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REPORTAGE
STORIA DI PASSIONE E
DI MORTE
La bella Rosa, la povera Vittoria
Ore 4,30. Il mese è agosto, il giorno 19,
l’anno 1930, la città è Torino
Adamo mi racconti cosa accadde
quella notte a Torino? Siamo nei pressi del civico 51
di Corso Oporto. Un verduraio, arrivato all’alba sta
montando la sua bancarella di frutta, sente urla di voci
femminili provenire da una finestra aperta del quinto
piano del palazzo di fronte, una casa signorile. Scuote
la testa, “Un litigio fra donne…” sospira. Poi, di nuovo
silenzio...
Ma non è solo un banale litigio vero?
Ah no, in quella torrida notte la città si risveglia con
un atroce delitto. Corso Oporto, oggi corso Matteotti, è
un viale alberato, chiuso da entrambi i lati,
costeggiato da palazzi di famiglie benestanti, nobili e
ricchi borghesi, negozianti e funzionari.
C’è un
testimone oltre al verduraio? Il giornalaio
dell’edicola lungo il marciapiede, lui nota una strana
donna uscire dal portone, nonostante sia una mattinata
calda di piena estate la donna è avvolta in un
impermeabile chiaro con il bavero rialzato e un
cappellino di paglia calato sugli occhi. La donna fa due
passi, per un attimo esita, si guarda intorno con fare
sospetto, poi, forse per confondere gli sguardi curiosi,
si avvicina all’edicola, compra «La Gazzetta del
Popolo». Poi solo rumori di tacchi sul selciato che si
allontanano in fretta.
Si fa mattina… Passa
qualche ora, alle nove un ragazzo entra nel portone del
civico 51 e chiede alla portinaia se per caso abbia
visto la signora Vittoria Nicolotti. Dice di essere
preoccupato, è il lavorante del negozio di abbigliamento
per bambini di proprietà della signora, la quale
stamane, stranamente, non si è ancora presentata al
lavoro.
E la portinaia? La portinaia non l’ha
ancora vista scendere quella mattina e insieme al
ragazzo salgono al quinto piano. La porta è socchiusa,
la luce è accesa. Qualcosa non va e la portinaia non ha
il coraggio di entrare e chiede aiuto a un’inquilina.
Sulla soglia chiamano più volte la signora, nessuno
risponde, quindi si fanno forza ed entrano tutti e tre
nell’appartamento.
Cosa vedono? La scena del
crimine è una donna riversa nel proprio letto.
Apparentemente addormentata, protetta da una coperta di
lana. Ma non è addormentata, perché è stata strangolata,
uccisa durante la notte, e sotto la coltre il suo corpo
è ricoperto di lividi e graffi. La vittima è la
proprietaria della casa. Appunto, Vittoria Nicolotti, 32
anni.
Chi è Vittoria Nicolotti? Una donna
d’affari disinvolta, arrivista e fatale falena. Ma è
anche una signorina rispettabile. Non sposata. Una
condotta irreprensibile e la polizia non trova nulla nel
suo passato a parte un’amica del cuore che frequenta
spesso. Nessuna traccia dell'assassino, grida "La
Stampa". Nessuna fotografia.
Come è possibile?
In realtà non è così! Di tracce l’assassino ne ha
lasciate molte, tanto che una donna viene arrestata alle
sei del pomeriggio dello stesso giorno. E l’accusata è
un’amica della vittima. Si chiama Rosa Vercesi. L’ultima
persona con cui era stata vista Vittoria la sera prima.
Intorno alle nove di sera la portano in questura. Prima
di uscire chiede di indossare la pelliccia di volpe.
Dice di avere freddo, ma in realtà vuole solo nascondere
le unghiate della vittima. La volpe però le servirà a
poco, in questura Rosa viene fatta spogliare e
fotografata nuda. È coperta di graffi, davanti e dietro,
e un seno pieno di ferite.
Lei come si difende?
Inizia l’interrogatorio. Durante la notte cambia più
volte versione. Inventa scuse improbabili. Dice di
essere caduta dalle scale, poi incolpa il suo amante un
certo Arturo, stavano facendo l’amore e lui è andato giù
duro. Naturalmente la polizia non crede ad una parola e
viene arrestata. Lentamente viene a galla la verità.
Rosa e Vittoria si conoscono da sei anni.
Quindi
tutto risolto, caso chiuso… Stranamente gli
inquirenti non vanno oltre, hanno l’assassino ma non il
movente, o meglio liquidano il tutto per una questione
di soldi e per l’improbabile furto dei gioielli che il
cadavere, per giunta, ancora indossava. Nessuno
approfondisce la loro relazione nonostante non sia del
tutto chiaro perché la donna solitamente si fermasse a
dormire in quella casa.
