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INTERVISTE IMPOSSIBILI
Ninon de Lenclos
Libera come un uomo
Nella Francia del mille e seicento tra
gli sfarzi della nobiltà splende la stella di una donna
intelligente, piena di fascino e di grande temperamento. Non era
bellissima, aveva gli occhi distanti e il naso lungo, era scarsa di
seno e portava i capelli corti e ricci, ma di contro aveva un
carisma che la rendevano la donna più affascinante di Parigi
(Paris,1620 - Paris,
1705)
E’ lei la protagonista di
questi anni: Anne de Lenclos detta Ninon. Proveniente
dalla piccola nobiltà, ma smaniosa di vivere a modo suo.
"Libera come un uomo" conquistò Parigi con la sua
spregiudicatezza, seducendo, giovanissima, nientemeno
che il cardinale Richelieu. Questo è solo l’inizio della
straordinaria avventura umana di una donna che divenne
una delle figure più celebri della sua epoca e, insieme,
la regina del più brillante salotto della capitale.
Siamo nella Parigi della metà del Seicento… Ninon femme
fatale e donna inafferrabile. Eccola qui, elegante e
reale nel suo salotto di rue des Tournelles. Civetta e
spregiudicata, amante passionale al limite della follia,
donna dagli amori disperati, a volte inavvicinabile,
altre disponibile, costosa quanto un patrimonio o a buon
mercato quanto un chilo di alici al mercato di rue
Mouffetard. Ma bella, bella, anche se non bella, bella
quanto può esserlo una cortigiana. Più si concedeva e
più sfuggiva a chi cercava di possederla. Libera e
libertina ricordava agli uomini che la vita era un
soffio di vento caldo e solo chi si abbandonava alla
passione poteva sperare di averla veramente vissuta.
Madame iniziamo dalle sue origini? Sono nata a
Parigi del 15 maggio 1620. Mio padre, Henri de Lenclos,
era un militare di carriera. Fu lui a darmi il
soprannome di Ninon. Crebbi a Parigi in un palazzo nel
quartiere Marais. Presto, per volere di mio padre,
imparai a cavalcare e a tirare di scherma. A Loches nel
maniero di campagna della zia paterna, la baronessa
Christine de Montague, ricevetti lezioni di teologia e
filosofia e conobbi il futuro duca de La Rochefoucauld.
Sua madre? Marie Barbara de La Marche,
apparteneva ad una famiglia borghese benestante, molto
devota, voleva che leggessi solo libri religiosi, ma io
ben presto mi allontanai preferendo letture di classici
latini e romanzi d’amore, poi mi avvicinai alla
filosofia alternandola allo studio delle lingue. Leggevo
prevalentemente Montaigne e parlavo correntemente lo
spagnolo e l’italiano.
Come mai a diciassette
anni la troviamo in un convento? Persi mia madre a 16
anni. Mio padre invece dovette allontanarsi da Parigi,
dopo un duello dove perse la vita il marito della sua
amante. Io mi ritrovai sola e senza un soldo con il solo
misero vitalizio lasciato da mia madre. Quella del
convento fu una scelta quasi obbligata. Per fortuna ci
rimasi soltanto un anno! Poi il mio spirito libero e
mondano ebbe la meglio.
Leggendo la sua
biografia, la permanenza in un convento sembra perlomeno
sorprendente… Beh direi di sì, tenga comunque conto
che pur di non sposarmi avrei perfino accettato una vita
di clausura.
Quindi dopo un anno tornò a Parigi e
cosa fece? Decisi di riprendere possesso della mia
casa e di vivere sola con i domestici. Naturalmente la
cosa fece scandalo tra i benpensanti. Continuai i miei
studi di filosofia con l’abate Puy.
L’amicizia
con la duchessa de La Ferté diede una svolta alla sua
vita... Era mia amica e grazie a lei fui ammessa nel
salotto di Madame Rambouillet entrando così
ufficialmente in società.
In quel salotto divenne
una figura molto popolare… Mi trovavo a mio agio nei
salotti. Adoravo conversare passando dai pettegolezzi
più frivoli ad argomenti di teatro, arte e musica. Pensi
che ebbi tra l’altro la fortuna di incontrare un giovane
di belle speranze chiamato Moliere.
Ci parli
della Marchesa de Rambouillet… Una gran signora,
donna di spirito e di talento, non tanto bella, ma
affascinante davvero! Nella sua stanza da letto, la
famosa Camera Azzurra, riceveva le sue amiche e anche
qualche visitatore. Tutti inviti rigorosamente
selezionati. Lì iniziai a capire che in quei salotti non
si parlava solo d’arte, ma…
Perché veniste
chiamate le “Preziose”? Perché solo a pochi uomini
concedevamo la nostra presenza. Il nostro obiettivo era
la grande raffinatezza dei comportamenti e dei
sentimenti. Ricercavamo appunto il prezioso e il
raffinato, ma anche il piccante e per certi versi il
trasgressivo, sempre avendo cura di mantenere
l’etichetta.
