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INTERVISTA
IMPOSSIBILE
Elisabetta I
La Grande
Siamo nell’anno del Signore 1580, e
sinceramente non so che cosa aspettarmi. Tutto quello che so e
conosco sulla Regina che a breve incontrerò potrebbe essere
sconvolto e capovolto in qualsiasi istante, da adesso
(Greenwich, 7 settembre 1533 – Richmond upon Thames, 24 marzo 1603)
Nella grigia Inghilterra sconvolta dai
conflitti religiosi tra cattolici e protestanti, nel più
bel palazzo di Londra, lo stesso dove governò Enrico
VIII, che senza pudore né pietà ma solo per capriccio e
politica sposò, ripudiò e decapitò ben otto mogli, sento
che la mia forza vacilla. Mi chiedo per la prima
volta se sarò capace di affrontare colei che tutti
temono, criticano, amano: Elisabetta I. Vengo introdotta
nell’ampio salone pieno di candele e velluti e tappeti,
perdendomi nella bellezza dell’arredamento. Poi, scorgo
davanti a me, seduta sul trono, Sua Maestà, protetta da
un elaborato baldacchino e da tendaggi pesanti, aperti a
mostrare la sua graziosa persona. Mi ritrovo davanti
a una strana e splendida creatura, quasi una divinità. I
ricchi abiti Cinquecenteschi ne sottolineano la regalità
dei tratti e del portamento.
Il volto segnato da
ben quarantotto primavere è coperto da un trucco
pesante, e illuminato dalla fulva e infuocata
capigliatura, di un rosso acceso. La mia schiena, a
questa vista, viene percorsa da un brivido sottile
quanto terribile. Vorrei schiarirmi la voce per parlare,
ma non ce la faccio. “Questa è la fanciulla che
chiede di intervistarVi, Mia Graziosissima Sovrana”
Con mia sorpresa, il cortigiano mi introduce,
togliendomi dall’imbarazzo e presentandomi alla Regina.
Faccio un inchino profondo, ben attenta a non perdere
l’equilibrio, trattenendo il respiro a causa del
corsetto stretto in vita che mi impedisce di respirare.
Quando mi rialzo, ho quasi un mancamento e noto che
Elisabetta I mi guarda sorridente, quasi divertita.
“Sembra a Noi soltanto, o non siete molto esperta
con quel corsetto?”
Il mio volto si accende di
imbarazzo, e la risata sincera della regina riempie la
sala: allora è veramente come avevano detto, ama gli
scherzi e i giochi di parole a volte divertiti, a volte
sferzanti, usando spesso il suo senso dell’umorismo
anche con chi non conosce. Dicono sia molto civetta, che
abbia una vanità e una passione innata per le adulazioni
alla sua persona, e che sia assai recettiva a tal
proposito. Non ho nulla da perdere. Tento questa carta.
“Come Voi dite, non lo sono, Maestà. Ma se anche lo
fossi, come potrei competere con la Vostra eleganza e la
Vostra grazia nell’indossare abiti tanto meravigliosi?”
La vedo tornare seria, forse non s’aspettava una mia
reazione, una risposta al suo gioco. Poi, d’un tratto,
si lascia sfuggire un sorriso comprensivo e soddisfatto.
“La vostra lingua è assai pronta, e vellutata,
fanciulla. Vi siete riscattata in fretta. Suvvia,
avvicinatevi, e vediamo di capire che cosa volete da
Noi.”
Noto che usa il plurale majestatis,
quell’abitudine di parlare usando il Noi e non l’Io.
Anche questo corrisponde all’idea che mi ero fatta di
lei, prima di entrare nella sala delle udienze e,
finalmente, incontrarla di persona. E’ un modo per
sottolineare la propria sovranità, ma anche per
mantenere un certo distacco: e come potrei dimenticarlo?
E’ veramente a suo agio su quel trono. Regina, figlia di
Re. Dichiarata illegittima a tre anni. Rinchiusa
nell’orrenda Torre di Londra a ventuno anni, processata
per tradimento e assolta. Incoronata regina a
venticinque, dopo la morte della sorellastra Maria la
Cattolica, che i cittadini ribattezzarono la
Sanguinaria. Mi fa segno di avvicinarmi e manda via le
damigelle e i consiglieri.
Abbiamo voglia di
solitudine. Congedatevi tutti. E detto tra noi, con te,
fanculla, posso anche abbandonare questa abitudine che
ho, di parlare di me al plurale. Non ha senso, ora.
Le chiedo il permesso di fare domande anche ardite.
