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INTERVISTA
IMPOSSIBILE
Evita Peron
La Madonna degli umili
Argentina 1952, Sabato 26 luglio, Evita
muore. La radio nazionale annuncia il decesso a tutta la
nazione. Il sottosegretario del Ministero della Comunicazione
comunica: “Ho il
doloroso compito d’annunciare la morte della signora Eva Peron,
capo spirituale della nazione.” Viene proclamato il lutto nazionale.
Los Toldos, 7 maggio 1919 Buenos Aires, 26 luglio 1952
La mia intervista è saltata. Esco
dall'albergo per dirigermi verso Plaza de Mayo. Di
fronte alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale,
centinaia di migliaia di persone sono assiepate lungo le
transenne presidiate dall’esercito.
La Avenida de
Mayo, il viale che conduce alla piazza, sembra un fiume
in piena. Nessun cartello, nessuno striscione, solo
facce tristi e occhi gonfi di pianto. Seduto in un
angolo della piazza butto giù una serie di appunti che
mi serviranno in seguito per scrivere questa
intervista...
Signora Peron,
parliamo delle sue origini? Mia madre
svolgeva le mansioni di cuoca nella tenuta di Juan
Duarte. Era giovane e bella quando un giorno si arrese
alle avances del padrone. Mio padre era già sposato.
Ebbero cinque figli… Nonostante
questo, la loro unione non fu mai ufficializzata. Mio
padre non la porterà mai all'altare perché aveva già una
famiglia, e anche molto numerosa.
Cosa
ricorda di quei tempi? Vissi in un clima di
ambiguità con un padre che non era un vero padre. Ogni
giorno dovevo subire situazioni assai equivoche che non
capivo e nessuno si degnava di spiegarle ad una
ragazzina.
Dicono tuttavia che sin da
bambina avesse un carattere forte? Quando
iniziai a capire, l'illegittimità non mi pesò affatto.
Odiavo piuttosto la mentalità gretta delle persone che
avevo intorno. In paese non si faceva che vociferare
sulla strana situazione e ben presto mia madre e tutti
noi diventammo "un caso".
La goccia che
fa traboccare il vaso si verificò a scuola.
Un giorno, infatti, entrando in classe, trovai scritto
sulla lavagna: "Non eres Duarte, eres Ibarguren!" Che
poi era il nome di mia madre. Parole di scherno seguite
dagli inevitabili risolini degli altri bambini. Io e mia
sorella, per ribellione, lasciammo la scuola.
Nonostante tutti gli sforzi per andare
controcorrente e tutte le angherie subite, sua madre
venne lasciata da Duarte. Povera mia madre!
Per sopravvivere ci arrangiammo a cucire abiti su
ordinazione per conto di un negozio. Nonostante la
povertà e la situazione di mia madre non smettevo di
sognare. Sono sempre stata molto romantica e portata a
vivere i sentimenti con tutta la pienezza possibile
Nel frattempo con tutta la famiglia si
trasferì a Junín. Junin mi diede modo di
conoscere un mondo lontano anni luce dalla realtà
quotidiana che avevo vissuto. Ero affascinata dalle
pellicce, dai gioielli, dallo spreco e dal lusso. Tutte
cose che accesero immediatamente la mia fantasia. Spesso
confidavo a una delle mie sorelle che da grande avrei
sposato un uomo ricco e famoso che mi avrebbe permesso
quel tipo di vita che tanto sognavo.
Insomma,
diventa ambiziosa e arrivista. Mi dedicai
alla recitazione con la speranza di diventare un giorno
una grande attrice, più per essere ammirata e idolatrata
che per amore dell'arte. Ma ben presto anche Junin
divenne stretta, nulla a che vedere con l'universo
luccicante della lontana Hollywood. Poco dopo conobbi il
famoso cantante di tango, Augustìn Magaldi che mi portò
con sé a Buenos Aires.
Era ancora una
ragazzina… Avevo solo quindici anni. Una
volta a Buenos Aires, mi trovai ad affrontare la vera e
propria giungla del sottobosco che popola il mondo dello
spettacolo. Attricette, soubrette arriviste, impresari
senza scrupoli e così via. Ricordo che toccai il cielo
con un dito quando con grande tenacia riuscii ad
ottenere una particina in un film, "La senora de Pérez".
Poi seguirono altri ruoli di secondaria importanza.
La storia narra che ha avuto così tanti
uomini in questo periodo che da suoi avversari politici,
in seguito, fu definita prostituta. Se fossi
stata una prostituta non avrei condotto un’esistenza di
fame. Talvolta rimanevo addirittura senza lavoro, senza
ingaggi, barcamenandomi in compagnie teatrali a salari
di miseria.
