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INTERVISTA
IMPOSSIBILE
Milena Jesenská
Tutto è vita
Giornalista, scrittrice e traduttrice
ceca, collaborò con la Tribuna di Praga con il Národní Listy e
il Pritomnost, una parte dei suoi articoli sono stati pubblicati
nella raccolta dal titolo "Tutto è vita" Fu destinataria delle
famose Lettere a Milena di Franz Kafka. Il suo nome che tradotto
in tedesco significa “amante” o “amata”, può quasi considerarsi
una specie di predestinazione perché Milena amò intensamente
per tutta la vita. (Praga,
10 agosto 1896 - Campo di concentramento di Ravensbrück, 17 maggio
1944)
Buongiorno Milena, lei nasce in
Cecoslovacchia. Buongiorno a lei.Sono nata a
Praga, mio padre Jan era un chirurgo dentale e
professore presso l'Università Carolina di Praga, mia
madre, Milena Hejzlarová, morì quando avevo 13 anni.
I rapporti con suo padre furono difficili.
Mio padre era volubile e scostante, non era capace di
esprimere amore, se non con sporadici slanci di
eccessiva generosità, quasi a mascherare vuoti di
comprensione e assenze totali. Fu un’educazione
patriarcale la mia, ogni volta che lo salutavo dovevo
baciargli la mano, mai una confidenza. Per me desiderava
prefabbricare uno splendido futuro di medico.
Dicono che lei cominciò a far parlare di sé
verso i quindici anni per i suoi atteggiamenti
estremamente liberi ed emancipati. Frutto in
parte dell'atmosfera che si respirava all'interno della
“Minerva”, il primo ginnasio femminile dell'Impero
austro-ungarico, dove studiavo. Ero irrequieta e
ostinata, diffidente verso gli adulti eppure aperta alla
vita, spesso sfrontata e provocatrice… Una volta ho
attraversato a nuoto la Moldava con gli abiti addosso
per non perdere un appuntamento, un’altra sono stata
arrestata alle cinque del mattino per aver raccolto
fiori per un ragazzo in un parco pubblico. Mi piaceva lo
sport, mi piaceva scrivere, camminare per le vie della
città per assorbire tutto ciò che mi circondava,
frequentare ritrovi per artisti.
Fu
allora che incontrò Ernst Pollak… Ricordo la
prima volta che incontrai Ernst: ero nella sala dei
concerti, seduta sui gradini della prima galleria,
indossavo un abito da sera lilla, molto grazioso ed egli
venne a leggere lo spartito accanto a me… l’amore, la
felicità più alta e il dolore più profondo …
Ma suo padre non ne fu contento. Per
mio padre la relazione con un ebreo tedesco costituiva
uno scandalo, un’infamia per un patriota come lui. Fu
orribile, mi rinchiuse a Veleslavin in una casa di cura
per malattie mentali pur di tenermi lontana da quelli
che definiva influssi nefasti.
Poi il
matrimonio con Ernst Fuggii. Fui ripudiata
definitivamente da mio padre ma finalmente fui libera di
sposare Ernst ed insieme andammo a vivere a Vienna. Era
il 1918 io avevo appena compiuto ventidue anni.
Come andò il matrimonio? Dovetti ben
presto fare i conti con le difficoltà economiche che non
toccavano Ernst, preso soltanto dalle riunioni
intellettuali con gli amici. Per reperire il denaro
necessario a vivere impegnai il mio corredo, diedi
lezioni private di ceco e lavorai come facchino alla
stazione. Ernst però si stancò del matrimonio. Era
sempre circondato da donne bellissime con le quali io,
imbruttita dalla fatica, non potevo competere. Arrivò
perfino ad impormi la sua infedeltà, facendo appello
alla mia emancipazione, instaurando una sorte di menage
a trois nella nostra casa con la sua amante. Io, pur
essendo gelosissima, sopportavo tutto perché ero ancora
innamorata di lui. Franz Kafka ha scritto di me “Lei
è un fuoco vivo come ancora non ne ho visti mai, ma un
fuoco che nonostante tutto brucia solo per lui.” Fu
un periodo difficile: ripudiata da mio padre, umiliata
da mio marito che non mi desiderava più, cominciai anche
a fare uso di stupefacenti.
