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INTERVISTE IMPOSSIBILI
Juana Inés de la Cruz
Tra tutti, io sono la
peggiore
Suora messicana, dalla mente eccelsa che
scriveva poesie carnali per donne e fu silenziata dall’inquisizione
(San Miguel
Nepantla, 12 novembre 1651 – Città del Messico, 17 aprile 1695)
.
.Buongiorno Madame.
Buongiorno a lei.
Le sue origini? Sono nata il
12 novembre 1651 a San Miguel Nepantla un villaggio a
circa 60 chilometri a sud di Città del Messico, capitale
del vicereame della Nuova Spagna. Mio padre era un
nobile spagnolo.
Sua madre? Mia madre era
creola, Isabel Ramìrez, aveva già altre due figlie:
Marìa e Josefa.
Terza figlia illegittima quindi?
I miei non erano sposati quindi mio padre non mi ha mai
riconosciuta.
Stessa sorte è toccata ai suoi
cinque fratelli… Per questo motivo ho trascorso la
mia infanzia con i nonni materni. Mio nonno era un
discreto proprietario terriero.
Quindi vita di
campagna? Mia madre, seppur analfabeta, dirigeva una
masseria, ed era praticamente a capo della comunità in
cui viveva e già dal 1655 si era scelta un nuovo
compagno, con il quale ebbe i successivi tre figli.
Ho letto che a tre anni sapeva già leggere. Ero
una ragazzina precoce e grazie all'immensa biblioteca
realizzata dal nonno imparai sin da subito a leggere ed
a scrivere. All'età di otto anni redassi la mia prima
composizione a carattere religioso, all'età di tredici
anni dimostrai già una buona padronanza di metafisica e
di logica greca.
E’ vero che chiese a sua madre
di tagliarsi i capelli corti? Le chiesi anche di
travestirmi da maschio per poter frequentare
l’università, cosa non concessa alle donne del tempo.
Nel 1664 mi trasferii a Ciudad de Méxic, da una zia
sposata. Mio nonno nel frattempo era scomparso.
Si iscrisse all’Università? Purtroppo no, a causa di
una serie di impedimenti fui costretta a proseguire gli
studi privatamente e nel contempo insegnai latino a
giovani allievi.
La descrivono come una fanciulla
graziosa e estremamente intelligente… Beh, nonostante
la mancanza di un’educazione formale riuscii ad
apprendere il latino in sole venti lezioni. I miei
interessi erano multiformi: scrivevo versi, studiavo
astronomia, componevo musica, dipingevo.
La
storia e l’arte la conoscono come grande poetessa.
Avevo un mio stile del tutto personale e mi distinsi
all’interno della letteratura barocca per le mie
venature razionaliste.
Il poemetto El sueño è
pervaso da una grande comprensione dell'universo intero,
basata sia sulla fede sia sulla fiducia della ragione
umana… Eh già, per quello scritto dovetti difendermi
dall'accusa di scarsa devozione e di eccessivo
attaccamento agli studi profani.
Comunque era
molto famosa vero? Nel 1664 venni presentata da mia
zia alla corte dei nuovi Viceré e divenni dama d'onore
con il titolo di "amatissima" della viceregina Leonor
Carreto, moglie del viceré Antonio Sebasti Marquis de
Mancera. Per me la viceregina allestì un vero e proprio
salotto culturale al quale parteciparono i più
importanti teologi, giuristi, filosofi e poeti.
Il suo primo volume di versi, intitolato Inundación
castalida de la única poetisa, musa decima, apparve nel
1689; tre anni dopo seguirono il secondo volume e un
terzo fu pubblicato postumo nel 1700. Scrissi anche
opere di teatro e vari poemi nei quali difesi i diritti
delle donne, oppure criticai l'eccesso di sessismo della
società del suo tempo e le contraddizioni etiche, morali
e comportamentali dei miei contemporanei.
Dal
lusso stravagante e gli intrighi di corte, passò in
convento… Il motivo? Non c’era solo una ragione.
Il primo motivo è che ero ormai in età di matrimonio e
la mia famiglia non avrebbe potuto permettersi una dote.
Tenga conto che mia madre aveva dovuto sopportare le
spese per la dote delle mie sorelle maggiori sposate ad
uomini facoltosi.
Il secondo? La mia
avversione alle nozze. E pur sapendo che lo stato
monacale presentava aspetti che non mi andavano a genio,
era comunque la cosa meno fuori luogo e più congrua che
potessi scegliere.
Comunque il suo abbandono
improvviso della Corte fu molto discusso e oggetto di
altre interpretazioni. Conosco quelle maldicenze e le
posso confermare che non ci fu alcuna delusione d’amore
e alcuna diceria di un presunto mio legame amoroso con
la regina.
Ma lei le dedicò dei bellissimi versi,
chiamandola addirittura Divina Laura. Mi rendo conto
che non sono versi di una suddita alla propria regnante,
ma mi creda nutrivo per la regina Leonor immensa e
profonda devozione.
