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INTERVISTA
IMPOSSIBILE
La Romana
L'amore ad ogni costo
Oddio quanto è bella! Non credo ai miei
occhi. Mi riceve con cappello e veletta nella saletta interna
di un lussuoso caffè al centro di Roma. Siamo all’incirca alla
fine degli anni trenta, altre donne eleganti conversano e fumano
ai tavoli vicini. (Dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia)
Mi fa cenno di sedere, parla sottovoce
muovendo appena la bocca. Penso che non sgualcirebbe mai
le sue labbra, grosse e voluttuose, nemmeno per una
parola, nemmeno per un concetto. Mi avevano detto che le
donne anteguerra erano femmine e basta, ma la cura dei
dettagli supera ogni mia immaginazione. Accavalla le
gambe e dondola il tacco nella penombra dell’angolo in
fondo alla stanza.
Il locale è ambiguo,
ci sono uomini che entrano, la guardano, e credo che lei
risponda, con un gesto convenzionale, alle volte alza la
tazza del tè, altre agita il pacchetto di sigarette.
Loro vanno via… chissà. Ha accettato con entusiasmo
l’intervista. “Dopo tanti anni non avrei mai
pensato che interessasse ancora la mia vicenda.”
Mi dice soffiando il fumo contro il soffitto.
“Signora Adriana …” “Dammi del
tu, ti prego.”
“Tu nasci povera. Ci puoi
parlare di tua madre?” “Mia madre Margherita
era una modesta camiciaia che, sedotta ed abbandonata da
mio padre, viveva nel disgusto per la vita coniugale
fatta di sacrifici e rinunce. In mezzo alla miseria più
nera sognava almeno per me un avvenire migliore”
“Cercava di sfruttare al massimo la tua
bellezza?” “Sì, in effetti, sin da
adolescente mi proponeva come modella a pittori ed
artisti d’ogni genere.”
“Come reagivi
alle insistenze di tua madre?” “All’inizio
era piacevole farsi ritrarre, ma poi dopo lunghe ed
estenuanti ore di posa e lavori in casa cercavo di
ribellarmi alle sue manie di grandezza. Mia madre non
avrebbe badato a scrupoli, per una vita di lusso avrebbe
accettato ogni cosa, per cui selezionava le mie
amicizie, mi ripeteva spesso: - Prima il portafogli e
poi l'amore.... - Ma non fu così.”
“Perchè, cosa hai fatto?” “Semplice! Mi sono
innamorata. Ma Gino era povero, un autista squattrinato
al servizio di una ricca signora. Lo amavo ed avrei
voluto sposarlo perché, contrariamente ai desideri di
mia madre, volevo vivere una vita onesta e tranquilla.
Sognavo una famiglia normale, dei figli.”
“Immagino il disappunto di tua madre!”
“Ripeto, ero seriamente innamorata, al punto da non
capire che Gino voleva soltanto portarmi a letto. Tra
l'altro era anche sposato. Devo dire che è stato
abbastanza abile a carpire la mia indole sognatrice e la
speranza per un matrimonio felice.”
“Parlami di Gisella.” “La mia amica Gisella?
E tu come la conosci? L’avevo incontrata nello studio di
un pittore. Era totalmente diversa da me. Fin d’allora
frequentava diversi uomini e si faceva mantenere da un
amante ricco. Riccardo la copriva di vestiti e
gioielli.”
“Nonostante questo però
provava invidia per il tuo fidanzamento apparentemente
onesto…” “Mi rinfacciava continuamente la
miseria in cui vivevo, spingendomi a trovare un
corteggiatore altolocato. Quando tornavo a casa la sera
mi domandavo continuamente se fosse stato proprio quello
il mio destino. Fare la mantenuta o peggio la
prostituta, che altri mi ritagliavano addosso soltanto
guardandomi.”
“Sarà Gisella a trovare il
tipo giusto per te, un tale Astarita uomo sposato e
ricco, funzionario della polizia politica fascista.”
“Allora sai proprio tutto di me?”
