva se davvero fosse successo e quale fosse il motivo sapendo benissimo che non avrebbe trovato alcuna ragione, ma solo un turbinio di sensazioni in disordine che, dopo giorni di esitazione e tentennamenti, l’aveva trascinata in quel parcheggio.

Certo sì, sapeva bene che quella non era affatto la causa, ma illudendosi dava alternativamente la colpa alla noia di ogni giorno, alla sua età, alla sua voglia sopita da tempo e soprattutto a quell’uomo accanto a sé che ora, dopo i tanti baci e le promesse, ignorava di proposito fissando il muro scrostato davanti a sé. Non perché non sentisse lo stesso trasporto di prima, ma semplicemente perché senza di lui ora non avrebbe avuto qualcosa da farsi perdonare.

L’uomo invece aveva tutt’altri pensieri nella testa, sempre pensando a sua moglie, aveva abbassato il finestrino in modo che si dissolvesse nell’aria quell’odore intenso di sesso e rossetto, poi senza farsi vedere aveva gettato in terra i fazzoletti di carta intrisi dei suoi umori e con una scusa si era accertato se la donna portasse ancora entrambi gli orecchini di madreperla. Solo a quel punto si era acceso una sigaretta, adagiato sul sedile e, allungando la mano, accarezzato con aria soddisfatta la coscia di lei proprio nel punto dove finiva la calza e iniziava la morbidezza della sua pelle.

Non riusciva a non guardarla e pensando al piacere che lei gli aveva offerto si era concentrato sul seno, le gambe e quel reggicalze che lui le aveva chiesto espressamente di indossare. Era stata sua, senza alcuno sforzo, sua completamente ed ora era lì che si gustava l’idea che quella fosse la prima di tante altre volte. Certo sì, era la sua amante, una di quelle amanti che avrebbero rimediato in tutto la mancanza di sesso con sua moglie.

Quella era stata la loro prima volta dentro un’auto, ma nel suo futuro prossimo si vedeva già in un caldo letto di qualche motel sulla strada che portava verso il lago, magari ogni venerdì, oppure il martedì quando sua moglie faceva il turno di pomeriggio a scuola.

Beh sì insieme avrebbero deciso il giorno e ora mentre accarezzava quella coscia di seta nera pensava a quanto si fosse sentito maschio, cosa che non succedeva da anni con sua moglie. Sorpreso si chiedeva retoricamente se fosse stato proprio lui l’uomo che l’aveva posseduta così selvaggiamente facendola precipitare nell’abisso della lussuria e se fosse stata proprio lei a ripetergli più volte durante l’amore di non smettere e cercarla oltre la misura fisica del suo sesso.

Lui, muscoli e barba incolta, mani grandi e rubino al dito medio, aveva compiuto da poco quarantadue anni e da sempre amante di donne mature l’aveva vista curiosare da sola lungo le vetrine in un centro commerciale. Attratto da quella calza velata e dal tacco decisamente alto aveva visto materializzarsi in un secondo il suo ideale di donna e allora senza pensarci l’aveva seguita e quasi importunata.

Lei invece messa in piega e spalle nude, pelle bianca di luna e una cascata di capelli morbidi, gli aveva sorriso, ma allo stesso tempo lo aveva invitato cortesemente a desistere. Poi però forse stanca di quell’insistenza, per togliersi di torno lo scocciatore di turno, aveva accettato il suo numero di telefono scritto frettolosamente sul retro di un ticket di un parcheggio privato.

Da quella volta non era passato giorno che l’uomo non pensasse a lei, non sapendo nulla di quel sogno tranne che portava un rossetto rosso fuoco, un trucco nero ad ali di farfalla e quella riga della calza che correva dietro maliziosa fino a scomparire sotto la gonna.

Eh sì, proprio come piaceva a lui, una donna d’altri tempi, un po’ vintage e un po’ retrò, che aveva gusto nel vestire, una malizia innata e almeno quindici anni più di lui. Era tornato più volte in quel centro commerciale, ripercorrendo gli stessi passi, ma di quella signora neanche l’ombra finché un giorno in fila alle casse del supermercato con accanto sua moglie aveva sentito il suo telefono vibrare.

Era lei! Gli aveva scritto di chiamarsi Francesca e che, se non avesse cambiato idea e avesse avuto piacere di prendere un caffè insieme, lo avrebbe aspettato quel pomeriggio stesso seduta al bar di quel centro commerciale.

