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INTERVISTA
IMPOSSIBILE
Maria Callas
La Divina
DI ILARIA ALESSIO
Nasce nelle strade di New York, vive la
fame della seconda guerra mondiale in Grecia e illumina i teatri
di tutto il mondo con la voce che solo una tigre cresciuta
combattendo con le unghie può avere. Selvaggiamente divina,
inguaribilmente superba, l’ineguagliabile Maria Callas
(New York, 2 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977)
Il sole scotta nonostante il vento delle
Egadi sfrecci, galoppandomi attraverso le ossa. Un
altro lembo di terra lentamente risale dalle acque
cristalline greche, fino a divenire l’isola dove
incontrerò la voce del secolo. La sua è la storia del
brutto anatroccolo: nata il 2 dicembre 1923 sotto il
cielo della Big Apple americana, trascorre l’infanzia
fra le grinfie di una madre che non la vuole e gli
sgarbi di una sorella dalla non comune bellezza. Maria,
brutta, grassa, sgraziata, passa le giornate nella
farmacia del padre, incantando i clienti con le note de
“La Paloma”. La sua voce è l’urlo di chi vuole essere
un cigno, di chi, deriso ed emarginato da un mondo
troppo cinico, vuole una rivalsa. La sua rivalsa avrà
dimensioni monumentali e si chiamerà Maria Callas.
Isola di Skorpios (Grecia). Ore 19.30
L’isola
è proprietà esclusiva della famiglia Onassis e guardie
armate ne vietano l’accesso ai “comuni mortali”. Solo
io, oggi, posso camminare fra giardini vietati al resto
del mondo, dove i limoni vivono riflettendo una luce
surreale e gli alberi, altissimi, svettano raccogliendo
nuvole fra le foglie Raggiungo il sobrio gazebo sulla
spiaggia; qui si assapora una lieve brezza, la stessa
che 50 anni prima fu di Maria e diede respiro all’amore
tumultuoso con Aristotele Onassis. L’amore che le fece
dimenticare di essere Maria Callas e che spense per
sempre la sua voce…
“Cancelli subito quella
roba…non si può parlare così di Maria Callas.”
Alle mie spalle, lei: l’incarnazione dell’eleganza nel
suo abito da cocktail di velluto nero a mezze maniche;
un cappellino nero a veletta e una fila di perle al
collo le danno il ricercato tocco di Audrey Hepburn.
“Darmi del brutto anatroccolo e della cantante
sfiatata…mi presenta così al XXI secolo?”
E’
dietro di me da almeno qualche minuto e le parole
“brutto anatroccolo” e “spense per sempre la sua voce”
pulsano come luce intermittente fra gli appunti buttati
giù nell’attesa. Il pessimo carattere della Callas è
noto… mi preparo a dire addio all’intervista.
“Suvvia, non si preoccupi, lei mi è simpatica, ha
un’aria così familiare… ha gli stessi occhi bovini della
povera Elsa… ricorda Elsa Maxwell? Credo sia una
caratteristica della stampa. Beh, vi capisco, a forza di
deformare i fatti che vedete, prima o poi vi si
strabuzzano, quegli occhi. Cerchiamo di fare in
fretta, ho un appuntamento.”
Elsa Maxwell, la
voce più potente di Hollywood, unico giudice
incontrastato di carriere di registi e attori; sua
acerrima nemica inizialmente, grande amica poi.
“Piacere, Maria Callas”
Si siede di fronte a me,
intimando i suoi 2 inseparabili barboncini al silenzio.
Dietro di lei il mare appare come lo sfondo di un’opera
d’arte.
Zeffirelli misura la vita della lirica
con un unico metro: prima e dopo la Callas. Cosa ne
pensa? Ha sempre avuto gran gusto e buon senso
Zeffirelli, non trova?”Sorride ”Non possiamo
contraddirlo!
E la sua vita prima della Callas?