Spalanca i
suoi occhioni grandi da civetta. “Tutto è
successo durante una gita a Viterbo e grazie alla
complicità di Gisella sono rimasta sola con lui. Mi
voleva, e dopo le mie prime resistenze mi ha minacciata
dicendo di raccontare tutto a Gino. Sconvolta ho ceduto
ricevendo come ricompensa la somma di tremila lire.
Come ti sentivi? Invano ho
cercato di dimenticare l’accaduto, ma nonostante il
denaro sentivo che Astarita era perdutamente innamorato
di me.”
“Tanto da cedere più volte alla
sua libidine sfrenata...” “Non so cosa mi
stesse accadendo, ma improvvisamente ho avuto la netta
sensazione di poterlo comprendere. Astarita era succube
delle proprie passioni, tanto da attendere quegli
incontri per giorni e giorni. Non faceva altro che
pensare alle mie gambe, al mio petto, ai miei fianchi,
alla mia bocca.”
“Credevi nel suo amore?”
“Ho cercato perfino di confessarmi. Ero disgustata, ma
quando Astarita mi ha portato le prove che Gino era
sposato, mio malgrado ho dovuto ricredermi ed
abbandonare i buoni propositi di crearmi una famiglia
onesta. Ero delusa, delusa... e per Astarita fu un gioco
da ragazzi offrirmi il suo amore e la sua casa dicendomi
di essere separato, in attesa dell’annullamento del
matrimonio.”
“Ma il tuo pensiero andava
oltre…” Rimane per un attimo a pensare e poi
di getto. “Cosa vuoi? La rabbia che covavo dentro mi
portava a credere di essere amante di tutti, avviandomi
al mio destino di prostituta. In fin dei conti era stato
molto facile ricevere quelle tremila lire... e con la
mia bellezza ne avrei potute guadagnare ogni qualvolta
ne avessi avuto bisogno. Mi piaceva pensare di essere la
donna del potere, e così facendo, dare un calcio
definitivo alla miseria.”
“Il tutto con
la benedizione di tua madre.” “Sì, in
effetti aveva vinto lei. Sotto il suo occhio vigile ogni
giorno mi preparavo curando ogni minimo dettaglio.
Sapeva benissimo dove andavo la sera e non sempre al
riparo di case sfarzose. Alle volte passeggiavo sola per
le strade buie di Roma. Battevo i marciapiedi cercando
di attirare l'attenzione con il rumore dei miei tacchi.
Qualcuno mi ingiuriava altri mi rivolgevano frasi di
dubbio gusto, ma alzavo le spalle e camminavo maestosa
cercando di stare in pace con me stessa. Governavo il
destino adeguandomi alla realtà che mi chiedeva soltanto
di essere bella.”
“Parlami del famoso
portacipria?” “Volevo essere sicura che
Astarita non stesse mentendo per cui ho chiesto a Gino
di condurmi nella villa dove lavorava e di fare l’amore
nel letto della sua padrona. Solo dopo aver ricevuto le
conferme che aspettavo, ho rubato il portacipria d’oro
per farlo incolpare e magari licenziare. Godevo
all’idea... più di qualunque notte d’amore.”
“Una donna tradita è disposta a tutto…”
“In effetti ho chiesto aiuto ad un certo Sonzogno,
delinquente e malavitoso, per vendere l’oggetto di
valore e soprattutto per eliminare chi mi aveva
ingannata.”
“Ma ne diventi anche
l’amante!” “Era nel gioco. Anche se ho
dovuto sopportare sberle e violenze d’ogni genere. Usava
le mani durante i nostri incontri per sentirsi più
maschio. Ma in fondo accettavo quelle violenze come
punizione e rivalsa.”
“Oramai eri ben
lontana dai tuoi propositi di moglie e madre felice.”
“Le contrarietà della vita mi hanno fatto scoprire la
“vocazione” di ricevere denaro in cambio di sesso fino a
convincermi di essere proprio fatta per quel mestiere
anche se il cuore aspirava a cose diverse. Una specie di
tacito riconoscimento della forza del corpo nei
confronti dei miei stati d’animo al punto di voler
continuare a vivere per forza di inerzia. Tanto valeva,
mi dicevo, adattarsi a vivere e non pensarci più.”