Ci parli del
suo rapporto con Franz Kafka Fu mio marito a
farmi conoscere Franz Kafka, insieme ad altri
intellettuali, in un caffè praghese nell’ottobre del
1919, ma fu un incontro fugace che più tardi così
ricordò Franz in una lettera a me: “Mi viene in mente
che non riesco a ricordare nessun preciso particolare
del Suo viso. Vedo ancora soltanto come Lei si allontanò
poi tra i tavolini del caffè, la Sua figura, il Suo
abito.” Qualche mese dopo lessi i suoi primi racconti
e gli scrissi per ottenere l'autorizzazione alla
traduzione dal tedesco al ceco. Dall’aprile del 1920
cominciò tra noi una intensa corrispondenza. Il
nostro fu un amore prevalentemente epistolare, ci
scrivevamo ogni giorno talvolta anche due volte al
giorno.
Ma lei desiderava di più ….
Lui aveva trentotto anni e «i capelli bianchi delle
vecchie notti»; io ero sposata, molto giovane … disse di
me che ero bella come un angelo .., lui era ebreo, io
cattolica. Ma la differenza di età e di religione non
potevano certo costituire un grave ostacolo alla nostra
unione, così come non poteva costituire un ostacolo
insuperabile il fatto che fossi sposata. Lo sommersi
di lettere e telegrammi, cercai di vincere le sue
esitazioni con le donne. Cercai di comprendere le sue
paure. Ma Kafka aveva paura dell'amore, ed io mi resi
conto che la nostra storia era destinata a finire
presto. Io esigevo tutto l'amore, anche quello fisico,
da cui lui invece si ritraeva atterrito. Il nostro
rapporto d'amore, che all'inizio era soltanto
epistolare, finì presto per volontà di Kafka.
Se non sono indiscreta, vi siete mai incontrati?
Si, dopo molte insistenze da parte mia, Franz venne a
Vienna a giugno del 1920 e passammo insieme quattro
giorni che così definì in una lettera “il primo fu
l’incerto, il secondo il troppo certo, il terzo fu il
pentito, il quarto il buono”. Un’altra volta riuscii
ad incontrarlo la notte tra il 14 e il 15 agosto nella
piccola località, Gmünd, ai confini tra l’Austria e la
Cecoslovacchia Quei giorni sembrarono sufficienti a
far crollare le sue resistenze, ma come le dicevo prima
il nostro rapporto finì per volontà di Kafka: era molto
malato e soffriva per la mia vitalità. Mi chiese di
non scriverci più …”Questo incrociarsi di lettere deve
cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che
cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e,
comunque sia, si trema sempre” Per due anni di
seguito andai alla Posta per vedere se ci fossero sue
lettere non riuscivo a togliermi questa abitudine, credo
di averlo amato fino alla fine.
Franz
Kafka morì… Franz morì nel sanatorio di
Kierling presso Vienna il 3 giugno del 1924. Scrissi
sulle pagine del Narodny listy del 6 giugno 1924 un
articolo “… era timido, timoroso, dolce e buono, ma
scrisse libri crudeli e dolorosi. Era lungimirante,
troppo saggio per poter vivere e troppo debole per
combattere: ma la sua debolezza era quella degli uomini
nobili che non sanno misurarsi con la paura, i
malintesi, la mancanza di amore e le menzogne
intellettuali….”
Poi , se non sbaglio,
lei divorziò? Si, trovai finalmente il
coraggio di porre fine al mio matrimonio con Pollak
finito ormai da tempo.
E che fece?
A Vienna cominciai a scrivere articoli e editoriali per
alcune delle più note riviste di Praga e mi fidanzai con
un ex ufficiale austriaco aristocratico che era
diventato comunista. Era diverso da tutti gli zoticoni
intelligenti che mi circondavano in passato. Finalmente
avevo trovato un uomo che mi dedicava attenzioni.
Dopo un breve soggiorno a Dresda tornai a Praga dove
l'accoglienza fu trionfale, tutti mi volevano; ero
attorniata da intellettuali cechi, ebrei, tedeschi: ero
tornata nel mio mondo. L'austriaco però si trovava male
a Praga: mi seguiva come un'ombra, veniva a cercarmi nei
caffè e si guadagnò il soprannome di dov'è Milena?.
A Praga conobbe l’architetto Jaromír Krejcar
Esatto, conobbi e sposai nel 1927 Jaromir Kejcar, un
architetto d'avanguardia e con lui ho vissuto gli anni
più belli: la nostra casa era frequentata da esponenti
dell'avanguardia in campo artistico e letterario. Vissi
un periodo di pura felicità privata e nel lavoro, dove
ottenni l'apice del successo giornalistico.
Avete avuto una figlia? Si, Jana
Honza, a voi oggi nota come poetessa con il nome di Jana
Cerna…… Dopo il parto mi ammalai di setticemia, mio
marito disperato si rivolse a mio padre che mi salvò, ma
per lenirmi gli atroci dolori mi tenne sotto morfina.
Tornai a casa dopo un anno di ospedale: ero morfinomane.
