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INTERVISTE IMPOSSIBILI
LE DIVE AMERICANE
Joan Bennett
La donna del ritratto
Joan Geraldine Bennett, attrice americana
di teatro, cinema e televisione ed è apparsa in più di 70 pellicole
cinematografiche dall'era del cinema muto fino alla fine degli anni
settanta
(Palisades Park,
27/02/1910 - Scarsdale, 7/12/1990) .
Madame scorrendo il suo
percorso artistico vedo sostanzialmente tre fasi, da
maliziosa ingenua bionda negli anni trenta a una bruna e
sofisticata femme fatale negli anni quaranta fino a
ricoprire ruoli più maturi negli anni cinquanta. Quale
secondo lei è il più adatto e quale ha contribuito
maggiormente al suo successo? Io vedo solo un lungo
percorso di vita e tre personaggi che si adattano
benissimo al proprio tempo…
Quali sono le sue
origini madame? Sono la terza delle tre figlie
dell'attore Richard Bennett e dell'attrice e agente
letterario Adrienne Morrison. Anche le mie due sorelle
maggiori entrarono nel campo dell’arte: Constance
Bennett e Barbara Bennett furono entrambe attrici di
discreto successo, in particolare Barbara iniziò come
ballerina calcando teatri famosi.
Una famiglia di
artisti! Certamente, mio nonno materno era l'attore
shakespeariano giamaicano Lewis Morrison, che intraprese
la carriera teatrale alla fine dell'Ottocento; mentre
mia nonna materna, l'attrice Rose Wood, era legata al
gruppo di menestrelli itineranti nell'Inghilterra della
fine del XVIII secolo.
E lei? Iniziai nel
cinema muto, il primo film fu The Valley of Decision,
nel quale indossavo i panni di una bambina.
Successivamente frequentai la Miss Hopkins School for
Girls di Manhattan, poi la St. Margaret, un collegio di
Waterbury, quindi l'Hermitage, una scuola di
comportamento a Versailles, in Francia.
E' vero
che si sposò a 16 anni? Sì, il 15 settembre 1926 mi
sposai a Londra con John M. Fox. Da quell’unione nacque
mia figlia, Adrienne. Ma il rapporto con mio marito non
andò bene, divorziammo dopo due anni a Los Angeles.
Il vero debutto sulle scene teatrali avvenne subito
dopo il suo divorzio… Avevo 18 anni quando recitai
con mio padre in Jarnegan (1928), che venne replicato a
Broadway per 136 volte e per il quale ottenni ottime
critiche.
A 19 anni il suo primo ruolo da
protagonista… Eh già, divenni una vera e propria star
cinematografica. Interpretai il ruolo di Phyllis Benton
nel thriller Cercasi avventura (1929), accanto a Ronald
Colman.
Poi ci furono altri successi… Mi
specializzai in ruoli brillanti ed il pubblico apprezzò
molto questa donna bionda (che tra l’altro era il mio
colore di capelli naturale) e maliziosa come ad esempio
il ruolo di Dolores Fenton in Puttin' on the Ritz e
quello di Jane Miller al fianco di Spencer Tracy. Con
Spencer recitai anche in Io e la mia ragazza nei panni
della bella cameriera Helen Riley.
Intanto
affrontò un altro matrimonio… Ero una inguaribile
romantica e il 16 marzo 1932 mi risposai a Los Angeles
con lo sceneggiatore e produttore Gene Markey. Questa
volta durò un po’ di più… ben cinque anni! Da quel
matrimonio nacque mia figlia, Melinda Markey.
Poi
fu la volta di Piccole donne di George Cukor…
Interpretai Amy, l'irriverente sorellina minore in
competizione con la Jo March interpretata da Katherine
Hepburn. Con quel film si interruppe definitivamente la
mia prima fase. Mi tinsi i capelli di nero per dare vita
ad una sofisticata e seducente femme fatale. Sentivo
dentro me stessa di poter dare molto di più al mio
pubblico.
Soddisfatta del cambiamento? Avevo
superato la trentina e devo dire che il mio nuovo look
bruno unitamente alla mia voce piuttosto roca, contribuì
a delineare una personalità meno angelica e più
accattivante ed adatta ai ruoli che via via mi si
presentavano.
Sta parlando dei film noir con
Fritz Lang? Con Fritz girai quattro pellicole e mi
consacrarono tra le più famose attrici hollywoodiane
dell'epoca: fui la prostituta londinese Jerry Stokes in
Duello mortale; la misteriosa modella Alice Reed in La
donna del ritratto; la volgare ricattatrice Kitty March
in Strada scarlatta (1945) e infine Celia Lamphere in
Dietro la porta chiusa, che secondo molti fu il miglior
film hollywoodiano di Lang.
