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INTERVISTA IMPOSSIBILE
 
 

Edda Ciano
La figlia del duce
Quella finta apparenza di donna moderna, sfrontata, fumatrice incallita che amava ostentare, non era altro che il frutto di un’educazione troppo intrappolata (A. Martinez)
 (Forlì, 1910 – Roma, 1995)
 




 
Parioli. Quartiere elegante di Roma. Ogni sera alle 18 in punto si apre il portone di un elegante palazzo. Una signora distinta e magra esce con un sacchetto in mano. Lei è la Contessa Edda Ciano, la busta contiene la cena per i gatti e quei gatti sono la sua unica compagnia.
Dopo alcune sere riesco ad avvicinarla, parliamo di gatti ed entriamo in confidenza. Alcuni giorni dopo mi invita per un the. Credo abbia superato da un bel pezzo i settanta anni, noto che parla con tono secco, preciso, nessuna commozione nella sua voce quando racconta la sua storia, nessuna pietà.

E’ lei la donna che ha avuto il compito dalla storia di spiegare ai propri figli, che adoravano il nonno Benito, come quel loro nonno, tanto affettuoso, avesse condannato a morte il loro papà.
La stanza è piena di ricordi in bianco e nero, foto alle pareti, libri, oggetti vari. Sulle sue ginocchia uno yorkshire.


"Sa, una volta a settimana prendo un taxi e mi faccio accompagnare in periferia nel posto esatto dove ho seppellito i miei gatti e i miei cani. Loro mi hanno aiutato a superare i momenti più tragici della mia vita. La gente che mi vede deporre i fiori mi reputa pazza, perché in quel posto non c’è una lapide, una croce, un segno di riconoscimento… Non c’è nulla, ma io lo so che sono là, sotto quella terra."

La sua vita intensa le ha permesso di avere molti ricordi…
Dentro di me c’è la storia, che avrei preferito non avere. La mia mente è ferma lì, ai giorni della tragedia, non se ne è più liberata. Tanti ricordi che si accavallano sorprendentemente nitidi, ma nessun rimpianto. Del resto come potrei averne?

Parliamo delle sue origini?
Sono nata a Forlì da mio padre Benito e mamma Rachele. I miei al tempo non erano sposati in ossequio alle idee anarco-socialiste di mio padre, quindi venni registrata all'anagrafe come figlia illegittima con l'indicazione "N. N." al posto del nome materno.

Quindi la leggenda che lei sia figlia di Angelica Balabanoff è falsa…
Diciamo che venne messa in giro dagli avversari politici di mio padre. Angelica Balabanoff, una militante socialista di origini russe, ebbe effettivamente una relazione con mio padre al tempo dell’esilio in Svizzera, ma le posso assicurare che sono figlia di mia madre Rachele.

A vent’anni sposa Galeazzo Ciano…
Grazie alla mia amica Maria, conobbi suo fratello, il conte GianGaleazzo. Fu un colpo di fulmine, dopo soli due mesi ci sposammo a Roma. Andammo a Capri in viaggio di nozze e poi a Shanghai dove Galeazzo svolgeva l’attività di console.

Ebbe tre figli vero?
Fabrizio, Raimonda e Marzio. Dopo la nascita di Fabrizio tornammo a Roma. Galeazzo divenne prima sottosegretario alla Stampa e Propaganda e poi ministro degli Esteri.

Come fu la vita matrimoniale?
Per il ruolo che occupava, Galeazzo era sempre indaffarato. Poi addirittura partì per la guerra d’Abissinia. Io svolgevo una vita di società e mi occupavo dell’educazione dei figli nella nostra casa ai Parioli. La domenica come d’abitudine portavo i ragazzi a Villa Torlonia a far visita ai nonni.

Come mai lei stessa definì i suoi comportamenti “da maschiaccio”?
Sin da bambina a Milano manifestai un carattere forte. Da ragazza fui la prima in Italia a portare i pantaloni. Non capivo perché alcune attività fossero riservate soltanto agli uomini. Questo mio carattere intraprendente e ribelle mi portò a scontrarmi non di rado con mio padre. Pensi che una volta lui ebbe a dire: "Sono riuscito a sottomettere l'Italia, ma non riuscirò mai a sottomettere mia figlia".