Dopo questa esperienza la troviamo
nel salotto di Marion Delorme… Marion Delorme era
davvero molto bella e piena di fascino, una vera
cortigiana, devota ai suoi amanti ed in particolare
follemente innamorata del favorito di Luigi XIII, il
Conte de Cinq-Mars. Nel suo salotto incombeva spesso il
rischio di cadere nell’eccesso.
Rimase
affascinata da questa figura libertina… Per me fu un
modello di comportamento e di etichetta anche se lei era
una vera e propria cortigiana mentre io mi consideravo
una donna libera che sceglieva i propri amanti per puro
piacere al di là di ogni pregiudizio.
Dopo tanto
girovagare… finalmente un suo salotto! Avevo tante
idee ma soprattutto avevo voglia di intrattenere i miei
tanti amici secondo le mie regole. Odiavo la confusione
per cui invitavo solo pochi ospiti alla volta. Ma il
problema principale è che per gestire un proprio salotto
ci vuole parecchio denaro per cui dovetti fare ricorso a
prestiti. Jean Coulon, il mio consigliere e devoto
amico, mi diede cinquecento livres ed altri mi offrirono
cospicue somme senza pretendere nulla in cambio che mi
permisero di arricchire le mie cene e di comprare vini
pregiatissimi.
Come erano organizzate le serate?
Nel mio salotto regnava un’atmosfera serena che aiutava
le relazioni interpersonali fra uomo e donna coltivando
il piacere della conversazione e dell’amicizia senza per
questo rinunciare all’amore.
Si diceva in giro
che il salotto di Ninon fosse in un certo senso il primo
harem maschile della storia di Francia. Amavo
circondarmi di uomini, ma mi preme dire che, al
contrario di molte mie amiche, ho amato gli uomini
sempre uno alla volta. Li adoravo e allo stesso tempo ne
ero amica. Ero disponibile ad ascoltarli e a
consigliarli tenendo la massima segretezza circa le loro
confidenze. Sapevo anche intrattenerli con scherzi
innocenti e suonando alle volte il liuto o esibendomi in
canti leziosi.
La Bruyère la definì: “Una bella
donna che ha le qualità di un galantuomo è quel che di
meglio c’è al mondo: riunisce i meriti dei due sessi.”
Ringrazio la Bruyère, io stessa in una lettera ricordo
che svelai il segreto del mio successo: “La filosofia si
addice ai godimenti dello spirito. Ma la saggezza non
basta: bisogna anche piacere.”
E venne il momento
dell’invito a corte… Grazie alla duchessa di
Loungueville, venni invitata al ricevimento in onore di
Louis d’Enghien, che successivamente divenne mio amante.
Ricordo che alla presenza della regina Anna d’Austria e
del cardinale Mazzarino mi esibii nel canto
accompagnandomi con il liuto.
Poi vennero anni
bui. Nel 1648 ci fu il periodo della Fronda, così
decisi di ritirarmi nel convento delle Suore Orsoline
fuori Parigi aspettando che si calmassero le acque.
Importante è l’incontro con la marchesa di Sévigné
In realtà non ci siamo mai incontrate, ci conoscevamo
per interposta persona e ci stimavamo profondamente. Io
al tempo era l’amante di suo marito, il marchese Henri
de Sévigné. Lui era un libertino molto vanitoso che
adorava sfoggiare le sue conquiste ad ogni occasione.
Ovviamente lo fece anche con me e sua moglie, nonostante
fosse al corrente della cosa, fu molto indulgente e con
mia ammirazione continuò a mantenere una fredda
indifferenza degna di una grande donna.
Quella
relazione però non durò molto… Ero sulla bocca di
tutti e sinceramente laddove manca segretezza manca
anche trasgressione per cui lo lasciai dandogli il
benservito.
Il marchese come si comportò? A
lui interessava infoltire la bacheca dei suoi trofei per
cui passò a corteggiare la signora di Gondrand amante
del cavaliere d’ Albret. Quest’ultimo venne a sapere
della relazione e sfidò in duello il marchese. Sévigné
colpito al cuore, morì.
La incolparono della sua
morte vero? Il primo pettegolezzo fu che i due si
fossero sfidati per me, ma quando seppero che il trofeo
di quella sfida era la signora di Gondrand mi
incolparono dell’accaduto perché avevo lasciato il
marchese quando questi era ancora innamorato di me. Ma
era un’accusa ingiusta tanto più che il marchese avendo
un’intensa attività di amante aveva alle spalle molti
duelli.
La stima tra lei e la marchesa non venne
intaccata… La marchesa di Sévigné mi perdonò di
essere stata l’amante di suo marito e successivamente di
suo figlio, anzi anni dopo volle che suo nipote fosse
accolto nella mia scuola di galanteria.