Fu un susseguirsi di
successi… Beh sì, ricordo inoltre con piacere la
principessa Maria Teresa in La maschera di ferro, ma
anche qualche delusione…
Ovvero? Durante i
test per l'assegnazione del ruolo di Rossella O'Hara in
Via col vento a causa del mio nuovo aspetto non venni
considerata adatta al ruolo. La scelta finale ricadde su
Vivien Leigh.
Nel ’40 l’ennesimo matrimonio…
Era solo il terzo… sposai Walter Wanger a Phoenix. Dal
matrimonio nacquero altre due mie figlie, Stephanie e
Shelley. Vivemmo insieme per 25 anni! Direi una scelta
azzeccata… ma non troppo…
Si riferisce al famoso
scandalo agli inizi degli anni cinquanta? Proprio
quello! Quando mio marito ferì con due colpi d'arma da
fuoco il mio agente Jennings Lang.
Ci può
raccontare le circostanze? Io e il mio agente ci
incontrammo un pomeriggio del 13 dicembre 1951 per
parlare di lavoro. Posteggiai la mia Cadillac
decapottabile nel parcheggio sul retro degli uffici del
mio agente e andai via con Lang sull'automobile di lui.
E cosa ci fu di scandaloso? Nulla, ma mio marito
passando di lì e vedendo la mia macchina si insospettì e
si fermò ad aspettare. Quando rientrammo nel parcheggio,
qualche ora dopo, Lang mi accompagnò fino alla mia
macchina e continuammo a parlare. Fu a quel punto che
mio marito si avvicinò e sparò due volte, ferendo
l'agente alla coscia destra e nella zona inguinale.
E lei cosa fece? Appena riconobbi mio marito gli
gridai: “Vattene e lasciaci soli”. Lui, non so per quale
ragione, gettò la pistola nella mia macchina. Con
l’aiuto del gestore del parcheggio, accompagnai Lang dal
suo medico e subito dopo in ospedale, dove
fortunatamente si riprese.
Suo marito come spiegò
l’accaduto? "Gli ho sparato perché pensavo che stesse
smembrando la mia famiglia," Così disse al capo della
polizia di Beverly Hills. Fu accusato di assalto con
intenti omicidi.
La polizia le fece domande
imbarazzanti? Beh certo, ma non avevo nulla da
temere. Lang era il mio agente e un caro amico di lunga
data. Conoscevo benissimo sua moglie Pam. Mio marito
aveva torto marcio nel pensare che tra me e il mio
agente ci fosse una storia di letto! Ma lo capivo, era
sull’orlo di un esaurimento nervoso per via dei numerosi
contrattempi finanziari.
Come finì la storia?
Naturalmente ci fu un processo e l’avvocato di Walter
predispose la difesa puntando tutto sull'infermità
mentale temporanea rimettendosi alla pietà della corte.
Gli andò benissimo, fu condannato a soli quattro mesi.
L’episodio non gli lasciò strascichi, scontata la pena,
tornò rapidamente alla sua carriera, mettendo a segno
una serie di film di successo.
Purtroppo per lei
andò diversamente… Evidentemente non fui brava a
togliere ogni dubbio al mio pubblico. Mi rimase una
specie di macchia indelebile, dove mio marito era la
vittima ed io la colpevole. Per cui venni inserita
virtualmente nella lista nera ed in effetti nel decennio
successivo riuscii a girare solo cinque film.
A
sessantotto anni un altro matrimonio… Mi risposai il
giorno di San Valentino del 1978 con l'editore e critico
cinematografico David Wilde e finalmente questo
matrimonio durò per sempre…
Famosa per non
essersi mai presa troppo sul serio, in un'intervista
rilasciata nel 1986 la Bennett dichiarò: “Non penso
molto alla gran parte dei film che ho fatto, ma essere
una star cinematografica era qualcosa che mi piaceva un
sacco”. Joan Bennett morì all'età di 80 anni a causa
di un attacco di cuore, nella sua residenza di
Scarsdale. È sepolta al Pleasant View Cemetery, Lyme,
accanto ai suoi genitori. Ha una stella
sull'Hollywood Walk of Fame al 6310 di Hollywood
Boulevard, a Hollywood.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FOTO GOOGLE IMAGE FONTI
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