Un ginocchio mi rimase rigido e deforme, sparì la mia
andatura elegante che tutti ammiravano.
Passò un periodo tremendo Lottai
disperatamente contro la morfina, e nel frattempo
diventai un'attivissima militante comunista. Il
matrimonio andò male, mio marito mi tradiva.
Divorziammo.
Si impegnò sempre più
attivamente nella politica Con le pressioni
del nazifascismo sulla Cecoslovacchia, mi trasformai in
cronista sempre più impegnata politicamente. Scrissi
editoriali e commenti sull'ascesa del Partito Nazista in
Germania. Mi procuravo le notizie ovunque, anche dal
nemico. Volevo capire fino in fondo le argomentazioni
dei nazisti per poterle confutare con precisione nei
miei articoli.
Finché entrò nella
Resistenza Dopo l'occupazione della
Cecoslovacchia da parte dell'esercito tedesco, mi unì al
movimento di resistenza clandestino, aiutai i fuggiaschi
a rimanere nascosti alla Gestapo, organizzai la fuga di
ufficiali e piloti dell'esercito ceco.
Ma
lei volle restare in patria E mi arrestarono
tenendomi dapprima a Palazzo Peckarna, sede della
Gestapo, poi trasferendomi in una fredda cella a Dresda.
L'alimentazione scarsa diede un duro colpo alla mia
salute, persi venti chili, dopo meno di un anno mi
dissero che mi avrebbero ricondotta a Praga e liberata.
In realtà fui trasferita nel campo di concentramento di
Ravensbrück.
Qui conobbe Margarete
Buber-Neumann Inviai un biglietto a
Margarete (ma tutti la chiamavano Grete), avevo sentito
parlare di lei dalle altre prigioniere, ero una cronista
e volevo sapere se davvero fossero stati i sovietici a
consegnarla alla Gestapo. Subito nacque tra noi una
profonda amicizia. Ci vedevano appena possibile lungo il
cosiddetto muro del pianto. Le SS potevano vietarci
qualsiasi cosa, minacciarci di morte, ridurci in
schiavitù, ma nei sentimenti che provavamo l'una per
l'altra eravamo libere, intoccabili.
Il
desiderio di essere amati diventa più forte durante una
prigionia… A Ravensbrück molte internate
cercavano conforto nelle amicizie tra donne, le amicizie
passionali erano frequenti sia tra le prigioniere
politiche che fra le donne cosiddette criminali, ma la
direzione del campo perseguitava queste relazioni a suon
di bastonate. Diventammo temerarie, uscivamo di
nascosto la sera dalle baracche, desideravamo stare
sole, lontano dalle altre prigioniere, riuscimmo a
passare una intera notte insieme, di domenica ci
chiudevamo nella stanza delle analisi dell'infermeria,
magari solo per parlare. Grete fisicamente era più
forte, è lei che si prendeva cura di me e per far questo
bisognava spesso violare il severo regolamento del
lager, rischiando la vita.
Milena si ammala
gravemente, la sua resistenza si sta spezzando. Lavora
lo stesso per paura di essere finita con un'iniezione
letale o di essere inserita in un trasporto verso le
camere a gas. Ha un collasso dopo l'altro, comincia a
perdere la sua forza morale Milena muore due giorni
dopo, il 17 maggio 1944 Aveva 48 anni. Grete si
trascina esausta nella sua baracca: "Per me la vita ha
perso significato". Il 10 giugno 1944 arriva nel
campo la notizia dello sbarco degli Alleati in
Normandia. Tutte le detenute esultano. Solo Grete non
esulta, di giorno si tormenta, di notte piange: "Perché
continuare a vivere se Milena era morta". Margarete
Buber-Neumann tornò ad essere una donna libera.
Esaudì il testamento spirituale di Milena. Scrisse il
loro libro sui campi di concentramento. Milena, poco
prima di morire, le aveva detto: "So che almeno tu
non mi dimenticherai. Per merito tuo posso continuare a
vivere. Tu dirai agli uomini chi ero, sarai il mio
giudice clemente".
TU SEI PER ME IL
COLTELLO COL QUALE FRUGO DENTRO ME STESSO (da una
lettera di Kafka a Milena)
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L'INTERVISTA E' A CURA DI NATALIA MARI
FONTI:
Franz Kafka - Lettere a Milena a cura di Willy Haas, Oscar Mondadori
Margarete Buber-Neumann, Milena l’amica di Kafka, Adelphi
http://www.culturagay.it/biografia/186 http://books.google.it
Michael Müller, Franz Kafka
http://www.unive.it/media/allegato/dep/Recensioni/25_Ugo_Rubini.pdf
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