Cosa ricorda? Cosa ricordo… mia madre si era scordata
il giorno della mia nascita, mia sorella credo non si
ricordasse di avere una sorella e mio padre era l’unico
a rendersi conto della mia esistenza… il mio “tata
Geo”…la mia consolazione.
Brutti ricordi materni
quindi? Mia madre non mi ha mai voluta. Si aspettava
un maschio che sostituisse Vasili, mio fratello morto
all’età di 3 anni, quando ha visto me, una bambina di 6
chili appena nata, se avesse potuto, mi avrebbe data al
macellaio. L’assenza dei suoi abbracci si è sentita fin
da quando sono venuta al mondo.
Parole forti.
Fu sua madre a scoprire il suo talento e la spronò a
studiare... Aveva trovato la gallina dalle uova
d’oro. Mio padre aveva una farmacia a New York con cui a
stento riusciva a soddisfare le esigenze di mia madre.
Fu si lei a spronarmi. Avevo 11 anni quando vinsi il
mio primo concorso radiofonico; mia madre pensò bene di
prendere il premio, un orologio, incartarlo e regalarlo
a Natale a mia sorella. Mi fece cantare in stamberghe
piene di soldati, in Grecia, per tirare su qualche
dracma. Sempre in Grecia tentò, invano, di farmi
prostituire con un colonnello italiano e, come ben
saprà, quando divenni famosa rilasciò interviste
infuocate sulle mie umili origini ad ogni giornale.
Parliamo della sua crescita artistica… quando
cominciò il viaggio che portò alla nascita di Maria
Callas? Ricordo quel giorno come se fosse ieri.
Immagini la scena…una bambina di 6 anni, affacciata alla
finestra di casa sua, canta “La Paloma”; tutto
Washington Heights si ferma, ascolta e alla fine esplode
in un applauso interminabile. Lì capii che sarei
diventata qualcuno…e lo capirono anche mia madre e mia
sorella.
Chi fu il primo maestro di Maria Callas?
Tre canarini, un grammofono e la radio. Ascoltavo gli
unici 3 dischi che avevo, di Rosa Ponselle, ripetendo
tutte le sue note. Non potevamo permetterci un maestro
di canto negli Stati Uniti. Gli anni in Grecia invece,
dai miei 13 anni in poi, videro la stella del
conservatorio di Atene, Helvira de Hidalgo, come mia
insegnante. Mi fece crescere come artista e come donna.
Cos’è il canto per Maria Callas? Cosa può
rappresentare per un rospo una voce magnifica? Nella
vita quotidiana, fino ad allora, ero stata sempre il
“piccolo agnello”che consumava quantità inverosimili di
cibo, ero lo zimbello di chiunque mi vedesse. Quando
cantavo, mi trasformavo… per la gente diventavo qualcosa
di bello, aggraziato, piacevole. La mia voce faceva
dimenticare a me e a chi mi stava davanti di essere una
sorta di mostro.
In Grecia le si schiudono le
porte del teatro di Atene: “Leonora”, “Santuzza”,
“Tosca”, le sue prime romanze. I primi passi della
Callas verso la celebrità… Ma quale celebrità? Quando
nel ’45 tornai a New York da mio padre, il Met
(Metropolitan) mi diede un sonoro calcio trattandomi
come una dilettante dalle mille arie… e proprio nel
periodo in cui nello stesso teatro Lucia Albanese
calcava il palco con la Bohème, il che è tutto dire.
Edward Johnson (il direttore del Metropolitan) mi
propose la parte di Madama Butterfly… ma la vede lei una
ragazza di un metro e sessanta per novanta chili
aleggiare su un palco come una farfalla incinta? Mi
impuntai su “Norma”, la mia opera preferita, e mi venne
chiusa la porta in faccia… ricordo ancora il dolore al
naso…
Quindi usò la carta Bargarozy. Conobbi
Eddie Bargarozy, l’avvocato, tramite il figlio Ricky,
conosciuto al Met. Da allora presi lezioni da Louise, la
madre, in previsione di un mio debutto a Chicago con la
“Turandot”, un ‘opera davvero massacrante, immagino la
conosca. Ma non vidi mai il palco di Chicago, Bargarozy
era una gran bufala.