Durante la guerra lei si dichiarò filo-tedesca!
Ho sempre appoggiato fermamente le scelte di mio padre al contrario di mio marito sempre in preda a dubbi atroci.

Anche lei partecipò attivamente alla guerra…
Partii per l'Albania con il gruppo delle crocerossine. La nave-ospedale sulla quale eravamo imbarcati venne silurata dagli inglesi. Fu un disastro con centinaia di vittime, io mi tuffai in mare e nuotando riuscii a pormi in salvo su una scialuppa.

A chi aveva lasciato i suoi figli?
Li avevo affidati ad una governante, una signora intransigente tedesca che rispecchiava il mio carattere. Ma nel ’43 lasciai le crocerossine e rientrai in Italia.

Nello stesso anno suo marito vota la mozione Grandi di sfiducia a Mussolini cosa successe?
Ricordo ancora quel 25 luglio. Ero in vacanza al mare con i figli, quando arrivò un messaggio da mio marito che mi invitava a rientrare subito a Roma. Il fascismo era caduto. Quel voto gli costò l’accusa di alto tradimento e fu l’inizio della nostra tragedia.

Cosa fece?
Condussi una solitaria battaglia per salvare la vita di mio marito anche se politicamente non ero assolutamente d’accordo con lui. Mentre Galeazzo restava barricato in casa, cercai di patteggiare con i tedeschi l'espatrio della mia famiglia, dopo che il Vaticano aveva rifiutato il nostro asilo.

Come si comportarono i tedeschi?
Finsero di farci espatriare, destinazione Spagna, invece ci fecero prigionieri in Germania. Mio marito fu rispedito in Italia. Intanto mio padre era stato liberato ed aveva costituito la Repubblica di Salò. Mio marito venne arrestato il 18 ottobre 1943.

E lei?
Misi al sicuro i miei figli in Svizzera e cercai di far leva sui sentimenti di mio padre per liberare mio marito.

Si parla di furiosi scontri con suo padre e sua madre Rachele!
Nel frattempo Galeazzo era stato condannato a morte nel Processo di Verona ed a me non restava che fare tutti i tentativi possibili per salvargli la vita compreso un contatto che mi portò vicino ad Hitler.

Nonostante tutto Galeazzo Ciano fu ammazzato! Perdonò mai suo padre?
Alcuni anni dopo la sua morte lo perdonai. Per quanto riguarda il rapporto con mia madre invece lei ha difeso il suo uomo, io il mio!

Finita la guerra cosa accadde?
Ero e mi sentivo sola. Dopo la fucilazione di mio marito e di mio padre mi rifugiai assieme ai miei figli in Svizzera in un piccolo convento di suore domenicane. Dietro richiesta del nuovo governo italiano mi obbligarono a tornare in patria. Qui venni giudicata e condannata a due anni di confino sull’isola di Lipari.

Il suo soggiorno a Lipari ci sembra molto interessante…
Cosa vuole che le racconti? La mia storia con Leonida?

Si è scritto tanto e mi piacerebbe sapere qualcosa direttamente dall’interessata.
Lo vidi per la prima volta appena sbarcata a Lipari, era alto, forte, il volto saraceno di certi siciliani arabi. I primi contatti furono molto cauti, Leonida mi aiutò a trovare una sistemazione nell’isola. Ma una sera di maggio, sulla terrazza della casa con vista incantevole, fu l’inizio di una grande storia di amore.

Chi era Leonida Buongiorno?
Vuole ridere? Ebbene sì un comunista, capo della sezione del PCI di Lipari, partigiano nella Resistenza in Francia, sotto il falso nome di Paul Zanettì.

Come andò?
All’inizio fui molto guardinga a causa della mia tragedia familiare, erano passati solo sette mesi!!! Poi iniziai ad essere complice del suo gioco erotico fatto di sguardi e di carezze. Ci scambiavamo lettere perlopiù scritte in francese ed in inglese per difenderci dalla curiosità dei postini. “Caro amico, se i vostri impegni politici e i vostri svaghi della domenica ve ne daranno la possibilità, vorrete essere così cortese da venire a farmi una visitina? Sul tardi. Nel pomeriggio…” E la passione lievitò fino a travolgerci e con essa l’amore e la confidenza. Le prime volte, per stupirlo, mi facevo trovare distesa sul letto, coperta appena dal velo della zanzariera. Furono momenti indimenticabili anche se ci dividevano il suo ottimismo nel futuro e la mia disillusione della storia.