E vengo esaudita. Ho la sensazione che sia suo desiderio
aprirsi, svelarsi un poco, ed è una grande occasione per
me. Così, inizia la mia intervista a una delle donne più
affascinanti e potenti che la Storia abbia mai
conosciuto. Sovrana in un’epoca in cui regnare
significava avere accanto un uomo che lo facesse al
posto tuo.
Per prima cosa, vorrei osare chiedervi
ciò che tutti vi chiedono, Maestà. Perché non vi
sposate? Sarà una piena soddisfazione per il mio nome
ed anche per la mia gloria se, quando morrò, queste
parole potranno essere incise sul marmo della mia tomba:
"Qui giace Elisabetta, che regnò vergine e morì
vergine". Non trovate sia meraviglioso, altisonante? Non
trovate che sia un bellissimo augurio, per una Regina?
Dimostrerò che pur essendo donna, sono degna figlia di
Enrico VIII, e che non ho in assoluto bisogno di un uomo
al mio fianco per poter portare avanti questo
meraviglioso paese. Oh sì, io amo l’Inghilterra. Proprio
come l’ha amata mio padre!
E voi, mia regina,
avete amato vostro padre come amate l’Inghilterra?
Dopotutto è stato anche l’assassino di vostra madre. Non
sarà per questo motivo che fugate ogni possibilità di
maritarvi? Avete paura? Ha ucciso mia madre, sì. La
testa di Anna Bolena è rotolata via, e io sono rimasta
orfana. Orfana, dichiarata bastarda. Sapete che
l’opposizione cattolica non ha mai smesso di chiamarmi
così? “La bastarda”, mi chiamano... Ah certo, loro
predicano la carità, il perdono, poi sono i primi a
sputarti addosso veleno! Sì, Enrico mio padre aveva una
debolezza, le donne. Ed è stata quella la causa di
tutto. Era vanitoso, prepotente, se si incapricciava di
una femmina la esigeva subito nel suo letto, e se gli
piaceva, beh... si liberava della moglie di turno e se
la sposava. Forse avete ragione. Amare, desiderare, sono
emozioni che un re non dovrebbe provare.
Eppure
voi... lasciate libero il vostro desiderio. E so per
certo che non c’è stato un solo uomo nel vostro letto.
E’ vero? Robert. Vi riferite a lui? Il popolo e i
pettegoli di corte lo definiscono “il favorito della
regina”. Malignano, chiaccherano di continuo. Ma che
cosa vogliono saperne loro, di quello che rappresenta
Robert Dudleyper la sottoscritta? Sospettano molte cose
di me, ma non ne possono provare nessuna. E’ questo il
loro problema. Sì, Robert è da molti anni che entra nel
mio letto. E’ sposato, ma a parte le frequenti crisi di
gelosia reciproche, e tra alti e bassi, è da molto tempo
che tra noi c’è feeling. Sintonia. Passione. Forse
chissà, trova afrodisiaco poter avere la donna più
potente del mondo. A volte fa questo effetto. E per quel
che riguarda gli altri amanti... sì, ce ne sono stati,
più di uno, e presumo continueranno ad esserci, mia
cara.
Quindi non è l’unico. Avete ricevuto molte
offerte di matrimonio e avete flirtato con parecchi
rampolli di case reali. Caterina de’ Medici vi ha
offerto il figlio Enrico, ad esempio. Che potete dire di
lui? Chi?! Quello che entrava nel mio guardaroba per
imbellettarsi e rubarmi i vestiti? (ride) Era proprio
senza speranza. Una volta l’ho sorpreso in una delle
stanze del mio palazzo, mio ospite, mentre cantava
canzoni sdolcinate e stonate, indossando un corsetto,
due bellissimi orecchini, circondato da uomini e donne
uno sopra l’altro, aggrovigliati in abbracci e amplessi
e orgasmi. Un’orgia, dove lui, o forse dovrei dire LEI,
era l’attrazione principale. Vi immaginerete la mia
sorpresa, e il mio divertimento: inconsapevolmente, mi
aveva appena donato il pretesto per buttarlo fuori a
calci da casa mia. Senza cercare una scusa ancor più
valida per respingerlo! (ride di nuovo)
Caterina
vi ha offerto anche il quartogenito però. Che scusa
avete usato per rimandarlo a casa, quella volta?
Francesco? Ah, il ranocchio!! Avete voglia di farmi
ridere oggi, mia cara. Mi state facendo ricordare
episodi davvero buffi e strani. Lo sapete che ha il naso
diviso in due? Sì, è deforme. E’ nato così, non
chiedetemi perché. Dev’essere stato a causa della sua
natura, e del suo valore morale. Francesco è quello dai
due nasi, cosa non difficile a chi ha due facce. Mi
avete compresa, vero? (fa l’occhiolino) Beh, l’ho tenuto
alla mia corte per tre anni. L’ho fatto accompagnare dal
mio Robert qualche mese fa ai confini del mio regno. Mi
ero stancata. E dopotutto, era una sorta di ripicca
proprio nei confronti di Dudley. Chissà se l’ha
intuito...