In effetti sono conosciute
le conseguenze di quel rapporto… Un contratto firmato
di mio pugno in cui gli assicuravo il 10% di ogni mio
guadagno, mi ero presa una cotta per quel farabutto. Ma
lo saprà meglio di me che i farabutti sono il mio
tallone d’Achille…
Però le fece conoscere
Zanatello, colui che le diede il primo canto in Italia,
all’Arena di Verona. Si, Bargarozy mi spedì in Italia
con la casalinga media americana, sua moglie, che per
fortuna mi scrollai di dosso al porto di Napoli, dove,
oltretutto, mi rubarono la valigia di cartone. Fu
Serafin a dirigermi in Italia, nel mio primo debutto con
“La Gioconda”.
Qui nasce il suo primo amore:
Gianbattista Meneghini. Ma chi Titta? Ma quale amore…
lui fu solo il primo uomo a darmi retta! Mi sciolsi come
un ghiacciolo alle attenzioni di quel ricco
imprenditore. Povero Titta, mi amava così tanto,
nonostante l’opposizione di sua madre, a cui era molto
legato. Ai tempi aveva 51 anni, mai sposato prima, un
uomo semplice e determinato, qualità che mi fecero
capitolare. Ci sposammo nell’ aprile del ’49.
Maria Callas: più amata o odiata? Maria Callas poteva
essere per gli altri inguaribilmente superficiale,
avida, ambiziosissima, egoista, egocentrica,
perennemente scontenta e superba…oppure una dea venerata
da molti, moltissimi. In realtà era una donna con le sue
debolezze, le sue paure; non era un angelo e non
pretendeva di esserlo, ma nemmeno un diavolo; solo una
donna e una seria artista e avrebbe gradito maggiormente
essere giudicata per quello.
Quando nacque il
mito? Alla Scala venne battezzata il mito “Maria
Callas”…e da uno dei suoi più grossi oppositori:
Toscanini. Nel ’51 fu la sua Macbeth di fronte ai
loggioni della Scala in delirio. Uno sgarbo alla sua
voce d’angelo, Renata Tebaldi.
Parla di sé in
terza persona evocando la sua leggenda, qualcosa di
lontano, inafferrabile.
Renata Tebaldi, la sua
grande rivale. Rivale? Una voce pastosa, la grazie di
un elefante, tutte quelle vocali sguaiate poi, una
provinciale…come può paragonarla a Maria Callas? Sarebbe
come confrontare lo Champagne alla Coca Cola…
Si
dice che lei abbia perso trenta chili per annientare
definitivamente la sua rivale… Io persi quel peso per
il mio pubblico. Non bastava la mia voce, a dar grazia
al personaggio doveva essere anche un corpo filiforme.
Bruna, la mia domestica, un giorno se ne uscì dicendo:
"Sa signora che lei un po’ alla Hepburn ci assomiglia?",
da lì volli essere come lei.
Trenta chili in tre
mesi…un miracolo? Si, un miracolo.
Sorride.
La Callas non avrebbe mai ammesso di aver ingerito uova
di tenia (un parassita intestinale) per dimagrire. Solo
una ipotesi, ma molto accreditata. Dopo il
dimagrimento sul palcoscenico nacque una dea
incontrastata. Maria Callas divenne un cigno.
Da
allora la sua immagine divenne ancora più prestigiosa e
qualsiasi cosa da lei indossata, un modello: i magnifici
abiti di “Biki” di Via Montenapoleone, i cristalli
Swaroski… Quei cristalli…che creazione! Il Marangoni
di Largo Richini a Milano, un genio. Indossai la sua
prima creazione per la “Gioconda” a Verona…una magnifica
coroncina. Da allora volli che i gioielli di scena
provenissero sempre dall’atelier Marangoni. Una volta
ricordo di essere stata fermata all’aeroporto con tutte
quelle meraviglie in valigia. Cercai inutilemente di
convincere la polizia che si trattava di gioielli finti,
gioielli di scena, creati con cristalli Swaroski, ma la
differenza da quelli veri era impercettibile. Venne
Marangoni stesso a chiarire il tutto.