Estate del ’46: dopo nove mesi arrivò l’amnistia…
Esatto! La nostra storia d’amore conobbe lo strazio della lontananza. Del resto non vedevo l’ora di rientrare per riabbracciare i miei figli. Portai via con me la nostalgia del grande amore, un mio ritratto nudo fatto a matita da Leonida e lo sciabordio delle onde sulla riva che facevano da sfondo ai nostri momenti romantici e silenziosi. Un corrispondente del Corriere della Sera scrisse all’epoca: “L’elegante signora» pare poco interessata a lasciare l’isola, anche perché «non ha disdegnato l’assidua compagnia di un aitante giovane del luogo, il sig. Leonida Buongiorno.”

Come visse il distacco?
Passavo il tempo a scrivere lettere, perfettamente in sintonia con i miei stati d’animo, i quali si alternavano repentinamente tra la depressione e la speranza. A volte scrivevo: “Spero che voi siate infelice e soffriate a causa mia.” Oppure: “Chéri, darling, è piacevole alzarsi al mattino e ascoltare parole di amore che vengono da lontano.” Altre dove trascrivevo semplicemente delle poesie sperando che il suo cuore le accogliesse con lo stesso impeto e lo stesso coinvolgimento passionale.

Ma non fu così, vero?
Mio malgrado scoprii che Leonida aveva una fidanzata sull’isola. Angela, sua futura moglie. Fu crisi vera di gelosia, furono attacchi di panico, fino allo sconsiderato gesto di tagliarmi i capelli a zero e spedirgli la foto della testa pelata.

Vi vedeste ancora?
Ci incontrammo una volta a Messina ma ormai il suo cuore era lontano. Non volli rassegnarmi ed in una delle ultime lettere gli scrissi: “Venite dunque con me. Non abbandonate questa felicità che gli Dei vi offrono.” Ma le risposte di Leonida si fecero sempre più rare.

La stanza ormai è in penombra. Edda si alza. Guarda l’orologio. Si scusa, ma ha fretta. La sento trafficare in cucina, poi torna con una busta in mano.

"I miei gatti mi aspettano! Non mi perdonerei mai se solo uno di loro rimanesse a digiuno."


Dopo l’esperienza di Lipari Edda inizia una battaglia personale per il recupero della salma del padre e per riavere i beni di famiglia sequestrati. Recuperata una parte dei beni di famiglia, la vita comincia a scorrere in modo meno convulso, nonché più agiato. Viaggia per il mondo per conto proprio senza mancare di far visita ai figli Fabrizio e Dindina (Marzio è morto giovanissimo), sistemati all'estero.
Edda Ciano muore a Roma l'8 aprile 1995; è sepolta a Livorno, nel Cimitero della Purificazione, accanto a Galeazzo.

Nel 1989 la figlia prediletta dal Duce rilasciò delle interviste durante le quali racconta per la prima volta la sua vita, il suo rapporto con i genitori, l'ascesa al potere del padre, i suoi amori, le guerre, la vita mondana, le tragiche giornate di Verona.
Nel 2009, viene pubblicato " Edda Ciano e il comunista. L'inconfessabile passione della figlia del Duce", scritto da Marcello Sorgi. Il libro racconta quella stupenda storia d'amore venuta a galla con il ritrovamento di una scatola rimasta sigillata per moltissimi decenni e nascosta in un armadio della Petite Malmaison di contrada Timparozzo a Lipari. Qui dentro sono state trovate lettere d’amore e appunti che testimoniano
“L’inconfessabile passione della figlia del Duce“.



 


INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
http://biografieonline.it
it.wikipedia.org/
http://lanostrastoria.corriere.it/
www.tonyassante.com
www.lastampa.it

FOTO GOOGLE IMAGE


 





 
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