Nonostante i numerosi amanti Louis de Mornay, marchese
di Villarcieux fu sicuramente l’uomo più importante
nella vita, vero? Louis era ricco, sposato e padre di
quattro figli. Passionale ma soprattutto non libertino.
Per la sua grazia e le sue maniere era un ospite
graditissimo nel mio salotto. Tra noi iniziò ben presto
una relazione che durò quasi tre anni. Per lui lasciai
Parigi per Rueil e Vexin. Dalla nostra unione nacque
Louis Francois. Mio figlio venne riconosciuto legalmente
dal padre ma crebbe lontano me.
Quando rientrò a
Parigi trovò la sorpresa meno gradita… Nell’agosto
del 1655 venni rinchiusa per volere della Regina Anna
d’Austria nel convento delle Madelonettes perché mi
ravvedessi e mi salvassi l’anima. La notizia destò un
forte clamore tanto che molti miei ammiratori cercarono
di scavalcare le mura del convento con la speranza di
potermi incontrare, altri invece si sobbarcarono
interminabili file nel parlatorio delle suore per poter
scambiare almeno due parole e tanti sguardi intensi.
Ma la visita più inaspettata fu quella della regina
Cristina di Svezia… Da quando aveva abdicato
viaggiava in lungo e in largo per l’Europa. Cristina,
attratta dalla mia fama di donna libera che viveva come
un uomo, volle conoscermi personalmente. Durante il
colloquio mi promise che avrebbe chiesto a Luigi XIV la
mia liberazione. Mantenne la promesse ed alcune
settimane dopo venni rilasciata.
Tornata a Parigi
non si perse d’animo… Assolutamente no, fissai la mia
dimora in rue des Tournelles, sempre a Marais. Dopo
l’ingiusta detenzione ero diventata il simbolo della
nuova Parigi libera e mondana. Ricordo ancora il
ricevimento in occasione della riapertura del mio
salotto. Intervenne tutta la Parigi bene ed addirittura
alcuni membri dell’Accademia di Francia.
Le
malelingue le attribuirono anche un rapporto molto
intimo e passionale con la Henriette de La Suze… La
mia amica Henriette, era una meravigliosa donna con una
bellezza fuori dal comune, anche se molto fragile
psicologicamente. Aveva avuto due mariti e due amanti.
Sotto la mia guida divenne un’impeccabile Preziosa che
però soffriva della mancanza d’amore. Ovviamente non
mancarono i pettegolezzi circa i nostri incontri molto
riservati…
Ma il suo salotto veniva frequentato
anche da giovanissimi alle prime armi… Nel 1664
decisi di aprire una vera e propria scuola di galanteria
e così una volta alla settimana, le porte del mio
salotto si aprivano per ricevere i giovani che volevano
imparare a gestire se stessi e il loro rapporto con le
donne. Erano perlopiù giovanotti dell’aristocrazia,
timidi e goffi che parlavano male e vestivano peggio e
che delle donne sapevano pochissimo. La scuola durava
tre mesi. Insegnavo loro ad aver tatto e disinvoltura,
ad avere gusto nel vestire, a saper scegliere profumi
adeguati, ad avere rispetto per le donne e a non
sopraffare mai la volontà femminile. Erano delle vere e
proprie lezioni teoriche e alle volte anche pratiche
sull’arte della seduzione e della galanteria nonché sul
galateo e sull’eleganza.
Ninon si adoperò molto
per il gusto e l’eleganza e noi preferiamo lasciarla
qui, nella sua scuola della galanteria. Gli ultimi suoi
anni li trascorse appartata frequentando pochi amici
fidati. Era diventata una vecchia signora che usciva di
rado su una portantina. Dopo la morte della sua cara
amica Madame de La Sablière e dell’amico Saint-Evremond
un tormentato percorso interiore la portò ad abbracciare
la fede, proprio lei che aveva sempre dato molta
importanza alla forza della ragione. Morì il 17 ottobre
1705, all’età di ottantacinque anni, dopo tre giorni di
sofferenze, e venne sepolta nella chiesa di Saint-Paul.
Nelle sue volontà non dimenticò nessuno: destinò una
somma ai suoi domestici, la sua casa al nipote di
Gourville in ricordo dell’amicizia con il nonno,
cinquemila franchi ai poveri della parrocchia e per il
suo funerale solo dieci scudi più cinquanta franchi per
le messe in suffragio. Aggiungendo una postilla: mille
franchi al figlio del suo commercialista, il piccolo
François Marie Arouet, perché si comprasse dei libri; fu
forse la prima ad intuire il genio di colui che sarebbe
diventato Voltaire.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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.http://archiviostorico.corriere.it http://en.wikipedia.org
http://www.baroque.it/
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