Non solo
gioielli di scena, nelle sue recite splendevano anche
gioielli personali veri… Erano i miei amuleti! Mio
marito me ne regalava uno ad ogni opera. Ero molto
superstiziosa…finché Luchino Visconti mi obbligò a
toglierli definitivamente… almeno in apparenza, in
realtà li cucivo nascondendoli fra le pieghe dei
costumi…
Parlando sempre di fortuna, è noto che
sembra non averne avuta molto ai suoi esordi al
Metropolitan di New York, nel ’56. Elsa Maxwell la
stroncò con critiche molto pesanti. Elsa? Col collo
che si ritrovava l’unica cosa che avrebbe potuto
stroncare sarebbe stato un albero.
Stizzita.
Alla “Norma” scrisse che la mia interpretazione lasciava
interdetti. Era una tebaldiana, lei. Le feci cambiare
idea…fu facile, cadde ai miei piedi, forse troppo…
Troppo? Si, credo che avesse una cotta per me. La
usai giusto finché fu utile. I suoi elogi giornalistici
erano l’ultimo tassello mancante per conquistare
Hollywood.
Lei divorziò da Meneghini, il suo
“angelo custode”. Come mai? Il mio matrimonio era
agli sgoccioli. Titta mi obbligava a ritmi
insostenibili: solo fra giugno e settembre del ’51 fui a
Firenze per i “Vespri Siciliani” e “Orfeo ed Euridice”…
poi… in Messico per “Aida”, “Traviata”, “Norma”,
“Tosca”, se non ricordo male. Io non vedevo una lira,
Titta, essendo il mio agente, gestiva tutto, se ne
approfittò. C’era una amore fraterno fra noi…non
sarebbe andata avanti per molto. Dieci anni furono anche
troppi.
Dalla veletta i suoi occhi mi puntano,
fissi, quasi a sfidarmi.
Dopo Meneghini,
Aristotele Onassis, come lo conobbe? Si toglie il
cappello. In un istante sembra non avere più nulla
dell’inarrivabile Maria Callas. Venature argentee
risaltano fra i capelli corvini e gli occhi, nudi,
svelano una commozione umana in netto contrasto con la
donna idolatrata dal XX secolo.
In fondo è questo
che fa l’amore. Rende umani anche le bestie Fissa il
mare mentre parla. Fino ad allora per me l’amore era
salire sul palco e, con denti e pugni stretti,
affrontare i loggioni di fronte a me, conquistandoli.
Per Maria Callas non c’era posto per l’amore passionale,
quello fra un uomo e una donna. Aristotele Onassis fece
anche questo, realizzò l’impossibile. Mi innamorai.
Onassis, armatore greco, l’uomo più ricco del mondo,
allora sposato, con due figli, irretisce la donna più
famosa e desiderata del secolo. Cosa la conquistò? La
prima volta che lo vidi pensai che fosse di una
bruttezza disarmante: un sessantenne con occhiali spessi
come fondi di bottiglia… forse la sua fortuna fu la mia
miopia.
Sorride nervosamente. Era un uomo
volgare, arrogante, ostentava la sua ricchezza in modo
pacchiano. Tuttavia, quando entrava in una stanza, si
faceva notare subito, aveva un carisma e una forza
animalesca; una voglia di vivere senza pari. La sua
sicurezza, determinazione, forza, prorompevano e
affascinavano chiunque lo guardasse. Eravamo uguali,
due greci cresciuti nella miseria che si erano fatti da
sé. Ricordo i nostri racconti di quando, lui, da
ragazzo, faceva il cameriere nella Tessaglia e di quando
, in tempo di guerra, io cercavo patate scavando la
terra…”I Greci possono stare solo coi Greci” una delle
poche frasi sensate di mia madre.