Sì certo solo un caffè, niente altro, niente di più, ma per la sorpresa il suo cuore aveva iniziato a battere così rumorosamente che aveva fatto due passi indietro per il timore che sua moglie accanto avesse potuto in qualche modo sentirlo.

Ovviamente non si era fatto scappare l’occasione e in quel pomeriggio, seduti in quel bar, lui aveva ascoltato la sua vita e lei i suoi silenzi e forse erano stati proprio quei silenzi che avevano invogliato lei a parlare delle sue insoddisfazioni e di quella sensazione di inutilità di una donna sposata da oltre trenta anni e di una madre di due figli maggiorenni.

Lui rapito da tanta dolcezza non aveva smesso un solo istante di guardarla estasiato seguendo più o meno quei discorsi e cercando di non perdere la minima espressione di quel viso avanti con gli anni, ma meravigliosamente affascinante.

Oh sì, adorava quel suo tentativo di coprire gli anni con un trucco pesante e, assaporando il trascorrere del tempo, sentiva crescere il suo desiderio di possedere tutto il suo passato. Certo sì, al contrario delle sue aspettative, si era reso conto immediatamente che non c’era malizia in quell’invito, ma solo la voglia di aprirsi e parlare liberamente come è possibile fare solo con uno sconosciuto.

Salutandosi lei gli aveva dato il suo numero, ma non si erano dati alcun appuntamento e non si erano detti arrivederci. Da quel giorno però lui aveva iniziato un lento, discreto, ma fitto corteggiamento mandandole messaggi e vocali che, partendo dai complimenti di rito, erano diventati sempre più intimi.

Lei alla soglia dei sessant’anni e non avendo mai e poi mai tradito suo marito si rendeva conto di quanto fosse pericoloso quel gioco, ma quelle avances, da parte di un uomo più giovane, la facevano sentire viva e come una ragazzina rispondeva con faccine e cuoricini, ma mantenendo sempre una certa distanza. Poi però quando lui per un giorno intero non le aveva scritto, lei aveva sentito il fremito dell’attesa e quel cuore battere disordinatamente e a quel punto aveva capito che stava succedendo qualcosa di non previsto.

Incredula aveva cercato di fuggire da se stessa facendo una breve vacanza con suo marito, aveva anche fatto l’amore, ma al ritorno quel magnetismo era ancora così intatto e vivo che aveva acconsentito a rivederlo. E allora si era dedicata a se stessa, era andata dall’estetista, dal parrucchiere e, conoscendo i desideri di lui, era entrata in un negozio di lingerie e quasi vergognandosi davanti alla commessa aveva comprato un paio di calze nere velatissime e un reggicalze da sogno anche se sapeva benissimo che ad accoglierla non sarebbe stata una suite a cinque stelle, ma solo un’automobile.

Così era successo, lui l’aveva raggiunta al centro commerciale e saliti in macchina avevano percorso un breve tratto di strada polverosa e, diretti in quel posto isolato e fuori mano, lui aveva fermato l’auto davanti a quella fabbrica. Beh sì avevano parlato ancora, si erano chiesti se fosse giusto pensando che quell’amore avrebbe comportato un doppio tradimento. E come succede di solito in questi casi si erano promessi solo un bacio e che poi avrebbero fatto i bravi e sarebbero tornati a casa dai rispettivi coniugi. Ma non era successo così, quelle promesse così flebili erano evaporate subito dopo, e la lingerie di lei, e il desiderio di lui erano realtà troppo concrete per illudersi di non lasciarsi andare.

Lui durante quel bacio le aveva sfiorato il seno e lei si era fatta sfiorare, fino a che era stata lei stessa a prendere l’iniziativa e dopo aver aperto la camicetta di seta lo aveva aiutato a sbottonare il reggiseno. Poi si sa come vanno queste cose, rapiti dal desiderio lei aveva sentito crollare ogni sua remora e lui aveva toccato con mano la durezza dei suoi capezzoli e subito dopo la peluria umida tra le sue gambe. Lei non aveva fatto resistenza, anzi, inarcando leggermente il bacino, gli aveva permesso di arrivare facilmente al suo piacere umido scostando le sue mutandine ultrasottili di pizzo nero.

