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REPORTAGE
Le donne giraffa
Viaggio tra le donne Padaung fra tradizione
e attrazione turistica
Siamo lungo la linea
di confine tra Birmania e Thailandia, qui
vivono i Padaung una minoranza di lingua
tibeto-birmana cacciata nel 1990 dal regime
militare birmano.
7000 membri sopravvissuti vivono
adesso con uno status legale incerto nei
villaggi di confine (senza regolari documenti,
senza la possibilità di lasciare i loro
villaggi), vivendo soprattutto con il turismo
dovuto al tipico costume delle donne: gli anelli
al collo.
Per arrivare nei loro villaggi la strada è
impervia, di giorno il caldo è afoso, le strade polverose e gli insetti a
sciami si nutrono di sangue umano. Finché dopo un’ora di viaggio la natura
offre riparo sotto l’ombra refrigerante della giungla dove il sole fatica
a filtrare. E tra grossi elefanti s’intravedono le prime donne Padaung.
Minute, nelle piccole capanne di bambù allestite di stoffe colorate.
Nelle loro case le donne sono le regine indiscusse, narratrici di
storie, padrone della casa. Indossano tuniche bianche e gonne nere con
fodere rosse e avvolgono le loro teste in fasce rosa. Tessono lenzuola,
vestiti, gonne, teli e cose simili su un telaio tradizionale. Nonostante
siano state costrette a scappare dalla loro terra, queste donne non hanno
mai smesso di custodire e tramandare la loro forte identità. Gentili e
per nulla sospettose si lasciano guardare mentre tessono le loro tele
sfamando la curiosità dei turisti. Le più piccole sono truccate e il loro
rossetto fa fatica a seguire i contorni delle giovani labbra a forma di
cuore.
In Italia sono conosciute con l’orrendo nome di
donne-giraffa oppure donne-cigno, in birmano Padaung, che significa ‘lungo
collo’, dovuto alle modifiche fisiche provocate da una spirale di ottone
portata fin dall'infanzia che causa l’apparente allungamento del collo,
anche 25-30 cm. Solo alle ragazze nate nei “giorni di buon auspicio”,
ossia nei giorni di luna crescente, viene chiesto di indossarla. La scelta
comunque è completamente volontaria. Queste ragazze iniziano a portarla
fin dall'età di cinque anni, quando il collo vien inanellato solo per poco
tempo al giorno. Il primo cerchio viene indossato durante una cerimonia
magica e suggestiva e si svolge nelle notti di plenilunio sotto la guida
dello Sciamano del villaggio. La pelle del collo viene prima cosparsa
di grasso, latte di cocco e gelatina. Man mano che crescono di età, si
aggiungono altri anelli, ogni due anni si aggiunge un anello al collo,
fino al matrimonio. Gli anelli vengono aggiunti sopra e sotto quella
principale fino a che la pressione non provoca uno slittamento della
clavicola e una compressione della gabbia toracica. Le donne adulte
possono indossare fino a 25 anelli e comunque fino al massimo della
sopportazione fisica (circa 10 Kg). Quasi si volesse portare il capo della
donna a toccare il cielo incontaminato, elevando la mente al di là delle
preoccupazioni terrene.
Gli anelli rappresentano la forza magica
per curare una malattia, per benedire un viaggio. Si tratta di una pratica
più antica del buddhismo, successivamente assorbita dalla religione,
quando le donne Padaung iniziarono ad ornarsi il collo per assomigliare
alle bellissime femmine dei divini Naga. In realtà questi cerchi servivano
per proteggere la gola delle donne dalle tigri che ancora oggi sono
presenti nei territori. Infatti la leggenda sull’origine dell’usanza narra
che alcuni secoli fa gli spiriti maligni per punire di Padaung aizzarono
le tigri nella foresta contro le donne. A quel punto un vecchio saggio
consigliò gli anelli al collo per proteggersi dai felini, chi non le
indossava era giudicata priva di moralità, non poteva sposarsi, né avere
figli.
Tutto questo però ha un prezzo salato perché, diversamente
da quanto ritenuto, il collo non si allunga, ma sono invece le spalle che
scendono fino alla deformazione permanente della clavicola. A tal punto da
sembrare un tutt’uno col collo e creando l’illusione ottica del collo
allungato. I danni fisici sono irrimediabili: il peso e la trazione
esercitata dalla corazza deformano la struttura ossea, i muscoli si
atrofizzano e non reggono il peso del capo senza collare. Se fosse tolto,
la testa cadrebbe in avanti bloccando la respirazione.
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