Nel 1939, la grande
occasione… Una compagnia radiofonica mi
scritturò per un radiodramma in cui fui scelta per la
parte della protagonista. Fu un successo. La mia voce
faceva sognare le donne argentine, interpretando di
volta in volta personaggi femminili dal drammatico
destino con inevitabile lieto fine.
Ma il
bello, come si suole dire, deve ancora venire.
Tutto ebbe inizio con il terremoto del 1943. Tutta
l'Argentina si mobilitò e nella capitale venne
organizzato un festival per raccogliere i fondi
destinati alle vittime della sciagura. Nello stadio, fra
numerosi Vip e politici nazionali, era presente anche il
colonnello Juan Domingo Perón, mio futuro marito.
La leggenda racconta che fu un colpo di
fulmine. Ci rincontrammo qualche giorno dopo
al Festival del Luna Park di Buenos Aires. Fui attratta
dal senso di protezione, vidi in lui la sicurezza che mi
era sempre mancata.
E lui?
Lui diceva di me: - Ha la pelle bianca ma, quando parla,
il volto le si infiamma. Le mani diventano rosse a forza
d'intrecciarsi le dita. Quella donna ha del nerbo -.
Ma chi era in quel periodo il colonnello
Peron e che ruolo aveva all'interno dell'Argentina?
Viveva un periodo politicamente difficile. Era malvisto
dai democratici, che lo accusavano di essere un fascista
e ammiratore di Mussolini, ma si manteneva saldamente al
potere delle forze armate. Nel 1945, però, un colpo di
mano all'interno dell'esercito costrinse mio marito a
dimettersi dalle sue cariche e venne addirittura
arrestato. Ricordo che insieme ai descamisados, così
poveri da non avere neppure la camicia, mi adoperai con
tutte le mie forze fino ad ottenere il suo rilascio.
Poco dopo il matrimonio. E fu
scandalo, era la prima volta in Argentina che un uomo di
rango come Peron sposava una donna di origini così
misere. Mi portavo ancora dentro il gravoso fardello di
essere una figlia illegittima. Per prima cosa cercai di
far sparire il mio atto di nascita. Lo sostituii con un
documento falso che dichiarava che ero nata nel 1922,
anno in cui era morta la legittima moglie di mio padre.
Poi modificai il mio nome da Eva Maria in Maria Eva
Duarte de Perón, più aristocratico. Le ragazze di buona
famiglia, al tempo, portavano il nome Maria per primo.
Si sposò il 22 ottobre 1945. Era
la coronazione di un sogno, un traguardo raggiunto. Ero
ricca, ammirata, agiata e soprattutto moglie di un uomo
potente.
Nel 1946 Perón decide di
candidarsi alle elezioni politiche. Dopo
un'estenuante campagna elettorale, mio marito venne
eletto Presidente. Il ruolo di "first lady" mi si
attagliava a perfezione. Adoravo farmi confezionare
abiti da sogno, sfoggiare pellicce e apparire a fianco
di mio marito in ogni occasione mondana.
Ma il popolo non approvò… L’Argentina era
appena uscita da una guerra dolorosa ed era mia
abitudine visitare i quartieri più poveri delle città,
lasciando somme ingenti per aiutare i bisognosi. “Sono
una di voi, so cos’è la fame.” Ripetevo e il popolo mi
amava. E questo non poteva che creare malcontento nelle
sfere alte dell’esercito di un paese profondamente
maschilista.
Specialmente dopo la
battaglia per il voto alle donne… Quella fu
la mia rivincita personale, tanto che pur essendo
malata, mi fu portata ai piedi del letto un'urna
elettorale affinché potessi votare per la prima volta...
l'emozione fu talmente grande che scoppiai a piangere.
Ma la sua immagine pubblica era in contrasto
con i gioielli e il lusso più sfrenato? Il
mio scopo era aiutare la povera gente e difendere i
diritti fondamentali delle persone. Diedi vita a
centinaia di fondazioni a beneficio di poveri e
lavoratori. Feci costruire case per i senzatetto e gli
anziani, senza mai dimenticare le esigenze dei bambini.
Eh già, guardata con sospetto dal mondo
politico, venerata dagli umili per la sua generosità.
Tutto questo mi procurò grandissima popolarità e
ammirazione facendo tacere quei pettegolezzi che erano
frutto solo di invidia. Lei non può immaginare con
quanto piacere la domenica mattina mi affacciavo al
balcone della casa Rosada davanti alla folla festosa che
mi acclamava.
Nel 1948 nacque Evita City
Erano circa cinquemila abitazioni messe a disposizioni
delle famiglie più povere. Gente che fino
allora era vissuta nei tuguri si vide assegnati alloggi
più che dignitosi con tavoli, sedie, letti, vestiti
scarpe e medicine. Inoltre realizzai la città dei
bambini, il quartiere degli studenti, la casa per le
ragazze nubili, per i pensionati ecc… Io pensavo al
popolo come a me stessa…. Spesso facevo delle ispezioni
a sorpresa negli istituti per controllare come andavano
le cose. Per tutti loro ero soltanto Evita, la ragazzina
emarginata che solo pochi anni prima era una di loro.