Il declino del
mito di Maria Callas coincide con l’inizio del suo amore
per Onassis… Artisti si nasce…e si rimane artisti,
anche quando la voce non è una meraviglia. La mia voce
aveva cominciato a dare i primi segni di stanchezza già
prima di Ari, Meneghini mi aveva distrutta con i suoi
lavori estenuanti e il forte dimagrimento fece la sua
parte in tutto questo. Appare fortemente agitata.
Decisi io di stare con lui. Decisi io di cantare di meno
per dedicarmi a lui. Onassis fu solo il capro espiatorio
del mondo per giustificare il declino della Callas,
della “Divina”. La realtà è che non ero perfetta, non
ero immortale, ero un essere umano e come tutti, ero
semplicemente invecchiata. Ari mi bastava, non avevo
più bisogno di cantare per essere accettata dal mondo,
lui mi amava per quello che ero. Maria.
Scusi se
la contraddico, ma la storia non le è proprio a favore…
Nota è la sua sofferenza per la condotta, non proprio
impeccabile, di Onassis: un matrimonio a lei promesso e
poi invece celebrato con Jacqueline Kennedy. Ora si
parte col gossip… non me lo risparmia vero? Siamo qui a
parlare del soprano più famoso del mondo e lei trasforma
il tutto in una sorta di telenovela alla Elsa Maxwell…
Doveva odiarla proprio questa Elsa Maxwell… Va
bene. Io non credo nel matrimonio. Ari la sposò per una
questione di affari, scelse un buon rapporto con gli
Stati Uniti. Cosa pensa lei? Che noi diventiamo quello
che siamo facendo scelte facili? Si fanno enormi
sacrifici… a costo della nostra stessa vita. Lui mi
ha amata come un uomo della sua posizione poteva amare.
Mi ha lasciata più volte, ma la sua casa era Maria.
Avremmo potuto sposarci con altre 10 persone, ma io lui
ci saremmo sempre appartenuti, in ogni caso… la verità è
che eravamo due testoni. Noi eravamo greci, dello stesso
sangue, della stessa terra, della stessa tempra.
Come reagì al loro matrimonio? Ma lo sa benissimo…
dissi alle telecamere che ero felice che Jackie avesse
dato un nonno ai suoi figli.
Al di là delle sue
vicende sentimentali la sua carriera vide l’astro Callas
decadere dopo il ’65… Si, un disastro dopo l’altro,
fino al fendente finale con la tourné in Giappone; nel
’74 il pubblico ormai applaudiva il fantasma della
Callas.” La Divina canta come se avesse il trapano in
bocca” disse “Le Figarò”. Un colpo!
Così si
spense “La Divina”. E con lei anche Maria, quando,
nel ’75, morì Ari. Da allora un giorno in più era, per
fortuna, un giorno in meno.
Un’ ultima domanda…
chi è Maria Callas? Io so chi sono. Il resto,
inventatelo voi.
Il 17 settembre 1978
nell’appartamento parigino di Maria Callas il telefono
squilla a vuoto. E’ strano, Maria non esce mai prima di
mezzogiorno e comunque non è mai sola. I suoi domestici,
Bruna e Ferruccio, hanno appena trovato la padrona
riversa sul pavimento del bagno, inerte, le labbra
livide. Il cuore di Maria Callas non ha retto un eccesso
di psicofarmaci.
Lascia una leggenda indelebile,
che oggi sentiamo solo nei documentari che parlano di
lei, dalle radio e dai cd che conservano la sua voce, ma
un giorno, tanto tempo fa, risuonava in terra quel
miracolo che fu “Maria Callas” e, chi ebbe la fortuna di
vederla, condivide lo stesso pensiero:
“La
congiunzione di stelle che si sono incontrate per creare
un astro così completo e perfetto come Maria Callas non
potrà ripetersi mai più.” (Franco Zeffirelli)
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