“Insieme a Gisella continuasti a frequentare
i marciapiedi...” “Ripeto, già mi era
capitato occasionalmente di farlo da sola. Ricevevo
soldi e considerazione. Vestiti eleganti ed ogni tipo di
sfarzo riempivano le mie giornate, niente a che vedere
con la figlia della camiciaia.”
“Tra i
tanti avevi conosciuto Giacomo uno studente in Legge di
una ricca famiglia borghese.” “Uno dei miei
clienti, ma diverso dagli altri uomini. Profondo,
sensibile ma purtroppo complessato, sempre scontento di
tutti e di sé stesso. Era impegnato politicamente e
deciso a perdere la vita per i suoi ideali, ma in realtà
non sapeva bene che cosa volesse, tarato da debolezza di
volontà.”
“Nel frattempo ti accorgi di
essere incinta. Chi era il padre?”
“Sonzogno… Ma ho fatto del tutto per far credere a
Giacomo di essere il padre.”
“Ci ha
creduto?” “Era in carcere accusato di
cospirazione ed in preda ai rimorsi per aver tradito i
suoi compagni di fede politica. Poco dopo si è ucciso
lasciandomi la confessione scritta per il riconoscimento
legale del bambino.”
Ora che mi ha raccontato
per sommi capi la sua vita la vedo più rilassata. Ad un
uomo che s’aggira non proprio per caso gli fa cenno
evidente di aspettare. “Abbiamo finito?” Mi
dice con aria accattivante.
“Questa
storia merita almeno qualche riflessione in più.”
Gonfia il suo petto e si rilassa sprofondando nella
sedia.
“Il rapporto che corre tra te
e Giacomo mi pare emblematico. E’ il classico rapporto
che corre tra chi accetta il proprio destino, la propria
condizione sociale e chi non lo vuole accettare.”
“Dopo l’angoscia iniziale ho rinunciato a lottare contro
quello che pareva essere il mio destino, come si
abbraccia un nemico che non si può abbattere e in un
certo senso mi sentivo liberata. Una specie di
risarcimento naturale alle umiliazioni sociali, che mi
ha permesso non solo di sopravvivere, ma di abbandonarmi
alla vitalità sensuale. Io sono riuscita ad amarmi,
mentre Giacomo, intellettuale borghese, ne è stato
incapace, perché osservava se stesso agire, si sdoppiava
in gesti e coscienza, e irrimediabilmente si sentiva
estraneo a sé stesso.”
“Qualcuno penserà
che sia stato molto più comodo accettare una sorte
indecorosa ma fruttuosa, anziché rifiutarla.”
“Mi sono spesso domandata perché la tristezza e la
rabbia abitino così spesso nell’animo di coloro che
vogliono stravolgere il proprio destino inseguendo certi
ideali, e perché invece coloro che accettano la propria
vita, che è anzitutto nullità, oscurità e debolezza,
sono così spesso spensierati. Del resto, in questi
casi, ciascuno obbedisce al proprio temperamento che in
tal modo prende coscienza del proprio destino. Secondo
me “godersi la vita” significa accettare la propria
“naturalità” con tutto ciò che ne consegue.”
La guardo con benevolenza, non mi aspettavo tutto questo
realismo. L’aver compreso questo la rende
ancora più bella. La mia bella Romana continua ad
accavallare le gambe ed ostenta una saggezza assoluta.
Figura di donna piena di contraddizioni e di errori e
ciò nonostante capace per istinto vitale e slancio
ingenuo di superare queste contraddizioni e di rimediare
a questi errori, e giungere ad una consapevolezza e ad
un equilibrio che ai più intelligenti e ai più dotati
spesso sono negati.
Si ripassa le labbra, gonfia
i suoi capelli, un po' di cipria, un po' di matita ed
eccola qui, la mia bella romana, pronta e disponibile al
cliente che non ha smesso di guardarla per tutta
l'intervista. Mi saluta con un sorriso che sa di intrigo
e di malizia. Non mi resta che ammirarla...
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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
www.francescadellera.it www.gruppomediaset.it
www.bellezzevip.com www.gnomiz.it www.fuorissimo.com
www.spacesurfer.com
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