Voi avete uno spiccato senso
dell’umorismo, Maestà. E’ vero che vi prendete spesso
gioco dei lord e degli uomini di Chiesa, in Parlamento?
Sono riuscita, con l’astuzia e l’intelligenza, a creare
una base solida in Parlamento, ma non crediate sia stato
tutto così semplice. Ho faticato, per dimostrare ciò che
sono. Ho lavorato duramente, partecipando alla vita
politica, proteggendo le arti, contribuendo alla
rinascita di questo paese. Quelli si credevano che io
fossi una stupida. “Ma Voi siete una DONNA, Maestà!”. Lo
dicevano e lo riptevano come se fosse stata una peste,
un abominio. Loro sono abominevoli. Loro che complottano
contro di me e si azzannano tra loro per un tozzo di
pane in più. A volte mi disgustano. E’ anche per questo
che non voglio maritarmi: non voglio dar loro nessuna
soddisfazione, per nessuna ragione al mondo.
Qualcuno dice anche che voi non vogliate sposarvi perché
siete sterile. E’ un pettegolezzo, naturalmente...
Queste chiacchiere da chi arrivano, dalle mie lavandaie?
Quanti anni ho? Ho quarantotto anni, credete che sia
necessario parlarne ora? Quelle sulla mia fertilità, e
sulle mestruazioni scarse, sono indiscrezioni dovute
all’invidia. Alla volontà di gettare discredito sulla
mia persona. Mi credete così ingenua? Sono stata
sull’orlo di sposarmi ben due volte, e per ben due volte
i medici che mi hanno visitato mi hanno trovata sana. In
perfetta forma. Niente malformazioni congenite ai
genitali, niente problemi di salute. Avrei potuto
benissimo dare un erede all’Inghilterra. Se solo avessi
voluto, naturalmente.
E non avete mai sentito il
desiderio di un figlio? Se devo essere sincera, il
mio amore per il mio paese supera ogni cosa. Per
l’Inghilterra sono figlia, moglie, madre. Ma non ho mai
avuto grande desiderio di dare alla luce un bambino.
Complicazioni, dolore, problemi. E, soprattutto,
necessità di un padre legittimo, che lo riconosca. No,
grazie.
Un’ultima domanda, mia sovrana. Se il
Destino vi avesse chiamato a un diverso compito, e non
foste stata incoronata Regina, che cosa avreste voluto
essere? Potrei risponderti in modo romantico. Potrei
dirti che mi sarebbe piaciuto vivere una vita normale,
ritirarmi nelle campagne inglesi e sposare un uomo che
si prendesse cura di me. Potrei dirti che avrei
desiderato condurre una vita agiata, lontana dalla
politica, dagli intrighi e dai problemi che questo mio
compito pretende. Ma sarebbe una menzogna. Io sono
Elisabetta I della dinastia dei Tudor. Sono figlia di
Enrico VIII. Sono figlia di mio padre. Ho sposato
l’Inghilterra e per quanto io possa prendermi i miei
piccoli piaceri terreni, per quanti amanti e favoriti io
possa invitare nel mio letto, per quanto io possa
desiderare qualche attimo di tregua, non ho la volontà
né la capacità di dimenticare chi sono. E ogni giorno mi
guardo allo specchio, mi passo la polvere di gesso sul
viso, mi coloro le gote di rosso acceso, mi pettino i
miei capelli ribelli e li acconcio a dovere, mi vesto
col mio abito più bello e faccio il mio dovere di
Regina. Perché ho a cuore le sorti del mio popolo. E mi
va bene così.
Mi inchino a baciarle l’anello. La
guardo di nuovo, per l’ultima volta. Attraverso i suoi
occhi vedo un universo di pensieri e sentimenti
contrastanti. Vedo fascino e saggezza, prudenza e
acutezza d’ingegno. Vedo la bellezza di una donna che
sta piano piano sfiorendo, di una donna che ha saputo e
voluto essere indipendente, e ha reso l’Inghilterra un
paese prospero e potente. Ringrazio Sua Maestà e noto
che sembra quasi sollevata, come se la chiaccherata a
cuore sincero l’abbia sollevata di un pesante fardello.
E sono lieta di averle dato questa gioia, perché devo
essere grata a Elisabetta del grande dono che mi ha
fatto: uscirò da questa stanza più ricca e più forte di
prima.
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