Il primo convento che
l’accolse fu quello delle Carmelitane scalze… La
durezza della "regola" mi indusse a lasciarlo dopo tre
mesi e trasferirmi nel Convento di San Girolamo.
Pronunciai i voti il 21 febbraio 1669, durante una
cerimonia alla presenza dei Viceré. In quell’occasione
mia madre mi regalò una schiava come servente, Juana de
San José.
Fu dura inseguito? Assolutamente no.
La presi come un modo per dedicarmi completamente agli
esercizi della mente. La vita in convento non era troppo
austera: c’era la servitù, avevo a disposizione libri
rari, esotici oggetti d’arte, servitù, strumenti
musicali e mi era concesso di intrattenere l’élite di
accademici e filosofi in un salone. Le cosiddette celle
erano veri e propri appartamenti che comprendevano
cucina, due o più camere da letto, salotto e bagno. Le
sorelle di San Girolamo, nonostante i voti di povertà,
possedevano beni personali, gioielli e libri; potevano
vendere e acquistare proprietà o effettuare investimenti
tramite intermediari. La regola del convento proibiva
l’uscita delle monache e l’ingresso di visitatori
esterni, ma quest’ultimo aspetto veniva generalmente
ignorato.
Intanto Il Marchese di Mancera e sua
moglie vennero sostituiti da Tomás Antonio de la Cerda,
marchese de la Laguna e sua moglie María Luisa Manrique
de Lara, contessa di Paredes. Come fu l’incontro con
Maria Luisa? María Luisa era una donna colta
supremamente affascinante. Si dai primi istanti si
instaurò una simpatia e ammirazione reciproca. Ben
presto diventammo amiche.
Quell’amicizia ardente
dalle parole di Juana può essere definita
tranquillamente amore. Juana infatti definirà la sua
regina: "Transito ai giardini di Afrodite", "Angelica
forma", "Cumulo di bellezze", "Bùcchero di fragranze"...
Juana in quel periodo scrisse anche ardenti poemi
amorosi per María Luisa. Le poesie d’amore tra donne
aristocratiche erano comuni all’epoca, ma dovevano
restare nei confini dell’amicizia. I versi della suora,
invece, erano infatuazioni pericolose. Le sue parole
sono di gelosia, ossessive, intensamente fisiche e
carnali. Descrivono il collo, i fianchi, le membra della
sua adorata María Luisa. La poetessa è un’avida schiava:
«L’amore, mia signora, non trova in me alcuna resistenza
e manda in fiamme il mio cuore esausto», «Amarvi è un
crimine per cui non farò mai penitenza. Non importa se
voi eludete i miei abbracci, mia cara, perché il solo
mio pensiero può imprigionarvi».
Con l’ingresso
della Viceregina nella sua vita Juana Inés guadagna,
oltre ad un periodo di intensa felicità, una protettrice
potentissima, ma la reggenza durava soli tre anni per
cui quando perse la protezione dei regnanti,
trasferitisi in Spagna, divenne bersaglio della Chiesa e
dell’Inquisizione. Si trovò a fronteggiare un temibile
nemico, l’arcivescovo di Città del Messico, Francisco
Aguiar y Seijas. Il quale disprezzava il sesso femminile
in modo quasi patologico: che una donna fosse
riconosciuta come intellettuale era per l’arcivescovo
già un affronto, ma egli trovava assolutamente
intollerabile che una monaca scrivesse canzoni per
balli, versi d’amore e testi di teatro che non avevano
nulla di "sacro". Le fu così tolto il permesso di
consultare libri e di pubblicare, fu privata del suo
prezioso materiale scientifico, e firmò la sanguinosa
confessione: «Tra tutti, io sono la peggiore». Morì di
peste nel 1695, in imposto silenzio. Il 17 aprile, dopo
essersi prodigata nelle cure alle altre monache colpite
dal morbo.
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Ed in effetti doveva
davvero essere "la peggiore"
se una donna del Seicento
come lei scriveva simili versi:
"Questo, che vedi, inganno colorito,
che dell’arte ostentando
gli splendori,
con falsi sillogismi di
colori
è un inganno dai sensi
percepito.
Ma a che serve proseguire?
Come te, Filis, io ti amo;
ché i tuoi meriti vedendo,
questo è l’unico tuo
elogio.
Esser donna e starti
assente
non impediscon di amarti;
le anime, tu ben lo sai,
distanza ignorano e
sesso".
"Stolti uomini che accusate
la donna senza ragione,
ignari di esser cagione
delle colpe che le date;
(...)
Io molti argomenti fondo
contro le vostre
arroganze,
ché unite in promessa e
istanze
l’inferno, la carne e il
mondo".
ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FOTO GOOGLE IMAGE FONTI
.http://www.culturagay.it/biografia/101 www.thedailybeast.com
http://it.wikipedia.org/wiki/Juana_In%C3%A9s_de_la_Cruz
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/poeta-piu-erotico-seicento-fu-suora-messicana-mente-88318.htm
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