Purtroppo, dopo qualche anno di una vita
così intensa sopraggiunse la malattia.
Inizialmente pensavo a normali scompensi all’addome
dovuti ai miei cattivi rapporti con la tavola, dato che,
per il terrore di diventare grassa, non mangiavo
praticamente nulla fino a sfiorare l'anoressia. Poi, un
giorno, durante normali controlli i medici scoprono
trattarsi in realtà di un tumore all'utero in stato
avanzato.
Perché rifiutò di farsi
operare? La gente aveva bisogno di me! Non
volevo restare confinata a letto quando intorno c'era
così tanta miseria.
Ma le sue condizioni
peggiorarono rapidamente. Non toccavo
praticamente cibo. Il 3 novembre 1951 finalmente
accettai di farmi operare, ma ormai era troppo tardi. Le
metastasi tumorali ripresero a farsi vive solo pochi
mesi dopo.
Come si comportò Peron in
questa tragica situazione? Il nostro
matrimonio ormai era solo di facciata. Durante la
malattia dormiva in una stanza lontana e si rifiutava di
vedermi in quelle condizioni. Una volta in piena notte
riuscii perfino a trascinarmi nel palazzo fino alla sua
camera. Lui vedendomi si mise ad urlare in preda al
terrore: “Toglietemi questa cosa da qui.” Durante la
malattia comunque ho avuto il conforto di mia madre e
delle mie sorelle.
Qual’era il suo
pensiero ricorrente durante la sua malattia?
Avevo solo un'ambizione personale: che il giorno in cui
si sarebbe scritto il capitolo meraviglioso della storia
di mio marito, di me si dicesse: c'era al fianco di
Peron una donna che si è dedicata a trasmettergli le
speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che
il popolo la chiamava con amore EVITA.!
Sabato 26 luglio 1952, sua madre uscì dalla sua camera.
Cosa successe? Mi fece pena e sospirai:
"Povera vecchia". Allora una delle mie sorelle
guardandomi sorpresa mi disse: "Perché povera? La mamma
sta benissimo." Ed io risposi "Lo so. Lo digo porque Eva
se va."
Lo stesso giorno, a soli 33 anni,
Evita morì. L’Argentina fu colpita al cuore. I poveri, i
disadattati e la gente comune caddero nella
disperazione. La Madonna degli umili scompariva per
sempre e così la sua volontà di aiutarli. Evita fu
imbalsamata con in mano il rosario d'oro donatole dal
Papa; fu coperta da un sudario bianco e dalla bandiera
Argentina e fu deposta in una bara chiusa di vetro
trasparente, cosicché fu rispettata la sua ultima
volontà di riposare in mezzo agli operai.
Per
tredici giorni "il cuore dell'Argentina cessò di
battere". In questi tredici giorni piovve
ininterrottamente, come se anche il cielo piangesse la
morte della mamma dell'Argentina, e code lunghissime di
ombrelli ricoprirono le due grandi scalinate che davano
l'accesso all'atrio della segreteria che fungeva da
camera ardente. Tutti volevano baciarla, o almeno
sfiorarla con un dito e tutti quelli che uscivano dalla
camera ardente piangevano. Migliaia di fiori in quei
giorni ricoprirono le strade argentine.
Il suo
corpo fu esposto fino a che nel 1955 un golpe militare
fece espellere il marito dal potere. Il corpo fu allora
trasportato e interrato a Milano per poi, nel 1971,
essere inumato in Spagna, sede dell'esilio di Perón, che
intanto si era risposato con Isabel Perón. Con la
reintegrazione del generale alla presidenza argentina
anche il corpo della defunta moglie fu riportato in
Sudamerica ed esposto nuovamente. Evita fu sepolta
definitivamente nella cappella della famiglia Duarte nel
cimitero de La Recoleta a Buenos Aires.
Eva Maria
Ibarguren Duarte era nata il 7 maggio 1919 a Los Toldos
(Buenos Aires, Argentina). La sua figura e la sua
vicenda umana - che hanno commosso la fantasia popolare
di tutto il mondo nell'immediato dopoguerra - ha
ispirato, oltre che numerosi scrittori, anche il mondo
della musica e del cinema. La sua immagine divenne di
culto nel suo paese tanto che le furono dedicate città,
una provincia e la sua autobiografia: La razón de mi
vida (La ragione della mia vita) divenne testo
obbligatorio nel sistema educativo argentino.
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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
biografie.leonardo.it/
www.cronologia.it/
www.dittatori.it
erewhon.ticonuno.it
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