Sembra che la polizia
abbia fretta di chiudere… Esatto, tra l’altro le
dinamiche dell’omicidio sono anomale e inspiegabili.
Rosa uccide Vittoria alle quattro e mezza, ma poi se ne
sta un’ora e mezza a casa sua, con il cadavere
dell’amica e solo alle sei di mattina esce da quella
casa. Strano per una ladra! Gli inquirenti si sbrigano a
chiudere il caso come omicidio a scopo di rapina. Del
resto le prove contro di lei sono schiaccianti anche se
Rosa non confessa.
Credo sia evidente a tutto che
ci sia dell’altro. Ma è un altro che non si può
dire! La rapina è solo una piccola parte della verità.
Non ci sono uomini in questo delitto e nonostante il
tentativo del governo fascista di far scomparire dai
giornali la notizia e nonostante le telefonate dello
stesso federale al questore ("smorzate quanto più
potete! Si sta parlando troppo di questo sporco
affare"), la notizia corre di bocca in bocca e fa
scalpore. Fa scalpore che una donna possa aver ucciso in
maniera così spietata per abietti motivi di interessi.
Ma non è neanche questo il motivo… No, lo
scenario ed il contesto sono ben diversi, ma nessuno ha
voglia di indagare. Tutti si fermano al delitto e al
furto di gioielli che per altro non è mai avvenuto.
Se Rosa l’assassina avesse confessato la verità, forse
non sarebbe stata condannata all'ergastolo, questo è
certo, ma la società del tempo non era pronta a
sopportare l’unica verità, per cui anche lei, in
sintonia col perbenismo del tempo e la complicità dei
giudici, non confessa la natura del legame con Vittoria.
Quindi inconfessabile anche per l’assassina…
Ebbene sì le due donne avevano una relazione lesbica che
durava da anni, quella notte avevano fatto uso di
cocaina che la vittima portava in Italia dai suoi viaggi
a Parigi e il delitto era maturato nella passione
torbida di un crimine erotico. Perché Vittoria è lesbica
e Rosa l’asseconda nelle sue inclinazioni saffiche.
Quindi omosessualità, quindi droga, quindi dissolutezza
di certi ambienti. Troppo per la società degli anni
trenta e per giunta fascista! Per cui il caso viene
rapidamente chiuso, senza alcuna perizia tossicologico o
psicologica. E in poco tempo Rosa è processata e
condannata all'ergastolo.
Cosa accadde al
processo? L’imputata si comporta da attrice
impeccabile e consumata. Si presenta in aula in abito
nero, scarpette di raso nero, lunghi guanti alla
moschettiera e un cappello nero di raso a tesa larga.
Davanti ai giudici parla, parla molto, si rende
disponibile ma non cita mai Vittoria e soprattutto non
fa mai cenno a una possibile relazione amorosa con la
vittima. Non confessa il delitto, ma non cerca
attenuanti ed accetta come un destino la condanna che
chiaramente, visto il futile movente di furto di
gioielli, non può non essere che l’ergastolo.
Quindi l’infamia di lesbica è molto più disonorevole di
quella di assassina… Così Rosa Vercesi preferisce
velarsi dietro un movente banale e pagare con
l’ergastolo, piuttosto di ammettere l’infamia di un
letto saffico. O forse semplicemente rimuove la verità.
Quante volte è accaduto? L’assassino che si rintana nel
suo nulla. L’omicidio che desertifica l’anima. Come se
la totale assurdità del gesto cancellasse il gesto
stesso, raccontando a se stessa e a tutti un’altra
verità.
Siamo nel 1931, Rosa sconta la pena nel
carcere di Trani e dovranno passare ancora 15 anni prima
che in una cartolina postale inviata ad uno dei suoi
avvocati difensori Rosa svela la vera natura della
relazione, l’omicidio compiuto nell’accecamento della
passione ammettendo la propria colpevolezza. «Non ho
saputo vincere la ripugnanza, la vergogna, l’orrore che
provavo nel dovermi dichiarare autrice di un delitto che
non avevo né premeditato né concepito. Per questo motivo
negai.» Per questa confessione e per essere stata una
detenuta modello, riceve la grazia nel 1959. Muore il 19
gennaio 1981.
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.La storia è stata ricostruita da Guido Ceronetti nel libro La
vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria.
https://grisou70.wordpress.com/2012/06/15/rosa-vercesi-una-storia-di-amore-e-morte/
Pag. 76, Lire 14.000 - Edizioni Einaudi (I coralli n.138)
ISBN 88-06-15633-0
L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA GRAZIE A:
http://www.wuz.it/archivio/cafeletterario.it/176/8806156330.htm
http://www.italialibri.net/opere/rosavercesi.html
http://www.culturagay.it/cg/recensione.php?id=10949 FOTO
TOMMY RETRO'
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