Ed erano stati subito baci folli e saliva dolciastra, palpate di seni e strette di fianchi, che facevano buon sangue grasso e voglioso, di quel sedere abbondante che si faceva toccare, di quelle labbra a ciliegia che gonfie si davano, e gemiti d’amore, slanci e promesse come fosse la prima volta o l’ultima, nonostante l’ora tarda, i divieti e i permessi, lì davanti a quella fabbrica col rischio di essere visti o che un controllo di polizia li avrebbe identificati come amanti.

Era stato proprio in quel momento in cui lei aveva perso ogni pudore e lui ogni controllo, lei si era rapidamente convinta che per salire in paradiso quelle dita fitte non le sarebbero più bastate e glielo aveva fatto capire sollevando la gonna rossa e mostrando la sua lingerie nuova nuova comprata apposta per lui.

Lui eccitato e soprattutto orgoglioso per quel regalo, dopo aver reclinato i sedili, era salito su quel corpo che non chiedeva altro di sentirsi di nuovo femmina. Lei aveva divaricato appena le gambe ed eccitata da quella durezza che la faceva sentire ancora più desiderata gli aveva sospirato di prenderla all’istante, prima che ci ripensasse, prima che fosse tardi. Lui non se lo era fatto ripetere due volte, il desiderio ostentato di quella donna matura lo aveva fatto impazzire e immediatamente era scivolato dentro la sua anima penetrandola con passione.

Erano seguiti urla e ti amo, orgasmi ripetuti da parte di lei e colpi di reni vigorosi da parte di lui. E durante quell’amore lei si era resa subito conto di quanto lui sapesse amare, accelerando e rallentando e addirittura fermandosi per aumentare il suo desiderio. Poi al culmine del piacere lei gli aveva ordinato di godere dentro di lei e lui aveva obbedito pensando che mai nessun ordine fosse stato così piacevole.

Ora erano lì davanti a quel muro, lui guardava l’orologio, doveva andare a prendere la figlia a scuola di danza, ma non voleva deludere quella donna. L’avrebbe voluta rivedere, passare altre ore di piacere insieme, diventare perché no amanti e quindi prima di accendere il motore aspettava un suo cenno e sperava che arrivasse prima che fosse troppo tardi.

La donna invece pensava ai suoi gatti. Sì certo aveva tradito ed ora era ufficialmente una donna infedele, anche se non sapeva bene se quell’amore fosse stato l’inizio di una storia o più probabilmente un intermezzo piacevole alla sua routine di ogni giorno.

Certo sì, era stata bene, ma la sua anima era piena di amarezza, consapevole che fino ad allora non aveva mai voluto avventurarsi in una relazione extraconiugale. Aveva sempre considerato le amanti donne senza scrupoli e senza morale, si vabbè diceva poco di buono, ma dentro di sé pensava puttane. Ed ora anche lei ci era finita dentro fino al collo.

Ovvio, non l’aveva voluto espressamente, non aveva mai considerato veramente l’ipotesi, pensando che se in caso ci fossero state le condizioni, prima di succedere, prima di finire nel girone delle lussuriose, ne avrebbe parlato con suo marito. Certo la moralità, la sincerità sono alla base di un rapporto stabile e duraturo per cui era convinta che diventare infedele fosse stata l’ultima cosa che le sarebbe passata per la mente.

E invece era successo, quell’uomo, nello squallore di un parcheggio isolato, era entrato dentro di lei, o meglio era stata lei ad aprire quella porta consumando il più classico dei tradimenti. Si era fatta amare, ma anche lei aveva amato al punto di considerare ineluttabile quell’amplesso.

Ora dentro quello specchietto impolverato di ombretto guardava cosa ci fosse di diverso nel suo viso, se i suoi figli avessero potuto notare quanto di peccaminoso ci fosse in quelle labbra.

Ma non era assolutamente pentita, anche se ora pensava a come sarebbe cambiata la sua vita, se suo marito si fosse accorto o se tornata a casa lei stessa gli avesse confessato la sua prima volta. Forse no, forse sì, ma nei modi e nei tempi giusti, e forse lui se ne sarebbe andato avendo aspettato da anni questo pretesto oppure l’avrebbe perdonata e per amore lui sarebbe cambiato almeno nei primi tempi, oppure, cosa più probabile, sarebbe stata lei, con quella gonna rossa e il reggicalze ancora indosso, a perdonarlo per averlo tradito.




Questo racconto è opera di pura fantasia.
Nomi, personaggi e luoghi sono frutto
dell’immaginazione dell’autore e non sono da
considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con
fatti, scenari e persone è del tutto casuale.


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