|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
INTERVISTE IMPOSSIBILI
LE VENEZIANE
Gaspara Stampa
Sublime Cortigiana
Venezia del 500 dove la prostituzione
prosperava fiorente, nei canali periferici impregnati di muffa, di
giorno al calar della nebbia, di notte quando topi giganti uscivano
dalla melma e straniere malmesse s’accontentavano d’avanzi offrendo
a quarti la carne più fresca
(Padova, 1523 –
Venezia, 1554) .
.Venezia del 500 dove la
prostituzione prosperava fiorente, nei palazzi dei
nobili sul Canal Grande, nelle case d’altro censo, nelle
ville del Palladio, dove le cortigiane d’alto bordo
ostentavano sfarzo e lusso pomposo e prova evidente dei
piaceri lascivi, dissoluti ed osceni, scandalosi ed
indecenti, ed occupavano uno stato sociale degno di una
nobildonna.
Passeggiavano per le calli e per
ponti seguite da paggi e garzoni, ingioiellate e
guarnite da sottane di raso, lunghe e sontuose, con i
capelli arricciati biondo rossastri, rossi Tiziano,
raccolti in retine d’argento e di oro. Alle volte per
pura esibizione si univano alle straniere malmesse
vicino al "Ponte delle Tette" e s’offrivano alla vista
dei passanti focosi, di parole oscene e prezzi e denaro,
esponendo parte della merce migliore, come al Mercato
del Pesce a Rialto.
Venezia del 500 città
cosmopolita in un via vai di mercanti dediti al
commercio, delle spezie, delle stoffe e del sale, della
seta e della gomma, garofano e pepe, di broccati e di
puttane, le famose carampane, nomignolo che dava nome al
quartiere, ma a Venezia era sinonimo di vecchia
prostituta. E le prostitute erano tollerate,
incentivate, coccolate dal governo per distogliere gli
uomini “dal peccare contro natura”, perché
l'omosessualità era molto diffusa ed ogni venerdì i
colpevoli di sodomia venivano impiccati nelle due
colonne della piazzetta di San Marco e poi bruciati.
Venezia del 500, nonostante la tolleranza avevano
regole ferree da rispettare: non potevano uscire a
gruppi, dovevano sfoggiare fazzoletti gialli al collo,
in segno di riconoscimento, di sera dopo la terza
campana dovevano rientrare in casa, pena 15 frustate,
non potevano frequentare le osterie e potevano girare
per Venezia solo di sabato. Una vecchia leggenda narra
che oltre a Veronica Franco nella Venezia del 500,
presso il Ponte delle Tette, si poteva incontrare
Gaspara Stampa, la voce femminile più autentica e
spontanea della poesia erotica italiana.
Gaspara,
quali sono le sue origini? Sono nata a Padova nel
1523. La mia famiglia era di origine milanese nobile e
colta, ma di scarse risorse economiche. Alla morte di
mio padre, insieme a mia madre Cecilia e ai miei
fratelli Baldassare e Cassandra ci trasferimmo a
Venezia.
Si respirava arte in casa… Già.
Tutti e tre ricevemmo un’ottima educazione letteraria ed
artistica. Cassandra era cantante e Baldassare, come me,
scriveva sonetti. La nostra casa divenne ben presto
centro di vita mondana, aperta ai nobili e ai letterati
veneziani. Purtroppo mio fratello morì a soli venti
anni, lasciandoci alcune poesie stampate che ancora
conservo.
Oltre all’interesse artistico i giovani
nobili che frequentavano la vostra casa erano attratti
dalla bellezza delle due sorelle… Eravamo delle
brave suonatrici di liuto e ottime cantatrici di versi.
Dimostravamo una vivacità intellettuale non
indifferente! Inoltre frequentavano i salotti più alla
moda del tempo e avevamo aderito alla Compagnia della
Calza organizzando una serie di spettacoli riservati
alla nobiltà veneziana .
Parlavano di lei come
una donna dalla forte personalità Mi ritrovai
proiettata in un mondo del tutto nuovo, che, solo
successivamente, ritenni falso e meschino dove gli
intrighi, anche amorosi, la facevano da padrona. Non per
questo mi feci condizionare dal volere della gente. Le
mie convinzioni intellettuali e i miei desideri più
intimi cercai di viverli, per quanto possibile, in modo
libero e spregiudicato.
Proprio queste esperienze
la portarono ad abbracciare l’arte nobile. I miei
amori segnarono profondamente la mia produzione poetica.
Qualche critico riconobbe in me una novella Saffo per
aver mescolato passionalmente la mia vita privata e la
poesia.
Le furono attribuiti numerosi amori
anche promiscui. Qualcuno giura di averla incontrata nei
pressi di Rialto nell’atto di ostentare la sua bellezza.
Sono sempre stata una vera esibizionista, non c’era
posto deputato a simili piaceri. L’interessamento degli
uomini, le loro parole fuori dalle righe, i loro
sguardi, la loro corte assidua era per me pane
quotidiano e fonte inesauribile della mia arte.
Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che lei praticasse la
professione dell’amore ed addirittura che fosse iscritta
in un vero e proprio catalogo pubblico con tariffario.
La Venezia del Cinquecento pullulava di cortigiane
colte ed eleganti, d’alto rango ed oneste. Vivevano in
un ambiente raffinato, composto di nobili e artisti ed
avevano il culto della poesia, della musica e delle arti
in genere.
Poi arrivò il grande amore…
L'amore per il conte Collaltino di Collalto, durò tre
lunghi anni, da parte mia fu un amore sincero, vissuto
con dedizione totale. Un sentimento quasi disperato
visto che mi rendevo conto di non essere corrisposta.
Lui mi amò più per vanità che per trasporto.
Le
cronache del tempo raccontano che Collaltino, uomo ricco
e infedele si assentava spesso… Già, soffrivo
immensamente la lontananza. Ricordo le lunghe attese
piene di ansia. Tra l’altro appartenendo a due classi
sociali diverse mi umiliavo al suo cospetto. Sopraffatta
dalla gelosia tutto gli perdonai e tutto accettai perché
non riuscivo a rinunciarci.
Alla fine fu messa
davanti all’evidenza… Mi abbandonò ed io attraversai
una serie di crisi depressive. Ancora innamorata mi
legai al patrizio veneto Bartolomeo Zen, ma il mio cuore
non si rasserenò.
Al suo grande amore dedicò
varie poesie. Soprattutto "Le Rime", un canzoniere
che raccoglie trecentoundici composizioni, sonate,
madrigali, canzoni e sestine.
Come il Petrarca
amava Laura, lei amava Collaltino… Giusta l’analogia
letteraria col poeta di Arezzo, purtroppo, ahimè, c’è
una profonda differenza. Collaltino non mi amava.
Fu soprattutto l’istinto a guidarla nella stesura
delle Rime… Ero affranta, delusa da me stessa e
facevo leva sulla passione vissuta col mio amante.
Cantavo: “Arsi, piansi, cantai; piango, ardo e canto.”
Narrando tutta la mia vicenda amorosa tra desiderio,
gioia, gelosia, dolore e ultimo, il disperato
allontanamento
Alcuni critici, per denigrarla,
definirono l’opera una specie di diario altri invece
“una delle più interessanti liriche del 500”. In
effetti era in tutto e per tutto una confessione
autobiografica, ma strutturata secondo il modello
petrarchesco con forme immediate e quasi discorsive.
Devo dire che fui molto aiutata dalla mia professione di
musicista che rese orecchiabile e melodiosa la mia
lirica trasformando la parola in sospiro.
Quindi
avevano ragione i critici a paragonarla ad una novella
Saffo? Per me è un onore essere paragonata alla
Saffo. Entrambe fummo vittime dell’amore, di un amore
che la società condanna e afferma allo stesso tempo.
Saffo per un amore considerato “illecito” ha sofferto
tanto da arrivare al suicidio, ed io per un amore
clandestino verso un uomo dal cuore di pietra.
Gaspara improvvisamente si blocca, smette di parlare,
non vuole andare oltre e finalmente svelare il mistero
della sua morte. Si alza ed apre la finestra che si
affaccia sul Ponte delle Tette. La stanza viene invasa
da una leggera nebbiolina. Guardo quella figura
romantica che porta con sé, anche dopo secoli, i segni
evidenti della sua vicenda. Gaspara Stampa, poetessa
distrutta dall’amore, Gaspara Stampa, cortigiana
mangiatrice e ammaliatrice di uomini. Insaziabile va
oltre nell’eterno ossimoro degli innamorati, trovando
forza e linfa nei bassifondi del piacere e nel contempo
erigendosi a sublime poetessa cantatrice dell’amore
puro.
Morì il 23 aprile del 1554 a soli 31 anni,
dopo quindici giorni di febbri intestinali (mal
cholico). Non pochi avanzarono il sospetto, mai
comprovato, di avvelenamento, e sulla base di questo
sospetto avanzando l'ipotesi della morte per suicidio.
Ma le notizie attendibili sulla vita e sulla morte di
Gaspara Stampa restano poche e frammentarie. Sappiamo
invece con certezza che il conte Collaltino di Collalto,
che tanto lei aveva amato, si sposò tre anni dopo con
Giulia Torelli. Un discendente di Collaltino, Rambaldo
di Collalto, tentò con una biografia addomesticata di
introdurre tra le glorie di famiglia la poetessa
"plebea" che un patrizio del Cinquecento non avrebbe
potuto sposare senza recare offesa alla casata.
|
ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FOTO GOOGLE IMAGE FONTI
.http:/www.casedipiacere.it/
www.liberliber.it/biblioteca/s/stampa/index.htm
www.attimo-fuggente.com
www.letteraturaalfemminile.it
http://it.wikipedia.org/wiki
www.escritorasypensadoras.com
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|